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ESCLUSIVA CS – Napoli, Sollazzo: “Lukaku? Atleticamente imbarazzante ma decisivo”

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Esclusiva CS: l'intervista sul Napoli a Boris Sollazzo, giornalista calcistico e cinematografico

In questo momento, il Napoli è capolista in Serie A. Il giornalista Boris Sollazzo, tifoso del club, parla della sua squadra del cuore. A partire dai tifosi.

Nel panorama giornalistico italiano Boris Sollazzo è una mosca bianca: un professionista che si occupa sia di cinema che di calcio, sia come penna che come radiocronista, dotato di grande capacità analitica e spirito critico.

Affezionatissimo tifoso del Napoli, al club azzurro e ai suoi protagonisti ha dedicato anche alcuni libri.

Con lui abbiamo parlato dell’attuale Napoli, della sua tifoseria e della lotta scudetto: ecco cosa ci ha raccontato.

Noi lo ringraziamo per la cortesia e il molto tempo che ci ha dedicato.

Napoli mon amour: l’intervista a Boris Sollazzo

È arcinoto il fatto che sei tifoso del Napoli: undici anni fa hai anche scritto anche un manuale per i tifosi del club, #chevisietepersi: sapresti farmi un identikit del tifoso azzurro?

“No, perché son tanti: quello che va allo stadio, quello che non ci va, quello che sta a Napoli e quello che vive fuori Napoli.

Il tifoso juventino è un ‘non tifoso’ antropologicamente parlando, perché non ha un legame culturale e territoriale con la propria squadra. Si dice sempre che sono legati alla vittoria, ma la vittoria è quello che li connota: non c’è un fattore culturale, di amore per ciò che si rappresenta. In questo è lontano da molte squadre, come il Real Madrid, che ha un’identità ‘governativa’, legata alla città di Madrid (anche se l’Atletico Madrid è più rappresentativo)”.

Il napoletano, più di ogni altro, è il tifoso che si trova anche fuori Napoli. Ci sono più napoletani fuori che in città, anche per le ondate di migrazione. Questo ha dato vita a tante classi di tifosi.

Forse ciò che li accomuna è l’essere molto competenti di calcio, anche se a volte troppo esigenti rispetto alla propria storia.
Ne ha fatto le spese Aurelio De Laurentiis, che con il club ha fatto un autentico miracolo e che, a mio avviso, è la cosa migliore che potesse capitare al Napoli. Ma ha il grande torto di essere romano e di non aver sedotto i napoletani con belle parole, avendo cercato di farli diventare la squadra di una metropoli. Una squadra che avesse anche una sostenibilità economica.

Quello del Napoli è un tifoso con un grande senso estetico, nel suo cuore ci sono gli scudetti ma anche squadre che non hanno vinto nulla, come quelle di Sarri e Vinicio: questo è abbastanza unico. È un tifoso che dà il meglio quando sta peggio: il tifoso del Napoli in Serie C era commovente, quello del terzo scudetto è stato irritante.

È il tifoso che in fondo vorrebbe gioire sempre, e che quando lo fa finisce nei film come Parthenope di Sorrentino, ma può anche perdere a lungo, perché ha avuto il privilegio di veder giocare nelle proprie fila il giocatore più forte del mondo e lo sportivo più rilevante nella storia dello sport, che ti ha amato alla follia.

Mi piace molto Napoli-Como che alle 18:30 fa il tutto esaurito: quello mi ricorda molto Napoli”.

Napoli, lo Stadio Maradona

Qual è la prospettiva del club, attualmente capolista, in questa stagione?

“Faccio finta che sia un’altra squadra. Il Napoli si trova in una condizione non dissimile da quella in cui ha vinto il terzo nonsipuòdire (ride, ndr): lì c’era il Mondiale invernale e un allenatore che sapeva come affrontare la sosta. C’era un’ottima squadra e una grande campagna acquisti.

Ora c’è una squadra che non fa le coppe europee mentre tutte le sue concorrenti le fanno, un allenatore straordinario e forse la migliore campagna acquisti mai fatta nella storia del club. Lo dissi allora e lo ripeto ora: due anni fa non pensavo che avremmo vinto, ma dissi a Radio24 che era una squadra estremamente coerente e ci avrebbe fatto divertire.

