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Leicester, Albrighton si ritira a 34 anni

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Dopo la fine del suo contratto con il Leicester lo scorso 30 Giugno, Marc Albrighton (34 anni) ha annunciato il suo addio al calcio.

Aveva deciso che quella della Blue Army sarebbe stata la sua ultima maglia e così è stato. Con Marc Albrighton se ne va anche il penultimo tassello del leggendario Leicester di Claudio Ranieri, aspettando Jamie Vardy.

Ex-Villa, ma amato a Leicester: un unicum irripetibile

Non sono molti i giocatori che hanno tentato il salto della barricata, passando dalla metropolitana Birmingham all’anglicana Leicester. Da un estremo all’altro della contea, dall’Ovest all’Est delle Midlands. E’ rischioso poiché l’Aston Villa è la squadra più odiata nel Leicestershire, dopo gli acerrimi rivali del Nottingham Forest.

Basti pensare all’accoglienza “tiepida” (per usare un sottile eufemismo) che ha ricevuto Steve Cooper, ex-allenatore proprio del Forest, o alla bordata di fischi con i quali Jake Grealish (ex-capitano dei Villans) viene accolto al King Power Stadium ogni volta che vi fa visita con indosso la maglia del Manchester City.

Il passato non si dimentica. Così come non si dimentica quello di Youri Tielemans, passato proprio agli odiati rivali (a parametro zero) la scorsa estate. Potete star certi che quando domani le due squadre si affronteranno nel Derby delle Midlands, sicuramente al belga non verrà tributata una standing ovation come a James Maddison.

Albrighton history maker: la prima delle prime volte

Del passato di Albrighton, però, a Leicester non interessa a nessuno. Quasi una sorta di miracolo sportivo, considerando che Sharky (così ribattezzato nello spogliatoio del Leicester, stando a quanto si legge nella biografia di Vardy per via delle dimensioni del suo naso: simili a quelle della pinna di uno squalo) è cresciuto proprio nelle giovanili dell’Aston Villa. Club in cui ha militato per 17 anni, dall’Academy alla prima squadra.

Di fatto l’esperienza più longeva dell’eclettico esterno inglese, ma non a livello professionistico. Infatti, sono “solo” sei le stagioni in prima squadra per Albrighton con l’Aston Villa contro le dieci in maglia blu. Dieci stagioni in cui è diventato una leggenda del club, segnando anche il primo gol in Champions League nella storia del club. 14 Settembre del 2016, la rete si gonfia al quinto minuto di Club Brugge-Leicester.

The City’s Assist King” come lo hanno ribattezzato nella contea. Appellativo di cui gli ha fatto dono lo stesso club (tramite i propri canali social) e figlio del suo vellutato piede destro: fra i più precisi che si ricordino da quelle parti. Sono 49 gli assist in 317 partite, frutto anche della sua intesa quasi simbiotica con Vardy.

Da Birmingham a Birmingham: cerchio perfetto, come Giotto

Una scena che, soprattutto negli anni immediatamente successivi al titolo del 2016, si è vista così tante volte da assumere i contorni di un déjà vu. Scatto in profondità di Jamie, con Marc che senza neppure guardare cerca una verticalizzazione alla cieca che, quasi sempre, finisce esattamente sui piedi del centravanti di Sheffield. Stephy Mavididi, attuale giocatore del Leicester, ha ribattezzato questa connection “Leicester’s cheat code“.

E lo ha fatto sui propri profili social, al termine dell’ottavo di F.A. Cup fra Leicester e Birmingham. L’ultimo assist in maglia blu di Albrighton. Proprio per Jamie Vardy. Proprio contro una squadra di Birmingham, come quella in cui è nato calcisticamente. Un borgo distante 21,7 km da Tamworth: città che gli ha dato i natali.

