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“L’opinione di Giovanni Stramacci” #3: Con l’addio di Immobile finisce la Lazio dei tifosi

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Immobile

Dopo Milinkovic, Luis Alberto e Felipe Anderson, anche Ciro Immobile lascia la Lazio. I tifosi perdono, in pochi mesi, tutte le bandiere che amavano.

LE BANDIERE

Il termine “bandiera” sicuramente non ha più lo stesso significato di vent’anni fa. Il calcio è cambiato. Ha perso il suo aspetto romantico, quello più genuino. Viviamo in un’epoca in cui i giocatori “tendono a non rimanere più di 3-4 anni nello stesso club”, come afferma lo stesso Lotito. È diventato un business. Con tutti i soldi che girano, per le società i calciatori sono veri e propri asset. D’altro canto per i calciatori lo stile di vita non dipende dalla squadra in cui militano, ma dallo stipendio che percepiscono. Prima smetteremo di far finta che non sia così e prima riusciremo a vivere questo (nuovo) sport.

Lazio, Immobile

CIRO IMMOBILE E QUELLO CHE HA RAPPRESENTATO

Ciro Immobile ha fatto la storia della S.S.Lazio. È arrivato quasi in punta di piedi, sostituendo un grande come Klose. Ha segnato più di qualunque altro attaccante nella storia del club. Ha vinto la scarpa d’oro, nell’era di Messi e Ronaldo. È stato ed è tutt’ora un vanto per i tifosi della Lazio. È stato il punto di riferimento dei più piccoli, dei giovani aquilotti che sono cresciuti con i suoi gol, urlando a squarciagola il suo cognome. È stato anche l’idolo dei più grandi, che hanno sognato come non facevano dai tempi di Beppe Signori. È stato il capitano. Non sarà stato un capitano perfetto, non tutti hanno la stoffa per esserlo, ma quella fascia al braccio eccome se la meritava.

IL VUOTO

È stato una bandiera, se ridimensioniamo il termine ai tempi in cui viviamo. L’ultima di una serie che negli ultimi mesi, per un motivo o per un altro, hanno lasciato la Lazio e salutato i tifosi. Sia chiaro, per “bandiere” ormai s’intende quei giocatori che hanno segnato un ciclo. È finito, dunque, il ciclo di Luis Alberto, Milinkovic-Savic, Felipe Anderson e Ciro Immobile. I loro addii hanno lasciato un vuoto praticamente incolmabile. È un vuoto emotivo e romantico se pensiamo a tutti quei tifosi che ancora indossano le maglie con i loro nomi. È un vuoto tecnico e qualitativo se pensiamo che i sostituti sono ragazzi giovani, poco costosi, alla prima esperienza importante della loro carriera.

E ADESSO?

Adesso serve fiducia. È paradossale chiederla in un momento così. È un momento di contestazione in cui i tifosi della Lazio hanno perso tutte le loro certezze e i loro punti di riferimento. È un momento in cui il presidente va in conferenza e ruba la scena al nuovo mister per attaccare giornalisti e tifosi. È un momento, in poche parole, complicato. Proprio per questo motivo serve la fiducia dei tifosi che hanno il coraggio di concederla. Milinkovic-Savic, Luis Alberto e Immobile arrivarono in punta di piedi, esattamente come i nuovi. Il calcio ha perso il suo romanticismo, ma è pur sempre uno sport imprevedibile, che riserva molte sorprese. Ecco perché è ancora in grado di emozionare.

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Juventus-Parma, 07/05/2000: quando un gol può cambiare tutto

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Sono passati esattamente 25 anni da quel Juventus-Parma di inizio maggio che poteva cambiare le sorti del campionato di Serie A 99/2000.

