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Da Pep a Maurizio, tra tiki taka e Sarrismo
Da quando Andrea Agnelli ha ufficializzato il divorzio da Massimiliano Allegri, due nomi emergono su tutti nella girandola di ipotesi formulate dai media per la successione sulla panchina bianconera: Pep Guardiola e Maurizio Sarri.
Attorno ai due tecnici si rincorrono voci, indiscrezioni, conferme e smentite che rendono sempre più impaziente l’attesa dei tifosi che, come è normale i questi casi, già commentano e si schierano.
Guardiola, l’allenatore più titolato nella storia di un club prestigioso come il Barcellona, nonché fresco vincitore della Premier League col Manchester City, è la soluzione che più sembra entusiasmare i sostenitori della Juventus, più o meno come la scorsa estate era accaduto per il clamoroso arrivo a Torino di Cristiano Ronaldo. Tuttavia mentre CR7 è stato un colpo di mercato inatteso, su Guardiola la Juventus aveva messo gli occhi da parecchio.
Sarri, al contrario, non era neanche tra le prime ipotesi della stampa ed è una possibilità che si è andata concretizzando soprattutto negli ultimi giorni, dopo che Antonio Conte, uno tra i principali candidati, si è ufficialmente accasato sulla sponda nerazzurra dei Navigli. E’ stato per tre anni l’allenatore del Napoli, principale avversario della Juventus in Italia, durante i quali non ha lesinato frecciate polemiche nei confronti dei bianconeri, e questo ne ha fatto agli occhi dei più un avversario. Non è facile quindi per i tifosi, benché sia normale nell’era dell’iperprofessionismo, entrare nell’ordine di idee di vedere un avversario alla guida della propria squadra del cuore.
Vediamo meglio chi sono questi due uomini, tra loro molto diversi eppure con alcuni importanti punti di contatto.
Chi è Josep Guardiola
Pep Guardiola, il re del tiki-taka, è nato a Santpedor, cittadina catalana a 60 chilometri da Barcellona, nel gennaio 1971. La sua carriera da calciatore è stata tutta in blaugrana fino agli ultimi anni con le esperienze prima in Italia (Brescia e Roma), poi in Qatar e infine in Messico. In Italia viene anche accusato di doping dopo essere stato trovato positivo al Nandrolone, ma l’accusa viene cancellata anni dopo.
Come allenatore è cresciuto nel Barca, dove ha guidato brillantemente la squadra B nella stagione 2007-2008 prima che il Presidente Laporta gli affidasse la prima squadra. L’inizio è folgorante e alla sua prima stagione Pep conquista il triplete: Liga, Coppa del Re e Champions League.
Il suo record arriva fino al sesto trofeo conquistato su altrettanti disponibili, battendo l’Estudiantes nella finale della Coppa del Mondiale per Club.
In 4 anni nel Barca saranno ben 14 i trofei. Con lui il Barcellona sfoggia un’identità di gioco straordinariamente efficace, fondata su un 4-3-3 interpretato con una compattezza unica, soprattutto in fase di riconquista delle palle perse, e una fitta rete di passaggi orizzontali con gli interpreti che devono continuamente supportare e dare soluzioni a chi ha la palla. Per Guardiola l’individualità ha spazio solo nella fase di finalizzazione. Per il resto la squadra si muove insieme e in venti/trenta metri di campo, mantenendo più possibile la palla tra i piedi e nella trequarti avversaria. In quella squadra, che si ritaglia uno spazio nel mito come anni prima era stato per l’Ajax di Michels e il Milan di Sacchi, giocano campioni assoluti, primi fra tutti Leo Messi e Andres Iniesta, ma va riconosciuto a Guardiola il merito di aver saputo rendere al top anche alcuni comprimari, a loro agio in un meccanismo di gioco collaudatissimo.
Lasciato il Barca Pep ha continuato a vincere prima in Baviera (tre anni e 8 trofei al Bayern Monaco) e poi in Premier League (altri 6 trofei in tre anni). In 10 stagioni vince 8 volte il proprio campionato nazionale.
