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Intervista a FR7, parla il campione francese

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Il campione francese della Salernitana si è concesso in una lunga intervista al microfono di Diletta Leotta per DAZN alla quale ha confidato tutte le sue emozioni sciogliendo i dubbi sul suo futuro. Leggiamo insieme le sue parole.

Lunga intervista per Frank Ribery, il numero 7 granata ha esordito così parlando della tifoseria:
“Mi trovo bene qui a Salerno. È una bella città, si vive per il calcio. Sono contento, facciamo di tutto per i tifosi. Non sapevo dove si trovasse Salerno, ma la gente di qui mi ricorda la Francia. Hanno solo bisogno del calcio, sono passionali, per questo sono venuto qui. Anche se ho vinto tutto in carriera ho scelto questa avventura. Vivo per il calcio. Qui mi sento a casa, Salerno mi ricorda Marsiglia per mentalità e per i luoghi. C’è il sole, il mare, si sta bene. Prima di andare a fare allenamento spesso passo in macchina in centro, i tifosi mi fermano. Si vede che sono contenti e felici. Nell’”Arechi” i tifosi sono molto vicini ai giocatori, dal primo all’ultimo minuto si sentono. Loro fanno tanti sacrifici economici per andare allo stadio, io vivo queste cose e do il massimo per loro. C’è un bel rapporto, se vinciamo, se segniamo, se diamo tutto possiamo andare felici a casa. Il giorno dopo tutti parlano della partita, sono dettagli ma ti fanno capire cos’è questa squadra per i tifosi. Quando perdiamo io torno a casa e sto male, perché so quanto loro tengano alla Salernitana”.

Questione di mentalità
“Dopo venti anni di carriera gli acciacchi si sentono, ho corso e giocato tanto. La passione, la mentalità e la fame sono dentro, non corro più come prima, ma ho queste cose. Io rispetto la maglietta, a fine partita e a fine allenamento deve essere sudata. Io sono contento anche di allenarmi. Voglio vincere anche nelle partitelle con i compagni, è la mentalità, è fondamentale”.

Rapporto con i tifosi e non solo

Ribery a proseguito ancora: “Il rapporto con i tifosi l’ho sempre sentito, mi ha dato grande forza e motivazione. Mi piace dare il massimo e questo conta per me, questi piccoli dettagli, l’essere vicino ai tifosi fa la differenza nel lavorare per il nostro obiettivo. I calciatori giovani e intelligenti devono avere voglia di lavorare, la fame; ne ho conosciuti tanti con talento, ai quali mancava però la grinta. Voglio bene ai giovani e voglio che un giorno siano grandi, ho conosciuto a 16 anni David Alaba che oggi è un campione. Gli dissi di pensare al lavoro, al sacrificio, non alla macchina, all’orologio. Col lavoro e la voglia queste cose arrivano. Lui è stato intelligente ed ha vinto tanto. Ho conosciuto Vlahovic, è un ragazzo con grande mentalità, lavora tanto. Sono stato giovane anche io e ho lavorato con calciatori di oltre trenta anni come Zidane e Thuram, io guardavo come si comportavano. Il calcio di ora è diverso, spesso va veloce per i giovani. Da giovane io non avevo nulla, i giovani di ora hanno tutto, auto, soldi, a volte si perdono i valori della vita. Thuram mi disse che il calcio va veloce, io non ci credevo a 24 anni. Poi in un nulla ti ritrovi a 38 anni. Bisogna godersi tutto”.

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Smettere? No grazie

Nonostante l’età che avanza l’ex Bayern ha ancora la testa al campo:
“Mi piacerebbe allenare quando smetto. Non ci sto pensando perché sto bene e voglio giocare ancora, non so cosa succederà l’anno prossimo. Sento di poter dare ancora tanto in campo. Mi piace stare vicino ai giocatori, quindi mi vedrei bene a fare l’allenatore – spiega Franck – A Firenze e Salerno sono stato molto vicino ai calciatori, sto iniziando già in campo”. Da tre anni in Italia Ribery sta apprezzando molto il nostro paese: “L’Italia è bella per la gente, per le piccole cose; il vostro paese mi piace molto. La standing ovation di San Siro è stata bellissima, quello stadio ha conosciuto tanti campioni e l’applauso mi ha toccato tanto. Un momento che non dimenticherò. La Coppa del Mondo senza l’Italia è davvero un peccato, ma sono cose che capitano. Bisogna guardare avanti, è difficile per la gente e per i giocatori. L’Italia resta una grande squadra e una grande nazione, si rialzerà. A Monaco però mi sento a casa, forse più lì che in Francia”.

