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Brasile, dove sono finiti i talenti verdeoro?
Il Brasile è la squadra con più titoli del Mondo iridati ma qualcosa sembra si sia rotto
In quanti hanno ammirato lo stile di gioco carioca? Ciò che manca in questi ultimi anni è, certamente, il talento cristallino ammirato in passato. Inutile sviscerare tutti i nomi che hanno vestito la maglia della nazionale e, soprattutto, chi ha dovuto rinunciare a rappresentare il proprio Paese proprio perchè la concorrenza era molto elevata. Ad oggi, però, la situazione è cambiata di netto. Gli unici due in grado di non far abbassare il livello storico della compagine sono Neymar (31 anni), Vinicius Junior (23 anni) e Rodrygo (22 anni). Il primo ha avuto la sfortuna di capitare un periodo storico abbastanza complicato – con il dualismo Messi Ronaldo che ha fatto da padrone.
Le nuove leve rispetteranno le aspettative?
I nuovi talenti non hanno tardato ad arrivare, i più in voga sono Marcos Leonardo del Santos e Endrick – futuro calciatore del Real Madrid. Quest’ultimo ha appena 17 anni ed ha già segnato diverse reti in Serie A brasiliana con la maglia del Palmeiras ed 1 in Copa Libertadores. Il talento non manca di certo ma la quantità di calciatori prodotti si è ridotta notevolmente. Il motivo risiede negli aspetti economici e dalla crescita del Paese stesso, così come la globalizzazione. Le squadre europee, inoltre, cercano di prendere questi calciatori in età giovanissima per portarli a casa ma questo rischia di precludere quel percorso di crescita che in passato diversi calciatori hanno fatto.
Quel carattere spensierato e particolare
Come sappiamo, i calciatori brasiliani sono intrisi dal talento ma hanno un carattere particolare. Strapparli, appena maggiorenni, alle proprie famiglie può essere un contro non indifferente. Gli si mette addosso una responsabilità fuorviante che rischia di portarli fuori strada dal punto di vista psicologico. Prendiamo in esame gli ultimi due talenti cristallini. Ronaldinho ha dispensato divertimento al Gremio fino all’età di 21 anni, quando gli scout del Paris Saint Germain segnalarono e presero il ragazzo per farlo crescere in Francia. Le due stagioni transalpine hanno, di fatto, acceso i riflettori dei maggiori club europei fin quando ha deciso di vestire la maglia del Barcellona. Sette stagioni da migliore al mondo, per poi affievolirsi alla ricerca della Terra Madre. Flamengo, Atletico Mineiro, Fluminense – con la parentesi messicana – per tornare a sorridere.
O’Ney, un calciatore moderno e tradizionalista
L’altro calciatore in grado di sbaragiare la concorrenza è Neymar. L’erede di Pelè ha vinto di tutto ed è stato prelevato dal Santos all’età di 21 anni. Anche lui è arrivato in Europa da giovanissimo ma ha avuto la possibilità di farsi le ossa a casa per poi spiccare il volo nel calcio che conta. Barcellona prima, dove ha studiato con Leo Messi e la responsabilità al Paris Saint Germain. Il Mondiale perso in Qatar sarebbe stata l’occasione giusta per prendersi la palma del numero uno ma si vorrà giocare le sue carte nel prossimo campionato del mondo del 2026. Skills inimmaginabili e colori verdeoro attaccati sulla pelle.
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Ben Yedder condannato a 2 anni di carcere: tutti i dettagli
Arriva la svolta nel caso Ben Yedder, l’attaccante ex Monaco accusato di guida in stato di ebrezza e abusi sessuali. Il tribunale ha emesso la sentenza.
Il francese aveva in precedenza ammesso di essersi messo alla guida sotto l’effetto di alcol, ma aveva negato categoricamente ogni azione contro la ragazza in questione.
Ben Yedder condannato: ecco la sentenza
Il tribunale di Nizza ha giudicato l’imputato colpevole di entrambe le accuse e di conseguenza stabilito una pena di due anni di reclusione con condizionale più una multa di 5000 euro. Contenstualmente, anche l’obbligo di assistere e risarcire la ragazza di 23 anni presumibilmente vittima dell’accaduto risalente al 7 settembre scorso.