Anche ora dico che ci divertiremo parecchio, perché con Conte sarà bello pure perdere, perché nessuno mollerà mai: è questo quello che il tifoso del Napoli vuole vedere.

Il tifoso non si è sentito umiliato lo scorso anno perché la squadra è arrivata decima e credo che se 5 anni fa gli avessero detto che avrebbe vinto lo scudetto e l’anno dopo sarebbe arrivato decimo, avrebbe chiesto dove firmare.

Dopo essere stato orgoglioso della squadra che ha dettato legge in Europa, il tifoso si è sentito umiliato dallo scarso impegno, dallo scarso attaccamento alla maglia. E dal non capire che l’orgoglio è più importante della vittoria.

Quest’anno sarà divertente vedere l’orgoglio di questa squadra, che ha vinto 2-1 contro il Parma e probabilmente ha cambiato il senso della stagione. Se avessimo perso quella partita probabilmente ora parleremmo di altro”.

Napoli, Lukaku

Parlando di campagne, non acquisti ma prestiti: qual è il tuo punto di vista su Lukaku? Ha iniziato bene la stagione con 2 gol e 3 assist in 5 partite.

Un giocatore che in questo momento è atleticamente impresentabile e tecnicamente imbarazzante ti ha fatto vincere contro il Parma, ti ha fatto vincere contro il Cagliari, perché 3 dei 4 gol hanno tutti la sua firma, come gol o come assist… Stiamo parlando di 6 punti sui 13 realizzati. È un giocatore che costringe la squadra avversaria a rimanere indietro.

Abbiamo un difensore incredibile come Buongiorno, che è forse il difensore più forte che abbiamo visto da queste parti, perché lì davanti ci sono Politano e Kvaratskhelia, che non perdono un pallone, e c’è Lukaku, che fa reparto da solo.

Quindi, sperando che a 31 anni abbia ancora molti colpi in canna, mi aspetto che quando sarà un minimo in forma faccia lo sfacelo. Ho visto raramente un giocatore che non dovrebbe nemmeno andare in tribuna essere così decisivo”.

Quindi è Lukaku il giocatore “da attenzionare”?

“No. Io sono di quella parte che pensa che McTominay sia il futuro capitano di questa squadra. Verso di lui c’è un entusiasmo del popolo napoletano che deriva dalle sue dichiarazioni, dal fatto che lui ha detto che quando lo ha chiamato il Napoli ‘ha sentito il fuoco dentro’, dal fatto che ha baciato lo stemma. L’ho visto giocare al Manchester United e mi è sembrato fortissimo.

Ma mi piacciono tutti: Gilmour mi pare un Lobotka ancora più bravo nei contrasti, Neres mi fa impazzire: gioca 10 minuti e segna, o rischia di segnare, o fa un assist. È una squadra che, se si escludono i centrali difensivi di riserva, è davvero interessante”.

Napoli, Di Lorenzo

E Di Lorenzo?

“Sono felice che non mi abbia lasciato come ultimo ricordo quello dell’anno scorso, non se lo meritava. È forse un capitano troppo buono ma è un bel capitano: è un bravo ragazzo, ed è bello rivederlo all’altezza di quanto visto negli ultimi anni.

Ha avuto un black out, non siamo stati molto generosi con lui. L’anno scorso ha fatto di tutto per farci dimenticare ciò che aveva fatto, ma è bello rivederlo in queste condizioni. Mi sta benissimo se continua a giocare male in Nazionale e bene al Napoli”.

A proposito di giocatori della Nazionale, non hai menzionato Raspadori, che si è messo in luce positivamente alle qualificazioni per i Mondiali e in Nations League. Secondo te potrà trovare spazio in campionato?

“Mi sembra difficile per una questione tattica, avendo davanti Lukaku come centravanti, Simeone e pure Ngonge. Raspadori è sicuramente un giocatore molto diligente, anche con colpi incredibili – si pensi ai gol dello scorso anno a Glasgow e ad Amsterdam – ma è un centravanti che ha bisogno di un allenatore e di un modulo di un certo tipo. Questo è il motivo per cui ha fatto bene con Spalletti e De Zerbi.

