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Udinese, viaggio dentro la crisi: Sottil traballa ?
Udinese, dopo la complicata salvezza del campionato scorso la squadra è di nuovo in sofferenza. Troppi stranieri ? Sottil rischia ?
Una sfortunata e incredibile autorete di Matturro ha salvato l’Udinese dalla sconfitta interna contro il Genoa. Sotto lo sguardo perplesso della famiglia Pozzo. La squadra fa fatica, è evidente. Soprattutto la difesa è in difficoltà.
Non sembra una questione di modulo, nel 3-5-2 la mediana con Lovric, Walace e Pereyra assicura filtro e dinamismo. Sembra più un problema di errori individuali e di scarsa attenzione mentale da parte dei singoli.
Ma se non funziona la difesa, l’attacco è asfittico come non mai. I bianconeri sono letteralmente aggrappati al talento di Samardzic, una benedizione la mancata cessione. Classifica da brividi: 4 punti, quart’ultimo posto.
Non solo: nessuna vittoria, 4 pareggi e 3 sconfitte. Ancora: 4 reti realizzate, 12 subite. All’orizzonte la delicatissima trasferta di Empoli, dove si deciderà il destino dell’allenatore Sottil. Ormai sfiduciato dalla famiglia Pozzo.
Udinese, una babele di lingue: tutta colpa di Sottil ?
Una rosa di 36 elementi, di cui 31 sono di nazionalità straniera. Solo 6 italiani a disposizione di Sottil. Costretto a lavorare con giocatori provenienti da ogni dove, usando idiomi diversi. L’esterofilia della famiglia Pozzo è un problema.
Aver richiamato in fretta e furia Pereyra è il segno del disagio che sta vivendo lo staff tecnico. Il 32 enne argentino è un leader, lavora per compattare le varie anime ed in maglia bianconera da ormai sette anni complessivi.
Esonerare Sottil è nell’ordine delle cose, ma Gino Pozzo dovrebbe scegliere eventualmente un allenatore abituato a lavorare con anime diverse. Magari straniero. Soprattutto lasciandolo libero di derogare dal 5-3-2.
Non si capisce inoltre la gestione di Pafundi, il talento più fulgido del vivaio. Perché non gioca ? Il Barcellona ha lancito il 16 enne Lamine Yama per esempio. Il Milan sta sdoganando Davide Bartesaghi, classe 2005.
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Ben Yedder condannato a 2 anni di carcere: tutti i dettagli
Arriva la svolta nel caso Ben Yedder, l’attaccante ex Monaco accusato di guida in stato di ebrezza e abusi sessuali. Il tribunale ha emesso la sentenza.
Il francese aveva in precedenza ammesso di essersi messo alla guida sotto l’effetto di alcol, ma aveva negato categoricamente ogni azione contro la ragazza in questione.
Ben Yedder condannato: ecco la sentenza
Il tribunale di Nizza ha giudicato l’imputato colpevole di entrambe le accuse e di conseguenza stabilito una pena di due anni di reclusione con condizionale più una multa di 5000 euro. Contenstualmente, anche l’obbligo di assistere e risarcire la ragazza di 23 anni presumibilmente vittima dell’accaduto risalente al 7 settembre scorso.
Inoltre è stata predisposta la sospensione della patente per 6 mesi per Ben Yedder, il quale dovrà sottoporsi ai classici esami del sangue periodici per ottenere la restituzione della licenza.
L’attaccante è svincolato da luglio scorso e a causa di questi problemi legali nessuna squadra si è fatta avanti per ingaggiarlo. Risolto questo nodo, potrebbe delinearsi finalmente il futuro del classe 1990. Tra i riconoscimenti più importanti i 3 titoli di capocannoniere della Ligue 1, Coppa del Re e Coupe de France.
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Infantino è american dream: “Congratulazioni Presidente”
Infantino celebra la vittoria di Donald Trump alle elezioni e con un post sui social e promette “Avremo un grande Mondiale 2026 negli Usa.”
Il presidente della Fifa dedica un post al neoeletto presidente degli Stati Uniti, che torna alla Casa Bianca battendo Kamala Harris.
“Football Unites the World!” scrive nel messaggio.
Infantino alla Casa Bianca
Era l’agosto del 2018, primo mandato per Donald Trump.
Accompagnato dal presidente della Federazione Calcio statunitense, Carlos Cordeiro, il presidente della Fifa venne ricevuto dallo stesso Trump proprio per discutere del Mondiale 2026, assegnato a Canada, Messico e Stati Uniti.
Scambio di regali e di battute: Gianni Infantino infatti consegnò a Trump una maglia blu con il numero 26 e il nome del presidente e insieme anche a dei cartellini gialli e rossi da utilizzare in conferenza stampa. Tutti i giornalisti vennero scherzosamente sanzionati col rosso.
Fifa…dei dem
I rapporti tra Infantino e Trump sono sempre stati amichevoli: infatti dopo l’esito delle elezioni statunitensi il presidente Fifa è stato tra i primi a pubblicare le foto risalenti a quell’incontro del 2018, prova molto chiara della buona intesa tra i due.
Invece durante l’amministrazione Biden tra i vertici apicali di Fifa e Casa Bianca non c’è stato alcun contatto.
Anche lo scorso maggio, quando si è recato a Washington DC, Infantino si è limitato a incontrare solo deputati e senatori.
Non può dunque che essere contento del cambio di schieramento alla Casa Bianca, a ridosso ormai del Mondiale 2026.
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Inter, Adriano: “Pensavano di mandarmi in una clinica. Volevo fuggire dal calcio”
L’ex attaccante dell’Inter Adriano ha parlato di alcuni brutti momenti della sua carriera e del tentativo dei nerazzurri di mandarlo in una clinica.
Considerato uno dei più grandi what if della storia del calcio, Adriano per caratteristiche sembrava potesse diventare l’erede del Fenomeno Ronaldo. Un giocatore completo dotato di potenza, tecnica, velocità, dribbling, finalizzazione. Purtroppo le cose sono andate diversamente: ne ha parlato lo stesso Adriano nella presentazione della sua autobiografia intitolata La mia più grande paura.
Adriano e la sua autobiografia: retroscena sull’Inter e non solo
“Tornavo a casa e trovavo sempre un motivo per bere, perché c’erano i miei amici o perché non volevo stare in silenzio“. Così Adriano racconta nella sua autobiografia i momenti difficili della sua carriera: “Molti usano il calcio come valvola di sfogo, io invece volevo fuggirne“.
“La mia fuga dal calcio era mio padre, ma quando se n’è andato il mio compagno è diventato il bere. Arrivavo tardi agli allenamenti, il club mi multava ma non mi interessava. La mia depressione raggiunse un livello che preferisco non ricordare“.
Sul ruolo dell’Inter nella vicenda: “Un giorno Moratti mi disse che mi volevano mandare in un posto speciale. Era una clinica di riabilitazione in Svizzera. Ero depresso e non capivo di cosa stessero parlando. Iniziai a innervosirmi e gli chiesi perché stesse cercando di mandarmi in un ospedale psichiatrico. Un giocatore ricoverato in clinica psichiatrica? Non volevo crederci!“
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