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Esclusiva CS, Giovanni Toschi:” Da bambino tifavo Fiorentina. Con Reggina e Mantova anni fantastici. Sul Toro…”

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Giovanni Toschi

Sono passati diversi mesi da quel 2 Gennaio 2023, il giorno in cui, per la prima volta, mi son sentito veramente un giornalista sportivo.

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Ma facciamo un passo indietro. A Settembre 2022 sbarco all’Academy Porcari e, ad allenare con me, vengono messi un ragazzo della mia età ed un signore di una settantina di anni abbondanti.

Di quest’ultimo mi colpiscono subito la disponibilità, la simpatia e l’umiltà. La mia curiosità mi spinge ad informarmi su di lui e, dopo aver scoperto la sua storia, non posso che volerne sapere di più.

In una fredda serata di inizio Dicembre, sento che potrei farmi avanti. Gli chiedo se potessi avere l’onore di intervistarlo, ma non per rubagli qualche spoglio e passeggero parere da consumismo mediatico.

Io voglio conoscere quanto più possibile della sua carriera: i retroscena, le emozioni, le particolarità che solo chi ha vissuto la Serie A può raccontare. Un sorriso gli si stampa in faccia e, dopo avermi ringraziato per l’idea, si dice felice di accettarla.

Dunque, secondo giorno del nuovo anno, in centro, con un caffè a fare compagnia, mi trovo seduto a registrare una conversazione con un ex calciatore professionista.

Quel calciatore è il protagonista di questa intervista, colui che mi ha permesso di essere qui a scrivere: Giovanni Toschi.

Ecco, allora, la mia intervista a Giovanni, piccolo, grande, uomo.

Per rompere il ghiaccio, volevo chiederti che squadra tifassi da bambino e se tu avessi un idolo calcistico

Da ragazzino ero tifoso della Fiorentina. Quando iniziai a giocare nel piazzale della chiesa vicino casa mia, la Viola aveva una grande squadra, con un’ala destra svedese chi mi entusiasmava: Kurt Hamrin. Purtroppo, però, dal vivo non ho mai assistito ad una partita della società, poiché non vi era la possibilità economica di farlo. Le seguivo tra televisione e radio, per lo più.

Come ti sei approcciato al calcio giocato?

Prima non si aveva una squadra a 5 o 6 anni. Non esisteva la scuola calcio, solo il giocare con altri ragazzi al collegio oppure all’oratorio. Giocavo ed imparavo. La mia prima società arrivò a 12 anni con la Farfalla Sport di Lammari, in cui rimasi per due anni, prima di passare al San Pietro a Vico. Più competitiva, lì arrivarono le prime vittorie di campionati e tornei.

Quando è arrivato il primo, vero, campionato?

Da San Pietro a Vico, passai ad Altopascio, in 2ª Categoria. Ho seguito, insieme ad altri 5 compagni, il nostro allenatore. Due anni di 2ª Categoria , dove sono rimasto fino a 20 anni. Adesso, a quella età, se non sei ancora arrivato…

Il grande salto, invece, quando avvenne?

Ebbi la grande fortuna che la Lucchese mi vide e si interessò. Andai lì a fare una prova, che andò bene e fui preso. In un anno, collezionai 34 partite con 10 gol. Fu buono come primo impatto, visto che erano retrocessi dalla C alla 4ª serie, in cui vi erano tante squadre importanti. La Reggina, in B, venne a vedermi diverse volte e mi prese. Ero al settimo cielo: dalla 2ª Categoria alla B in poco tempo. A Reggio, ricordo un pubblico meraviglioso. Tre anni bellissimi, il cui secondo giocai in coppia con Causio, grande campione. Io a sinistra e lui a destra. Arrivai lì a 22 anni.

Giovanni Toschi

Fonte: Pinterest

Il passaggio, a quella età, volle dire anche cambiare totalmente vita?