La chiusura perfetta di un cerchio. Una città scritta sin da subito nel suo destino, che però ora si tinge ancor più di blu. Infatti, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Albrighton diventerà opinionista per Foxes Hub: il medium sportivo di proprietà del Leicester. Per ora solo come Special Guest, affiancando Matt Elliott (storico capitano del Leicester negli anni 2000) nel pre-partita della gara che vedrà affrontarsi le due squadre della sua vita, ma del resto anche quella dell’estate del 2013 sembrava una capatina di passaggio.

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Con Jimenez Fonseca ha trovato il suo “nuovo” Tiago Santos

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Milan

Alex Jimenez è stata una delle poche note liete (forse l’unica) del momento del Milan, deflagrato in una sfera di negatività dopo il pari con il Genoa.

Nella grigia serata di San Siro, dove il piatto pareggio a reti bianche contro il Genoa ha “rovinato” la festa per i 115 anni di storia del Diavolo, il Milan e Fonseca potrebbero aver scoperto una gemma di rara preziosità.

Nel calcio i “modelli” non si esportano

Appena arrivato a Milano, Fonseca ha cercato di replicare in Via Aldo Rossi l’impianto di gioco che gli aveva permesso di riportare il Lille ai fasti d’un tempo. Del resto, e nessuno ne ha mai fatto mistero, il tecnico lusitano è stato scelto dalla dirigenza meneghina proprio per il gioco espresso in Francia.

Il desiderio del board americano era quello di vedere un Milan dominante e padrone del gioco, oltreché esteticamente bello da vedere. Nulla di tutto questo, perché Milano non è Lille. Le pressioni e le aspettative della piazza sono diverse. La struttura societaria è diversa. I giocatori sono diversi. Alcuni saranno sicuramente più bravi di quelli che l’ex-Roma ha lasciato nel Nord della Francia, altri meno ma non è questo il punto.

Il punto è che, provando a replicare quanto fatto oltralpe con i giocatori che si è ritrovato al Milan, Fonseca si è ben presto reso conto di non avere il materiale umano necessario. Meglio o peggio, di nuovo: non è un discorso di qualità tecnica, ma di caratteristiche tattiche. Non è un caso che la prima richiesta di Fonseca, una volta arrivato a Milanello, sia stato Tiago Santos: laterale che ha fatto sbocciare proprio a Lille.

Jimenez

Paulo Fonseca (foto KEYPRESS)

L’esperimento di Fonseca: Jimenez “nuovo” Tiago Santos?

Tiago Santos, in patria e in Francia, viene considerato una sorta di “nuovo Cancelo“. E infatti, per lui Fonseca aveva studiato dei compiti tattici molti simili a quelli a cui il suo connazionale adempieva quando era agli ordini di Guardiola al Manchester City. Il portoghese partiva da una posizione di laterale difensivo destro in una linea a quattro, per poi venire dentro il campo in fase d’impostazione per costruire a tre.

Al Milan Fonseca non ha un giocatore con queste caratteristiche, che possa contestualmente garantire la superiorità numerica in mezzo al campo; una prima uscita più pulita; e maggiore controllo del pallone. Al suo posto è arrivato Emerson Royal (che ha caratteristiche completamente diverse) e soprattutto a sinistra non c’è Alexsandro Ribeiro o Ismaily ma Theo Hernandez, che certo non puoi relegare a fare il centrale.

Per questo motivo, Fonseca le ha provate tutte. Prima ha portato l’ex-Tottenham dentro il campo (con risultati pessimi), poi ha fatto la stessa cosa con Theo. Quindi ha abbassato (a turno) uno dei due interni (Fofana e Reijnders) in mezzo ai due centrali, rispolverando l’imperitura salida lavolpiana, e poi ha provato a costruire sempre a tre ma accentrando uno dei due laterali (Emerson) per poi alzare l’altro (Theo).