Inoltre è stata predisposta la sospensione della patente per 6 mesi per Ben Yedder, il quale dovrà sottoporsi ai classici esami del sangue periodici per ottenere la restituzione della licenza.
L’attaccante è svincolato da luglio scorso e a causa di questi problemi legali nessuna squadra si è fatta avanti per ingaggiarlo. Risolto questo nodo, potrebbe delinearsi finalmente il futuro del classe 1990. Tra i riconoscimenti più importanti i 3 titoli di capocannoniere della Ligue 1, Coppa del Re e Coupe de France.
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Infantino è american dream: “Congratulazioni Presidente”
Infantino celebra la vittoria di Donald Trump alle elezioni e con un post sui social e promette “Avremo un grande Mondiale 2026 negli Usa.”
Il presidente della Fifa dedica un post al neoeletto presidente degli Stati Uniti, che torna alla Casa Bianca battendo Kamala Harris.
“Football Unites the World!” scrive nel messaggio.
Infantino alla Casa Bianca
Era l’agosto del 2018, primo mandato per Donald Trump.
Accompagnato dal presidente della Federazione Calcio statunitense, Carlos Cordeiro, il presidente della Fifa venne ricevuto dallo stesso Trump proprio per discutere del Mondiale 2026, assegnato a Canada, Messico e Stati Uniti.
Scambio di regali e di battute: Gianni Infantino infatti consegnò a Trump una maglia blu con il numero 26 e il nome del presidente e insieme anche a dei cartellini gialli e rossi da utilizzare in conferenza stampa. Tutti i giornalisti vennero scherzosamente sanzionati col rosso.
Fifa…dei dem
I rapporti tra Infantino e Trump sono sempre stati amichevoli: infatti dopo l’esito delle elezioni statunitensi il presidente Fifa è stato tra i primi a pubblicare le foto risalenti a quell’incontro del 2018, prova molto chiara della buona intesa tra i due.
Invece durante l’amministrazione Biden tra i vertici apicali di Fifa e Casa Bianca non c’è stato alcun contatto.
Anche lo scorso maggio, quando si è recato a Washington DC, Infantino si è limitato a incontrare solo deputati e senatori.
Non può dunque che essere contento del cambio di schieramento alla Casa Bianca, a ridosso ormai del Mondiale 2026.
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Inter, Adriano: “Pensavano di mandarmi in una clinica. Volevo fuggire dal calcio”
L’ex attaccante dell’Inter Adriano ha parlato di alcuni brutti momenti della sua carriera e del tentativo dei nerazzurri di mandarlo in una clinica.
Considerato uno dei più grandi what if della storia del calcio, Adriano per caratteristiche sembrava potesse diventare l’erede del Fenomeno Ronaldo. Un giocatore completo dotato di potenza, tecnica, velocità, dribbling, finalizzazione. Purtroppo le cose sono andate diversamente: ne ha parlato lo stesso Adriano nella presentazione della sua autobiografia intitolata La mia più grande paura.
Adriano e la sua autobiografia: retroscena sull’Inter e non solo
“Tornavo a casa e trovavo sempre un motivo per bere, perché c’erano i miei amici o perché non volevo stare in silenzio“. Così Adriano racconta nella sua autobiografia i momenti difficili della sua carriera: “Molti usano il calcio come valvola di sfogo, io invece volevo fuggirne“.
“La mia fuga dal calcio era mio padre, ma quando se n’è andato il mio compagno è diventato il bere. Arrivavo tardi agli allenamenti, il club mi multava ma non mi interessava. La mia depressione raggiunse un livello che preferisco non ricordare“.
Sul ruolo dell’Inter nella vicenda: “Un giorno Moratti mi disse che mi volevano mandare in un posto speciale. Era una clinica di riabilitazione in Svizzera. Ero depresso e non capivo di cosa stessero parlando. Iniziai a innervosirmi e gli chiesi perché stesse cercando di mandarmi in un ospedale psichiatrico. Un giocatore ricoverato in clinica psichiatrica? Non volevo crederci!“
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