Certamente. Io non ero mai uscito dalla regione. Per andare a quella età a Reggio Calabria, dovevo essere veramente innamorato di questo pallone. Avevo tanta malinconia, ma la superavo costantemente con gli allenamenti e le partite. Dopo il primo anno, tra l’altro, il Palermo versò tanti milioni per portarmi in Sicilia, in A, oltre che dare in cambio un’ala destra al posto mio. Presero me, Liguori dalla Ternana e due dalla Juve. Io feci la preparazione e le amichevoli con loro, ma poi tornai alla Reggina, perché i rosanero non davano garanzie di pagamento dei debiti. Mi trovai a fare altri due anni di B prima di conquistarmi la massima serie.

Arriviamo ora all’ultima tappa prima della Serie A: il Mantova

Il Mantova, sempre in B, puntò su di me. Una squadra molto competitiva! Non che la Reggio non lo fosse, ma si arrivava sempre a ridosso di altri. Con il Mantova, vinsi il campionato e conquistammo la A. Da lì, il nostro allenatore, Gustavo Giannioni, mi portò con sé al Toro. Mi seguiva anche il Bologna di Mondino Fabbri, grandissimo allenatore e persona.

Giovanni Toschi

fonte: Pinterest

Il biennio al Toro, dunque, con l’esordio in massima serie. Come fu l’impatto?

Furono due anni fantastici, di cui uno purtroppo segnato dall’infortunio in Coppa delle Coppe. Ero partito fortissimo: Mantova-Torino, esordio assoluto e contro la mia ex squadra. Segnai e poi raddoppiò Sala, con un mio assist. Poi segnai 3 gol in Coppa delle Coppe ad una squadra irlandese e poi un gol in Svizzera sempre in coppa. 5 gol in 3 partite. Sempre lì, contro l’Austria di Vienna, uno stiramento. Purtroppo fu curato male, rientrai subito dopo 7 giorni e mi strappai, stando fuori 4 mesi. Questo mi precluse la Nazionale.

Giovanni Toschi

Fonte: Wikipedia

La Nazionale? Questa non la sapevo!

A quel tempo, il ct era Valcareggi e vi era la Nazionale A e quella Sperimentale, per vedere chi portare nella prima. Dovevo giocare, dopo la convocazione, in coppia con Chinaglia, ma persi il momento e finì lì, purtroppo. Uno dei pochi rimpianti che ho: successe al momento sbagliato.

Come rientrasti da quello stop così lungo?

Dopo l’infortunio, segnai il famoso gol al Napoli. Era il 90′, mancava un minuto alla fine e non c’era recupero, perché non era previsto. Aver perso tempo o no, non faceva differenza.

Fu una marcatura particolare, che permise al mio Toro di tornare primo in classifica dopo 23 anni. L’arbitro non dette un angolo ed il portiere ed il libero fecero “il giochino”: il portiere la passa al difensore al limite dell’area; lui la rende, con l’estremo difensore che poteva prenderla con le mani, visto che non vi era la regola contro il retropassaggio. Io mi girai e, con la coda dell’occhio, vidi e capii tutto.

Con uno scatto intercettai il passaggio di Zurlini, un po’ corto. Superai il portiere ed il difensore mi tirò a terra con uno strattone e, mentre cadevo, di sinistro, insaccai.

Rete, palla al centro e fischio finale. A rendere tutto più glorioso, vi fu la radiocronaca di Sandro Ciotti, oltre che la testa della classifica con la Juventus, a pari merito.

Detengo anche un altro record al Torino: unico calciatore ad aver fatto 3 gol in una partita di coppa europea. Dal ’73 regge ancora. I gol son sempre difficili da fare, contro ogni squadra.

Pensi che il fisico al giorno d’oggi conti più della tecnica?

Quando giocavo ad Altopascio, feci diverse prove: Fiorentina, Spal, Perugia. Tutti dicevano: “Il ragazzo è bravo, ma è piccolo”. Ho avuto difficoltà a superare questa cosa, ma ringrazio la Lucchese di avermi dato fiducia. Io penso che, anche se sei piccolo, se riesci a saltare l’uomo, sei un valore aggiunto. Una cosa importante è non mollare mai, credere nelle proprie qualità ed essere pronti. Tanti mollano e non hanno fiducia in sé stessi, cosa sbagliata.

