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Ecco come giocherà Soulé nel Leicester

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Juventus, Soulè, Roma

Il passaggio di Matias Soulé al Leicester non si è ancora concretizzato, ma vediamo nel frattempo come potrebbe utilizzarlo Cooper.

Soulé e il suo entourage attendono ancora il rilancio del Leicester, per poter chiudere le valigie e iniziare la loro avventura in Premier League. Se da una parte l’offerta definitiva, quella che convincerà la Juventus a dare via libera al trasferimento, sembra destinata ad arrivare in settimana, dall’altra i colleghi dislocati nell’East Midlands fanno emergere legittimi dubbi su quanto effettivamente questo acquisto possa fare al caso delle foxes.

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Soulé rischia di essere solo una costosissima “riserva

La posizione naturale di Soulé è largo sull’out destro. Una posizione estremamente larga, quasi con i piedi a battere la linea laterale, per poi venire dentro il campo a giocare con il mancino. Come detto a più riprese, nel Leicester in quella posizione gioca Fatawu (appena riscattato dallo Sporting Lisbona), che è intoccabile.

Per questa ragione, almeno inizialmente, il fantasista argentino sembrerebbe essere una riserva di lusso e nulla più nelle idee della dirigenza inglese. Per il Leicester, però, ne varrebbe davvero la pena di spendere una cifra simile per un’alternativa? Un dubbio amletico che sta rallentando il tanto agognato rilancio.

I colleghi inglesi hanno ipotizzato quindi una collocazione più “centrale” per Soulé. “In linea con quanto visto al Frosinone nella scorsa stagione” scrivono in Inghilterra, ma Soulé non ha mai ricoperto una porzione di campo centrale con la maglia dei ciociari indosso. Dove potrebbe quindi essere schierato?

Roma, Soulé

La concorrenza di Fatawu e l’eredità di Dewsbury-Hall

L’anno scorso Soulé al Frosinone ha ricoperto tre ruoli. Inizialmente la posizione di ala destra, in un 4-3-3 o 4-2-3-1, per poi essere “riciclato” come seconda punta in un più conservativo 3-5-2. La confusione dei media inglesi deriva probabilmente alle tre partite che l’argentino ha giocato da sottopunta nel 3-4-2-1.

Tuttavia, è necessario ricordare come, a prescindere dal sistema di gioco utilizzato da Di Francesco, Soulé sia sempre partito largo a destra. Lui e Fatawu rischiano così di “pestarsi i piedi”, dato che per caratteristiche tendono a battere le stesse zolle in campo. E la “posizione più centrale” di cui parlavano i media d’oltremanica?

Sostanzialmente si faceva riferimento alla posizione ricoperta da Dewsbury-Hall la scorsa stagione sotto l’egida di Enzo Maresca. Il centrocampista argentino partiva da mezz’ala sinistra in un centrocampo a tre, per poi alzarsi di una decina di metri e andare a giocare a ridosso del centravanti in fase di rifinitura.

Soulé

Photo Source: LCFC.com

Con che modulo gioca Cooper?

Sebbene il nuovo allenatore del Leicester (Steve Cooper) abbia giocato prevalentemente con la difesa a tre in carriera, in queste prime sgambate al Seagrave l’allenatore inglese sembrerebbe intenzionato a ripartire dalla base lasciatagli in eredità dal suo predecessore. Vale a dire un 4-3-3 di partenza, che in fase di rifinitura consentirebbe a una delle due mezz’ali (quella più offensiva) un raggio d’azione più ampio.

Il centrocampo delle foxes è rimasto pressoché invariato, con la conferma di Winks e il rinnovo firmato da Ndidi, ad eccezione di Dewsbury-Hall: ceduto poche settimane fa al Chelsea. Soulé, nelle idee dei media locali, dovrebbe andare a ricoprire proprio quel ruolo, partendo però dal centro-destra anziché dal centro-sinistra.

Il Leicester potrebbe quindi passare stabilmente ad un 4-2-3-1, con Ndidi riportato a una posizione per lui più naturale come quella del frangiflutti davanti alla difesa. Lo stesso Maresca, tra l’altro, aveva ammesso che avrebbe abiurato l’esperimento del nigeriano incursore in caso di promozione. Resta da capire quanto Soulé possa adattarsi a questo ruolo e quanto il Leicester sia convinto di investire tanto su un “adattato”.

