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Inchiesta ultras, il parere di un’esperta in materia fa sorridere Inter e Milan
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Riguardo l’inchiesta ultras sulle tifoserie di Inter e Milan, il quotidiano Tuttosport ha interpellato l’avvocatessa Flavia Tortorella.
L’inchiesta ultras sulle tifoserie di Inter e Milan fa ancora discutere. Tuttosport chiama in causa un’esperta di diritto sportivo, Flavia Tortorella, per fare chiarezza sull’inchiesta e sulle sue possibili conseguenze.
Inchiesta ultras, il parere dell’esperta
Difficile fare previsioni sulle sanzioni della classifica
Attualmente, è complesso prevedere se e come ci sarà una penalizzazione in classifica. Ciò potrebbe accadere solo se venissero provati rapporti rilevanti e continuativi tra i club e gli ultras, o se si evidenziasse una falla nei sistemi di prevenzione e controllo.
Come è noto, la gravità degli illeciti contestati è ciò che determina la severità della sanzione. Considerando che il pubblico ministero (Marcello Viola, procuratore della Repubblica di Milano, ndr) ha dichiarato pubblicamente che le due società milanesi coinvolte sono vittime in questa vicenda, personalmente, mi sento di escludere l’ipotesi di una penalizzazione grave come quella in classifica.
La violazione dell’art. 4 del codice sportivo
Per Tortorella, qualora dovesse esserci una responsabilità nei confronti di tesserati che hanno rapporti con gli ultras (sia dirigenti, tecnici o semplici calciatori), i club sarebbero comunque chiamati a dimostrare di non aver avuto alcuna responsabilità.
Come ha sottolineato il ministro Abodi, la giustizia sportiva segue un percorso diverso rispetto a quella penale, e la sua competenza si limita alla valutazione di comportamenti che violano i principi di lealtà, correttezza e probità previsti dall’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva. Tortorella fa notare che, rispetto al passato, oggi la violazione di questi doveri viene contestata anche autonomamente.
Inchiesta ultras, il rischio di sanzioni per i club
Se un tesserato viene sanzionato, il club potrebbe essere automaticamente punito? “Sì”, risponde Tortorella, “a meno che il club non dimostri che non c’era alcuna possibilità di controllare o prevenire certi comportamenti, non essendo responsabile per ciò che avviene nella vita privata di un tesserato”.
Gli interrogatori di Calhanoglu e Calabria hanno confermato incontri con gli ultras arrestati. Coloro che hanno ammesso di aver avuto contatti diretti con i tifosi radicali dovranno giustificare la natura di questi rapporti. Inoltre, se si dovesse configurare un’estorsione, si porrebbe l’obbligo di denuncia anche per gli organi inquirenti sportivi.
L’importanza delle telefonate
L’interrogativo sulla rilevanza di una telefonata è importante. “Sì, la modalità del contatto è cruciale per comprendere la natura del rapporto”, afferma Tortorella. Per esempio, l’Inter ha avvisato le autorità della telefonata ricevuta da Inzaghi da parte di un capo ultras (Ferdigo, arrestato) che chiedeva favori per ottenere più biglietti per la finale di Champions League di Istanbul. “Se la società ha fatto la cosa giusta, mostrando di essere vigile e di aver agito con cautela, questo potrebbe essere un segno di corretto comportamento”.
Inchiesta ultras: squalifiche sì o no?
Per quanto riguarda l’eventualità di squalifiche, Tortorella spiega che dipenderà dalla gravità delle singole condotte. Se, per esempio, un tesserato è stato vittima di un’estorsione, la sua responsabilità potrebbe essere ridotta. La situazione, poi, cambierebbe se non venisse provata alcuna estorsione.
La Procura Federale potrebbe decidere di archiviare il caso se ritenesse che i club siano effettivamente danneggiati e non responsabili. Tuttavia, come sottolinea l’avvocato, la giustizia sportiva segue percorsi separati rispetto alla giustizia penale, e quindi non si possono escludere scenari di sanzioni, anche gravi.
Per i club, nessuna responsabilità penale
Infine, Tortorella esclude una responsabilità penale per i club, in base agli elementi disponibili. Sebbene le intercettazioni emergano in relazione a dirigenti e tesserati dell’Inter e del Milan, inclusi Inzaghi, Zanetti, Calhanoglu e Calabria, l’avvocato sottolinea che, in assenza di prove concrete, è improbabile che i club possano essere ritenuti colpevoli penalmente.
Tuttavia questo non esclude la possibilità di sanzioni disciplinari, che potrebbero derivare dal comportamento di dirigenti, tesserati o altre persone legate ai club.
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Lutto nel calcio: l’ex Juventus Hidalgo ci lascia a 32 anni
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Il calciatore spagnolo, che aveva militato anche nella Juventus, si è spento dopo una lunga lotta contro la malattia con il quale combatteva da tempo.
Una notizia tragica: a soli 32 anni è morto Nico Hidalgo, calciatore spagnolo che, nella sua carriera, ha militato per un breve periodo anche nelle file della Juventus.