Dopo il Toro?

Dopo il biennio granata, in cui collezionai 52 presenze e 12 gol, andai al Cesena, alla sua prima volta in A. Lì altri 2 anni buoni, in cui ho lasciato un altro record: primo giocatore della storia del Cesena a segnare in A. Era Ottobre ’73, contro il Verona, 1-0. Ogni tanto mi chiamano per invitarmi e ricordare quei giorni…bei ricordi! Da lì, Foggia in B, con Cesare Maldini allenatore. Feci una partita lì in A ed a Novembre andai a Novara, dato che avevo già passato i 30 anni. Chiusi, poi, con 2 anni a Viareggio in C2 e poi Porcari.

Quali erano le tue sensazioni a saper di dover difendere dei colori, una città?

Un onore ed un piacere, ogni maglia. Le ho amate tutte. Scendevo in campo e non pensavo a soldi o altro, volevo solo dare il massimo per compagni, società, tifosi. A Torino, ora, penso di aver avuto un privilegio unico vestendo quella divisa, storica e gloriosa. Anche a Porcari, a 35 anni, in 2ª Categoria, esultavo come i gol più importanti tra i professionisti. Ho cercato di dare l’esempio, sempre, di passione ed umiltà.

Chi è il giocatore più forte con cui hai giocato? E quello affrontato?

Assolutamente Gianni Rivera, a ruota subito Gigi Riva. Ma Rivera aveva un’intelligenza fuori dal comune. Con cui ho giocato, invece, direi Causio, campione del Mondo poi nell’82. Menziono anche Pulici, grande attaccante e pezzo di storia granata.

Quante volte hai affrontato Rivera?

Anche con il Mantova in coppa, con il Toro, col Cesena…lo ammiravo e un mio grande amico che ci ha giocato 12 anni, Lodetti, mi ha detto che come lui, in giornata, non c’era nessuno.

Invece un difensore che ti metteva in difficoltà, chi era?

Angelo Anquiletti del Milan, che vinse anche l’Europeo del 1968. Aveva un passo molto simile al mio. Era veloce, non facile da superare, a differenza di chi era più macchinoso.

Quando hai iniziato ad allenare?

Iniziai ad allenare al Porcari-Montecarlo, che all’epoca, ossia nel 1994, era una sola società. Sono sempre stato nel settore giovanile, rifiutando anche proposte importanti, ma non mi interessava più andare a giro. Una scelta di vita, per trasmettere ai bambini la mia passione.

Qualche aneddoto che vuoi raccontarci?

Quando andai in prova alla Lucchese, era un giovedì pomeriggio, e vi era una partita: titolari contro rincalzi. L’allenatore, Ruggero Sala, un bestione di 1.90, che aveva giocato a Roma ed alla Triestina, andò dal portiere Semenzin, veneto come lui, per dirgli: “Visto che roba mi hanno portato? Un calciatore da oratorio, la Lucchese ha una storia. Lo mando a casa!” Semenzin insistette: “Ma dai mister, vediamolo. Un attaccante, tra l’altro, ci serve anche”. Iniziai la partita contro la prima squadra ed il primo tempo finì 2-0 con una mia doppietta. Allora Sala andò da Semenzin e gli disse: “Questo me lo tengo e anche stretto” e difatti non mi ha mai levato, nemmeno quando avevo la febbre!

Un altro piacevole ricordo risale ad un derby, Toro-Juve. Noi eravamo tutti italiani e loro avevano Helmut Haller, un campione assoluto. Aveva un carattere molto umile, tant’è che, a fine partita, venne da me e mi disse: “Noi due li faremmo ammattire tutti quanti” e mi abbracciò. Un onore detto da lui.

Giovanni Toschi

Fonte: Luccaindiretta.it

Poi, con la Reggina, giocammo a Napoli, in campo neutro, contro la Lazio, una sfida di Coppa Italia. Sivori era a vedere la partita e, mentre andavo negli spogliatoi, mi fermò e mi disse: “Come ti chiami?” ed io, ingenuamente, dissi: “Giovanni” “No, il cognome mi serve!” Ero emozionato dinnanzi a lui e mi disse “Complimenti, stai facendo cose eccezionali”.

