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Roma, con De Rossi la peggior partenza dal 2010. E il confronto con Mourinho è impietoso…

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Roma-Empoli, De Rossi

De Rossi, 3 punti in 4 partite. La Roma mai così male dal 2010. Lo spettro di Mourinho torna ad aleggiare funesto a Trigoria.

3 punti in 4 partita. Nessuna vittoria. Pareggi contro Genoa, Cagliari e Juventus. Sconfitta (interna) contro l’Empoli. 4 gol fatti (1 di media a partita) e 7 subiti, per una media di poco inferiore allo 0,9 per partita.

Roma, mai così male dal 2010: il dato

La media punti di De Rossi (0,75) è la peggiore da quattordici anni a questa parte. Per trovare qualcuno che abbia fatto peggio bisogna tornare alla stagione 2010/2011, con Claudio Ranieri in panchina. La Roma in quell’occasione totalizzò appena 2 punti (0,5 di media), segnando 4 gol (gli stessi) e subendone due in più: 9.

Da quel momento i giallorossi hanno iniziato le successive stagioni con otto allenatori diversi. Luis Enrique;  Zeman; Garcia; Spalletti; Di Francesco; Fonseca e Mourinho. Nessuno di questi ha fatto peggio di De Rossi. Nemmeno il tanto vituperato Fonseca, ad oggi ancora sulla graticola dell’opinione pubblica rossonera.

Il tecnico portoghese realizzò 8 punti in 4 partite, media esatta di 2 punti per partita. Frutto di 2 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta. 8 gol fatti (il doppio) e 7 subiti, gli stessi. Nell’interregno Ranieri-Montella la Roma concluse il campionato al 6 posto, mentre Fonseca chiuse settimo: in linea con i piazzamenti degli ultimi 5 anni.

Roma

De Rossi-Mourinho, il confronto è impietoso

Stringendo il cerchio agli ultimi tre anni, ovvero quelli della gestione Mourinho, il confronto statistico fra i due appare impietoso. Il primo anno (stagione 2021-2022) la Roma di Mourinho totalizzò 9 punti, frutto di 3 vittorie e 1 sconfitta, con 11 gol fatti (quasi il triplo) e 4 subiti: praticamente la metà di quelli subiti da De Rossi.

Il secondo anno (2022-2023) la partenza fu ancor migliore. 10 punti in 4 partite (3 vittorie e di 1 pareggio, a Torino contro la Juventus) con 5 gol fatti (comunque più di De Rossi, tanto celebrato per il suo gioco e la sua proposta offensiva) e uno solo subito. Mourinho ha fatto meglio anche nel suo ultimo anno, quello che poi ha portato al suo esonero e all’avvicendamento con De Rossi, con 4 punti: 11 gol fatti e 6 subiti.

Oggi gli irriducibili sostenitori di “allenator futuro” predicano calma e chiedono tempo. Differentemente dalla scorsa stagione, quando una manciata di partite fu loro sufficiente ad individuare in De Rossi la panacea a tutti i mali (quali?) portati dal portoghese. Siamo solo ai primi exit poll stagionali, ma la differenza fra il preparare una stagione e subentrare in corsa (lucrando sul biennale lavoro altrui) è già tangibile.

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Roma, stagione da incubo come nel 2004/05

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Roma, Juric

La situazione in casa Roma è a dir poco complessa e rischia di peggiorare. L’inizio di stagione dei giallorossi è quasi identico a quello del 2004/05.

Il preoccupante avvio di stagione della Roma rischia di compromettere in partenza la stagione dei giallorossi. Attualmente dodicesimi in campionato con 13 punti, a -9 dalla zona Champions e con sole 5 lunghezze di vantaggio sul terzultimo posto. In Europa League la situazione non è tanto migliore: 4 punti nelle prime 3 e qualificazione diretta agli ottavi che sembra lontana, soprattutto visto il calendario.

Le analogie tra la Roma del 2024 e quella del 2004

C’è bisogno di un cambio di marcia per scalare posizioni e per evitare quanto accaduto nella stagione 2004/05, che è tornata in mente a molti tifosi giallorossi e non solo per via delle molte coincidenze che ci sono con la squadra attuale: a cominciare dal clima di incertezza che si manifestava ogni volta che la Lupa scendeva in campo.

L’allenatore della Roma Ivan Juric continua a dichiarare che i suoi giocatori stiano disputando buone prestazioni. Il campo però sta dimostrando il contrario, poiché la squadra ha collezionato 13 punti in 11 partite.

Proprio come nel 2004, stagione caratterizzata da 5 allenatori: Prandelli (nel precampionato), Voeller, Sella, Delneri e Conti. Il rischio che possano esserci nuovi scossoni in panchina c’è anche quest’anno: se Juric fosse esonerato e De Rossi non venisse richiamato, la Roma avrebbe 3 allenatori a libro paga.

Aggiungendo che Mourinho ha disputato le prime 4 partite del 2024 prima di essere esonerato, i giallorossi rischierebbero di aver avuto 4 allenatori diversi nell’intero anno solare. Un’altra dinamica che ricorda il 2004 è il primo cambio in panchina dopo 4 giornate: nel 2004 si dimise Voeller, mentre quest’anno è stato esonerato De Rossi.

Roma

DANIELE DE ROSSI PENSIEROSO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Nel 2004/05 la Roma ottenne la matematica salvezza alla penultima giornata contro l’Atalanta. I tifosi si augurano un’inversione di tendenza per evitare l’ennesima coincidenza con quella stagione travagliata.

Tuttavia, con un calendario molto complicato e la pressione che aumenta a dismisura, uscire da questa situazione non sarà affatto semplice.

