Serie A
Roma: Ti Dedico il Silenzio
Dopo aver esonerato Daniele De Rossi, ancora una volta la società americana proprietaria della Roma ha deciso di non rilasciare dichiarazioni.
Un vecchio detto dice che l’indifferenza spesso fa più male delle parole, e forse in questo momento la stragrande maggioranza dei tifosi romanisti sta pensando proprio a questo. In una delle settimane più difficili della storia recente della Roma l’esonero di Daniele De Rossi ha dominato il dibattito nella parte di capitale giallorossa. Tutto questo mentre la società americana, per l’ennesima volta, ha deciso di non commentare.
Il licenziamento di una leggenda della Roma ha lasciato feriti in molti, forse tutti. Una delle frasi più utilizzate per commentare questa scelta è stata: “Questo non ce lo dovevate fare.” La rabbia è esplosa sui social e nelle radio. A Trigoria un gruppo di tifosi ha contestato aspramente alcuni giocatori come Cristante e Pellegrini, accusati di essere una delle cause degli scarsi risultati tra la fine della scorsa stagione e l’inizio di quella nuova. Un’isteria incontenibile, ma che forse era prevedibile.
Se l’esonero di Mourinho era stato doloroso, ma per certi versi più divisivo nelle opinioni, quello di Daniele De Rossi è stato vissuto come una vera e propria pugnalata al romanismo. Un affronto che sembra insanabile e che coinvolge ogni tifoso giallorosso, di ogni generazione.
Proprio per questo la Curva Sud ha deciso in occasione della sfida di domani contro l’Udinese di chiamare a raccolta tutti i settori dello stadio nella protesta contro la proprietà americana dei Friedkin, invitandoli ad entrare mezz’ora dopo l’inizio della partita. Iniziativa che verrà accolta dalla maggior parte dei tifosi romanisti. L’ultima volta era stata nel 2009, ben quindici anni fa: quella volta, in occasione di Roma-Fiorentina, i gruppi organizzati della curva giallorossa entrarono con 30 minuti di ritardo per protestare contro l’introduzione della famigerata tessera del tifoso.
E quindi, dopo tre anni di sold out, per la gara contro l’Udinese lo Stadio Olimpico non sarà completamente pieno. A nulla è servita la decisione di aprire alla vendita il settore ospiti: i tagliandi acquistati sono stati poco più di 500 a fronte di una capienza di cinquemila. Quando il tifoso romanista decide di rimanere fuori dallo stadio vuol dire che il malessere è diventato insostenibile. Un malessere che forse era solo ben nascosto, ed era in attesa dell’episodio giusto per poter esplodere.
Da Mourinho a De Rossi: i parafulmine di un disastro annunciato
Da quando la cordata americana ha acquisito le quote della società giallorossa nel 2020, la parola chiave è stata una soltanto: silenzio. Sia Dan Friedkin che suo figlio Ryan hanno scelto di non comunicare in prima persona, se non tramite i canali ufficiali della Roma. Un abitudine in controtendenza rispetto alla gestione di Pallotta. I tifosi romanisti, inizialmente spiazzati da questa scelta, impararono a convivere con questa decisione.
Gli arrivi di Mourinho nel 2021 e l’acquisto di Dybala l’anno dopo sono stati dei piacevoli fulmini (o parafulmini?) a ciel sereno che hanno convinto anche i più scettici che, nonostante i silenzi della società, i fatti venivano portati a casa. Le campagne abbonamenti sono cresciute di stagione in stagione, portando a tantissimi sold out consecutivi ed oltre il milione e mezzo di spettatori in una sola annata.
Ora però il silenzio americano non è più supportato dai fatti. L’esonero di Daniele De Rossi ha riaperto delle crepe che erano state tamponate soltanto momentaneamente. Più di qualche tifoso ha ricordato la finale di Europa League nel 2022 contro il Siviglia: anche lì i Friedkin scelsero di non parlare nonostante i torti arbitrali fossero stati evidenti. Mourinho ha sempre detto di essere stato lasciato solo contro tutti. L’esonero del portoghese nello scorso gennaio ha colpito il cuore di molti romanisti, che riconoscevano in Mou il loro condottiero.
La scelta di chiamare Daniele De Rossi in panchina al posto del tecnico di Setubal era stata accolta con estremo ottimismo: chi può sostituire un condottiero se non un altro condottiero, per giunta romanista? I primi risultati erano stati più che incoraggianti, tanto da convincere la proprietà americana a rinnovare il contratto del tecnico per tre anni, seppur alla prima esperienza su una panchina di Serie A. I tifosi intravedevano finalmente l’inizio di un progetto a medio-lungo termine.