Non si può dimenticare il mio primo gol in B, contro il Catanzaro, ho ancora le foto. Dalla felicità feci il giro del campo!

Per chiudere: un giocatore in cui ti rivedi ed uno che ti piace particolarmente del calcio attuale?

Mi rivedo molto nel Papu Gomez, che ha fatto la storia recente dell’Atalanta. Sia fisicamente, ma anche nello stile di gioco simile: accelerazione e frenata, esattamente come facevo io. Un grande calciatore. Mentre, se devo scegliere qualcuno che mi interessa, dico Leao, ma forse ancora di più Chiesa. Anche Berardi, ma l’attaccante della Juventus, quando vuole, è devastante, tecnicamente e fisicamente. Ci sono tantissimi ragazzi interessanti nel nostro movimento. Serve solo un pochino più di pazienza e di fiducia, cose che a suo tempo mi furono offerte.

Non è possibile volere i giovani già pronti. O sono giovani o sono pronti. Difficilmente entrambi.

Edoardo Elia Sartini

Giovanni Toschi

fonte: Ntacalabria.it

Le interviste

“Lazio-Roma? Non c’è una favorita”. Parla l’Avv. Di Santo

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il

lazio roma

“Non c’è una favorita per il derby”. Parola dell’Avv. di fede laziale Stefano di Santo. Ebbene sì, cresce l’attesa per il derby Lazio-Roma in programma stasera allo Stadio Olimpico. Alla vigilia di questo sentitissimo e delicatissimo match abbiamo raggiunto il noto Avvocato, tifoso laziale, Stefano di Santo per un breve commento sulla supersfida. “Il derby della capitale è sempre una partita dalle grandi emozioni”, così l’Avv. Stefano di Santo ai nostri microfoni. “Una sfida stracittadina tutta da vivere all’Olimpico tra la Lazio di Baroni e la Roma di Ranieri. Come ogni derby direi che non c’è mai una squadra favorita. Il derby di Roma rappresenta per i tifosi della capitale una partita speciale con l’immancabile trasporto di aspettative ed emozioni”.

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L’Avvocato Stefano di Santo, dal cuore laziale, prosegue con determinazione: “La formazione di Baroni arriva al match dopo la pessima prestazione in Norvegia che ha portato ad una sconfitta di 2-0 con un passivo che poteva essere maggiore. La Roma dal suo canto vuol confermare l’ottimo trend positivo di risultati, sono 15 consecutivi, e superare la Lazio in classifica per aggrapparsi alle squadre che la precedono per un posto in Champions”.

All’Olimpico di Roma sarà senz’altro una bolgia: “Si annuncia il pienone dello stadio con le immancabili scenografie che da sempre faranno da contorno all’inizio della partita. Il derby vale comunque viverlo!“. Come sempre, vinca il migliore.

Bodo Glimt-Lazio, Baroni

MARCO BARONI  ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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Le interviste

ESCLUSIVA CS – Roma, Bonetti: “Spero Ranieri rimanga nei quadri dirigenziali”

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L’ex calciatore di Roma e Juventus, Dario Bonetti, ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni sulla gara di domani sera.

Alcune dichiarazioni inedite rilasciate da Dario Bonetti in vista della gara di domani all’Olimpico che vede concorrere Roma e Juventus: l’assenza di Dybala è significativa. 

Roma-Juventus

L’URLO DI IGOR TUDOR E CLAUDIO RANIERI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Roma, l’intervista a Dario Bonetti

Il tecnico ha rilasciato alcune dichiarazioni inedite, che fanno luce su problematiche relative alla dirigenza e alla composizione della rosa. Fra i temi toccati da Bonetti spiccano l’assenza di Dybala e l’entrata di Pellegrini, l’addio di Ranieri a fine stagione e l’arrivo di Tudor sulla panchina bianconera.