Quel match del 07 maggio a Torino ha rischiato seriamente di far perdere lo Scudetto… alla Lazio. Tutta colpa di un grosso, macroscopico si potrebbe anche dire, errore della terna arbitrale.

juventus-Parma

The manager of Chinese club Guangzhou Evergrande Fabio Cannavaro reacts during the second round of the final of 2020 Chinese Super League (CSL) against Jiangsu Suning F.C., Suzhou city, east China’s Jiangsu province, 12 November 2020.
Jiangsu Suning F.C. defeated Guangzhou Evergrande Taobao F.C. with 2-1 and won the title of Chinese Super League 2020. *** Local Caption *** fachaoshi

Stagione 99/2000: facciamo chiarezza

E’ opportuno dare il contesto più esaustivo per analizzare tutta la situazione. A tre giornate dalla fine del campionato la Lazio si trovava a meno cinque dalla vetta della classifica, occupata dalla Juventus. Mentre i biancocelesti battevano il Venezia allo stadio Olimpico, i bianconeri crollavano a Verona, sotto i colpi di Cammarata. L’attaccante gialloblù, autore di una doppietta, permetteva ai biancocelesti di riportarsi a meno due. La penultima giornata vedeva gli aquilotti impegnati sul campo del Bologna. Per la Juve invece arrivava il Parma, ancora in corsa per l’Europa.

Juventus-Parma: cos’è successo?

Penultima giornata di campionato. I bianconeri vanno in vantaggio grazie ad una rete di Alessandro Del Piero.

Un gol di testa, nell’unica azione decente in un’ora e passa di brutto gioco. L’unica azione degna di nota: palla da Zidane e Davids, apertura velocissima sulla fascia per Pessotto. Pessotto è un destro schierato di solito a sinistra, il che lo costringe sistematicamente, nel momento di fare il cross, a perdere tempo per liberare il piede buono.

Stavolta Pessotto fa la cosa giusta: scatto e cross di sinistro in velocità. Inzaghi, che anche domenica non ha toccato palla, compie il suo solito movimento, sul primo palo portandosi dietro il suo marcatore. In mezzo all’area è rimasto lui, Del Piero La palla arriva, facile facile, e lui la va a colpire di testa, mandandola a finire nell’angolino, dove Buffon, il portiere del Parma, non può arrivare. Goal: 1-0. Juventus-Parma terminerà con questo risultato.

Ma quella partita fu macchiata da un grottesco errore arbitrale. Al minuto 90′ Cannavaro era riuscito a pareggiare i conti di testa, battendo Van der Sar. Rete che però fu prontamente annullata dall’arbitro De Santis, per un inesistente fallo in attacco. Proprio prima che il pallone varcasse la linea, il gioco venne interrotto. In realtà, riguardando attentamente l’azione, si vede che sono due giocatori della Juventus a commettere fallo: Tudor trattiene Stanic, Montero spinge Crespo.

Addirittura, nel post gara, il fischietto De Santis peggiora la sua situazione: dichiara di aver fischiato prima del colpo di testa di Cannavaro, ma le riprese smentiscono questa posizione.

Il grande incubo

Inutile dire che dopo tutto questo ne seguì un polverone di polemiche più che legittimo. A sentirsi defraudate erano il Parma e la Lazio.

I tifosi della Curva Nord scendono in Piazza sotto Via Allegri. Interrompono una tappa del Giro d’Italia che passa per la capitale. Urlano al mondo intero la voglia di non assistere ad un epilogo simile a quello della stagione precedente. Le proteste continueranno anche la settimana successiva, prima dell’inizio di Lazio-Reggina, ultimo turno di campionato.

Tutte le testate giornalistiche parlarono e approfondirono l’argomento. Poi arrivò l’ultima giornata di campionato. La Juventus doveva vedersela con il Perugia. Per vincere lo Scudetto i biancocelesti dovevano sperare nella sconfitta dei bianconeri e pensare soprattutto a vincere la propria gara. Andò così, ma questa è storia che tutti conoscono.

A Roma fu festa grande. Ma per un errore arbitrale, la Lazio ha rischiato di non poter vantare, ancora oggi, quel titolo. Ma dell’ultima giornata ce ne sarebbero di cose da dire. Magari la prossima settimana.

Juventus-Parma: De Santis torna sulla partita

A distanza di molti anni, in un’intervista a Radio Olympia, l’arbitro De Santis, ha parlato di quel match.

