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Ora la Juve “gioca” e non vince, ma agli anti-Allegri non va comunque bene

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allegri

Allegri sta cercando di plasmare una Juventus più offensiva, per la felicità dei suoi haters che comunque non sono contenti.

Allegri ora “gioca”, ma non vince

Juventus-Atalanta al microscopio.

  • 1,32 di xG contro gli 0,48 degli orobici.
  • 18 tiri (due cui 5 in porta) contro 7 di cui 3 in porta.
  • 51% di possesso palla contro il 49% della formazione orobica.

Dati che si sommano a quelli della vittoria contro il Frosinone.

Ecco, invece, quelli della sconfitta contro l’Udinese.

  • 70% di possesso palla (il dato più alto della stagione) contro il 30% dei friulani.
  • 1,70 di xG contro i 0,68 della squadra di Cioffi.
  • 14 tiri (di cui 6 in porta) contro 8 di cui 1 solo in porta.

Contro l’Hellas Verona.

  • 56% di possesso palla contro il 44% della formazione scaligera.
  • 1,87 di xG contro gli 0,57 della compagine veneta.
  • 18 tiri (di cui 4 in porta) contro i 14 (di cui 9 in porta) dell’Hellas.

Allegri

Gli haters eternamente insoddisfatti

Fa eccezione la partita del Maradona contro il Napoli, dove la Juventus (sebbene fosse tornata alle “origini” dal punto di vista della proposta, con un baricentro mediamente molto basso e un possesso palla del 29%) ha comunque creato tanto. Una proposta offensiva superiore a quella della formazione campana (lo stesso Allegri ha dichiarato nel post-partita che “è la prima volta che una mia squadra viene in casa del Napoli e crea così tanto“) e vanificata soltanto dall’inesperienza di Nonge e dagli errori sotto porta di Vlahovic.

Archiviata la qualificazione alla prossima Champions League, obiettivo dichiarato della società checché ne strillino i giochisti, Allegri sta (giustamente) sperimentando qualcosa di diverso. Uno schiaffo indiretto ai propri haters, che lo hanno sempre accusato (senza basi solide o argomentazioni concrete) di preferire scientemente un approccio più conservativo rispetto a uno maggiormente propositivo.

Le ultime prestazioni, non che ce ne fosse bisogno, hanno invece evidenziato come quell’atteggiamento tattico fosse l’unico in grado di tenere la Juventus aggrappata all’Inter. Se viene meno l’attenzione difensiva, l’abnegazione, la coesione e un perfezionismo tattico al limite della pervicacia, vengono simultaneamente a galla i limiti di una rosa modesta e mal assortita. La Juventus ha subito 9 gol nelle ultime 5 partite, dopo che nelle precedenti 23 uscite in campionato ne aveva concessi appena 14.

La Juventus segna, pur finalizzando meno di quanto produce. Il problema è che difensori come questo Alex Sandro a fine carriera, Gatti e Rugani, non possono sorreggere una squadra dal baricentro più alto e che porta tanti giocatori nella metà campo avversaria. Allegri ha dimostrato ai suoi haters che, almeno con questi giocatori, non si può giocare in maniera diversa da quanto fatto finora.

Eppure, nonostante ciò, i suoi detrattori ne loderanno il “coraggio” come farebbero tutte le persone intelligenti e intellettualmente oneste? Ovviamente no, altrimenti non sarebbero haters. Gli anti-Allegri non erano contenti quando il tecnico labronico vinceva, perché secondo loro “giocava male“, e ora che invece “gioca meglio” lo criticano lo stesso perché non vince. Sono passati dal “vincere così non conta” all’evergreenvincere è l’unica cosa che conta“. Volevano le nozze con i fichi secchi, additando come motivazione il fatto che se avessero giocato diversamente avrebbero ottenuto di più del secondo posto, e adesso che la Juventus gioca come volevano loro si lamentano della mancanza di risultati dando (ovviamente) la colpa a lui.