La doppia sfida contro il Milan in Europa League è stato l’apice della Roma di De Rossi. Poi sono iniziati ad arrivare i primi passi falsi, dettati da una squadra stremata e da una rosa non all’altezza di una stagione affrontata nella seconda metà in una disperata rincorsa al piazzamento in Champions League. In estate i grandi investimenti sul mercato, con oltre 100 milioni spesi e tanti tagli su stipendi di giocatori fuori dal progetto tecnico.
L’inizio della nuova stagione con due pareggi nelle prime tre, il caso Dybala ed una rosa ancora incompleta sono stati solo alcuni dei problemi che ha dovuto affrontare Daniele De Rossi, un allenatore che solo fino a due anni fa aveva un esperienza di due mesi su una panchina di Serie B. Ed anche lui, come Mourinho, ci ha dovuto mettere da solo la faccia.
Un silenzio assordante
Nel momento in cui la risalita della china sembrava arrivare, il pareggio a tempo scaduto nella trasferta di Genova ha causato un effetto domino incontrollabile. I Friedkin hanno schioccato le dita, preso il loro aereo privato e, una volta arrivati a Trigoria, hanno dato a De Rossi il ben servito. Nel giro di tre giorni la proprietà americana ha deciso di riniziare tutto da capo. E poi, senza dare spiegazioni a nessuno, come è sempre stato nel loro stile, tornare negli U.S.A., mentre a Roma scoppiava l’inferno. Facendolo ancora una volta nel silenzio più totale.
Ora però i tifosi della Roma sembrano aver finito la pazienza ed il credito nei confronti della cordata dei Friedkin. L’allontanamento di De Rossi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le parole di Francesco Totti della scorsa settimana possono riassumere al meglio il pensiero del tifoso romanista: “E’ molto semplice: i tifosi vogliono che la società spieghi i propri piani ed i propri progetti.”
Il tempo dei silenzi è finito. Ora è il tempo delle risposte.
Serie A
Cies, pubblicati i Top 100 del calcio mondiale. Ecco quelli di Serie A
È stata resa nota la classifica Cies dei 100 giocatori più preziosi al mondo, tutti under 29: ecco quelli che giocano in Serie A.
Come ogni anno, il CIES Football Observatory ha pubblicato la lista dei 100 giocatori entro i 29 anni.
I nomi ai primi posti in classifica non sorprendono nessuno: si tratta di Jude Bellingham (251,4 milioni di euro), Erling Haaland (221,5 milioni) e Vinicius Jr. (205,7 milioni).
Il club con più giocatori presenti nella parte alta di questa speciale classifica è il Real Madrid, con ben 7 giocatori di valore superiore a 100 milioni di euro.
Per quanto concerne la Serie A, ecco quali sono i giocatori più preziosi.
Cies, i giocatori più costosi della Serie A
Al primo posto c’è un giocatore che nella prima parte della stagione non ha reso quanto ci si aspettava: alludiamo a Lautaro Martinez (107,2 milioni di euro), sul podio seguito dal compagno Marcus Thuram (89,1 milioni) e dal bianconero Kenan Yildiz (80,6 milioni).
Seguono Alessandro Bastoni (79,7), Rafael Leao (78,2), Francisco Conceicao (74,2), Nicolò Barella (72), Khvicha Kvaratskhelia (70,5).
Sotto quota 70 milioni troviamo, invece, Charles De Ketelaere (66,3), Dušan Vlahović (63,1), Mateo Retegui (62,8) e Tijjani Reijnders (62,5).
Serie A
Immobile: “Ho dato tutto alla Lazio, mai dato la colpa a nessuno del mio addio. Su Baroni…”
L’ex stella della Lazio Ciro Immobile è stato intervistato in esclusiva a LazioNews24 discutendo dei suoi ricordi con la maglia biancoceleste.
A seguire l’intervista completa
Immobile: “Momento più bello? quando lottavamo per lo scudetto”
AUGURI
«Volevo fare gli auguri ai laziali. 125 anni sono un traguardo storico, importante ed emozionante. La società è ricca di storia con presidenti, allenatori e giocatori e migliaia di tifosi che l’hanno amata e la amano. Far parte di questa storia è motivo di orgoglio. Alla fine quello che ti resta quando vai via sono i ricordi che mi danno la forza anche qui di avere lo stesso entusiasmo che voi avete visto in questi anni. Sono felice di far parte di questa storia perché 125 se ti fermi a pensare sono davvero tanti».
RICORDI
«Ci sono stati episodi che mi hanno portato a spingere di più, a volere di più. Il periodo pre-Covid è quello che è stato più bello. Alla fine ci sono stati momenti difficili, quando sono arrivato andava sostituito Klose che era per la Lazio un pezzo importantissimo quindi non è stato semplice, ma alla fine quando sono andato via non ho avuto rimorsi o rimpianti perché per la Lazio ho dato tutto».