Probabile Formazione Leicester (4-2-3-1): Hermansen; Kristiansen, Faes, Coady/Okoli, Ricardo Pereira/Justin; Winks, Ndidi; Mavididi, Soulé, Fatawu; Vardy/Daka.

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Thiago Motta gioca come Allegri: no alla rivoluzione, sì alla continuità

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Allegri

Dopo le prime tre giornate di Serie A, è già possibile tirare le primissime conclusioni su Thiago Motta e sulla sua Juventus.

Sebbene sia prematuro tirare qualsivoglia conclusione a Settembre, finora la tanto agognata “rivoluzione” in casa Juventus non c’è stata. E questo è un bene, in quanto, come ho spiegato in un vecchio editoriale, Torino è il peggior luogo in assoluto dove fare le rivoluzioni.

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Thiago Motta come Allegri: il confronto

Una squadra che arriva terza in classifica e che vince la Coppa Italia non ha bisogno di essere rivoluzionata e questo è il primo punto fondamentale della disamina. La belante mandria giochista ha accolto Thiago Motta come “il nuovo Sacchi“, dimostrando (non che ce ne fosse bisogno) di giudicare senza guardare le partite.

Thiago Motta è un difensivista, nell’accezione più positiva possibile del termine. Ovvero pensa prima di tutto a non prendere gol, come tutti i grandi allenatori del mondo. Persino Guardiola, idolo della scuola giochista, cura in maniera maniacale la fase difensiva: poiché non prendere gol è la base per vincere le partite.

Lo dimostra anche questo avvio di campionato, dove al primo posto in classifica ci sono le squadre che hanno subito meno gol delle altre. In questo fondamentale, l’italo-brasiliano ha fatto (sin qui) addirittura meglio del suo predecessore: la sua è infatti l’unica squadra italiana a non aver ancora subito gol.

Juventus-Roma, Thiago Motta

THIAGO MOTTA PUNTA IL DITO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Da Bologna a Torino: Thiago non è cambiato

Allo stesso punto del campionato, la Juventus di Allegri aveva subito un gol in più di quella di Thiago ma aveva segnato lo stesso numero di gol. Questo per spegnere sul nascere i bollori di chi, dopo due 3-0 inferti a due squadre in lotta per non retrocedere, gridava già alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Dopo un inizio accidentato, in cui subì 4 gol nelle prime 3 partite, il Bologna di Motta fece registrare quattro clean sheet consecutivi: compresi tre zero a zero di fila. Immaginate se tre zero a zero consecutivi li avesse fatti Allegri con la Juventus: come minimo un’interrogazione parlamentare. Li fa Motta e “gioca bene“.

Il Bologna ha concluso la scorsa Serie A con 32 gol subiti (terza miglior difesa, un solo gol subito in meno della Juventus) e con gli stessi gol fatti della Vecchia Signora: ovvero 54. 17 invece i clean sheet (13 per Skorupski e 4 per Ravaglia) mentre 16 son stati quelli della Juventus: 15 per Szczesny e 1 per Perin.

Thiago Motta, Cristiano Giuntoli

Thiago Motta “smaschera” le contraddizioni dei giochisti

Il dato più interessante, però, è quello relativo al possesso palla. Chi si aspettava una Juventus arrembante e sempre pronta a schiacciare l’avversario nella propria area di rigore sarà probabilmente rimasto deluso. Dopo le prime tre giornate, la Juventus è settima per possesso palla medio: con un dato del 55,3%.

Un dato sicuramente più alto rispetto a quello dell’anno scorso (la Juventus chiuse 12esima con il 48,5%), anche se con un campione statistico decisamente più ampio, ma che non mostra un’inversione di tendenza. Il ché dimostra una verità lapalissiana, finora cocciutamente rifiutata dai giochisti, ovvero che con questo centrocampo non è possibile far giocare la Juventus differentemente.

E se è in parte vero che Thiago Motta in queste prime tre giornate sta giocando con gli stessi giocatori dell’anno scorso, di fatto non ha ancora inserito a pieno regime nessuno dei nuovi acquisti, è altrettanto vero che rispetto ad Allegri ha un Fagioli in più. Che certamente non sarà Douglas Luiz o Koopmeiners, ma (con il dovuto rispetto) nemmeno McKennie o Nicolussi Caviglia.

