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Graziani: “Juve fuori dalla corsa scudetto”
Ciccio Graziani ha detto la sua sulla Juventus e sulle papabili contendenti al titolo di Campione d’Italia. Scopriamo insieme le sue parole.
Graziani e le favorite per lo scudetto
Non c’è la Juventus tra le favorite al titolo di Campione d’Italia 2023/24 di Ciccio Graziani. Il tecnico è intervenuto negli studi Mediaset, parlando del derby vinto dai bianconeri per 2 a 0 e della Serie A, più in generale.
È già corsa a tre?
Secondo Graziani, la Juventus non ha una rosa attrezzata per vincere il campionato. O quantomeno, non a mani basse. Per l’ex Campione del Mondo, infatti, sono Milan, Inter e Napoli le prime tre della classe, quelle che possono ambire a portare a casa il titolo. Tuttavia, afferma Graziani, non bisogna mai tagliare fuori del tutto i bianconeri, perché sono sempre capaci di sorprendere.
Sul derby della Mole
Parlando del derby di Torino, che Graziani sente in prima persona, avendo militato per diverse stagioni tra le fila dei granata, ha dichiarato: “Dopo aver letto le formazioni, pensavo che il Torino potesse approfittarne. Ma quando è entrato Milik è cambiato tutto. La Juve sta facendo qualcosa di straordinario con la rosa che ha a disposizione. Dietro non ha tutta questa forza”.
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Fiorentina, Kean si racconta al The Guardian
Dalla Juventus alla Fiorentina, dove sta facendo faville: è Moise Kean, che si è raccontato in un’intervista al The Guardian.
Nove gol in 12 partite: sono gli ottimi numeri dell’attaccante Moise Kean, fresco di arrivo alla Fiorentina e oggi impegnato nel ritiro della Nazionale Italiana: lo vedremo presto in campo contro il Belgio.
Nel frattempo, il giocatore ha parlato dei propri trascorsi e del proprio presente a Firenze in un’intervista a The Guardian.
Fiorentina, l’intervista a Moise Kean
Il rapporto con la sua nuova casa e con la nuova tifoseria è molto positivo: “Le prospettive che ho. Firenze, come città, crede in me e questo mi ha dato quel qualcosa in più per migliorare e fare bene. Ho guardato alcuni video di Batistuta e Toni quando sono arrivato. Firenze è sempre stata una grande città del calcio e questo significa molto per me. I tifosi ti prendono davvero nel cuore. Ci tengono alla maglia. Ti danno calore assoluto “.
Alla Viola, il giocatore vuole “solo scendere in campo, segnare gol e qualsiasi cosa ne venga fuori, arriverà. Non mi pongo limiti”.
Sugli esordi della carriera
Kean ricorda il periodo ad Asti: “Ero a casa da solo e dovevo prendermi la responsabilità di me stesso. Mi piaceva ottenere una reazione dalla gente. Cercavo sempre di fare tunnel, fare step-over e fare spettacolo. È diverso quando arrivi in Serie A. È più maturo. Ma ci sono ancora momenti in cui ho voglia di provare qualcosa e fare spettacolo.
Ecco perché la gente viene a guardare e paga i biglietti. I bambini vengono alle partite e devi intrattenerli. Ecco come la vedo io. Giocavamo tornei all’oratorio dove c’erano forse cinque dei miei compagni e giocavamo a calcetto. C’era una somma di denaro e se vincevi, te ne portavi via una parte. Diciamo che mettevi 5 € a testa per organizzare il torneo, e poi vincevi 5 € a testa. Ho giocato un po’ per il Senegal, per il Marocco, per il Perù e un po’ per l’Italia. Ero il più piccolo, c’erano discussioni”.
Sul passaggio alla Juventus
Così Kean: “La Juventus mi ha insegnato molta disciplina. Mi hanno preso dal nulla. Ero un ragazzino di strada e mi hanno insegnato molto. Ho lasciato casa presto e loro erano più di una famiglia per me. Mi hanno buttato in prima squadra a 16 anni ed è stato un sogno”.