ADDIO ALLA LAZIO
«Non ho mai dato la colpa a nessuno del mio andare via. Era una questione personale: quando sei stato in un posto tanti anni e ti hanno amato così tanto probabilmente fanno fatica ad accompagnarti alla porta. Si deve avere l’intelligenza, quando ami così tanto una cosa, di capire quando è meglio farsi da parte. Ho dato tutto, è stata bellissima avventura. Prima che accada qualcosa di brutto che rovini il percorso bisogna dire “è stato bello, ci rivediamo più avanti”. Anche per stimoli personali, la Lazio aveva bisogno di altro e io volevo risentirmi come nell’ultimo anno e mezzo alla Lazio».
BARONI
«Potete chiederlo a Baroni, quando sono stato con lui avevo capito la situazione. Questo non mi ha fatto cambiare idea. La stagione è lunga, si vivono momenti belli e brutti. Per quello che ho dato e ricevuto non mi andava di rivivere momenti simili al post Sarri. Quando sono andato via gli ho detto: “Mister io sono stato il capitano fino a poco fa”, mi sono raccomandato. Mi fa solo piacere quello che sta facendo la Lazio. In campionato fa bene, le partite sono belle, divertenti, abbiamo giocato spesso in contemporanea, a volte non l’ho vista. La squadra lotta, si impegna, si aiuta, visto da fuori sembra un bel gruppo. Prima del derby e dopo ho parlato con qualcuno, ho avuto un po’ di nervosismo post derby».
MOMENTO PIU’ BELLO
«Quando lottavamo per lo scudetto. Quella era una squadra che andava in campo senza preoccupazioni, senza pensare a nulla. Era una squadra che lottava su ogni pallone, lo dimostrava la classifica. In quella stagione ci fu il Covid, ma nonostante tutto sono riuscito a vincere classifica marcatori, scarpa d’oro, siamo andati in Champions. Ti rimane il rimpianto per quello che potevamo fare. Arrivavano partite che dopo 15 minuti erano finite, era una Lazio straordinaria. Io non ho rimpianti e rimorsi, perché lo sento nelle vostre dichiarazioni, di quelle dei laziali quando parla di me. Alla fine nel calcio ti restano le emozioni che hai lasciato alla gente, quelle non le cancella nessuno. Questo è quello più importante per me».
FUTURO
«Se dovessi scegliere, per un post carriera, è ovvio che la mia priorità è la Lazio. A volte il peso dell’importanza del giocatore può dare una responsabilità che diventa impegnativa. Voglio continuare a giocare ancora, ma nel mio pensiero ci sarà il tornare a Roma. Sicuramente ci tornerò a vivere».
DESCRIVERE LA LAZIO
«La Lazio ti prende, ti avvolge come una mamma avvolge il proprio figlio. Devi essere mentalmente pronto, perché sappiamo che più è grande l’amore e maggiore può essere la delusione. Ero pronto a tutto. La gente della Lazio non ha mai perso il rispetto per me e io mai per loro».
Serie A
Atalanta, Carnesecchi: “Dopo la sconfitta con l’Inter dobbiamo rialzarci, sono contento della mia maturazione”
Di seguito le dichiarazioni del portiere dell’Atalanta Marco Carnesecchi rilasciate ai microfoni de La Gazzetta Dello Sport, relative al club nerazzurro.
Di seguito le dichiarazioni rilasciate dal portiere ex Trapani e attualmente in forze all’Atalanta, sotto la gestione Gasperini, Marco Carnesecchi ai microfoni de La Gazzetta Dello Sport relative a vari temi tra cui il match di Supercoppa contro l’Inter e il momento che sta vivendo nel club orobico.
Atalanta, le dichiarazioni di Carnesecchi
Di seguito le dichiarazioni rilasciate dal portiere dell’Atalanta Marco Carnesecchi ai microfoni de La Gazzetta Dello Sport:
“Orgoglioso di me stesso, della mia maturazione e dell’energia positiva che riesco a trasmettere. Fare bene in campo aiuta, ma non è il risultato che porta felicità: è la felicità che porta risultati. Sì, mi sento felice: tanto”.
Se lo sarebbe mai aspettato ad agosto?
“Non così tanto da essere virtualmente prima in classifica, ma dopo la vittoria di Dublino mi aspettavo una grandissima stagione, è ancora lunghissima. Adesso dobbiamo pensare come se fossimo dietro, a rincorrere: di “quel” obiettivo si potrà parlare ad aprile. Se sarà, mancherà un mese e penseremo a sparare le ultime cartucce. Intanto: oggi c’è il campionato? Pum. Domani la Champions? Pum. La Coppa Italia? Pum. Mai pensare a una cosa sola: come l’anno scorso. È andata benino l’anno scorso, no?”.
sulla sconfitta in Supercoppa con l’Inter:
“Al contrario: non dobbiamo sentirci abbattuti, ma il doppio più forti. Hai preso una legnata? Ti devi rialzare per forza. Ci potrà essere molto utile”.
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