Io lo vedo benissimo nello spogliatoio, perché Conte ama i giocatori che non danno problemi e si allenano strenuamente, ma non riesco a capire quale possa essere il suo ruolo. Non è un giocatore scarso ma non si sembra fatto per questo tipo di gioco. Non è fatto per Mourinho ma potrebbe esserlo per Sarri o Thiago Motta: per quegli allenatori che hanno nel possesso palla e nella manovra dell’attaccante come vertice alto la loro cifra distintiva.

Noi, con Mertens, abbiamo capito 10 anni dopo che avevamo sbagliato il ruolo: non era un laterale ma un centravanti. Io non vorrei che Raspadori non fosse un centravanti: segna davvero poco per esserlo. Magari deve trovare un’altra collocazione, cosa difficile in questo Napoli”.

Napoli, Raspadori

GIACOMO RASPADORI PUNTA IL DITO (FOTO DI SALVATORE FORNELLI)

Cosa ti aspetti dall’imminente partita di campionato contro il Como? Chi può rappresentare un pericolo?

“A me il Como entusiasma: come idea imprenditoriale, come idea tattica, per Fabregas che è stato uno dei miei giocatori preferiti. Credo che il giocatore dal quale guardarsi di più sia Nico Paz, che mi sembra davvero forte e potrebbe essere una delle grandi sorprese di questo campionato.

Il Verona l’ha battuto lui da solo, mettendo Cutrone nella condizione di segnare. Cutrone che, ci tengo a dire, ho preso al Fantacalcio in tempi non sospetti.

Secondo me è la partita più difficile delle prossime, però deve dare a Conte la misura di ciò che si può permettere. Il Napoli deve ricominciare dalle piccole cose, vincendo con le squadre che sono tecnicamente più deboli. Se ci riesce, vuol dire che c’è solidità mentale.

Adesso è primo in solitaria, vincendo potrebbe rimanere tale per 2 settimane durante la pausa Nazionali e psicologicamente è una prova di maturità”.

Chi è la principale contendente per lo scudetto?

Inter o Juventus. Dovendo sceglierne una la Juventus, perché ha un allenatore più abile, ha fatto un’ottima campagna acquisti e… ha fame, perché è da troppo che non vince trofei importanti. In realtà credo che lo scudetto se lo giocheranno loro, con il Napoli che potrebbe fare il terzo incomodo”.

Napoli, Diego Armando Maradona
Tu hai scritto un libro su Diego Armando Maradona, Diegopolitik. Il sottotitolo recita così: “L’ultimo grande leader del ‘900”. Secondo te chi è, se c’è, il “grande leader del 2000”?

“È durissima… (resta in silenzio) Non mi sembra che ci sia un leader. Quel pezzo finale di ‘900 aveva Diego, aveva Lula, aveva Chavez, aveva un continente in subbuglio… Oggi non vedo neanche un continente che possa dire la sua. In quel momento il Sudamerica era quello di ‘Un altro mondo è possibile’.

Io ora vedo un mondo che si sta rattrappendo su sé stesso, come il Gabbiano di Gaber. È molto più grande il terrore di Trump e dei suoi (i vari Bolsonaro, Milei ecc) che dominano il mondo che la speranza di un leader che non vedo da nessuna parte”.

E un leader in ambito calcistico?

“Proprio no. Il calcio è diventato il calcio delle sponsorizzazioni, vedi anche Messi. Non ha più il coraggio di rappresentare qualcosa.

Cercherei in altri sport: non sono dei leader, ma mi piacciono Sinner e Alcaraz per quello che rappresentano come simbolo delle nuove generazioni e per come affrontano lo sport come se fosse non una questione di vita o di morte ma un gioco. Ma niente più di questo, purtroppo”.

Le bombe di Vlad

LBDV, Garbo: “La straordinaria compattezza difensiva rende la Juventus una delle squadre papabili alla vittoria finale del torneo”

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Continua la Serie A e continua il nostro consueto appuntamento con “In campo con Garbo” dove attraverso le parole del Direttore editoriale di LBDV, Daniele Garbo, affronteremo i temi più importanti dell’ultima giornata di campionato appena trascorsa.