La notizia è stata diffusa dai canali del Granada, squadra in cui Hidalgo aveva militato dal 2012 al 2014 e dal 2014 al 2016. Nel mezzo la breve esperienza con il club bianconero con il quale, però, l’attaccante iberico non era mai riuscito ad esordire in Serie A.
L’omaggio del Granada a Hidalgo
Hidalgo lottava da tempo contro un tumore ai polmoni con metastasi alle ossa che, purtroppo, non gli ha lasciato scampo. Il Granada ha voluto comunicare la tragica scomparsa con un comunicato sui propri canali.
“Nico Hidalgo ci ha lasciato il 1° marzo 2025 all’età di 32 anni. Dietro di lui c’è un innegabile esempio di lotta e sacrificio, come ha già dimostrato nel Granada Club de Fútbol, realtà che ha difeso tra il 2012 e il 2016, debuttando con la prima squadra.
Nato a Motril, ha potuto sentire il calore dei tifosi granadini al Granada City Trophy 2022. Quel pomeriggio c’è stato un momento emozionante quando, insieme a Pepe Macanás, è sceso sul terreno di gioco del Nuevo Los Cármenes e ha ricevuto un’ovazione più che meritata dai suoi tifosi, che hanno voluto sostenerlo fin dal primo momento in una lunga e sfortunata lotta contro la malattia Con la partenza di Nico, non se ne va solo un calciatore eccellente, ma anche una brava persona.
Ma l’affetto dei compagni di squadra, degli allenatori, dei lavoratori, dei dirigenti e dei tifosi sarà sempre presente. Riposa in pace, Nico Hidalgo García”.
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Messi svela alcuni retroscena: “A Barcellona ero felice, a Parigi…”
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Ripensando al passato, Lionel Messi ammette: “I due anni a Parigi non sono stati felici”, svelando le difficoltà vissute al PSG.
Le dichiarazioni di Messi sulla sua esperienza al PSG
Lionel Messi ha recentemente rivelato di non aver trovato la felicità nei due anni trascorsi al Paris Saint-Germain.
In un’intervista, il campione argentino ha espresso il suo malessere per non essersi mai adattato completamente alla vita quotidiana a Parigi. Ha sottolineato come fosse difficile per lui sentirsi a suo agio durante gli allenamenti e le partite, non riuscendo mai a godersi appieno la sua esperienza francese.
Messi ha anche ricordato il momento doloroso in cui ha dovuto lasciare il Barcellona, una separazione che ha segnato profondamente la sua carriera e la sua vita personale. Il trasferimento al PSG, inizialmente visto come una nuova avventura, si è rivelato meno entusiasmante di quanto sperato.
Il ritorno alla felicità per Messi
Nonostante le difficoltà vissute in Francia, Messi sembra ora aver ritrovato la serenità. Le sue parole lasciano intendere che il calciatore abbia finalmente voltato pagina, concentrandosi su nuovi obiettivi.
L’esperienza parigina, sebbene complessa, ha rappresentato una fase di crescita personale e professionale per il campione, che ora guarda al futuro con maggiore ottimismo.
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Fonte: l’account X di Fabrizio Romano
🔴🔵 Leo Messi: “I had to leave Barcelona and I spent 2 years in Paris that I didn’t enjoy…”.
“I was not happy on a daily basis, with games, training, it was hard for me to adapt”. pic.twitter.com/fa6XQa4iOR
— Fabrizio Romano (@FabrizioRomano) March 1, 2025
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Il figlio di Daniel Fonseca liberato dopo rapimento di due ore in Messico
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Nicolas Fonseca, figlio dell’ex attaccante di Roma, Napoli e Cagliari Daniel Fonseca, è stato rapito e liberato dopo due ore. I dettagli sull’incidente.
Nicolas Fonseca, centrocampista uruguaiano classe ’98 del León, club di massima serie messicana, ha vissuto momenti di terrore.
Il figlio di Daniel Fonseca, ex attaccante di Roma, Napoli, Cagliari e Juventus, è stato rapito da malviventi mentre si stava recando all’allenamento della sua squadra.
La notizia è stata divulgata dai media locali dello Stato di Guanajuato in Messico.
Il rapimento di Nicolas Fonseca: i dettagli dell’episodio
Secondo quanto riportato, l’incidente è avvenuto la mattina del 27 febbraio. Nicolas è stato intercettato da malviventi che si aggiravano nella zona con un furgone.
Dopo aver rubato e portato la macchina del giocatore a poche miglia dal luogo del rapimento, Fonseca è stato caricato a forza nel veicolo e portato via per circa 25 chilometri.
Il calciatore è stato rilasciato dopo circa due ore. Nonostante l’esperienza traumatica, Nicolas ha deciso di non rilasciare dichiarazioni sull’accaduto. Le sue uniche parole sono state: “Sono solo felice di essere andato via con i miei arti intatti”.
Il club, accortosi dell’assenza del calciatore durante l’allenamento, ha immediatamente avvisato le forze dell’ordine. L’uruguaiano ha ricevuto tutto il sostegno necessario dal suo team, mostrando la solidarietà e l’unità che caratterizzano il mondo del calcio in momenti difficili come questo.
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Fonte: Gianluca Di Marzio
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