Serie A
Il Genoa passa in mani rumene? Già oggi la possibile chiusura
La salvezza per il Genoa potrebbe arrivare dalla Romania: ecco chi è pronto a rilevare il club.
L’edizione odierna di Repubblica rilancia la possibile chiusura già in giornata del passaggio del Grifone a Ion Tiriac, stravagante tennista che in doppio con Nastase diede vita ad una coppia entrata nella leggenda e diventato poi businessman di successo, e Dan Sucu, imprenditore e presidente del Rapid Bucarest, che insieme alla Steaua è il club di calcio più importante della Romania.
I due nuovi soci rumeni potrebbero garantire i 40 milioni neccessari per l’aumento di capitale, divendendo di fatto i nuovi proprietari.
Tiriac, ex tennista degli anni sessanta-settanta, dopo l’attività agonistica è diventato il manager di Steffi Graf, Goran Ivanisevic, Boris Becker e Marat Safin iniziando di qui la scalata fino a diventare lo sportivo più ricco del mondo con un capitale di circa 2 miliardi di dollari. Un fiuto per gli affari pazzesco nonostante gli 85 anni di età.
La nuova proprietà potrebbe trovare anche terreno fertile nella tifoseria: “in Liguria risiedono circa 20.000 cittadini rumeni il 43% dei quali abitano nel capoluogo. E questo, per accattivarsi le simpatie dei quasi 10 mila rumeni di Genova, potrebbe favorire l’ingaggio di almeno un giocatore che viene dai Carpazi” scrive il quotidiano.
Serie A
Lorenzo Buffon: “All’Udinese mi scartarono perché ero troppo alto. Portiere più forte? dico Jascin”
Lorenzo Buffon, vincitore di quattro scudetti con il Milan e uno con l’Inter, è stato intervistato in esclusiva dal Corriere della Sera. Ecco un breve estratto della sua intervista.
Lorenzo Buffon: “Ecco perchè mi chiamavano “Tenaglia”
Lorenzo Buffon, lei è stato uno dei migliori portieri italiani, ha vinto quattro scudetti con il Milan, uno con l’Inter, è stato per sei volte capitano della Nazionale ed è diventato il primo calciatore a sposare un volto tv, Edy Campagnoli di «Lascia o Raddoppia». Come sono i suoi 95 anni?
«Ho appena fatto una piccola operazione per un’ernia, per questo mi vede con una stampella. Ma guido ancora, faccio un po’ di ginnastica, mangio con moderazione, ho eliminato l’alcol e il fumo. Poi dipingo, sto con la mia seconda moglie Loredana e guardo le partite del mio Milan, anche se in tv parlano troppo».
Il segreto per una lunga vita qual è?
«Essere amico dei dottori e dei preti (ride): io mi sono ribattezzato Fortunato, perché ho superato tanti guai fisici, comprese tutte le fratture che ho subito da calciatore. E poi, la cosa più importante: non smettere mai di imparare qualcosa di nuovo».
È autodidatta?
«Mio padre era portiere e pittore, ho ripercorso le sue orme. Fino ai 4 anni ho vissuto a St Etienne in Francia, dove lui era andato per lavoro. Poi siamo venuti qui a Latisana: ero il classico chierichetto cresciuto con il pallone all’oratorio, almeno fino alla guerra».
È vero che l’Udinese la scartò da ragazzo perché era troppo alto?
«Sì, andai al Portogruaro e attraverso un dirigente che aveva contatti con il Milan, a giugno del 1949, un mese dopo la tragedia del Grande Torino per cui tifavo, mi ritrovai a Milano come quarto portiere. Ma scalai in fretta le gerarchie, ricordo ancora il mio amico Liedholm che mi disse: “domani tu jocare…”. E non sono più uscito, centrando il primo scudetto a 21 anni».
Il Milan non vinceva da 44 anni. Chissà che festa.
«Rientrai in caserma, a Corso Italia: ero ancora di leva».
Era il Milan del Gre-No-Li, Gren, Nordhal, Liedholm. A chi è più legato?
«Nils resta indimenticabile, mi ha insegnato tutto, perfino come portiere: tanti segreti della mia presa ferrea li devo a lui, che aveva già l’occhio dell’allenatore».
La chiamavano Tenaglia.
«Difficilmente mi facevo sfuggire il pallone: allenavo la presa stringendo per ore i tappi della birra fra le mani».
In Nazionale chi era il suo punto di riferimento in anni complicati per l’Italia?
«Boniperti, il mio compagno di stanza. Lorenzi lo aveva ribattezzato Marisa, ma Giampiero era un grande amante delle donne».
Non per niente Lorenzi era chiamato «Veleno»…
«Una volta ero in macchina con lui, guidavo io e un vigile mi fermò per multarmi in pieno centro a Milano. Perché ero con un’interista, disse. Ma riuscii a farmela togliere».
Con l’Inter ha giocato e vinto anche lei.
«Fui fatto fuori dal Milan nello scambio con Ghezzi. E mi fu impedito di giocare per un anno a Milano, tanto è vero che feci una stagione al Genoa. Colpa del d.s. di allora del Milan (il celebre Gipo Viani ndr) che non vedeva di buon occhio il mio matrimonio con Edy. Ma anche se finivo sui giornali per questioni extra calcio mi sono sempre allenato al massimo. Tanto è vero che con l’Inter ero stabilmente in Nazionale».