Volevo semplicemente chiederle cosa si aspetta dalla gara dell’Olimpico?

“Mi aspetto una partita dinamica, dove tutte e due le squadre vogliono vincere perciò una partita dove la gente si può divertire. pressing e giocate verticale.”

Dybala assenza pesante, punterebbe su Pellegrini? E dall’altra parte su Vlahovic o Kolo Muani?

“Da parte della Roma è sicuramente un assenza pesante quella di Dybala. Per quanto riguarda la Juventus io giocherei sempre con due attaccanti – prosegue – poi gli attaccanti giocano in linea, verticale, diagonale ma due giocatori come Vlahovic o Muani rischierei sicuramente.”

Ranieri ha già detto che lascerà, Tudor è appena arrivato. Chi vede sulle panchine per il prossimo anno? Si parla di Pioli o Montella per la Roma e Gasperini o Conte per la Juventus

“Spero che Ranieri per quanto riguarda la Roma comunque rimanga nei quadri dirigenziali perché potrebbe essere il personaggio giusto per riempire i vuoti che danno un grande aiuto dai punti di vista tecnici per quanto riguarda questa stagione – prosegue – sinceramente non sono interessato, mi piace più uno che l’altro, per me è indifferente. La cosa più importante è che si hanno gli allenatori che semplici e non complicano le cose perché Ranieri quando è arrivato quest’anno ha cambiato la squadra da un punto di vista mentale, tattico e ha dato risultati. Ci vogliono allenatori che abbiano esperienza e determinate caratteristiche su una piazza come Roma. Per farla breve, vorrei dire su quanto bisogna prendere gli allenatori concreti e che sappiano gestire come ha gestito Ranieri.”

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ESCLUSIVA CS – Chirico: “Tudor imposto da Elkann, torna Vlahovic dal 1′. Juventus, proverei Gasperini”

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Juventus

Marcello Chirico, noto giornalista sportivo e tifoso della Juventus, ha rilasciato un’intervista esclusiva ai nostri microfoni.

Marcello Chirico, noto giornalista e opinionista legato alle vicissitudini della Juventus, è tornato a parlare del cambio Thiago Motta-Tudor, ma anche della corsa Champions, con i bianconeri che ora non possono più sbagliare.

Marcello Chirico: “Tudor andava fatto prima”

Sulla Juventus: che idea si è fatto sull’arrivo di Tudor? Ora si aspetta Vlahovic dal 1′?  “Per come si erano messe le cose, un cambio in panchina era non solo auspicabile ma doveroso. Ed è stato fatto anche con ritardo, perché andava forse già fatto dopo lo 0- 4 con l’Atalanta, o perlomeno dopo Firenze. Tudor è stato contattato da intermediari di Giuntoli ma imposto poi da Elkann, che mi descrivono abbastanza infastidito per la piega negativa che ha preso la stagione della Juve. Di sicuro con Tudor troverà di nuovo spazio Vlahovic, perché è un giocatore che a Igor piace molto”. 

A breve ci sarà Roma-Juventus. Che gara si aspetta? “Roma-Juve sarà un partita che la Juve non potrà perdere se vuole conquistare il 4 posto, ma la Roma è in un buon momento e non regalerà nulla, anche perché è tornata prepotentemente in corsa pure lei per l’Europa”.

Proprio su Roma e Juventus: Gasperini a oggi servirebbe più alla Juve o alla Roma? “Gasperini è un allenatore al quale va dato tempo per costruire un modello come quello atalantino. Lui sa lavorare sui giovani, ma i giovani vanno fatti crescere. Roma ha una piazza difficile, molto poco paziente, la Juventus è un club esigente,dove se non dimostri subito di valere vieni fatto fuori (vedi Motta). Personalmente Gasperini lo proverei, perché al momento è l’unico in Italia ad esprimere un gioco europeo, eppoi perché ambisce da anni alla panchina Juve (dove è cresciuto), resta comunque un profilo a rischio per i motivi che ho detto prima”.

Juventus, Chirico

THIAGO MOTTA PARLA CON MANUEL LOCATELLI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

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