Sposato con Cristina Serra, conosciuta quando aveva appena 19 anni, Guardiola ha sempre mantenuto un atteggiamento molto riservato a tutela della sua vita privata, della famiglia e dei tre figli.
Chi è Maurizio Sarri
Maurizio Sarri nasce nel 1959 a Napoli, dove il padre, gruista a Bagnoli, risiedeva. Cresce nei dintorni di Bergamo e poi a Faella, in provincia di Arezzo.
Il campo di gioco lo frequenta da dilettante e dopo gli studi trova un impiego in Banca Toscana. Ma la sua passione è allenare squadre di calcio e Sarri la coltiva fino a che, appena quarantenne, lascia il lavoro per dedicarvisi a tempo pieno. Una carriera lunga, con tanta gavetta, che lo porta su tante panchine delle serie inferiori fino alla prima occasione importante, nel 2005, quando esordisce in B alla guida del Pescara. Seguono altre esperienze tra Arezzo, Verona, Perugia e Grosseto. Nel 2010-2011 sfiora la promozione in B guidando l’Alessandria nonostante una crisi societaria che lascia lui e la squadra, per mesi, senza stipendio. Dopo una breve esperienza nel Sorrento, la svolta arriva con l’Empoli nel 2012: Sarri porta la squadra toscana in A e l’anno dopo conquista una salvezza tranquilla, con l’Empoli giudicata da molti la vera rivelazione della sagione per il suo gioco brillante in cui si affermano parecchi giovanissimi.
Dall’estate 2015 De Laurentiis gli affida il Napoli dopo la negativa esperienza di Rafa Benitez sotto il Vesuvio. In tre stagioni gli azzurri giungono due volte secondi e una volta terzi ma ogni anni migliorano i propri record tra cui i punti a fine stagione, le reti segnate e quelle subite. Nel primo anno spicca l’exploit di Gonzalo Higuain, capocannoniere con ben 36 reti in campionato. Il terzo anno lo scudetto, che sembra a portata di mano dopo la vittoria 1-0 nello scontro diretto all’Allianz Stadium alla 34ma, sfugge di mano nel finale.
Nel 2018 lascia il Napoli e firma un contratto faraonico con il Chelsea, ennesimo tecnico italiano dei blues. La stagione si conclude con un ottimo terzo posto, due trofei persi proprio contro il City di Guardiola e il trionfo in Eropa League nel derby contro l’Arsenal a Baku.
Sposato con Marina e padre di Nicolé, Sarri condivide con il collega Guardiola la assoluta riservatezza per quanto concerne la sua vita privata. Molto scaramantico, tanto da scegliere la tuta dopo aver abbandonato un rigoroso abito nero che non gli ha portato fortuna, Sarri predilige il 4-2-3-1 che negli anni ha perfezionato e un’attenzione maniacale ai dettagli. Per lui il fuoriclasse smette di essere un inutile giocoliere solo se le sue qualità sono al servizio della squadra e “alla squadra di campioni che ha un gioco medio” preferisce “la squadra di giocatori medi che gioca da campione”.
Con la sua inseparabile sigaretta (pare ne fumi circa ottanta ogni giorno) è riuscito a far coniare il termine “Sarrismo”, utilizzato anche oltremanica, quale riferimento al suo gioco, sempre propositivo, brillante a tutto campo.
And the winner is…
La Juventus viene da otto scudetti consecutivi, quattro coppe italia e quattro supercoppe italiane. La società intende confermare la sua supremazia in Italia e raggiungere i vertici anche in Europa, dove da troppi anni manca il trofeo che da quelle parti è stato ormai ribattezzato “la Maledetta”. Al nuovo tecnico Agnelli chiede di arrivare alle vittorie, a partire dalla Champions League, e un gioco brillante attraverso cui la Juventus possa affermare una sua precisa identità nel panorama calcistico.