Gli anti-Allegri vogliono lo scudetto, a prescindere dai giocatori, e vogliono il gioco. Se una di queste due cose non arriva, la colpa è automaticamente di Allegri. Qualunque cosa faccia il livornese ai suoi detrattori non fa nessuna differenza, perché la loro non è una onesta analisi ma l’aprioristica e pretestuosa esternazione di una frustrazione che viene sistematicamente sfogata nei confronti di un capro espiatorio. 

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Roma, con De Rossi la peggior partenza dal 2010. E il confronto con Mourinho è impietoso…

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Roma-Empoli, De Rossi

De Rossi, 3 punti in 4 partite. La Roma mai così male dal 2010. Lo spettro di Mourinho torna ad aleggiare funesto a Trigoria.

3 punti in 4 partita. Nessuna vittoria. Pareggi contro Genoa, Cagliari e Juventus. Sconfitta (interna) contro l’Empoli. 4 gol fatti (1 di media a partita) e 7 subiti, per una media di poco inferiore allo 0,9 per partita.

Roma, mai così male dal 2010: il dato

La media punti di De Rossi (0,75) è la peggiore da quattordici anni a questa parte. Per trovare qualcuno che abbia fatto peggio bisogna tornare alla stagione 2010/2011, con Claudio Ranieri in panchina. La Roma in quell’occasione totalizzò appena 2 punti (0,5 di media), segnando 4 gol (gli stessi) e subendone due in più: 9.

Da quel momento i giallorossi hanno iniziato le successive stagioni con otto allenatori diversi. Luis Enrique;  Zeman; Garcia; Spalletti; Di Francesco; Fonseca e Mourinho. Nessuno di questi ha fatto peggio di De Rossi. Nemmeno il tanto vituperato Fonseca, ad oggi ancora sulla graticola dell’opinione pubblica rossonera.

Il tecnico portoghese realizzò 8 punti in 4 partite, media esatta di 2 punti per partita. Frutto di 2 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta. 8 gol fatti (il doppio) e 7 subiti, gli stessi. Nell’interregno Ranieri-Montella la Roma concluse il campionato al 6 posto, mentre Fonseca chiuse settimo: in linea con i piazzamenti degli ultimi 5 anni.

Roma

De Rossi-Mourinho, il confronto è impietoso

Stringendo il cerchio agli ultimi tre anni, ovvero quelli della gestione Mourinho, il confronto statistico fra i due appare impietoso. Il primo anno (stagione 2021-2022) la Roma di Mourinho totalizzò 9 punti, frutto di 3 vittorie e 1 sconfitta, con 11 gol fatti (quasi il triplo) e 4 subiti: praticamente la metà di quelli subiti da De Rossi.

Il secondo anno (2022-2023) la partenza fu ancor migliore. 10 punti in 4 partite (3 vittorie e di 1 pareggio, a Torino contro la Juventus) con 5 gol fatti (comunque più di De Rossi, tanto celebrato per il suo gioco e la sua proposta offensiva) e uno solo subito. Mourinho ha fatto meglio anche nel suo ultimo anno, quello che poi ha portato al suo esonero e all’avvicendamento con De Rossi, con 4 punti: 11 gol fatti e 6 subiti.

Oggi gli irriducibili sostenitori di “allenator futuro” predicano calma e chiedono tempo. Differentemente dalla scorsa stagione, quando una manciata di partite fu loro sufficiente ad individuare in De Rossi la panacea a tutti i mali (quali?) portati dal portoghese. Siamo solo ai primi exit poll stagionali, ma la differenza fra il preparare una stagione e subentrare in corsa (lucrando sul biennale lavoro altrui) è già tangibile.

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Cristiano Ronaldo: leggenda, padre e uomo

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Saudi Pro League, Cristiano Ronaldo

Scopri il lato umano di Cristiano Ronaldo: la leggenda del calcio, il padre premuroso e le sfide di suo figlio Cristiano Jr. in un mondo che richiede perfezione.

