Serie A
L’enciclopedia della Serie A – Parte quarta
Bentornati, eccoci al quarto e penultimo appuntamento con l’enciclopedia della Serie A, il nostro singolare viaggio nella storie dei venti club del massimo campionato. Inizia il viaggio da nord a sud partendo da Monza fino a Salerno, si parte!
Monza
L’associazione Calcio Monza, meglio nota come AC Monza, è stata fondata nel 1912 dalla fusione di diversi club cittadini. Nel 1939, pur militando in Terza Serie, raggiunse i quarti di finale di Coppa Italia.
In origine la maglietta del Monza era biancoceleste perché un sarto aveva regalato alla società un ingente quantitativo di stoffa celeste. Per vent’anni quelli furono i colori, declinati in varie sfumature e forme, dei brianzoli finché, nel 1932, durante la Coppa del Ventennio, il Monza affrontò e sconfisse il Falck Sesto San Giovanni indossando un’inedita maglietta bianca attraversata frontalmente da una striscia rossa centrale. Al 1971 va fatta risalire quella che, con poche modifiche, è diventata la maglia odierna, rossa con una striscia bianca decentrata a sinistra.
Lo stemma del Monza ritrae quelli che sono i simboli storici della città brianzola, uno scudo rosso bordato di bianco con al centro la spada viscontea sormontata dal nome della squadra. Sullo scudo troneggia la corona ferrea, che fu quella dei Re d’Italia. Il soprannome della squadra è Bagai (Ragazzi in brianzolo).
Il Monza gioca al “Brianteo”, poco più di 15.000 posti, inaugurato nel 1988 con la partita di Coppa Italia Monza – Roma (2-1).
La tifoseria brianzola è concentrata in Curva Nord con diversi gruppi come “Disagiati” e “Ultras Cederna” (dal nome dell’omonimo quartiere). Numerosi sono poi i Monza Club in città e provincia.
La rivalità più accesa è quella con il Como per motivi geografici, oltre che storici e sportivi, ed è attiva dagli anni ’80. Un’altra rivalità piuttosto forte è quella che oppone il Monza al Pisa, soprattutto dal 2007, quando i toscani vinsero la finale playoff, a cui seguirono violenti tafferugli anche all’interno dello stadio. Un’altra finale playoff, quella del 2006, ha fatto nascere l’astio per il Genoa, che vinse conquistando la Serie B.
I gemellaggi sono col Milan (rafforzato soprattutto negli ultimi anni con la presenza di Silvio Berlusconi a capo della società brianzola), Foggia, Lecco e Triestina. All’estero la tifoseria del Monza è gemellata con lo Sporting Gijon.
L’inno ufficiale del Monza è “Monza Alé” composto nel 2006 da Michele Magrin:
“Undici voi, migliaia tutti voi per un solo grido: Monza alé.”
Napoli
La Società Sportiva Calcio Napoli, nota semplicemente come Napoli, è stata fondata nel 1926 ma già esisteva una squadra nata nel 1922. La società è stata rifondata più volta, l’ultima nel 2004. Con la promozione in B nel 2006 adottò il nome attuale.
La maglietta del Napoli è sempre stata azzurra, soltanto il 29 novembre 2020, contro la Roma, scese in campo con una divisa a strisce biancocelesti per ricordare la patria dell’indimenticato idolo Diego Armando Maradona, l’Argentina.
Lo stemma è tondo con un primo anello blu scuro e un secondo azzurro bordato di bianco su cui campeggia un N bianca. Il soprannome del Napoli è gli Azzurri (per i cronisti i Partenopei) e l’animale simbolo è l’asino. Perché? In origine era un cavallo ma, dopo i primi deludenti risultati, i tifosi preferirono paragonare la squadra ad un ciuchino, essendo il cavallo un’animale nobile e di razza mentre l’asino è piuttosto povero e piuttosto malridotto, almeno nella credenza popolare. Ecco perché, quasi dagli albori, il Ciuccio, come lo chiamano i napoletani, è il simbolo della squadra, anche adesso che il Napoli è tornato a vincere.