Per concludere l’intervista Ribery ha mostrando il suo lato più amano parlando della fede e della famiglia:

“Mi piace fare gli assist. Sento le persone che dicono di calciare in porta, ma mi piace vedere i miei compagni contenti e aiutarli. Quando vieni dal basso hai un sogno, non avrei mai immaginato di giocare con Zidane. Nel 1998 festeggiavo il Mondiale in strada come tutti, pochi anni dopo ero con loro in campo. L’anno 2012, quando abbiamo perso tutto col Bayern, Coppa di Germania, campionato e Champions, è stata davvero dura. Ma l’anno dopo abbiamo vinto tutto, questo è il bello del calcio. Quando ci credi e fai sacrifici, si arriva sempre agli obiettivi. Se potessi tornare indietro tornerei nel mio quartiere, a giocare nel campetto fino alle 3 del mattino. Mi vengono i brividi se ci penso. Ho pensato anche di lasciare il calcio a 17 anni, ero andato a lavorare con mio padre. Giocavo in serie C, nel sud della Francia, la società non aveva soldi. Abbiamo smesso prima della fine del campionato. Poi ho fatto dei provini ed è andata bene. È stata una cosa formativa, quando vuoi qualcosa non devi aspettare gli altri, devi fare da solo e fare dei sacrifici. L’essere musulmani è un rapporto con Dio, lo senti dentro spontaneamente. “Elhamdoulillah” vuol dire tutto bene, quando le cose non vanno bene si dice quello. Non bisogna dirlo solo quando tutto va bene, ma anche quanto tutto va male. La famiglia mi manca, ma sono abituato a stare lontano. Bisogna fare dei sacrifici però perché dopo c’è un’altra vita. Prima di venire qui ho parlato con i miei figli e loro hanno deciso. Era importante farli sentire importanti. Mio figlio Saif gioca col numero sette, ma è mancino. Gioca nel Bayern, è innamorato del calcio, speriamo che si divertirà e sarà felice. L’ho sempre portato con me e ha capito come funziona il calcio. Sono il suo eroe, è triste perché non ci sono”.

Ribery domenica sarà in campo per dare il suo contributo, ci tiene molto e spera che quella con l’Udinese non sarà la sua ultima gara, se la Salernitana dovesse salvarsi, infatti, scatterà in automatico il rinnovo per il francese che ha incassato gli apprezzamenti del Presidente Iervolino:
Ho un’adorazione per Ribéry, certo non è il futuro della Salernitana e non vuol dire che non possa rimanere un altro anno”

Anche il DS Walter Sabatini ha elogiato il campione francese, le sue parole sono un’iniezione di fiducia e stima:
“Aveva chiesto di andare via, ma poi ha cambiato idea. Sono contento perché è un campione e potrà darci una grande mano. È un grande compagno di squadra che si allena come un ragazzino. Incita sempre i suoi compagni e li coinvolge con un senso di umiltà eccezionale. Stiamo parlando di un calciatore straordinario, specialmente a livello umano. Gli voglio un bene dell’anima perché in questi giorni abbiamo creato un rapporto basato sulla volontà di fare le cose giuste”.

Il francese a fine febbraio era stato coinvolto in un incedente stradale, la sua auto si era schiantata, abbattendolo, contro un semaforo. Nonostante questo increscioso episodio la sua stima non è diminuita nell’ambiente granata, anzi l’intera società è stata di supporto al campione che riportò un lieve trauma cranico. Passata la paura è tornato in campo e domenica sarà pronto a riprendersi lo spazio che gli hanno tolto l’exploit di Bonazzoli e Verdi. Forza Frank, i tifosi sono con te!

 

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Rafael Leao, bastone e carota: quale è servito di più secondo Fonseca

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Real Madrid-Milan, Rafael Leao

Rafael Leao, un vero e proprio talento la cui gestione può apparire piuttosto complessa. Ne sa sicuramente qualcosa il tecnico rossonero Paulo Fonseca.