Sulle esperienze negative
“Di tutte le esperienze che ho avuto, non mi sentirete mai dire che ne ho avuta una brutta. Trovo aspetti positivi in tutte. Se non avessi trascorso quell’anno all’Everton, non avrei imparato le cose che ho imparato lì. Sono stato un po’ sfortunato. Ci sono andato pensando di giocare un po’ di più. Avevo 19 anni. Sono arrivato dalla Juve e pensavo di fare scintille. Sfortunatamente, non è andata così. Abbiamo cambiato tre allenatori quell’anno e mentalmente… era tutto nuovo per me.
Ero in Inghilterra, era un ambiente nuovo… L’Inghilterra mi ha fatto imparare molto su me stesso. Sono maturato molto. Quando sono arrivato lì non giocavo molto. Pensavo: ‘Come faccio a non entrare in questa squadra, all’Everton?’ Mentalmente, mi ha fatto evolvere. Non giocavo ed è stato nei momenti bui che ho capito che dovevo stringere i denti e allenarmi ancora di più. Poi è arrivata la possibilità di andare al PSG (in prestito), mi sono trasferito lì e ho tirato fuori tutto quello che potevo”.
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Milan, questione di ambizione: la differenza tra Leao e Theo Hernandez
Milan, sono Leao e Theo Hernandez i principali top player del club. Così uguali in certi comportamenti, ma anche così diversi in altri. Qui di seguito un’interpretazione sulla differenza tra i due.
La gestione dei top player, si sa, è sempre piuttosto complicata. Sono giocatori che con una giocata fanno vincere una partita, ma siamo tutti d’accordo sia molto più complessa la loro gestione.
Su questo aspetto non fanno di certo difetto Theo Hernandez e Leao. I due non hanno iniziato nel migliore dei modi la stagione, soprattutto il primo è stato vittima di qualche mal di pancia di troppo che continua a protrarsi nel tempo.
Ricordiamo che Theo voleva andarsene a fine stagione scorsa ed è stato convinto a rimanere dalla dirigenza la quale tuttavia gli aveva promesso un deciso upgrade come obiettivi e competitività. Il Milan invece si trova settimo in classifica e con evidenti problemi da gestire. La sua volontà di volersene andare non si è di certo placata, bensì acuita.
Discorso diverso per Rafael Leao il quale a Milano sta bene e se non sopraggiungono altre tensioni con Fonseca e con la dirigenza, difficilmente vorrà andarsene. Il portoghese vuole giocare e sentire la fiducia di tifosi e compagni. Se permangono queste cose, la sua permanenza in rossonero sarà ancora lunga.
Questione di ambizione, Theo Hernandez vuole un club per vincere subito, Leao se sta bene in un posto, ci rimane. Abbiao volutamente lasciato in disparte i discorsi economici, la nostra disamina è stata prettamente incentrata sul carattere dei due giocatori.
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Belgio-Italia, le ultimissime sulle formazioni
Belgio-Italia, match valido per la quinta giornata dei gironi della Nations League: appuntamento a giovedì 14 novembre alle ore 20.45.
L’Italia di Luciano Spalletti torna in campo per il quinto match della fase a gironi di Nations League, per affrontare il Belgio allo Stadio Re Baldovino di Bruxelles. Gli Azzurri si presentano all’appuntamento in testa al girone con 10 punti raccolti in quattro gare, frutto di tre vittorie e un pareggio, proprio contro lo stesso Belgio nella partita d’andata. Alla squadra di Spalletti basterebbe un altro pareggio per la qualificazione matematica alle Final Eight.
La designazione arbitrale
L’arbitro della gara sarà il rumeno Radu Petrescu, con lui i connazionali Grigoriu e Ghinguleac come assistenti di linea e Birsan come quarto uomo.
Belgio-Italia, le probabili formazioni
BELGIO: (4-2-3-1): Casteels; Castagne, Faes, Debast, Theate; Tielemans, Onana; Lukebakio, De Ketelaere, Doku; Lukaku. Ct. Tedesco.
ITALIA: (3-5-1-1): Donnarumma; Di Lorenzo, Buongiorno, Bastoni; Cambiaso, Barella, Tonali, Frattesi, Dimarco; Raspadori; Retegui. Ct. Spalletti.
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