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Milan, attenti ragionamenti su Giroud: il club prende una decisione
Milan, in queste ultime settimane la dirigenza ha parlato a lungo con lo stesso attaccante francese. Andiamo a vedere che aria tira
Dell’amore per il Milan da parte di Olivier Giroud abbiamo già scritto in diverse occasioni. L’attaccante francese sta molto bene a Milano con la famiglia, è amatissimo dai tifosi e particolarmente seguito e rispettato dai compagni di squadra.
Tuttavia, è innegabile che uno dei fattori oggetto di valutazione è ovviamente l’età. I suoi 37 anni compiuti da poco devono spingere ad alcune riflessioni, cosa che la dirigenza rossonera ha voluto fare con il diretto interessato.
E’ stato messo sul piatto ancora un anno di rinnovo, ma allo stesso tempo le parti sono state molto chiare. La prossima stagione Giroud potrebbe partire non favorito per un posto da titolare. E’ infatti fuori da ogni dubbio che i rossoneri stiano cercando un attaccante e che in estate verrà fatto un grosso investimento. In pole troviamo David, ma il ventaglio di possibilità è piuttosto ampio.
La scadenza del contratto di Giroud fissata al 2024 non rappresenterà un ostacolo, ergo il Milan sarà ben disposto a valutare un prolungamento di un anno, solo ed esclusivamente se il giocatore accetterà di buon grado determinate condizioni di prezzo e titolarità in campo.
Sappiamo infatti che uno dei desideri, peraltro mai nascosti, sia quello di terminare la carriera negli Stati Uniti. Resta da capire se il trasferimento avverrà in estate oppure più avanti. Fortunatamente per lui (e per il Milan) la sua integrità fisica è ancora intatta pertanto le valutazioni che saranno prese, saranno dettate esclusivamente dalla sua volontà di proseguire in un club piuttosto che in un altro.
Pensiamo che la decisione non verrà presa nell’immediato. Il giocatore ha chiesto ancora del tempo per riflettere e capire come si sentirà in primavera. Tuttavia, la dirigenza con lui è stata chiara, il tutto si è consumato in un clima positivo e di collaborazione.
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Ben Yedder condannato a 2 anni di carcere: tutti i dettagli
Arriva la svolta nel caso Ben Yedder, l’attaccante ex Monaco accusato di guida in stato di ebrezza e abusi sessuali. Il tribunale ha emesso la sentenza.
Il francese aveva in precedenza ammesso di essersi messo alla guida sotto l’effetto di alcol, ma aveva negato categoricamente ogni azione contro la ragazza in questione.
Ben Yedder condannato: ecco la sentenza
Il tribunale di Nizza ha giudicato l’imputato colpevole di entrambe le accuse e di conseguenza stabilito una pena di due anni di reclusione con condizionale più una multa di 5000 euro. Contenstualmente, anche l’obbligo di assistere e risarcire la ragazza di 23 anni presumibilmente vittima dell’accaduto risalente al 7 settembre scorso.
Inoltre è stata predisposta la sospensione della patente per 6 mesi per Ben Yedder, il quale dovrà sottoporsi ai classici esami del sangue periodici per ottenere la restituzione della licenza.
L’attaccante è svincolato da luglio scorso e a causa di questi problemi legali nessuna squadra si è fatta avanti per ingaggiarlo. Risolto questo nodo, potrebbe delinearsi finalmente il futuro del classe 1990. Tra i riconoscimenti più importanti i 3 titoli di capocannoniere della Ligue 1, Coppa del Re e Coupe de France.
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Infantino è american dream: “Congratulazioni Presidente”
Infantino celebra la vittoria di Donald Trump alle elezioni e con un post sui social e promette “Avremo un grande Mondiale 2026 negli Usa.”
Il presidente della Fifa dedica un post al neoeletto presidente degli Stati Uniti, che torna alla Casa Bianca battendo Kamala Harris.
“Football Unites the World!” scrive nel messaggio.
Infantino alla Casa Bianca
Era l’agosto del 2018, primo mandato per Donald Trump.
Accompagnato dal presidente della Federazione Calcio statunitense, Carlos Cordeiro, il presidente della Fifa venne ricevuto dallo stesso Trump proprio per discutere del Mondiale 2026, assegnato a Canada, Messico e Stati Uniti.
Scambio di regali e di battute: Gianni Infantino infatti consegnò a Trump una maglia blu con il numero 26 e il nome del presidente e insieme anche a dei cartellini gialli e rossi da utilizzare in conferenza stampa. Tutti i giornalisti vennero scherzosamente sanzionati col rosso.
Fifa…dei dem
I rapporti tra Infantino e Trump sono sempre stati amichevoli: infatti dopo l’esito delle elezioni statunitensi il presidente Fifa è stato tra i primi a pubblicare le foto risalenti a quell’incontro del 2018, prova molto chiara della buona intesa tra i due.
Invece durante l’amministrazione Biden tra i vertici apicali di Fifa e Casa Bianca non c’è stato alcun contatto.
Anche lo scorso maggio, quando si è recato a Washington DC, Infantino si è limitato a incontrare solo deputati e senatori.
Non può dunque che essere contento del cambio di schieramento alla Casa Bianca, a ridosso ormai del Mondiale 2026.
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Inter, Adriano: “Pensavano di mandarmi in una clinica. Volevo fuggire dal calcio”
L’ex attaccante dell’Inter Adriano ha parlato di alcuni brutti momenti della sua carriera e del tentativo dei nerazzurri di mandarlo in una clinica.
Considerato uno dei più grandi what if della storia del calcio, Adriano per caratteristiche sembrava potesse diventare l’erede del Fenomeno Ronaldo. Un giocatore completo dotato di potenza, tecnica, velocità, dribbling, finalizzazione. Purtroppo le cose sono andate diversamente: ne ha parlato lo stesso Adriano nella presentazione della sua autobiografia intitolata La mia più grande paura.
Adriano e la sua autobiografia: retroscena sull’Inter e non solo
“Tornavo a casa e trovavo sempre un motivo per bere, perché c’erano i miei amici o perché non volevo stare in silenzio“. Così Adriano racconta nella sua autobiografia i momenti difficili della sua carriera: “Molti usano il calcio come valvola di sfogo, io invece volevo fuggirne“.
“La mia fuga dal calcio era mio padre, ma quando se n’è andato il mio compagno è diventato il bere. Arrivavo tardi agli allenamenti, il club mi multava ma non mi interessava. La mia depressione raggiunse un livello che preferisco non ricordare“.
Sul ruolo dell’Inter nella vicenda: “Un giorno Moratti mi disse che mi volevano mandare in un posto speciale. Era una clinica di riabilitazione in Svizzera. Ero depresso e non capivo di cosa stessero parlando. Iniziai a innervosirmi e gli chiesi perché stesse cercando di mandarmi in un ospedale psichiatrico. Un giocatore ricoverato in clinica psichiatrica? Non volevo crederci!“
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