Lo stadio del Napoli, dal 1959, è il “San Paolo” di Fuorigrotta, così chiamato perché, secondo la tradizione, l’Apostolo delle genti, in viaggio verso Roma, attraccò proprio in quest’area di Napoli. Dal 4 dicembre 2020 è universalmente conosciuto come “Diego Armando Maradona” in seguito alla morte prematura del campione argentino, idolo della tifoseria e dell’intera Città partenopea.
La tifoseria organizzata azzurra nasce negli anni sessanta e fa del Napoli la quarta squadra più tifata d’Italia con 35.000 milioni di tifosi all’estero e 120.000 simpatizzanti. Il giornalista Mimmo Carrettelli chiama il Napoli “la squadra di tutti” perché riunisce genti diversissime per ceto sociale. La passione per la squadra è tale che in alcune occasioni il tifo raggiunge picchi tali, che in alcune occasioni l’urlo dei tifosi al gol è stato registrato come terremoto dai sismografi dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Un vecchio gemellaggio era quello esistente col Genoa dal 1982, quando un pareggio per 2-2 salvò il Genoa che rimase in Serie A a scapito del Milan. Il gemellaggio, vantato anche a fini commerciali, è stato sciolto dalla tifoseria napoletana il 9 aprile 2019. Altri gemellaggi in Italia sono quelli con Catania e Palermo mentre all’estero il Napoli è gemellato con mezzo mondo.
Tra le rivalità segnaliamo quelle con l’Hellas Verona, La Lanerossi Vicenza, la Sampdoria, la Lazio, la Roma ma, soprattutto l’odiatissima Juventus, specie per motivi storici, dato che la squadra bianconera viene vista dai napoletani come l’espressione sportiva del Piemonte Sabaudo. C’è astio anche nei confronti di Salernitana (ricorderete l’ultimo derby, terminato 1-1, che ha costretto il Napoli a rimandare l’aritmetica per lo scudetto) e Avellino.
L’inno ufficiale della squadra è “Napoli (i ragazzi della Curva B) di Nino D’Angelo:
“Napoli, Napoli, Napoli quei ragazzi della curva b, oh oh Napoli, Napoli, Napoli
nu striscione rice siamo qui.”
https://www.youtube.com/watch?v=VGqmmncm6q0
Roma
L’Associazione Sportiva Roma, o semplicemente Roma, è il secondo club della Capitale fondato nel 1927 dalla fusione di tre squadre, l’Alba Roma, il Roman e la Fortitudo Pro Roma: era il 7 giugno in via Forlì 16.
I colori della società sono il giallo e il rosso, che poi sono quelli del gonfalone del Campidoglio, e la maglietta è rossa bordata di giallo.
Lo stemma è una sorta di scudo diviso orizzontalmente in due parti, giallo nella metà superiore, rosso in quella inferiore. Nel mezzo, troneggia una lupa grigia con sotto il nome della squadra e l’anno di fondazione. La Roma è detta la Magica e ha vinto, tra l’altro, 3 scudetti, 9 Coppa Italia e una Conference League. Ha partecipato a 95 Campionati nazionali, di cui uno in Serie B.
Lo stadio della Roma è lo storico “Olimpico”, di cui abbiamo già parlato in merito alla Lazio.
La tifoseria giallorossa ha avuto diversi gruppi, il più grosso fu il “Commando Ultrà Curva Sud (CUCS), scioltosi definitivamente nel 1999. Attualmente in Curva Sud ci sono gruppi autonomi di tifosi, tra cui i “Boys” e i “Fedayn”.
Nel 1977 il Presidente Viola, che non gradiva un inno composto da un tifoso politicizzato quale Venditti, scelse come inno “Forza Roma, forza Lupi” di Lando Fiorini. Dopo quella stagione l’inno della squadra capitolina giallorossa tornò ad essere, ed è, “Roma (non si discute, si ama)” di Antonello Venditti:
“Roma, Roma bella t’ho dipinta io gialla come er sole rossa come er core mio.”