Il progetto che Thiago Motta intende impostare alla Juventus appare chiaro e cristallino. Ripartire dall’ottima base che Allegri gli ha lasciato, per poi inserire gradualmente i nuovi e portare la proposta tecnica bianconera al Next Level. L’italo-brasiliano e il labronico (che, ricordiamolo, chiese Kroos proprio in funzione di questo cambio pelle) condividono la stessa visione. Thiago probabilmente porterà i risultati sperati, perché è bravissimo, ma con questa campagna acquisti li avrebbe portati anche Allegri.

Il ché testimonia, ancora una volta, come la scelta di far fuori Allegri non avesse una natura tecnico-tattica, ma “politica”. La qualità del gioco non c’entra nulla, poiché questa dicotomia fra giochisti e risultatisti esiste soltanto nei salotti e sui social. Nel calcio vero, quello in cui girano miliardi e miliardi di euro ogni anno, le società vogliono solo vincere. Soprattutto alla Juventus. Soprattutto a Torino, dove, storicamente, le rivoluzioni (di nessun tipo) non hanno mai attecchito.

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Saudi Pro League, la bolla saudita è già scoppiata

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Saudi Pro League, Cristiano Ronaldo

L’esperimento Saudi Pro League è tecnicamente fallito, ma deve essere tenuto in vita “artificialmente”: almeno fino al 2034.

Avete presente l’Ucraina? Ovvero un paese virtualmente fallito, ma tenuto artificialmente in vita dai denari americani per motivi propagandistici? Ecco, il campionato saudita è praticamente la stessa cosa.

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Saudi Pro League, progetto a tempo: obiettivo “Mondiale”

Se la data di scadenza appiccicata sulla fronte di Kiev è il Novembre del 2024, periodo in cui si terranno le elezioni presidenziali americane, quello della Saudi Pro League è il 2034. Non si tratta (ovviamente) di un problema economico in questo caso, ma che l’esperimento saudita fosse a scadenza lo si sapeva già.

Parimenti a quanto fatto dal Qatar, che ha (vanamente) cercato di “ripulire” la propria immagine in vista dei Mondiali del 2022, il progetto Saudita prevede la sponsorizzazione del proprio paese (in maniera particolare utilizzando il calcio come veicolo) in vista dei Mondiali del 2034: assegnati proprio al paese arabo.

Tante le scelte commerciali che sono andate in questo senso. Dal tentativo di restaurare la Nazionale dell’Arabia Saudita, affidandola a Roberto Mancini, passando per i tanti campioni convinti a suon di milioni ad andare a giocare in Arabia. Tuttavia, nonostante i numerosi investimenti, il progetto saudita fatica a carburare.

Saudi Pro League

I club sauditi hanno dimezzato gli investimenti sul mercato

Partiamo dai numeri. La scorsa estate, ovvero quella del “lancio” del progetto saudita in quanto immediatamente successiva allo sbarco in Oriente di Cristiano Ronaldo, le squadre saudite hanno mosso quasi un miliardo di euro sul mercato. Un flusso di denari sterminato, che portò in molti a vedere nella Saudi Pro League un campionato destinato a diventare, nel giro di un paio d’anni, fra i migliori al mondo.

Molte scelte di mercato, fra cui certe clausole folli e al limite dell’irragionevole come quella con cui il Napoli si è legato mani e piedi a Victor Osimhen, sono state fatte e pensate in funzione di questo mare magnum: che si pensava inesauribile. Eppure questa estate i club sauditi hanno praticamente dimezzato la propria capacità di spesa, facendo registrare uscite inferiori al mezzo miliardo di euro.

Pensate che l’Al-Hilal, l’anno scorso una delle regine del mercato (terza squadra al mondo per investimenti profusi dopo Chelsea e PSG), quest’anno ha visto ridursi la propria capacità di spesa praticamente ad un terzo dell’anno precedente: passando da oltre 370 milioni spesi sul mercato a 93. 