“Errore mio, lo commisi a vantaggio della Juve, lì per lì non mi resi conto, poi rivedendo dopo capii. Il dubbio che non fosse calcio d’angolo in Juve-Parma ce l’avevo, e poi parliamoci chiaro, io arbitro di Roma non dovevo essere designato in quella gara, come qualcuno di Torino non doveva fare la Lazio. Non sono mai stato tifoso della Juve, in quella partita feci più danni che favori. Lì era tutto organizzato il giorno prima, il problema fu Fiorentina-Lazio arbitrata da Treossi”.

 

 

 

 

 

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Nazionale, quanti giocatori persi per strada: i migliori

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 Nel corso degli ultimi tempi la nostra Nazionale ha visto passare (e perdere) molti giocatori con doppio passaporto di talento che molto comodo avrebbero fatto.

Uno di questi, a nostro malgrado, è stato Raphinha. Il giocatore del Barcellona ha svelato il retroscena al podcast Isa Visita. “Ero vicino ad accettare la convocazione in Nazionale italiana. Sarei dovuto andare agli Europei vinti nel 2020. Ero praticamente pronto”.

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Raphinha during UEFA Champions League quarterfinal between Paris Saint-Germain FC and FC Barcelona at Parc des Princes, Paris, France (Maciej Rogowski)

Nazionale: ah Raphinha, che rimpianto

A causare questa situazione fu il ritardo nell’ottenere il tutto, che fece saltare il tutto. E dopo pochi mesi dalla finale di Wembley, l’esterno fu chiamato dal Brasile. Il resto è storia. Non proprio rosea, dati i risultati ottenuti con il Brasile in Coppa del Mondo (2022) e Copa America (2024). Entrambe chiusesi ai quarti.

Altra storia, invece, con i club. Dopo essere passato al Barcellona dal Leeds le vittorie non sono mancate. Così come i trofei. Per lui una LaLiga, due Supercoppe e una Copa del Rey. Da non dimenticare il cammino in Champions del brasiliano, fermato soltanto da una grande prestazione dell’Inter di Simone Inzaghi. Una stagione, fino ad adesso comunque, da 31 gol e 25 assist. Un rendimento che ne giustifica, fra i vari fattori incidenti, l’attuale valore di mercato da 80 milioni di euro, che ne fa il terzo più prezioso con un secondo passaporto italiano.

Sarebbe ovviamente riduttivo dire che sarebbe stato un giocatore utile alla causa di Luciano Spalletti (e Roberto Mancini prima). Ma va comunque sottolineato.

Ma non solo il brasiliano poteva sposare il progetto azzurro.

La top10 dei rimpianti

Nella top10 per valore di mercato attuale, tre giocano in Serie A. Il più giovane di questi, Santiago Castro, è ancora in tempo per cambiare bandiera nonostante sia stato già precettato da Lionel Scaloni, CT dell’Argentina.

Del resto, parlando di discendenze tricolori più o meno forti, il legame con la Serie A è per forza di cose vivo. Vedi Amad Diallo, che l’Atalanta l’ha sfiorata ma non l’Italia. Il giovane, infatti, ha esordito giovanissimo (18 anni) con la Costa D’Avorio. Un altro con lo stesso destino è Giuliano Simeone, che si è legato all’Albiceleste e all’Atlético Madrid nonostante sia cresciuto ammirando papà Diego e il fratello maggiore Giovanni.

Un occhio di riguardo anche ai primi due di questa classifica (Raphinha è terzo): Julian Alvarez e Alexis Mac Allister. Entrambi argentini, con passaporto italiano. Risorse che avrebbero aiutato, e non poco.

Serie A: top 11 Serie A col double pass

Della classifica appena spiegata sopra, ci sono altri due giocatori -oltre a Castro- che avrebbero potuto indossare la maglia della Nazionale. Si tratta di: Santi Gimenez (Milan) e Nico Gonzalez (Juventus).

Ma non sono gli unici. Si può addirittura costruire un 11 titolare. E decisamente non male.

A difendere i pali Emil Audero (ex Inter). Difesa composta da: Circati (Parma), Matturro (Genoa) e Carlos Augusto (Inter).