Cristiano Ronaldo è una figura leggendaria, un uomo che ha costruito la sua carriera sulla dedizione al lavoro e una determinazione incrollabile. Per lui, la sconfitta non è mai stata un’opzione facilmente digeribile. La sua vita è una serie di successi ininterrotti, frutto di un impegno costante e di una fame di vittoria insaziabile.

Negli ultimi anni, però, Ronaldo ha mostrato al mondo un lato più umano e sensibile, nascosto per tanto tempo dietro l’immagine dell’atleta invincibile.

 

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Le emozioni di Ronaldo: dalle lacrime alla gloria

cristiano ronaldo

Cristiano Ronaldo during warm up before UEFA Euro 2024 qualifying game between national teams of Portugal and Iceland, Estadio Jose Alvalade, Lisbon, Portugal. (Maciej Rogowski)

Le lacrime versate per l’eliminazione dal Campionato Europeo e quelle di gioia per il traguardo dei 900 gol in carriera rivelano un uomo che, nonostante la sua straordinaria forza, non è immune alle emozioni. Ciò ha dimostrato al mondo che anche una leggenda come CR7 può essere vulnerabile, e che il suo cuore batte forte, proprio come quello di ogni essere umano.

La sfida di essere figlio di Cristiano Ronaldo

Cristiano Jr., a soli 14 anni, è già al centro delle attenzioni mediatiche e pubbliche, non solo per il suo talento emergente, ma anche per il nome che porta. Essere figlio di Ronaldo significa portare sulle spalle un’eredità pesante, un destino che sembra già scritto.

Ronaldo stesso ha riflettuto su questa pressione:

“Cristiano Jr ha solo 14 anni, ma ha già la pressione di essere mio figlio.”

Queste parole racchiudono tutto il peso di un nome che è sinonimo di grandezza. Ogni passo di Cristiano Jr. viene confrontato con quelli di suo padre, e ogni sua azione è giudicata alla luce dei successi incredibili di Ronaldo. È una pressione che può forgiare un giovane uomo, ma può anche spezzarlo se non gestita con cura.

Il lato umano di Ronaldo

Nonostante la sua immagine di atleta implacabile, Ronaldo ha dimostrato di essere un padre consapevole, desideroso di proteggere suo figlio da un peso troppo grande. Ronaldo ha dichiarato:

“Lasciamogli commettere i suoi errori. Se non dovesse diventare un calciatore, potrà fare altro, io lo sosterrò sempre.”

Queste parole rivelano una saggezza che pochi si aspetterebbero da un uomo così dedito alla vittoria. Ronaldo comprende l’importanza di permettere a Cristiano Jr. di trovare la sua strada, senza sentirsi costretto a seguire le orme del padre.

Padre, Mentore e Modello

Nella vita quotidiana, Ronaldo cerca di essere un esempio silenzioso ma potente per i suoi figli. Non impartisce lezioni teoriche, ma li lascia imparare osservando:

“I miei figli sono proprio come me. Non insegno nulla, mi vedono solo come esempio.”

Questa è la bellezza dell’insegnamento di Ronaldo; un esempio vivente di come l’impegno e la passione possano portare al successo, ma anche di come la vittoria più grande sia vivere in modo autentico.

Nel loro tempo libero, Ronaldo e i suoi figli giocano a padel, un momento di competizione amichevole che li aiuta a crescere insieme. Ronaldo ha detto:

“Giochiamo a padel ogni giorno: ci arrabbiamo anche. Ma sono contento perché sia Cristiano Jr sia Matteo sono tipi competitivi.”

Cristiano Ronaldo ha già vinto

Cristiano Ronaldo, un uomo che ha sempre lottato per la vittoria, sta ora combattendo una battaglia diversa: quella di proteggere suo figlio dalle pressioni dell’essere “il figlio di”.