Saudi Pro League

La Saudi Pro League è un flop: non la guarda nessuno

Un’inversione di tendenza che non si spiega soltanto con la necessità (relativa) di calmierare gli investimenti, ma anche (e soprattutto) con la maggiore e crescente riluttanza dei calciatori importanti ad accettare la destinazione saudita. La Saudi Pro League (per ora) non è diventata quello che tutti si aspettavano e, se questo in parte era fisiologico e prevedibile, le prospettive non sono certo delle più incoraggianti.

Del resto fu lo stesso Cristiano Ronaldo, lo scorso Gennaio, a dire che la Saudi Pro League fosse già uno dei primi cinque campionati al mondo. Addirittura anteponendola alla Ligue 1 nella sua personalissima graduatoria, stilata non si capisce sulla base di quali parametri. Tuttavia, la realtà dei fatti è ben diversa da quella sbandierata dal pensionato portoghese e si riflette nella totale incapacità delle autorità saudite di rendere il proprio prodotto attrattivo.

La Saudi Pro League non la guarda letteralmente nessuno (almeno il campionato francese mezzo miliardo di euro l’anno in diritti televisivi li muove ancora, caro Cristiano), né in patria né tantomeno all’estero, e gli stadi sono sempre tristemente vuoti. Non siamo ancora ai livelli del Qatar, dove persone raccattate casualmente per strada venivano pagate per assistere alle partite facendo finta di essere tifosi, ma non siamo troppo lontani.

Per questo motivo i rappresentanti delle istituzioni saudite, nei prossimi giorni, inizieranno un lungo pellegrinaggio in giro per l’Europa, nella speranza di trovare qualcuno che gli insegni come fare impresa sportiva. E, per incentivare i professionisti europei a rispondere al loro disperato appello, sono disposti a mettere sul piatto sgravi economici e un regime fiscale particolarmente agevolato.

Si parla di: zero tasse sulle persone fisiche; aliquota unica del 20% per le società; Iva al 15%. E, grazie ad accordi bilaterali stipulati con molti paesi (Italia compresa), non è prevista doppia tassazione in patria. Nessuno può sapere se queste mosse salveranno il progetto saudita, ma ciò che appare certo è che difficilmente la Saudi Pro League si trasformerà nel tanto auspicato Nirvana calcistico.

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Juventus e Napoli fra le squadre che hanno speso di più in Europa: la classifica completa

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Juventus

Il calciomercato volge al termine ed è il momento di tirare le somme: letteralmente. Le squadre che hanno speso di più nei TOP 5 Campionati Europei.

I sauditi si sono dati una calmata da soli, in Inghilterra ci ha pensato il PSR. Senza il fiume di denaro proveniente dall’Arabia e dalla terra di Sua Maestà, il calciomercato ha visto drasticamente ridurre la propria capacità di spesa.

Calciomercato, la TOP 10 degli “spendaccioni”

Per la sorpresa di nessuno, il Chelsea (anche quest’anno) è la squadra che ha investito maggiormente sul mercato. Circa 238 milioni di euro, che comunque comparati ai 464 dell’anno scorso sembravano quasi un principio di austerity, per vincere una partita su tre in Premier League e rischiare di uscire ai preliminari di Conference League con il Servette. Bene, ma non benissimo.

Secondo il Brighton, che l’anno scorso era 24esimo per spese (poco più di 100 i milioni investiti sul mercato, che per gli inglesi son quasi la prassi) ma quarto per entrate grazie ai suoi quasi 200 milioni incassati. Quest’anno i Seagulls si sono rifatti alla grande, con 238 milioni spesi sul mercato e meno di 50 incassati.

La Premier domina il podio, con il Manchester United al terzo posto e 215 milioni spesi sul mercato. Appena sotto l’Aston Villa quinto, con 176 milioni, e quarto l’Atletico Madrid con 185 milioni. Solo sesto il PSG, da cui ci si aspettava un’estate scoppiettante dopo la partenza di Mbappé e invece ha speso “solo” 170 milioni.

7 in più della Juventus (settima con 163 milioni spesi) e 20 del Napoli, ottavo con 150. La TOP 10 la chiudono altre due inglesi, ovvero il Tottenham (poco meno di 149 milioni di euro investiti sul mercato, per pochissimo dopo il Napoli in questa speciale graduatoria) e il West Ham di Lopetegui con circa 145 milioni investiti.

Calciomercato

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