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Gattuso, 46 anni di “Ringhio” e di cuore rossonero
Oggi Gennaro Gattuso, soprannominato “Ringhio” compie 46 anni. Oggi allena l’Olympique Marsiglia, ma da giocatore è stato uno dei giocatori simbolo del Milan.
Oggi compie 46 anni: è Gennaro Gattuso detto Rino, diminutivo poi storpiato in Ringhio per via della sua aggressività di gioco.
E’ sempre stato legatissimo alla sua terra, la Calabria, da lui sempre giudicata con obiettività: “La Calabria è una terra bellissima ma ci sono troppe cose da migliorare. Io ho girato anche degli spot per magnificare la bellezza della mia regione ma se non si aggiustano le strade e non facciamo infrastrutture, hai voglia a fare spot”.
Ha un padre falegname ma “calciatore nell’anima”, al quale è legatissimo: “Giocava centravanti, in quarta divisione, ma era un Ringhio pure lui, non mollava mai. Una volta fece 14 gol in una partita sola e la squadra avversaria era la Morrone di Cosenza. Io a mio padre devo tutto, darei la vita per lui”.
Classe 1978, da giocatore era approdato alla Serie A unendosi alla Salernitana nella stagione 1998-’99 dopo aver militato in Serie B nelle fila del Perugia e in Inghilterra allo scozzese Rangers.
Ha iniziato a militare nella Nazionale dell’Italia nel 1995 e ci è rimasto, dalle giovanili fino alla Prima Squadra, fino al 2010. Riuscendo anche a laurearsi Campione del Mondo nel 2006.
E’ stato al Milan che ha legato maggiormente la propria carriera da giocatore, prendendo parte a 335 partite e segnando 9 gol.
Ha chiuso la carriera in Svizzera al Sion, nella stagione 2012-’13. Successivamente è diventato allenatore e si è costruito una bella carriera internazionale, tra Italia, Spagna e Francia.
Gattuso, il legame speciale con il Milan
Gattuso e il Milan hanno sempre potuto vantare un legame speciale, che si è protratto nel tempo.
Anche dopo il ritiro, infatti, l’ex giocatore si ritrovò sulla panchina rossonera ad allenare prima la Primavera (nel 2017), poi la Prima Squadra (dal 2017 al 2019, per 18 mesi). Poi prese la decisione non facile di lasciare:
“Decidere di lasciare la panchina del Milan non è semplice. Ma è una decisione che dovevo prendere. Non c’è stato un momento preciso in cui l’ho maturata: è stata la somma di questi diciotto mesi da allenatore di una squadra che per me non sarà mai come le altre.
Mesi che ho vissuto con grande passione, mesi indimenticabili. La mia è una scelta sofferta, ma ponderata. Rinuncio a due anni di contratto? Sì, perché la mia storia col Milan non potrà mai essere una questione di soldi“.
Il presente all’Olympique Marsiglia
Il suo presente sulla panchina dell’Olympique Marsiglia pare regalargli molte soddisfazioni. Come ha dichiarato in una recente intervista a L’Equipe: “Vado d’accordo coi miei giocatori: mi arrabbio solo se non vedo abbastanza passione.
Io non alleno per i soldi: ho avuto la fortuna di una bella carriera e non li ho buttati via. Cerco le cose che mi fanno sentire vivo e qui all’OM mi sento vivo. Ho lavorato in piazze calde e qui, come in tutti i grandi club, i risultati contano molto: hai 65.000 persone allo stadio e 3-4 milioni di tifosi in Francia.
La passione per la squadra è come una religione: la settimana scorsa, alla ripresa degli allenamenti, c’erano 20 mila persone: è un senso di appartenenza straordinario”.
Auguri, Ringhio.
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Ben Yedder condannato a 2 anni di carcere: tutti i dettagli
Arriva la svolta nel caso Ben Yedder, l’attaccante ex Monaco accusato di guida in stato di ebrezza e abusi sessuali. Il tribunale ha emesso la sentenza.
Il francese aveva in precedenza ammesso di essersi messo alla guida sotto l’effetto di alcol, ma aveva negato categoricamente ogni azione contro la ragazza in questione.