Le sue lacrime, che siano di gioia o di dolore, ci ricordano che anche i più grandi, alla fine, sono esseri umani. In un mondo che spesso richiede perfezione, Ronaldo sta insegnando a Cristiano Jr. che la vera vittoria non risiede nel superare il padre, ma nel trovare la propria strada e vivere autenticamente. In questo, Ronaldo ha già vinto.

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UEFA e FIFA, critiche da Belgio e Francia: si gioca troppo

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UEFA, Ceferin

Giocatori all’attacco: i bersagli non solo le porte avversarie bensì i due organi che regolano il calcio a livello europeo e mondiale: UEFA e FIFA.

Il malcontento verso UEFA e FIFA cresce: le riforme in termini di calendario attizzano il fuoco delle proteste dei giocatori stessi. Che si trovano a dover disputare un numero sempre crescente di partite senza il giusto riposo.

Il calendario è ora fittissimo: oltre ai campionati, la nuova Champions League con un maggior numero di squadre (36 anziché 32) e un unico girone, le coppe nazionali, gli impegni nelle varie Nazionali e, ultimo ma non meno importante, il Mondiale per Club.

Gli ultimi a riservare critiche alle due società sono stati Kevin De Bruyne e Dayot Upamecano. Il primo ha parlato alla vigilia della partita di Nations League tra Belgio e Israele, il secondo prima di Belgio-Francia.

Proteste contro FIFA e UEFA, De Bruyne del Manchester City

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UEFA e FIFA, le critiche di De Bruyne

Queste le dichiarazioni di De Bruyne in conferenza stampa: “Il problema sarà evidente quando finirà il Mondiale per Club. Ci saranno solo tre settimane tra la finale e l’inizio della Premier League. Tre settimane per riposare e prepararsi per altre 80 partite. Ma a loro non importa”.

Sul Mondiale per Club

“Sono i soldi a parlare. Magari quest’anno riusciremo a gestirlo, ma il prossimo sarà un disastro. La PFA in Inghilterra e le associazioni dei giocatori altrove stanno cercando soluzioni, ma UEFA e FIFA continuano ad aggiungere partite. Non si è trovata una soluzione”.

Il punto di vista di Upamecano

Questo lo sfogo del nazionale francese: “Ci sono troppe partite, e così diventa difficile giocare al livello che i tifosi si aspettano. Spero che FIFA e UEFA se ne accorgano. Il rischio infortuni è alto, ne abbiamo già avuti due e se non si cambia qualcosa, ce ne saranno altri.”

Il malcontento serpeggia. Gli allenatori riflettono

Le critiche al calendario troppo fitto non sono nuove: tra gli scontenti ci sono, tra gli altri, anche Bernardo Silva e il tecnico del Real Madrid Carlo Ancelotti.

Queste le parole del portoghese: “Il calendario è completamente folle. Giochiamo, per mesi, ogni 3 giorni. Trascorro pochissimo tempo con la mia famiglia e i miei amici”.

L’allenatore dei Blancos ha anche proposto, come soluzione, la possibilità di dare “ferie” non solo estive ai propri giocatori. Questa la sua idea, espressa lo scorso agosto: “Stiamo pensando di dare giorni di vacanza durante la stagione ad alcuni giocatori, in maniera individuale. L’idea è quella che magari una settimana uno non gioca e se ne va a riposare con la sua famiglia.

Ci siamo pensando con lo staff medico e i preparatori, lo stiamo valutando soprattutto per quei giocatori impegnati anche con le rispettive Nazionali: questi hanno davvero pochissimo riposo, non hanno nemmeno un giorno di vacanza”.

I numeri, d’altronde, parlano forte e chiaro: un giocatore del calibro di Jude Bellingham ha già all’attivo 251 presenze in Prima Squadra: 5 volte di più di David Beckham quando aveva la sua stessa età.

La fame di profitto, però, incalza.

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