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Juventus, assist dalla Francia sulle plusvalenze: la rivelazione
Uno dei capitoli più controversi della Juventus è quello relativo alle plusvalenze. Ora un ds francese che preferisce restare anonimo vuota il sacco.
A Torino come in Francia. Oltralpe, infatti, il tema delle plusvalenze nel calcio è stato oggetto di discussione, coinvolgendo anche alcuni membri dei club francesi.
Il direttore sportivo di una squadra importante, che ha preferito rimanere anonimo, ha condiviso la sua opinione su questa questione in un’intervista a France Football, facendo riferimento alla situazione vissuta dalla Juventus.
Il club bianconero ha subito una penalizzazione di dieci punti in campionato e l’esclusione dalle coppe europee per un anno a causa di errori commessi dalla società.
Secondo il direttore sportivo francese, Agnelli, già colpito dal fallimento della Superlega e uscito dalla holding di famiglia, avrebbe perso influenza nel mondo del calcio.
Questo episodio ha dimostrato che non aveva il controllo assoluto come pensava. Il ds francese ha anche affermato che la reazione della Juventus è stata eccessiva e che gli scandali spesso accadono a causa dell’arroganza e della sensazione di intoccabilità.
Plusvalenze, non solo Juventus: un fenomeno trasversale
Il fenomeno delle plusvalenze sembra coinvolgere molte squadre, non solo la Juventus, come dichiarato da un ex direttore di squadre storiche della Ligue 1.
Questi dirigenti ammettono che molti club praticano le plusvalenze, ma l’importante è farlo nel rispetto delle regole di gestione.
Le plusvalenze sono un equilibrio tra vantaggi e svantaggi, e le squadre si adattano per sfruttare le opportunità.
Secondo questa fonte, se fatto in modo intelligente, il rischio è relativamente basso, e tutti traggono beneficio da questo processo, compresi i giocatori e gli agenti.
Un amministratore delegato ha concluso il discorso, sottolineando che il problema principale è che molti club vivono al di sopra delle proprie possibilità.
Tuttavia, il calcio non muore mai, malgrado le azioni spesso insensate dei suoi attori. Il calcio è come una fenice permanente, in grado di rinascere e prosperare nonostante le sfide che affronta nel mondo degli affari.
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Milan, questione di ambizione: la differenza tra Leao e Theo Hernandez
Milan, sono Leao e Theo Hernandez i principali top player del club. Così uguali in certi comportamenti, ma anche così diversi in altri. Qui di seguito un’interpretazione sulla differenza tra i due.
La gestione dei top player, si sa, è sempre piuttosto complicata. Sono giocatori che con una giocata fanno vincere una partita, ma siamo tutti d’accordo sia molto più complessa la loro gestione.
Su questo aspetto non fanno di certo difetto Theo Hernandez e Leao. I due non hanno iniziato nel migliore dei modi la stagione, soprattutto il primo è stato vittima di qualche mal di pancia di troppo che continua a protrarsi nel tempo.
Ricordiamo che Theo voleva andarsene a fine stagione scorsa ed è stato convinto a rimanere dalla dirigenza la quale tuttavia gli aveva promesso un deciso upgrade come obiettivi e competitività. Il Milan invece si trova settimo in classifica e con evidenti problemi da gestire. La sua volontà di volersene andare non si è di certo placata, bensì acuita.
Discorso diverso per Rafael Leao il quale a Milano sta bene e se non sopraggiungono altre tensioni con Fonseca e con la dirigenza, difficilmente vorrà andarsene. Il portoghese vuole giocare e sentire la fiducia di tifosi e compagni. Se permangono queste cose, la sua permanenza in rossonero sarà ancora lunga.
Questione di ambizione, Theo Hernandez vuole un club per vincere subito, Leao se sta bene in un posto, ci rimane. Abbiao volutamente lasciato in disparte i discorsi economici, la nostra disamina è stata prettamente incentrata sul carattere dei due giocatori.
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Belgio-Italia, le ultimissime sulle formazioni
Belgio-Italia, match valido per la quinta giornata dei gironi della Nations League: appuntamento a giovedì 14 novembre alle ore 20.45.