Vince il Napoli in casa contro il Monza e si porta in testa al campionato in solitaria, seguita dalla granitica Juventus che vince a Marassi contro il Genoa e dal Milan che batte il Lecce tra le mura amiche.

Di questo e di tanto altro parleremo nella nostra intervista con Daniele Garbo:

“Comincerei subito col commentare queste notizie assurde che riguardano le tifoserie di Milan ed Inter, che potrebbero avere dei risvolti non solo a livello penale ma anche a livello sportivo.

Purtroppo il calcio negli ultimi anni è finito nelle mani di questi criminali, perchè i tifosi sono un altra cosa, e nessuna società è stata capace di liberarsi di questi veri e propri delinquenti. Credo che si debba assolutamente correre ai ripari con pene severe e provvedimenti rapidi.”

Indice

Veniamo al calcio giocato: Napoli in testa alla classifica. Sono loro i favoriti per il campionato?

“Io direi di andarci piano. Hanno una squadra molto solida a immagine e somiglianza del suo allenatore, giocatori nuovi e non si stanno amalgamando e stanno creando un ottimo clima. Hanno fatto un grande mercato e sono in attesa di ritrovare il miglior Lukaku, che se dovesse tornare quello dell’Inter potrebbe diventare un vero e proprio fattore decisivo.

I risultati stanno arrivando ma il campionato. ed il calendario, non hanno ancora messo il Napoli davanti a delle difficoltà probanti.”

Capitolo Juventus: i bianconeri liquidano il Genoa in un Marassi chiuso al pubblico. Anche loro parteciperanno alla corsa Scudetto?

La straordinaria compattezza difensiva rende la Juventus una delle squadre papabili alla vittoria finale del torneo. Hanno ritrovato Vlahovic, che se messo in condizione di segnare può risultare una vera manna dal cielo per Thiago Motta.

Hanno una difesa impenetrabile perchè ha dei difensori molto forti che godono di un lavoro magnifico del centrocampo, e questo impedisce a gli avversari di tirare addirittura in porta”

L’Inter vince ad Udine ma…

“…ma non convince del tutto. Prende troppi gol e non mostra la solidità straordinaria mostrata lo scorso anno.

La difesa fa un pò acqua e i calciatori non sembrano essere “affamati” come le due stagioni precedenti. Inoltre ci metto anche che se nel caso della Juventus il merito dell’ottima difesa è del centrocampo, la difesa traballante dei neroazzurri è responsabilità del centrocampo.

L’assenza di Barella e un Chalanoglu appannato non consentono ai difensori di giocare con la serenità che li ha contraddistinti nelle ultime due stagioni.”

Mentre l’Inter appare leggermente in difficoltà sull’altra sponda di Milano il Milan vince ancora contro il Lecce. Fonseca è salvo?

“Non sono pienamente convinto che il Milan sia uscito dalla “crisi” se così vogliamo chiamarla. Hanno vinto il Derby con sicuro merito ed è stata una piccola svolta positiva, ma poi hanno preso due squadre che sulla carta erano tranquillamente alla portata.

Le prossime sfide saranno importanti anche per capire il ruolo di Rafel Leao in questa squadra. Gioca a corrente alternata, Fonseca gli ha dato la fascia di capitano per responsabilizzarlo, ha venticinque anni e deve decidere cosa essere nella sua vita da calciatore.”

La Roma vince non senza fatica contro un ottimo Venezia. Juric non sbaglia un colpo, tre partite, tre vittorie.

“Si, ma anche nel caso dei giallorossi non sono molto convinto che dureranno. Hanno vinto miracolosamente contro il Venezia che se alla fine del primo tempo fosse stato in vantaggio di due reti non avrebbe rubato niente.

La domanda che bisogna farsi è: Questi giocatori sono adatti al gioco di Juric? La risposta è no. Sono lenti e statici, totalmente opposti al prototipo di calciatore con cui lavora il tecnico croato. Spero per i giallorossi che continuino così, chi vivrà vedrà.”