Jimenez

DELUSIONE THEO HERNANDEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Chi è Jimenez e come può risolvere i problemi del Milan

Nulla di tutto questo ha funzionato. Qualsiasi sistema di gioco scegliesse, Fonseca finiva sempre per “perdere” uno dei suoi giocatori migliori. Prima Theo, poi Leao. Quest’ultimo è stato parzialmente rivitalizzato dalla scelta di affiancarlo al centravanti in fase di costruzione, portandolo a giocare quasi da seconda punta in fase di possesso, schiacciando l’esterno opposto (soprattutto Musah, ma anche Chukwueze) sul laterale destro.

Una scelta che ha pagato sul breve periodo, regalando compattezza e solidità alla squadra, ma che alla lunga è parsa imbrigliare il Milan, appiattendolo su dettami tattici troppo rigidi e che non le permettevano di esprimere a pieno la qualità dei suoi interpreti. Fonseca ha lamentato spesso l’assenza di una vera e propria alternativa al laterale francese, che l’hanno spinto ad adattare diversi giocatori in sua assenza.

Tanto che, ad inizio stagione, giocò addirittura Saelemaekers (prima di essere ceduto in prestito alla Roma) terzino sinistro. Un po’ per necessità e un po’ per volontà, contro il Genoa l’allenatore portoghese ha deciso di dare pista ad Alex Jimenez. Prodotto della cantera del Real Madrid, in estate il Milan lo ha riscattato (dopo che la scorsa stagione era arrivato in Lombardia in prestito) per circa 5 milioni di euro.

Jimenez

Rafael Leao rammaricato (foto KEYPRESS)

Non solo vice: il Milan ha già in casa il dopo-Theo?

Una scelta sintomatica della fiducia che la dirigenza nutre in questo ragazzo. Fondamentalmente destro di piede ma bravo a disimpegnarsi anche con il mancino, con il Milan Futuro Jimenez ha giocato prevalentemente da esterno d’attacco. Sintomatico delle sue qualità offensive, ma Fonseca in carriera ha dato a più riprese dimostrazione di saper plasmare giocatori con velleità offensive in porzioni di campo non propriamente convenzionali.

Basti pensare a Weah della Juventus, che con lui al Lille giocava terzino destro. Jimenez, per caratteristiche, è il giocatore della rosa del Milan che maggiormente si avvicina a Tiago Santos. Con le dovute differenze (lo spagnolo è più un giocatore di fascia che un play disossato), ma non è da escludere che Fonseca voglia provare a portarlo dentro il campo. Dato che, e ormai lo abbiamo capito tutti, per Fonseca Emerson è un terzino posizionale. Il terzino bloccato che, in fase d’impostazione, stringe assieme ai due centrali.

Rimarrebbe sempre il problema di dove collocare Theo Hernandez in questo sistema, ma l’idea di poter alternare due giocatori validi, variando modo di impostare a seconda dell’avversario, è certamente un qualcosa che non può non far felice Fonseca, arrovellato com’è a cercare soluzioni che garantiscano imprevedibilità e profondità al suo Milan.

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Juventus, Vlahovic e Haaland molto simili tranne nei gol

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Juventus

L’attaccante serbo della Juventus, Dusan Vlahovic e Erling Haaland del Manchester City hanno statistiche simili in tutto tranne nei gol, ma di chi è la colpa?

Il paragone tra il calciatore della Juventus, Vlahovic, e Haaland va avanti da molto tempo, in un confronto che è apparso impari molte volte non considerando l’impatto che possa avere la squadra in cui giocano sulle loro statistiche.

Juventus, le statistiche a confronto tra Vlahovic e Haaland

Vlahovic e Haaland sono due grandi attaccanti e i freddi numeri in realtà non sono affatto lontani. Le statistiche di questa stagione dicono che i due hanno la stessa percentuale di duelli vinti, la stessa percentuale di passaggi riusciti, lo stesso numero di recuperi e addirittura il serbo è leggermente superiore per duelli aerei vinti. Il numero di occasioni create premia di pochissimo il norvegese, ma anche nei contrasti e nei falli subiti i due sono sostanzialmente pari.