Guardiola, con la sua concezione di calcio che si è andata evolvendo grazie alle esperienze in Germania e Inghilterra, appare il nome che offre maggiori garanzie. Quasi mai la Juve, nella sua storia, ha scelto nomi così roboanti. Da Trapattoni a Lippi, per arrivare a Conte e allo stesso Allegri, l’unico a sedersi sulla panchina bianconera avendo già vinto qualcosa di importante, i più grandi tecnici si sono affermati in bianconero. Pep, il mito, rappresenterebbe in questo senso una novità.
Sarri, di cui sarebbero presto dimenticate le tante frecciate polemiche da tecnico del Napoli, tutt’altro che un salto nel buio, è una scelta più in linea con la tradizione anche per l’essere italiano come gli illustri predecessori.
Il tecnico toscano sembrerebbe, a giudizio di molti, particolarmente indicato per valorizzare al massimo la rosa attuale e alcuni campioni che di recente hanno sofferto, primo fra tutto Paulo Dybala.
Il tecnico catalano parrebbe una scelta più consona per una volontà di rinnovamento della rosa.
Ormai il cerchio si stringe e manca poco all’annuncio ufficiale, atteso in questi giorni dopo che anche l’ultimo atto della stagione, la finale di UCL tra Tottenham e Liverpool, è andata in archivio.
La società ha certamente le idee chiare da un pezzo ed è probabile che, una volta annunciato il nuovo allenatore, capiremo che l’altro nome sarà stato una suggestione, mai davvero vicino e mai realmente in ballo fino all’ultimo.
Che sia Pep o Maurizio, di sicuro sarà difficilissimo mettere in discussione la leadership che la Juventus ha consolidato in Italia e i tifosi, anche quelli più critici, avranno di che sognare e gioire.
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Souloukou: dal Colosseo alla foresta di Sherwood
Souloukou riparte dalla Premier League: l’ex CEO giallorossa è infatti il nuovo amministratore delegato del Nottingham Forest, “Una sfida entusiasmante.”
Dopo le indiscrezioni delle scorse settimane, è lo stesso club inglese ad annunciarlo ufficialmente sui social “Lina Souloukou è la nuova CEO, supervisionerà lo sviluppo strategico del Forest, guidando il progetto a lungo termine del Club per il successo nella Premier League e nelle competizioni europee.”
Dal giallorosso alla Premier League
Non solo Juric dalla Roma ma è anche una ex Ceo a sbarcare in Premier: Lina Souloukou è ufficialmente il nuovo amministratore delegato del Nottingham Forest.
“È una sfida entusiasmante” dichiara la manager greca “non vedo l’ora di iniziare a lavorare nel 2025 per realizzare le nostre ambizioni condivise.”
L’addio di Souloukou alla Roma
Dunque dopo le dimissioni dalla squadra della capitale, si riunisce a al magnate Marinakis, armatore e imprenditore greco, azionista di maggioranza della polisportiva greca Olympiakos e, appunto, della squadra di calcio inglese del Nottingham Forest.
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Serie A, dal Brasile si punta un attaccante locale
Dal Brasile c’è serio interesse per un attaccante di origini brasiliane che milita in Serie A: ecco tutti i dettagli sul possibile affare.
La notizia circola già da un paio di mesi e prende sempre più forma: un club brasiliano è seriamente interessato a un attaccante di Serie A.
Se a novembre era disposto a offrire 8 milioni di euro per riportare in patria il giocatore, originario del Mato Grosso, oggi pur di averlo sarebbe disposto a offrire fino a 12-13 milioni.
Lo riferisce l’insider turco di calciomercato Ekrem Konur: il club in questione, il Palmeiras, mira a Brenner, attaccante 24enne dell’Udinese.
La condizione necessaria per la realizzazione dell’affare? Il mancato trasferimento di Vitor Roque, attaccante del Betis e della Nazionale brasiliana, che costituisce l’obiettivo numero uno del club.
Ad ogni modo, il club ha già incontrato il procuratore del giocatore.
Brenner, le prestazioni deludenti all’Udinese in Serie A
Che il futuro di Brenner sia lontano dal Friuli appare probabile. Nella conferenza stampa in vista della sfida Fiorentina-Udinese Kosta Runjaic ha detto: “Su Brenner c’erano altre aspettative, ma lo scorso anno si è infortunato e non ha avuto continuità, è stata un’annata difficile per lui. Quest’anno ha iniziato bene ma non ha mantenuto lo stesso livello.