Ben Yedder condannato: ecco la sentenza
Il tribunale di Nizza ha giudicato l’imputato colpevole di entrambe le accuse e di conseguenza stabilito una pena di due anni di reclusione con condizionale più una multa di 5000 euro. Contenstualmente, anche l’obbligo di assistere e risarcire la ragazza di 23 anni presumibilmente vittima dell’accaduto risalente al 7 settembre scorso.
Inoltre è stata predisposta la sospensione della patente per 6 mesi per Ben Yedder, il quale dovrà sottoporsi ai classici esami del sangue periodici per ottenere la restituzione della licenza.
L’attaccante è svincolato da luglio scorso e a causa di questi problemi legali nessuna squadra si è fatta avanti per ingaggiarlo. Risolto questo nodo, potrebbe delinearsi finalmente il futuro del classe 1990. Tra i riconoscimenti più importanti i 3 titoli di capocannoniere della Ligue 1, Coppa del Re e Coupe de France.
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Infantino è american dream: “Congratulazioni Presidente”
Infantino celebra la vittoria di Donald Trump alle elezioni e con un post sui social e promette “Avremo un grande Mondiale 2026 negli Usa.”
Il presidente della Fifa dedica un post al neoeletto presidente degli Stati Uniti, che torna alla Casa Bianca battendo Kamala Harris.
“Football Unites the World!” scrive nel messaggio.
Infantino alla Casa Bianca
Era l’agosto del 2018, primo mandato per Donald Trump.
Accompagnato dal presidente della Federazione Calcio statunitense, Carlos Cordeiro, il presidente della Fifa venne ricevuto dallo stesso Trump proprio per discutere del Mondiale 2026, assegnato a Canada, Messico e Stati Uniti.
Scambio di regali e di battute: Gianni Infantino infatti consegnò a Trump una maglia blu con il numero 26 e il nome del presidente e insieme anche a dei cartellini gialli e rossi da utilizzare in conferenza stampa. Tutti i giornalisti vennero scherzosamente sanzionati col rosso.
Fifa…dei dem
I rapporti tra Infantino e Trump sono sempre stati amichevoli: infatti dopo l’esito delle elezioni statunitensi il presidente Fifa è stato tra i primi a pubblicare le foto risalenti a quell’incontro del 2018, prova molto chiara della buona intesa tra i due.
Invece durante l’amministrazione Biden tra i vertici apicali di Fifa e Casa Bianca non c’è stato alcun contatto.
Anche lo scorso maggio, quando si è recato a Washington DC, Infantino si è limitato a incontrare solo deputati e senatori.
Non può dunque che essere contento del cambio di schieramento alla Casa Bianca, a ridosso ormai del Mondiale 2026.
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Inter, Adriano: “Pensavano di mandarmi in una clinica. Volevo fuggire dal calcio”
L’ex attaccante dell’Inter Adriano ha parlato di alcuni brutti momenti della sua carriera e del tentativo dei nerazzurri di mandarlo in una clinica.
Considerato uno dei più grandi what if della storia del calcio, Adriano per caratteristiche sembrava potesse diventare l’erede del Fenomeno Ronaldo. Un giocatore completo dotato di potenza, tecnica, velocità, dribbling, finalizzazione. Purtroppo le cose sono andate diversamente: ne ha parlato lo stesso Adriano nella presentazione della sua autobiografia intitolata La mia più grande paura.
Adriano e la sua autobiografia: retroscena sull’Inter e non solo
“Tornavo a casa e trovavo sempre un motivo per bere, perché c’erano i miei amici o perché non volevo stare in silenzio“. Così Adriano racconta nella sua autobiografia i momenti difficili della sua carriera: “Molti usano il calcio come valvola di sfogo, io invece volevo fuggirne“.
“La mia fuga dal calcio era mio padre, ma quando se n’è andato il mio compagno è diventato il bere. Arrivavo tardi agli allenamenti, il club mi multava ma non mi interessava. La mia depressione raggiunse un livello che preferisco non ricordare“.
Sul ruolo dell’Inter nella vicenda: “Un giorno Moratti mi disse che mi volevano mandare in un posto speciale. Era una clinica di riabilitazione in Svizzera. Ero depresso e non capivo di cosa stessero parlando. Iniziai a innervosirmi e gli chiesi perché stesse cercando di mandarmi in un ospedale psichiatrico. Un giocatore ricoverato in clinica psichiatrica? Non volevo crederci!“
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