In casa Lazio vittoria pesantissima contro il Torino, una delle squadre più in forma del nostro torneo. A chi il merito per questa ottimo avvio di stagione?

“Hanno fatto un ottimo mercato, una squadra giovane che gioca al calcio con un ottimo allenatore che ha una bellissima idea di squadra, e lo ha dimostrato già a Verona lo scorso anno.

Precisamente non so dire dove arriveranno, ma se continuano così potranno togliersi delle belle soddisfazioni.”

Atalanta e Bologna non stanno attendendo le aspettative. Che campionato si prospetta per loro?

“Per ora un campionato tranquillo, l’Atalanta sta disattendendo le aspettative complice il mercato di quest’anno con l’addio di Koopminers e Lookman che voleva andarsene.

Il Bologna sta dicendo al campionato che non vuole strafare e cercare di arrivare sano e salvo infondo al torneo senza correre particoalre rischi. Dopo l’addio di Thiago Motta, Zirkzee e Calafiori la squadra è decisamente ridimensionata.”

Nelle retrovie vincono Empoli e Cagliari. Notte fonda per Venezia, Monza e Genoa. Quale panchina potrebbe saltare?

“Innanzitutto complimenti all’Empoli, una squadra che raggiunge quasi sempre l’obbiettivo stagionale e quando non lo fa prontamente ritorna in Serie a, ha nella famiglia corsi una proprietà fantastica che conosce il calcio e fa vivere la cittadina di Empoli con le ali sotto ai piedi.

Monza e Genoa mi sembrano in grande difficoltà, ma per i liguri soprattutto non mi sento di buttare la croce su Alberto Gilardino visto che il suo miglior calciatore, Gudmundsson, non è stato sostituito a dovere.

Una Serie A che a differenza degli anni scorsi, dove si capiva subito chi potesse fare da squadra materasso, non ha ancora svelato chi è la squadra più debole del torneo “.

(Foto LBDV)

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Le interviste

ESCLUSIVA CS – Oscar Massei: “Io non mi sono mai sentito un idolo, Sivori era un giocatore straordinario”

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Menegatti

L’ex calciatore di Inter e Spal Oscar Massei ha rilasciato delle dichiarazioni ai microfoni di Calciostyle, relative a diversi temi legati alla sua carriera

Di seguito le dichiarazioni rilasciate dall’ex calciatore di Inter e Spal Oscar Massei rilasciate ai microfoni di Calciostyle, relative a diverse tematiche legate alla sua carriera soffermandosi sulla sua esperienza nel club ferrarese e non s0lo.

Le parole di Massei

Inter, Massei

Se dovessimo fare un paragone tu vieni considerato come Totti alla Roma e Bulgarelli al Bologna, cosa provi quanto torni a Ferrara e la gente ti acclama come un idolo?

“Io non mi sono mai sentito un idolo, ma ovviamente mi fa piacere quando la gente mi ferma e ha una parola buona nei miei confronti.

Nel periodo in cui ero a Ferrara la gente ci ha sempre sostenuto e per questo devo solo ringraziarli. Noi abbiamo sempre dato il massimo per questa piazza ma il pubblico ha dato sempre qualcosa in più.”

Dopo il grave infortunio avuto nel 1955 quando vestiva la maglia dell’Inter, cosa ti ha spinto a tornare a giocare a calcio e quanto e stato difficile riprendersi?

“L’infortunio mi ha tagliato fuori dalle grandi squadre e da quello che era il mio obiettivo ovvero la nazionale, il mio sogno purtroppo per via di questo infortunio non si è potuto realizzare, in più sono dovuto stare due anni fermo.

Questo periodo per me è stato molto triste, perché per uno straniero non è facile stare in una città come Milano senza giocare”.

Cose’ è cambiato parlando a livello puramente calcistico tra il calcio dove giocava Massei incentrato più sulla qualità rispetto al calcio attuale incentrato molto più sulla fisicità?

“Passare dal campionato argentino dove si marcava a zona, in cui ho militato dal 1953 al 1955, al campionato italiano dove si marcava a uomo è molto difficile e molto diverso.

