Serie A
Roma, le Mile…di Svilar
Il portiere della Roma sente che questa potrà essere la sua stagione buona per riuscire a mettersi in evidenza scendendo in campo maggiormente.
Roma, voglia di titolare
Lo scorso campionato è sceso in campo pochino, solo tre partite. Mile Svilar, portiere della Roma che vanta una presenza nel 2021 anche nella nazionale della Serbia, sente però profumo di riscossa. E sentenzia: il prossimo sarà il campionato buono per mettersi in evidenza.
Per mettere in chiaro il suo concetto, però, si fa forte di una schietta analisi dell’immediato passato: “non è stata una stagione facile – afferma intervistato dal portale del Belgio GVA con parole riprese da Voce giallorossa – soprattutto i primi sei mesi ho avuto difficoltà ad adattarmi, non mi sentivo completamente a mio agio e una cosa del genere ha impatto sul campo”.
Intanto ha comunque avuto modo di padroneggiare a dovere l’italiano che è la sesta lingua viva del suo bagaglio glottologico. “Sono pronto per la mia seconda stagione– prosegue – non so se sarò titolare , non ne ho ancora parlato con nessuno ma non rimpiango le mie scelte e sono maturato”.
Avverte poi buone vibrazioni sottoforma di apprezzamento per il suo lavoro da parte del tecnico Josè Mourinho. “E’ davvero speciale– dice Svilar in riferimento al tecnico lusitano – non solo in termini di conoscenza del calcio ma anche come persona, sento anche che è soddisfatto di me, mi alleno bene e il comportamento è ottimo”.
Preludio a un suo maggiore impiego tra i pali?Presto per dirlo. Lui non lo dice apertamente ma spesso è il non detto a nascondere la verità. E sulla voce del suo passaggio ai belgi dell’Anversa taglia corto: “adesso penso alla Roma, anche se non nascondo che mi piacerebbe giocare ad Anversa un giorno, se necessario alla fine della mia carriera, amo la città”.
E, siccome dal niente non si viene mai, ne spiega anche il perché. “Ci ha giocato mio padre“- conclude. Come lui tra i pali. Si chiama Ratko e ha presidiato la porta dell’Anversa in ben 243 occasioni nel corso della carriera. E per nove volte anche quella della nazionale dell’allora Jugoslavia.
Serie A
Juventus: la soluzione dopo lo stop di Cabal
Serie A
Inter: Inzaghi può finalmente sorridere
Ottime notizie per l’Inter: l’infermeria si sta finalmente svuotando con i rientri di Carlos Augusto e Buchanan.
L’ex Monza, si era fermato durante la partita contro lo Young Boys per un risentimento al flessore della coscia sinistra, ed è sempre più vicino al rientro.
L’esterno potrebbe tornare disponibile dopo la pausa per le nazionali, in vista della partita di campionato contro l’Hellas Verona del 23 novembre.
Il recupero di questi due calciatori, porta praticamente a zero gli infortunati in casa nerazzurra.
Questo permetterà a Simone Inzaghi di avere più opzioni per far riposare la fascia sinistra, dando respiro a Bastoni e Dimarco, entrambi costretti agli straordinari nelle ultime settimane.
Con questa maggiore rotazione, l’Inter può contare su una squadra più fresca e competitiva per i prossimi impegni.
Serie A
Lorentini: “L’Heysel fu una tragedia nazionale. Sul numero 39…”
L’Associazione familiari vittime dell’Heysel, guidata da Andrea Lorentini, tiene viva la memoria di quella giornata drammatica in un’intervista al Corriere della Sera.
Domani sera, a Bruxelles, si svolgerà una partita di Nations League attesa da molti: Belgio-Italia. Ma per molti tifosi italiani, belgi ed europei, questa non è solo una partita di calcio. Il richiamo è immediato e doloroso. A Bruxelles, quasi quarant’anni fa, lo stadio Heysel fu teatro di una delle tragedie più cupe della storia del calcio. Era il 29 maggio 1985 quando la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò in un incubo, con 39 tifosi – in gran parte italiani – che persero la vita schiacciati nella calca e nel caos sugli spalti.
A mantenere vivo il ricordo di quella giornata tragica c’è l’Associazione familiari vittime dell’Heysel, fondata proprio per rendere onore alle vittime e promuovere una cultura di rispetto e sicurezza negli stadi. L’associazione è oggi presieduta da Andrea Lorentini, figlio di Roberto, intervistato dal Corriere della Sera, ha ricordato il padre e ha ribadito l’importanza della memoria collettiva, sottolineando come la tragedia dell’Heysel sia un monito affinché eventi simili non si ripetano più. A seguire un breve estratto della sua intervista.
Le parole di Lorentini
UNA TRAGEDIA NAZIONALE
“Sì, non è stata solo una tragedia di parte: oltre ai tifosi juventini, a un fotografo di Reggio Emilia e a 7 stranieri, quanti sanno che sono morti anche tre interisti?”.
LA NAZIONALE HA RITIRATO LA MAGLIA 39
“Sì, allora abbiamo ringraziato molto il presidente Tavecchio per la sensibilità, come oggi facciamo con Gravina. La prima cerimonia si svolse nel 2015”.
LA SUA PRIMA VOLTA ALL’HEYSEL
“No, fu nel 2005 per il ventennale: una sensazione straniante. Mio nonno Otello, che ha istituito l’associazione dopo la strage, raccontò a me e a mio fratello la dinamica degli incidenti. Il luogo è stato ricostruito, ma la morfologia dell’impianto non è poi così diversa. E quella sensazione non si cancella”.
COME TENERE VIVO IL RICORDO
“Con diversi progetti di educazione civico-sportiva: la memoria fine a se stessa rischia di finire nel pietismo, noi cerchiamo di riempirla di contenuti sul fair play”.
IL RAPPORTO CON LA JUVE
“C’è sempre stata una mancanza di memoria fin da subito e non siamo mai arrivati alla piena condivisione della vicenda, per cui noi facciamo il nostro percorso: la logica adesso è proprio quella di elevare la tragedia da vicenda di parte, con i morti e lo scalpo del nemico, a una tragedia europea e italiana”.
SI GIOCO’ PER LIMITARE I DANNI
“Sì, è un elemento chiave. Mio nonno era a bordo campo accanto al cadavere di mio padre e pensava fossero matti a giocare. Ma poi anche in sede processuale è stato ricostruito che fu fondamentale disputare la partita per tenere tutti dentro lo stadio, mentre i carrarmati dell’esercito venivano chiamati per garantire il deflusso. Ma non era più un evento sportivo”.
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