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Le due tifoserie dell’Inter e dell’Atalanta sono ancora profondamente scosse dalla morte del giovane Riccardo Claris per mano di un giovanissimo omicida.
Il calcio non deve essere questo e occorre ricordarselo e ricordarlo; una partita si può vincere, pareggiare e anche perdere e deve finire lì. Non è assolutamente normale morire, accoltellato, solo per aver, secondo le testimonianze, intonato un coro.
Soprattutto se la vittima ed il carnefice sono entrambi molto giovani. La vittima è il 26enne Riccardo Claris mentre l’aguzzino è un diciottenne (farà 19 anni fra pochi mesi) e si tratta di Jacopo De Simone che si è costituito la sera stessa.
La dinamica dell’incidente mostra l’assurdità del gesto e la sua drammatica conseguenza: la vittima è stata raggiunta da una sola e fatale coltellata alla schiena e – probabilmente – per aver cantato una frase a favore dell’Inter. La verità è che la storia è ancora avvolta nella nebbia.

LA FORMAZIONE DELL’INTER ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Cosa resta del match Atalanta-Inter?
Infatti, è certa solo la morte del giovane e la confessione del giovanissimo omicida ma nulla di più. Se De Simone continua ad affermare di essere sceso armato di coltello per difendere il fratello gemello (minacciato con catene dai tifosi interisti), dall’altra parte si ribadisce che la vittima fosse un bravo ragazzo e che fosse il classico bravo ragazzo, legato al calcio ma in modo sano.
A qualche giorno dalla lite e dalla morte di Claris è apparso, in quella strada ancora sporca di sangue, uno striscione che diceva “Uno si è salvato rinnegandoci. Due hanno seguito le vostre orme. E’ ora di tornare giù e accogliere il vostro destino”. Un messaggio, prontamente rimosso, che suona molto come una minaccia e che sembra voler continuare ad alimentare il fuoco della lite intorno a questo fatto di morte.
Bergamo è sconvolta perché il fatto è avvenuto in una zona della città notoriamente tranquillo: via dei Ghirardelli, traversa di via Lazzaretto, di fronte al Gewiss Stadium (lo stadio cittadino atalantino) e dove gli unici atti di violenza sono riconducibili alle tifoserie (di casa e non).
Resta il grandissimo rammarico di vedere una vita spezzata anzitempo ed un’altra condannata ad una vita dietro le sbarre per aver commesso un omicidio mentre avrebbe dovuto crescere e vivere una vita piena e in libertà.