Per quanto riguarda il calcio attuale tutte le squadre giocano allo stesso modo in tutto il mondo, e credo che da questo punto di vista sia stato fatto un passo avanti. Non solo da un punto di vista tattico ma anche da un punti di vista fisico, Infatti la preparazione fisica che si ha oggi e dieci volte superiore rispetto a quello che c’era una volta.”

Se dovessimo fare una classifica tra i calciatori argentini che hai visto giocare, escludendo Maradona che è di un altro livello, chi metteresti al primo posto?

“Io metterei Messi, perché penso che al giorno d’oggi sia il migliore. Altri calciatori che a me piacciono molto sono Mbappe del Real Madri che però secondo me è un pò incostante e Leao del Milan che ha delle qualità eccezionali e meriterebbe di vincere qualcosa in più, ma deve mettere la testa a posto.”

Tu che l’hai visto giocare, ci puoi raccontare un aneddoto su Sivori?

Sivori un giocatore eccezionale con una tecnica individuale di primo ordine, perché per levare la maglia numero 10 Labruna a 18 anni in quel River Plate vuol dire essere veramente forte.

Sivori era per prima cosa un grandissimo calciatore ma era anche un calcolatore, un aneddoto che mi ricordo su di lui era che quando voleva un aumento di ingaggio faceva vinta di stare male.

Purtroppo non ha mai deciso di fare una vita regolare, se avesse fatto una vita più regolare oggi sarebbe sicuramente in vita e in più avrebbe reso dieci volte meglio.”

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Le interviste

ESCLUSIVA CS – Enrico Menegatti: “Nel calcio di oggi non c’è pazienza, Massei per la Spal è un istituzione”

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Menegatti

Ai microfoni di Calciostyle ha rilasciato delle dichiarazioni l’editore ed ex responsabile della comunicazione della Spal Enrico Menegatti.

L’editore ed ex responsabile della comunicazione della Spal, Enrico Menegatti, ha rilasciato delle dichiarazioni ai nostri microfoni relative al suo nuovo libro Oscar Massei:” L’Oriundo, Il Capitano, L’Esempio” e anche in merito ad altre tematiche legate al mondo del calcio.

Le parole di Enrico Menegatti

Menegatti

Cosa significa per te, che sei di Ferrara, aver contribuito a scrivere una delle pagine più importanti della Spal, portandola dalla seconda divisione fino alla Serie A?

“Quando ero dentro la società c’è stata una scalata che non riesco neanche a descrivere, vi dico che è proprio in quei momenti che si vivevano c’era il ricordo di quella Spal dove poi ha giocato ha giocato Oscar Massei, che è sempre stato presente in quella società dove io ho fatto il responsabile della comunicazione. Oscar per noi è stato una sorta di mito come il presidente Paolo Mazza, che è stato il presidente che l’ha voluto la Spal alla fine degli anni degli anni cinquanta.

In quei momenti veniva sempre fatto un paragone su quello che avevano fatto quei giocatori e quella dirigenza rispetto a quello che poi è stato fatto dalla dirigenza che dalla seconda divisione è arrivato in Serie A, e Oscar in quei momenti è sempre stato vicino alla società visto anche il rapporto bellissimo che ha con Ferrara. 

In quei momenti non ha mai detto una volta di no, ed è sempre stato con noi quindi in un certo senso ci ha aiutato a crescere e a diventare quello che poi siamo diventati in quei tre anni di Serie A. Anche con negli anni indietro, infatti in Serie B è stato invitato alla prima alla prima del campionato dopo 23 anni contro il Vicenza, dove ha salutato il pubblico ed è stato acclamato dai tifosi. Negli anni in Serie A è stato anche ospite ed ha premiato Lazzari della Lazio per le 200 presenze con la Spal.

 In quegli momenti ho potuto conoscere Oscar e potuto apprezzarlo essendo comunque una persona molto semplice nonostante il campione che è stato”. 

Noi sappiamo per quale motivo Massei dal punto di vista calcistico e uno dei più grandi di tutti i tempi. Ma del punto di vista umano cosa ti ha spinto a scegliere lui. Cosa significa la sua figura per la comunità ferrarese? 