Salernitana
L’Unione Sportiva Salernitana 1919, per tutti semplicemente Salernitana, è stata fondata da alcuni soci capeggiati da Matteo Schiavone ed ebbe come primo Presidente Adalgiso Onesti.
In origine la Salernitana era biancoceleste, quindi nerazzurra dal 1922 al 1925, granata nella stagione 1927/28 e poi, definitivamente, dal 1943. Una sola parentesi nel 2011 quando, per una questione legati ai diritti dei segni distintivi della Salernitana, divenne rossoblù. Dal 2012 è tornata ad essere stabilmente granata.
Lo stemma è granata, riporta l’anno di fondazione e l’ippocampo, segno distintivo, da sempre, della squadra campana. Non a caso, gli ippocampi è il soprannome della squadra granata, oltre alla Bersagliera e a Sua Maestà.
Lo Stadio della Salernitana è l'”Arechi”, dal Principe Longobardo Arechi II sotto il quale Salerno raggiunse il periodo di massima fioritura. Al momento della sua fondazione, la Salernitana giocò quindici giornate in uno Stadio senza nome, che gli venne dato il 1 maggio 1991 in occasione della partita tra Italia e Ungheria (3-1).
La mascotte della Salernitana è Granatiello, un leone con la maglietta numero 10.
La tifoseria granata è una delle più calde tifoserie del Mezzogiorno, il gruppo Ultrà più famoso è quello del “Siberiano” (soprannome di un capo ultrà deceduto) che occupa la Curva Sud. Il giornalista Federico Buffa ha paragonato il tifo granata, per colori ed allegria, a quello del club argentino San Lorenzo e l’ha definita originale e quindi diversa da tutte le altre tifoserie italiane.
La tifoseria granata è gemellata con Bari, Reggina e Brescia in Italia, Shalke 04 e Liverpool, i cui tifosi hanno assistito alle gare interne in Curva esprimendo ammirazione.
Forte e accesa è la rivalità è quella col Napoli ma anche con Avellino, Cavese, Casertana e Cosenza, Nocerina, Juve Stabia e Paganese (quasi tutte corregionali). In più, i granata campani hanno litigato con mezza Italia da Nord a Sud.
La Salernitana odierna, quella nata nel 2011, non ha un inno ufficiale, ruolo che per anni è stato ricoperto dalla canzone “Il potere deve essere granata” del cantante locale Sandro Scuoppo. Al momento, pur restando ufficioso, si può considerare l’unico inno della squadra:
“Il potere deve essere granata. Con la pioggia e con il sole siamo sempre qui quant’è bello sto colore che ci invade il cuore. Siamo i ragazzi di Salerno non ti lasceremo mai, dal Paradiso all’Inferno mai sola resterai.”
E con questo per oggi è tutto, vi do appuntamento a domani con l’ultima parte dell’enciclopedia della Serie A. Buon ferragosto!
Serie A
Clamoroso Roma, anche Garcia tra i nomi per la panchina
Dopo l’esonero di Ivan Jurić, la Roma è alla ricerca del nuovo allenatore. Diversi nomi sul tavolo: valutato anche un possibile ritorno di Garcia.
Cala il sipario sull’era di Ivan Jurić, che chiude un capitolo breve ma estremamente turbolento nella storia recente della Roma. Una situazione che, paradossalmente, sembra segnare il punto più basso per il club capitolino negli ultimi vent’anni. Con due esoneri nel giro di pochi mesi, la società dei Friedkin si ritrova ora in una situazione delicatissima, con la consapevolezza di non poter più sbagliare.
Se con l’esonero di De Rossi la scelta era parsa affrettata e mal accolta da una piazza già scettica, l’addio di Jurić era diventato ormai inevitabile. Il tecnico croato non ha mai davvero conquistato l’ambiente giallorosso, trovandosi spesso a combattere contro la diffidenza dei tifosi e il peso delle aspettative.
Ora, approfittando della pausa per le nazionali, la dirigenza giallorossa si è presa il tempo necessario per valutare attentamente il prossimo passo. Con diversi nomi sul tavolo, questa scelta si presenta come uno snodo cruciale per il futuro del club.