Statistica sui gol

A conti fatti un solo dato che oggi divide enormemente Vlahovic e Haaland ed è, purtroppo per la punta bianconera, il dato sulla precisione nel tiro. Il bomber del Manchester City ha una percentuale di tiri in porta del 65,5% mentre l’ex-Fiorentina si ferma al 47,4%. È quindi inevitabile che la percentuale di conversione in gol dei tentativi sia molto più alta per Haaland anche se da ottobre in poi anche lui abbia frenato la sua corsa in zona gol (solo 3 in Premier in 10 gare).

Slovenia-Norvegia, Haaland. Juventus

Erling Haaland of Manchester City celebrates his goal to make it 1-0 during the Premier League match Manchester City vs Wolverhampton Wanderers at Etihad Stadium, Manchester, United Kingdom, 4th May 2024
(Photo by Mark Cosgrove/News Images)

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Roma: il ritorno di Paredes

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Roma

Nella vittoria di ieri contro il Lecce l’argentino è stato uno dei migliori in campo, ed ora la Roma non sembra poter fare più a meno delle sue geometrie.

A volte ritornano“, direbbe Stephen King, citando un suo celebre libro del 1991. E forse è una frase che molti tifosi della Roma in questo momento stanno pensando quando si parla di Leandro Paredes.

Nella bella vittoria contro il Lecce l’argentino ex Juventus è stato uno dei migliori, dettando come un metronomo i ritmi del centrocampo giallorosso, accelerando o riducendo la velocità a seconda del momento della gara.

Come Paredes si è ripreso la Roma

Eppure, non più tardi di qualche settimana fa, il mediano sudamericano era ormai dato quasi come un corpo estraneo alla squadra. Reduce dalle fatiche della Coppa America, Paredes era ritornato a Roma in una forma fisica non eccelsa (per usare un eufemismo).

Il clamoroso errore contro l’Empoli alla seconda giornata di Serie A, costato il calcio di rigore a favore dei toscani, aveva fatto sprofondare Paredes nei meandri della panchina. Certo, tutta la squadra viveva un momento tutt’altro che positivo, ma il centrocampista argentino sembrava essere ormai fuori dal progetto tecnico.

Roma, Paredes

LEANDRO PAREDES PUNTA IL DITO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

I rumors su un suo ritorno in Argentina la prossima estate avevano fatto mormorare non pochi tifosi giallorossi, che sembravano essersi convinti ormai del fatto che Paredes fosse con la testa già al Boca Juniors.

Poi l’esonero di Juric ed il ritorno di Ranieri è stato il binomio che ha rilanciato le prestazioni di Paredes. Dalla trasferta di Londra contro il Tottenham in Europa League il tecnico testaccino ha deciso di consegnare le chiavi del centrocampo romanista all’argentino, che da quel momento in poi è tornato sui livelli visti nella seconda parte dello scorso anno sotto la guida di Daniele De Rossi.

Contro gli Spurs Paredes ha ritrovato quella freschezza di pensiero e di gambe che ad inizio stagione sembrava svanita, ed anche contro l’Atalanta, nonostante la sconfitta, era stato uno degli ultimi a mollare la presa.

La situazione del contratto: sarà rinnovo o addio?

Nel post partita Claudio Ranieri ha parlato così di Paredes: “Il futuro di Leandro? Dipende se lui vuole restare, visto che è a scadenza. Io fosse per me lo terrei, ma dipende dal nuovo allenatore”.

Parole che confermano la stima del tecnico romano nei confronti del n.16 giallorosso. Paredes andrà in scadenza nel giugno 2025, ed il suo futuro sarà legato per forza di cosa al prossimo allenatore della Roma.

Una cosa è certa: la Roma ha bisogno del miglior Paredes, e quello visto in queste ultime uscite fan ben sperare.

 

 

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