Vi racconto un pò com’è nata l’idea di fare questo libro, l’anno scorso con Minerva che è al casa editrice che ha pubblicato questo libro e con cui ho pubblicato anche un altro libro relativo alla scalata dalla seconda divisone della Spal, ha visto Oscar e gli ha proposto di fare un libro su di lui, visto che manca una biografia su Oscar Massei, che è l’idolo di Ferrara e dei tifosi della Spal.

 Oscar accettò ma voleva come compromesso che il libro arrivasse al Papa perché il pontefice è un gran un tifoso del San Lorenzo di Almagro, infatti quando oscar giocavo in Argentina in Primera Division nel Rosario dal 1953 al 1955 probabilmente mi ha visto sulle tribune del gasometro al San Lorenzo, che è un quartiere di Buenos Aires.

E vista la mia situazione in quel momento all’interno della Spal decisi di portare avanti questo progetto, approcciandomi a Oscar un poco con le pinze e con il rispetto che che deve avere un personaggio di questo tipo merita.

E invece sono rimasto stupito ed ho scoperto veramente una grandissima persona, perché Oscar è una persona semplice che non ti fa pesare le cose nonostante abbia giocato in Argentina, nell’Inter e che sia stato questo mito per la Spal e gli riconoscono tutti una carriera che importante, ma purtroppo viziata da questo incidente che non gli ha permesso di esprimersi al meglio.

 Massei è un giocatore che ha rappresentato un epoca e quindi approcciarmi così è stato un onore, si vedeva anche quando ti svelava un po’ i suoi segreti che ti prendevano in maniera coinvolgente. Non mi sarei aspettato una cosa del genere, non perché non lo conoscessi come una persona buona, ma quell’aura così importante di importanza che poi mano a mano si è sciolta, mi ha dato la possibilità di entrare nel suo schema di vita, che è uno schema alla mano come poi tanti personaggi che raccontiamo all’interno del libro e che appunto fanno parte della sua vita e ne fanno ancora parte”.

Questo e il secondo libro che lei scrive sulla Spal, la sua professione come editore la porterà nuovamente a parlare della squadra della sua città? Quali sono i progetti per l’immediato futuro della sua casa editrice?

“Ho già iniziato a sondare per nuovi progetti che probabilmente non riguarderanno il discorso della Spal, però quando siamo stati a trovare Oscar più di una volta a La Spezia con l’editore abbiamo deciso di soffermarci su un altro personaggio cha ha avuto un grandissimo risalto ma non ha avuto a livello editoriale il riscontro meritava.

Quindi magari nei prossimi anni probabilmente qualcosa sarà fatto, riguardo ai prossimi progetti editoriali posso dire che riguarderanno lo sport in generale”.

Cose’ è cambiato parlando a livello puramente calcistico tra il calcio dove giocava Massei incentrato più sulla qualità rispetto al calcio attuale incentrato molto più sulla fisicità?

“Leggendo le cronache degli anni Cinquanta e Sessanta quando giocava Oscar, vi era un calcio che aveva sicuramente aveva più rispetto forse nei confronti del calcio stesso, infatti il calciatore di quell’epoca rispettava tanto quello che veniva chiamavano football.

Mentre oggi secondo me questa sinergia si è un pochino persa, si parla sempre di calcio romantico ma è definito così perché chiunque giocava in quell’epoca, anche se non era il massimo con i piedi aveva il rispetto nei confronti di quello che era il football.

Cosa che secondo adesso un pochino forse si è persa, infatti oggi si pensa più ad essere il personaggio che sta in campo per fare gol, per esaltarsi con le etichette e con le copertine piuttosto che dare quel rispetto che il calcio merita, quindi di conseguenza si è molto più soli non si è più in squadra, in una sorta di appunto perdita della dimensione tra il calcio stesso e il giocatore”.

 Prendendo come riferimento l’ultima intervista fatta a Ibrahimovic, senza entrare nel dettaglio, quanto è cambiata la comunicazione nel calcio italiano rispetto agli anni 90/2000?