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I 20 allenatori più cari: Amorim si aggrega

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Manchester United, Amorim

Ruben Amorim è il caso più recente di allenatore che passa in un altro club tramite pagamento di una clausola: vediamo i venti manager più “costosi”.

Il tecnico portoghese, che guidava lo Sporting Lisbona dal 2020, è solo l’ultimo in ordine temporale nella classifica dei 20 allenatori più costosi: nella lista di Transfermarkt ci sono anche dei nomi illustri.

Amorim e non solo: la Top 20 degli allenatori più costosi

20) Xavi (5 milioni)

Dall’Al-Sadd al Barcellona nel 2021.

19) Maurizio Sarri (5,5 milioni)

18-15) Roberto De Zerbi, Unai Emery, Ronald Koeman, José Mourinho (6 milioni)

Emery dal Villarreal all’Aston Villa nel 2022.

Koeman dal Southampton all’Everton nel 2015.

Mourinho dal Porto al Chelsea nel 2004.

14-13) Brendan Rodgers, Mark Hughes (6,2 milioni)

Rodgers dallo Swansea al Liverpool nel 2012.

Hughes dal Blackburn al Manchester City nel 2008.

12-11) Fabian Hurzeler, Adolf Hütter (7,5 milioni)

Hütter dall’Eintracht Francoforte al Borussia Moenchengladbach nel 2021.

10-8) Ruben Amorim, Enzo Maresca, Christophe Galtier (10 milioni)

Amorim dallo Sporting Lisbona al Manchester United nel 2024.

Maresca dal Leicester al Chelsea nel 2024.

Galtier dal Nizza al Paris Saint-Germain nel 2022.

7) Brendan Rodgers (10,4 milioni)

Dal Celtic al Leicester nel 2019.

6) Arne Slot (11,2 milioni)

5) Vincent Kompany (12 milioni)

4) André Villas-Boas (15 milioni)

Dal Porto al Chelsea nel 2011.

3) José Mourinho (16 milioni)

Dall’Inter al Real Madrid nel 2010.

2-1) Graham Potter, Julian Nagelsmann (25 milioni)

Potter dal Brighton al Chelsea nel 2022.

Nagelsmann dal Lipsia al Bayern Monaco nel 2021.

Enrico Villani

Amorim

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Maradona, dal barrio a leggenda mondiale. Simbolo di rivalsa

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Maradona e la sua maglia numero 10

Diego Armando Maradona è stato sicuramente uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Oggi, il 30 ottobre, sarebbe stato il suo 64° compleanno.

Il 30 ottobre 1960 è una data speciale per il mondo del calcio, in particolare per l’Argentina e per Napoli che hanno reso omaggio al Pibe de Oro con un video social emozionante; un fumetto animato che ripercorre le tappe più iconiche della sua carriera sotto il Vesuvio.

La storica presentazione al San Paolo il 5 luglio 1984. Il gol su punizione contro la Juventus, sotto il diluvio del 5 novembre 1985. Lo scudetto del 1987 e il leggendario palleggio sulle note di “Live is Life”, all’Olympiastadion di Monaco di Baviera. Tutti momenti impressi per sempre nella storia del calcio.

Maradona, personaggio universale

Maradona non è stato solo un calciatore: è stato una figura globale di resistenza. Nel 1985, in un momento difficile segnato dalla sua dipendenza dalla cocaina, Diego trovò sostegno a Cuba, dove incontrò Fidel Castro. Maradona, ispirato dalla filosofia di Castro, si avvicinò agli ideali socialisti e divenne simbolo di rivoluzione e resistenza. Lo stesso Castro lo definì “il Che Guevara dello sport”, un appellativo che Diego onorò tatuandosi sul braccio sia il volto di Castro sia quello di Guevara: come tributo alla rivoluzione cubana del 1959. El Pibe De Oro incarnava valori di giustizia e libertà e sapeva che la sua forza era strettamente legata al suo benessere interiore: “Se non sono felice dentro, non riesco a essere un campione.”

Maradona e la mano de dios

Diego una volta disse: “In campo non ci si batte con le armi, bensì col pallone”. In effetti, quel ragazzo ricciolino risolveva problemi ben più grandi semplicemente giocando a calcio. Un esempio? Il suo gol più famoso, ‘la mano de Dios’, nei quarti di finale della Coppa del Mondo 1986 in Messico.

Maradona segnò con la mano contro l’Inghilterra, un avversario che in quel momento storico simboleggiava molto più di una sfida calcistica: era il volto del capitalismo e del potere. Per molti argentini, ancora scossi dalla guerra delle Falkland/Malvinas, quel gol rappresentò una sorta di rivincita. Maradona stesso disse in un documentario: “Quel gol fu come rubare il portafogli a un inglese”.

El D10s diviso tra due mondi

“So di non essere nessuno per cambiare il mondo” dichiarava“ma non voglio che entri qualcuno nel mio per condizionarlo.” Maradona è ed è stata una figura che ha diviso, ma la sua grandezza sta nella capacità di raccogliere intorno a sé prospettive diverse. El Pelusa ha rappresentato la rivalsa del ‘barrio‘. Conosceva il linguaggio del popolo e al tempo stesso quello di chi seguiva il calcio comodamente dal divano di casa. Con un semplice tocco di palla, o meglio di ‘pelota’ come dicono in Argentina, dava voce a chi voce non ne aveva: trasmettendo la forza di un’intera comunità. Come lui stesso affermò: “È fantastico ripercorrere il passato quando vieni da molto in basso e sai che tutto quel che sei stato, che sei e che sarai non è altro che lotta.”

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