Roma, tutti i nomi per la panchina
Stando alle ultime indiscrezioni, la Roma ha già avviato contatti con diversi candidati per la panchina. I primi nomi sulla lista sono quelli di Roberto Mancini, Massimiliano Allegri e Zeljko Terzic, tre profili che porterebbero esperienza internazionale e una leadership carismatica, ma che al tempo stesso richiederebbero un impegno economico significativo. Entrambi, infatti, chiedono garanzie importanti in vista del mercato di gennaio, oltre a contratti dall’ingaggio elevato.
Oltre a loro, spunta anche il nome di Frank Lampard, suggerito dall’agenzia CAA Base, alla quale i Friedkin si sono affidati per orientarsi nella scelta del nuovo tecnico.
Sullo sfondo restano Maurizio Sarri e Igor Tudor, penalizzati dal loro recente passato biancoceleste.
La suggestione Garcia
Il nome dell’ultima ora è quello di Rudi Garcia. L’allenatore francese ha già guidato la Roma tra il 2013 e il 2016, conoscen bene l’ambiente e saprebbe come gestire la pressione di una piazza che non perdona. Tuttavia, nonostante la sua esperienza e la familiarità con il club, il suo nome non scalda i cuori dei tifosi. La sua recente avventura al Napoli, conclusa con un esonero dopo un avvio deludente, pesa come un macigno sul suo possibile ritorno nella capitale.
In un clima di grande incertezza, non resta altro che aspettare. I tifosi della Roma restano in trepidante attesa. La decisione finale dei Friedkin arriverà nei prossimi giorni, e potrebbe determinare il destino della Roma anche per le stagioni a venire.
Serie A
Inter-Napoli 1-1, magia Calhanoglu ma a San Siro e’ solo pari | Le pagelle nerazzurre
Inter-Napoli 1-1, una serata lettura su corner genera il vantaggio partenopeo. Sul finale del primo tempo Calhanoglu pareggia da fuori area, ma poi fallisce il suo primo rigore in serie A. Le pagelle nerazzurre.
Sommer 6: non ha colpe sul tocco da due passi di McTominay, decisamente poco impegnato nel secondo tempo.
Pavard 6: e’ dura la vita con un cliente come Kvara. Esce indenne e concedendo il minimo.
Acerbi 7: mette il piede quando gli avversari sono pericolosi e le toppe quando ci si mette il fuoco amico. Un rientro con i fiocchi.
Bastoni 6,5: sulle sue nel primo tempo, poi offensivo nella ripresa. Partita di grande equilibrio (dall’88’ De Vrij sv).
Dumfries 6: sbaglia la lettura sul corner che genera il gol del Napoli, poi conquista il rigore che Calhanoglu sbagli. Serata agrodolce per l’olandese.
Barella 6: tutto nella norma fino al vantaggio del Napoli, poi va un po’ in appannamento. Nella ripresa torna se stesso.
Calhanoglu 6: si interrompe, dopo 17 tiri, la serie d’oro dal dischetto. In precedenza, però, disegna la parabola magica che vale l’1-1 (dall”82′ Zielinski sv).
Mkhitaryan 5: sottotono e con poca garra, si sono decisamente viste versioni migliori dell’armeno.
Dimarco 7: apre troppo la conclusione e scheggia il palo nell’occasione più nitida della partita, corre più degli altri e domina la fascia sinistra (dall’82’ Darmian sv).
Thuram 6: la difesa partenopea lo controlla a vista, anche se non produce grandi pericoli in area di rigore (dall”82′ Taremi sv).
Lautaro 5: manca il tempo quando si trova in area da solo davanti a Meret. Si vede pochissimo e l’Inter ne risente (dall”82′ Arnautovic sv).
Simone Inzaghi 6: il Napoli chiude tutti i varchi, ed e’ obiettivamente difficile esprimere il proprio gioco. Nella ripresa l’Inter trova la chiave di volta e la musica cambia. I cambi lasciano non poche perplessità.