L’Italia di Luciano Spalletti torna in campo per il quinto match della fase a gironi di Nations League, per affrontare il Belgio allo Stadio Re Baldovino di Bruxelles. Gli Azzurri si presentano all’appuntamento in testa al girone con 10 punti raccolti in quattro gare, frutto di tre vittorie e un pareggio, proprio contro lo stesso Belgio nella partita d’andata. Alla squadra di Spalletti basterebbe un altro pareggio per la qualificazione matematica alle Final Eight.
La designazione arbitrale
L’arbitro della gara sarà il rumeno Radu Petrescu, con lui i connazionali Grigoriu e Ghinguleac come assistenti di linea e Birsan come quarto uomo.
Belgio-Italia, le probabili formazioni
BELGIO: (4-2-3-1): Casteels; Castagne, Faes, Debast, Theate; Tielemans, Onana; Lukebakio, De Ketelaere, Doku; Lukaku. Ct. Tedesco.
ITALIA: (3-5-1-1): Donnarumma; Di Lorenzo, Buongiorno, Bastoni; Cambiaso, Barella, Tonali, Frattesi, Dimarco; Raspadori; Retegui. Ct. Spalletti.
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Bonatti: “Savona in Nazionale? Una gioia”
Ai microfoni del sito di Gianluca Di Marzio, l’allenatore Andrea Bonatti ha ricordato i retroscena della carriera di alcuni giovani che ha allenato.
Di giovani giocatori lui se ne intende: complice la sua esperienza in Primavera alla Lazio e alla Juventus, dove ha allenato diversi nomi oggi famosi. Tra i “suoi” giocatori nomi come Savona, Mbangula, Soulé e anche Pedro Neto, oggi in forza al Chelsea.
L’intervista ad Andrea Bonatti
Partendo da Savona, Bonatti chiosa: “Oggi vederlo in Nazionale è una gioia”. Poi ricorda il percorso alla Juventus: “Giocava poco: al suo posto c’era Mulazzi, stessa età e stesso ruolo. Nella stagione 2020-21 il direttore Scaglia ha scelto per lui il percorso giusto: è andato in prestito alla SPAL perché non avrebbe trovato minuti in Primavera alla Juve, ma fino a marzo 2021 non ha giocato neanche lì”.
Da allora, molto è cambiato: “A fine prestito la Juve voleva riportarlo a casa e tenerlo, ma lui aveva ancora paura di non giocare e voleva andare via. Dove? Al Torino, che lo aveva chiamato”. Sliding door a un passo: “Poi lo abbiamo convinto a restare. Gli ho garantito che avrei puntato su di lui perché ci credevo: ho alzato Mulazzi a esterno offensivo per farli giocare entrambi. Poi la bravura è stata tutta sua nel conquistarsi il posto ogni settimana e crescere tanto da arrivare in Nazionale“.
Sempre dalla Juventus arriva il retroscena su Mbangula: “Nel periodo Covid, Samu era andato a casa in Belgio e non voleva più tornare a Torino. A lui sono molto legato, è sempre stato smart: intelligente e furbo. Quella volta siamo stati duri: ‘Tu domani vieni qui, punto: in aereo, in macchina, in bici, non ci interessa’. Eravamo lì per aiutarlo e sapevo che lui poteva aiutare noi. È tornato e si è conquistato il posto da titolare, sotto-età, in partite importanti: ad Alkmaar contro l’AZ in un ottavo di Youth League e poi con l’Atalanta in semifinale scudetto”.
Pedro Neto, invece, è un caso a sé stante: semplicemente di passaggio in Serie A, ha fatto fortuna in Inghilterra. Così Bonatti, sull’arrivo del giocatore alla Lazio Primavera: “Neto era un ragazzo con grande gamba, sveglio e voglioso di imparare, ma non mi dava la magia che più tardi mi avrebbe dato uno come Soulé. Non sembrava così pronto per giocare alla Lazio, invece ha avuto una grande carriera: i percorsi sono così, c’è chi vien fuori prima, chi più tardi e chi alla fine non riesce”.
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