 “Ti rispondo citandoti una parte del proprio del libro, Oscar qualche giorno dopo il suo arrivo in Italia, andò da Moratti per sottoscrivere il contratto, perché era arrivato in Italia senza aver sottoscritto un contratto con l’Inter, il suo accompagnatore, che si chiama Pasqualone, lo portò al Pirellone per firmare il contratto con Moratti.

 Moratti quando lo vide e si incontrò con con lui non gli servirono tante parole per dimostrare qual era il suo carisma nei confronti del giocatore che aveva di fronte, che era un ottimo giocatore, ma dall’altra parte Oscar si trovò di fronte a una persona che guardando negli occhi, avendo questa aura carismatica che non aveva bisogno di dare tante risposte. Quindi credo che serva parlare un pochino meno e magari dare un pochino più di aura carismatica ai fatti”.

Semplici è stato un allenatore che la Spal ha cresciuto e che attualmente è svincolato, secondo te avrebbe meritato più chance nel calcio che conta?

“Mister Semplici aveva avuto qualche esperienza precedente come quella nel reality con la Fiorentina dove si era un po’ anche esposto  in una maniera un po’ diversa rispetto magari a una squadra di club dove certe cose passano sotto tracce e sono un pochino più nascoste.

Semplici arrivo alla Spal dove fece questa scalata insieme a tutta la società che fu un qualcosa di indescrivibile, fu un qualcosa che non si aspettava nessuno, e probabilmente sono quelle situazioni dove ti ritrovi con un bravo allenatore che ha bravissimo staff, perché c’è da elogiare anche lo staff che aveva con lui a disposizione, tra cui Consumi Casoni e Di Fabrizi, che poi erano i suoi collaboratori più stretti, che non sempre hanno avuto la fortuna di andar in altre squadre molto più più blasonate come Fiorentina, Torino o Atalanta.

 Purtroppo nel calcio può succedere che non si ha la fortuna di arrivare dove si vuole, pur avendo la bravura di di essere un ottimo allenatore questo elemento va anche a a fortuna sul campo, perché Leonardo è stato a Cagliari ha salvato la squadra e la stagione dopo è stato esonerato dopo tre partite come successo di recente a De Rossi.

Successivamente mister Semplici è andato alla Spezia, dove non è stato molto fortunato, ma io da parte mia gli auguro di poter tornare il prima possibile anche perché lo vedo spesso in televisione e quando lo incontri è sempre un piacere parlarci, in più Ferrara lo adora un pò come adora Massei”.

Vista la tua esperienza nel mondo del calcio, si  vive in maniera cosi frenetica il raggiungimento dei risultati in cui un progetto triennale può saltare in 15 giorni?

“Il problema è che nel calcio non c’è pazienza, l’investimento deve essere immediatamente fruttifero, ed è questo che che dà un po’ la misura del calcio.

 Prendo come come riferimento l’Atalanta che ha creato tutto quello che ha creato nell’arco di nove anni con Gasperini in panchina che non iniziò nel migliore dei modi la sua avventura sulla panchina della Dea, trovando quattro sconfitte nelle prime cinque giornate e sembrava che fosse a forte rischio.

Però se si ha una dirigenza come quella dell’Atalanta come i Percassi, con cui abbiamo avuto a che fare noi alla Spal con il presidente con la dirigenza e con direttore sportivo, hanno lungimiranza di capire che in certi ambienti bisogna attendere un attimo.

Perché non si può pretendere di avere la bacchetta magica di risolvere subito il problema, anche perché la squadra e composta da 25 giocatori e sono 25 persone che ragionano per il calcio ma in modo diverso, quindi non è sempre semplice mettere insieme delle persone che non interagiscono nella stessa maniera tra di loro.

I gruppi vincenti sono gruppi che si formano con l’andare del tempo, si può avere la fortuna di creare un gruppo che immediatamente vince ma sono casi isolati, è capitato alla Spal abbiamo vinto il campionato dalla B alla A, perché c’è stata la bravura di trovare dei giocatori che non erano solo giocatori ma erano anche uomini , mentre a volte ci si impiega un po’ di più a trovare i giusti incastri”.

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