In mediana: Asllani e Zielinski. Mentre il trio davanti vede: Matias Soulè (Roma) e Nico Gonzalez (Juventus) a tutta e fascia e come trequartista Lucas Beltran (Fiorentina).

L’attacco è stato già citato in precedenza: Gimenez e Castro.

Un manipolo di giocatori, dal buonissimo tasso tecnico, che per un motivo od un altro sono sfumati. Da non ripetere.

 

 

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La CGIL da’ il cartellino rosso all’ingiustizia: nasce il Sindacato degli arbitri

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Serie B

La CGIL ha istituito il primo sindacato per arbitri. Sarà una sezione interna alla Slc: il sindacato dei lavoratori della comunicazione.

La Segretaria CGIL: “Troppa violenza, serve tutela”

‘Arbitro aggredito’. ‘Violenza verbale sull’arbitra‘. ‘Anche se meno gravi, aumentano i casi di violenza sugli arbitri‘. Sono questi i titoli che spesso e volentieri si trovano sulle testate giornalistiche che parlano di calcio. E non solo. Siamo abituati a vedere gli arbitri sul campo, così, come fossero figure presenti a priori. Invece no. Gli arbitri sono persone e sono lavoratori: e come tali devono essere tutelati.

La stessa segretaria nazionale Sabina Di Marco infatti dichara: “Non è più accettabile che l’arbitro, figura centrale dello sport, spesso esposto a rischi fisici e verbali, operi senza tutele e riconoscimento adeguati”. A conferma del fatto che questa mossa era necessaria, il sindacato ha già degli iscritti. Il provvedimento è aperto a tutti gli arbitri. E di tutte le catorie e età. Ma con un occhio di riguardo verso i più giovani. Che per motivi di inesperienza potrebbero incorrere in rischi ancora più gravi.

CGIL: per un lavoro sicuro

È un passo senza precedenti quello compiuto dalla CGIL. L’obiettivo? La risposta arriva chiara dai segretari promotori dell’iniziativa: “Vogliamo garantire un lavoro sicuro, dignitoso e regolamentato a tutti gli arbitri”. Una promessa che sa di rivoluzione per chi, ogni settimana, scende in campo senza garanzie.

Si, è vero! Oggi gli arbitri sono riconosciuti come lavoratori dal Decreto Legislativo 36/2021 della recente riforma dello sport. Ma si tratta di un riconoscimento formale che, nei fatti, non ha ancora prodotto le necessarie tutele. L’assenza di un contratto collettivo nazionale rende la loro posizione estremamente fragile: né compensi minimi garantiti, né sicurezza sul lavoro, né coperture previdenziali o assicurative adeguate.

Serie A CGIL

L’ARBITRO LUCA PAIRETTO DESIGNATO PER IL DERBY ROMA LAZIO AL POSTO DI MARCO GUIDA ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Altri rischi per gli arbitri

Cosa succede se un arbitro subisce un’aggressione? Chi lo tutela se si infortuna durante una partita? 
Le risposte, oggi, sono vaghe o inesistenti. E questo silenzio normativo ha aperto la strada a una condizione di precarietà diffusa. Troppi giovani arbitri si trovano a svolgere il proprio ruolo tra sacrifici e incertezze. E senza alcuna delle garanzie che spettano ai lavoratori di altri settori. La mancanza di tutele legali in caso di incidenti o episodi di violenza, purtroppo sempre più frequenti, è solo la punta dell’iceberg.

Il sindacato sarà la voce di chi finora non ne ha avuta una. Infatti con la nascita di questa nuova rappresentanza, si apre finalmente uno spazio di confronto con le istituzioni. Quelle sportive ma anche il governo. L’obiettivo è avviare una contrattazione collettiva che definisca vari punti: il profilo professionale dell’arbitro, compensi equi, contributi previdenziali, assicurazioni, tutele legali e formazione continua.

Per troppo tempo, arbitrare è stato un lavoro senza diritti. Ora, grazie alla spinta della CGIL, le cose potrebbero cambiare. E chi scende in campo per far rispettare le regole, potrà finalmente averne alcune anche per sé.

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