È difficile mostrare sempre le proprie qualità, lui le mostra in allenamento, ma come attaccante bisogna essere sempre sul pezzo e saper fare la differenza e ora non lo sta facendo. Sa che abbiamo altre aspettative e anche lui ne ha su di sé, non è soddisfatto di quello che sta facendo. Vedremo come evolverà la situazione, noi parliamo sempre con lui”.
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Italia, Spalletti: “Chiesa? è quello che manca a noi in Nazionale. Sul campionato…”
Italia, il commissario tecnico Luciano Spalletti ha commentato diversi temi nella serata a La Domenica Sportiva diversi temi.
Tra le varie tematiche affrontate vi è la situazione di Federico Chiesa, per poi passare a parlare dell’avvincente corsa Scudetto. Infine, non potevano mancare dei commenti in merito al doppio impegno che attenderà gli Azzurri nel mese di marzo contro la Germania, valido per i quarti di finale di Nations League. A seguire l’intervista completa.
Italia, le parole di Spalletti
CHIESA
“Secondo me Federico può aiutare qualsiasi squadra in qualsiasi campionato. E’ quello che manca a noi in Nazionale in questo momento qui, il giocatore che va oltre l’ostacolo da solo e che crea la situazione di vantaggio per la squadra senza avere l’idea di quello che deve essere il collettivo. Prende, ti guarda negli occhi e ti offre la soluzione da solo; è chiaro che bisogna cominci a giocare con più continuità”.
CAMPIONATO E NAPOLI
“E’ un campionato con molto equilibrio, livellato verso l’alto perché ormai tutte le squadre hanno una propria identità” ha spiegato l’ex tecnico del Napoli tra le altre; che poi ha toccato anche l’argomento legato all’ultima squadra allenata in Serie A: “Tutto quello che dico del Napoli può essere usato contro di me. Dico soltanto che il Napoli sta facendo un grande campionato fino a questo momento, che si vede un’identità di squadra ben precisa, ha una squadra forte, un allenatore forte e un ambiente fortissimo che può trasferire tantissime cose a questa squadra”.
SISTEMA CONSOLIDATO
“Gasperini riesce a metterli in riga, quelli che sbordano al di fuori di quello che deve essere il pensiero della partita. Lui ha creato un sistema di gioco in cui poi i calciatori si ritrovano in un contesto naturale di sviluppare le proprie capacità. Impone il sistema tattico sia in possesso di palla che senza la palla a tutte le avversarie, è un’identità di gioco che è ormai consolidata. Lo stesso pensiero che ho del Napoli ce l’ho anche dell’Atalanta, ovvero che ce li ritroveremo in fondo al campionato a giocarsi lo Scudetto” ha proseguito Spalletti mettendo la Dea allo stesso livello dei partenopei, due delle tre squadre che sembra si contenderanno il titolo di campione d’Italia 2024/25.
CALCIO RELAZIONALE
“Conosco bene Thiago Motta. So che cosa predica dalla mattina alla sera perché sono andato a vederlo lavorare a Bologna e si capisce qual è la sua intenzione di gestire una squadra di calcio. Lui vuole una squadra che giochi, vuol far crescere tutta la rosa, cambia spesso formazione e la richiesta che fa è diventare una squadra ‘relazionale’, che riesce a comandare le partite e che ha coraggio nel prendere delle decisioni. Io lo vedo un allenatore preparato che avrà sicuramente un futuro importante”.
PROSSIMO IMPEGNO
“La Germania è una squadra forte però noi vogliamo andare a giocarci questa partita per portarla a casa e non come qualcuno sta alludendo che forse è meglio andare a incontrare quel girone o quell’altro” ha concluso Spalletti, parlando del prossimo impegno della Nazionale, a marzo in Nations League, che andrà anche a stabilire il girone di qualificazione per il Mondiale 2026 in cui saranno inseriti gli Azzurri.
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