Serie A
Inter-Napoli, Conte: “Prestazione solida contro una grande squadra. Protocollo VAR una presa in giro”
Al termine di Inter-Napoli, l’allenatore dei partenopei, Antonio Conte, è intervenuto in conferenza stampa per commentare il match.
Di seguito un estratto del tecnico degli azzurri dopo il pareggio in Inter–Napoli.
Inter-Napoli, le parole di Conte
L’allenatore dei partenopei ha iniziato analizzando la reazione dopo la sconfitta contro l’Atalanta: “Può capitare di perdere in casa contro l’Atalanta, una squadra che ha battuto anche lo Stoccarda, che a sua volta ha vinto contro la Juventus. Non abbiamo perso contro una squadra debole, ma contro un club che gioca la Champions, cosa che noi non stiamo facendo. Certo, si poteva fare di meglio o di peggio, ma alla fine è relativo”.
Soffermandosi sulla gara contro l’Inter, ha aggiunto: “Oggi abbiamo fatto una buona prestazione per intensità, applicazione e accettazione dei duelli contro una grande squadra. Abbiamo commesso alcuni errori banali in uscita; lavoriamo tanto e sono sicuro che prima o poi questo impegno darà i suoi frutti. Capisco che giocare a San Siro contro l’Inter non sia facile, ma chi lavora con me sa che cerco sempre di trovare margini di miglioramento.
Sono comunque soddisfatto: in tre trasferte difficili contro Juventus, Inter e Milan, abbiamo ottenuto cinque punti, nonostante alcune decisioni, come il rigore, che hanno sollevato perplessità e mi hanno infastidito”.
Il tecnico ha poi spiegato cosa lo abbia infastidito: “Mi ha dato fastidio sentir dire che, su un rigore inesistente, il VAR non potesse intervenire. Se c’è un errore, il VAR dovrebbe correggerlo, o almeno richiamare l’arbitro al monitor. Se poi l’arbitro conferma la sua decisione, sono il primo a difenderlo. Altrimenti, così si alimentano sospetti e io voglio trasparenza e onestà”.
Parlando della solidità difensiva mostrata dalla squadra in queste prime dodici giornate, ha spiegato: “In altre occasioni abbassavamo Politano, oggi invece l’abbiamo lasciato alto, difendendo con una linea a quattro contro un attacco a cinque. Diverse persone mi chiedevano perché abbassassi Politano; oggi non l’ho fatto e la squadra è stata comunque solida.
La cosa importante è che se non prendi gol, almeno pareggi. Se poi segni, porti a casa i tre punti. Dobbiamo continuare a lavorare per migliorare sempre di più. Considerando che lavoriamo insieme da poco tempo rispetto ad altre squadre, siamo comunque a un buon livello”.
In seguito, il tecnico ha ribadito la sua irritazione per la questione del VAR: “Non è tanto la decisione, ma il fatto di sentirmi dire che il VAR non può intervenire in certe situazioni. Mi sembra una presa in giro. Questo non vale solo per il Napoli, ma per tutti gli allenatori. Se c’è un errore, il VAR deve intervenire. Siamo tutti furiosi per questi protocolli che creano sospetti inutili. Io voglio poter stare tranquillo in panchina, altrimenti rischio ammonizioni ed espulsioni. Oggi ho visto che ero quotato 4 per un’espulsione, incredibile. Mi sembrava uno scherzo”.
Alla domanda se nelle riunioni con gli arbitri sia possibile risolvere questa ambiguità, ha risposto: “Chi ha deciso queste regole? Mi sembra che siano state create solo per confondere. Il VAR è uno strumento utile, ti permette di stare più sereno: a volte ti arrabbi, ma poi rivedendo la decisione ti tranquillizzi. Però non può intervenire solo quando conviene.
Se c’è un errore, che intervenga. Almeno richiama l’arbitro al monitor. Forse oggi Mariani avrebbe confermato la sua scelta, e l’avrei accettata. Ma così no. Se dobbiamo rischiare di perdere una partita per un protocollo che impedisce al VAR di intervenire, allora togliamo il protocollo e anche tutti questi alibi. Io chiedo solo trasparenza”.
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