Non è stato facile, quantomeno inizialmente, gestire un profilo come Rafael Leao. Andato via Stefano Pioli, arriva Paulo Fonseca e iniziano i problemi. Se prima il tecnico parmense era solito coccolare il suo talento, con Fonseca tutto ciò non ha funzionato.

L’allenatore portoghese infatti ha voluto inizialmente proseguire sulla falsariga del suo predecessore senza tuttavia riscontrare gli stessi effetti. Leao infatti appariva eccessivamente svogliato, molle e forse demotivato.

E allora è scattata la fase due, quella del bastone che si è quindi trasformata in qualche panchina di troppo, certamente mal digerita dal giocatore. Ma la reazione è stata quella sperata. Questa, in estrema sintesi, la gestione Leao più volte spiegata anche dallo stesso allenatore, non ultimo in conferenza stampa pochi minuti fa.

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Best FIFA Men’s Player, i candidati: out Lautaro

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Fantacalcio, Lautaro Martinez

Nonostante i successi in Serie A e Copa America, l’argentino resta fuori dai top 11 del premio FIFA. Ecco gli 11 candidati.

La FIFA ha svelato la lista degli 11 candidati al premio Best Men’s Player, destinato a celebrare il miglior calciatore dell’anno. Una lista che ha già acceso dibattiti e polemiche, soprattutto per l’assenza di Lautaro Martinez, protagonista di una stagione straordinaria con la vittoria della Serie A e della Copa America, di cui è stato anche capocannoniere.

FIFA

L’ESULTANZA DI LAUTARO MARTINEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

L’esclusione di Lautaro fa rumore, arrivando a poche settimane di distanza dalla delusione per il 7° posto al Pallone d’Oro. Un riconoscimento che, ancora una volta, sembra non premiare appieno i traguardi e il peso specifico dell’attaccante argentino nel panorama calcistico internazionale.

La lista dei candidati include nomi noti e indiscutibili, ma l’assenza del “Toro” ha sollevato interrogativi sull’effettiva valorizzazione dei risultati ottenuti nei campionati nazionali e nelle competizioni internazionali. Stesso dicasi per l’inserimento di Messi, che solleva ulteriori dubbi sul grado di giudizio adottato in questa classifica. Di seguito tutti gli 11 candidati.

Best FIFA Men’s Player, gli 11 candidati

– Dani Carvajal (Spagna), Real Madrid
– Erling Haaland (Norvegia), Manchester City
– Federico Valverde (Uruguay), Real Madrid
– Florian Wirtz (Germania), Bayer Leverkusen
– Jude Bellingham (Inghilterra), Real Madrid
– Kylian Mbappé (Francia), Paris Saint-Germain/Real Madrid
– Lamine Yamal (Spagna), Barcellona
– Lionel Messi (Argentina), Inter Miami
Rodri (Spain), Manchester City
– Toni Kroos (Germania), Real Madrid (ritirato)
Vinicius Jr (Brasile), Real Madrid

 

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Milan, gara abbordabile contro l’Empoli? Un particolare ci dice di no

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Milan

Milan, la gara contro l’Empoli di domani sera sembra all’apparenza da uno fisso, quantomeno sulla carta. Vediamo tuttavia le insidie che la partita nasconde.

Domani alle 18 andrà in scena la gara tra Milan ed Empoli nel palcoscenico del San Siro. Una gara da uno fisso per gli scommettitori, ma siamo così certi che gli uomini di Paulo Fonseca si sbarazzeranno così facilmente degli avversari?

Un particolare ci dice di no, che probabilmente non sarà una partita così facile da sbloccare e la motivazione sta nell’organizzazione difensiva dell’Empoli. D’Aversa ha infatti costruito una squadra che prende pochi gol, solo 11 finora e siamo certi che contro il Milan non farà eccezione, anzi la fase difensiva verrà curata con ancora maggiore intensità.

Di contro ci troviamo a commentare una certa difficoltà da parte degli attaccanti rossoneri a trovare la via del gol, solo 6 reti in totale per la coppia Morata/Abraham. Numeri di certo poco entusiasmanti che dimostrano come i rossoneri vadano in affanno quando si tratta di sfondare difese bene organizzate.

Questo aspetto domani non sarà da sottovalutare. Troppe volte in questa stagione il Milan ha stentato contro le cosidette “piccole” proprio per un eccesso di confidenza dei propri mezzi unito probabilmente a scarso agonismo durante la gara. Ergo, l’Empoli non andrà sottovalutato.

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