Fino a Cile 1962, dove era il titolare nella prima con la Germania e nella terza partita con la Svizzera, un pari e una vittoria. Perché non giocò la famosa «Battaglia di Santiago» che costò l’eliminazione al primo turno?
«Toccò a Mattrel della Juve. Ma non ho mai fatto polemica e sarebbe sciocco farla adesso».
Helenio Herrera era un duro?
«Era intelligente e furbo: se sentiva un giocatore usare una parola di troppo contro di lui, faceva finta di niente».
Come vi siete conosciuti con Edy?
«Lei veniva a vedere le partite dietro alla mia porta, poi ci siamo frequentati. E finché non ci siamo sposati non ci facevamo vedere troppo in giro per Milano. Lì vive nostra figlia Patricia. Con Edy abbiamo mantenuto ottimi rapporti, è morta giovane».
Ha giocato anche nel Resto del Mondo e nel Resto d’Europa. Chi è stato il più grande di sempre?
«Metto Di Stefano sul piano di Pelé».
Il portiere più forte?
«Jascin, un amico. Alla festa d’addio di Zoff, al quale sono molto legato, Lev mi baciò sulla bocca, alla russa, e si misero tutti a ridere. Ma ho conosciuto anche il mitico Ricardo Zamora, lo spagnolo degli anni Venti e Trenta, che mi fece uno dei complimenti più belli che abbia mai ricevuto: ‘‘Avrei voluto avere un figlio come te” mi disse».
Del suo cugino alla lontana Gigi Buffon cosa pensa?
«Un grandissimo. Ma un po’ mi dispiace che non mi citi mai in pubblico».
All’epoca si guadagnava molto meno di oggi. Lei come si è gestito?
«Questa casa l’ho comprata coi primi stipendi del Milan, ma terminata la carriera le pensioni erano basse. Ho fatto diversi lavori, vendevo estintori e allenavo a Sant’Angelo Lodigiano. Poi il presidente Berlusconi mi fece un contratto come osservatore del Milan per il Friuli, ho scoperto Pessotto e altri giocatori. E con i “Milan club” ho girato il mondo fino al 2010: ricevo ancora lettere e messaggi dai tifosi, persino da India e Cina, guardi qui».
I giornali dell’epoca, oltre che per il matrimonio con Edy Campagnoli, la ricordavano come «il portiere che legge i romanzi russi».
«Sì, soprattutto Tolstoj: il mio preferito era Anna Karenina, ma amavo molto anche gli scrittori americani. Prima della guerra ho studiato fino alla quinta elementare, ma a Milano frequentavo le scuole serali. Poi magari uscivo con Tognazzi, Walter Chiari Mastroianni con cui avevo un bel rapporto, o Raf Vallone, calciatore e attore: ho recitato anch’io in un paio di film».
Quando ha visto Daniel Maldini in campo prima con il Milan e poi quest’anno con la Nazionale cos’ha provato?
«Una grande emozione. Ero a Udine quando suo padre Paolo esordì in A nel 1985. Nonno Cesare era un compagno e un amico e le racconto un segreto: quando andai all’Inter lo convocarono a casa mia, perché volevano prendere anche lui. Ma disse di no».
Che regalo vorrebbe per i 95 anni?
«Ho ancora tanti desideri. Ma mi basta che il Milan vinca, che l’Udinese resti sempre in serie A. E soprattutto che le sport unisca sempre di più le persone, invece di dividerle».
Serie A
Venezia, tegola Svoboda: l’esito degli esami
Michael Svoboda si è sottoposto agli esami strumentali di rito dopo l’infortunio che lo ha costretto al campo nel match contro la Juventus.
Al 32esimo del match Juventus-Venezia, terminato 2-2 grazie al rigore segnato in extremis da Vlahovic, il difensore dei lagunari Michael Svoboda è dovuto uscire per infortunio. Di seguito le sue condizioni.
Svoboda, il comunicato del Venezia
Come si apprende sul sito ufficiale dei lagunari, il club veneto ha confermato, tramite un comunicato, che il centrale austriaco ha riportato la rottura del legamento crociato destro. La stagione del difensore è già finita e per Di Francesco sarà un bel problema, considerando che l’ex-Tirol era il difensore più impiegato dal tecnico romano. Avendole giocate tutte da titolare, tranne quella contro di campionato la Fiorentina.
Di seguito il comunicato del Venezia.
“Il Venezia FC comunica che il difensore Michael Svoboda ha riportato la rottura del legamento crociato destro nel corso della partita di campionato Juventus-Venezia, valida per la Giornata 16 del campionato di Serie A Enilive 2024/25. L’infortunio è stato confermato dagli esami strumentali eseguiti.
Il difensore classe 1998 sarà sottoposto a un intervento chirurgico di ricostruzione del legamento che sarà effettuato nei prossimi giorni dal Professor Fink, alla presenza dello staff medico arancioneroverde, presso la clinica privata Gelenkpunkt di Innsbruck, in Austria.”
Serie A
Lazio, Romagnoli: “È stato un 2024 bello. Dispiace per il ko con l’Inter, ma reagiremo!”
Il difensore della Lazio Alessio Romagnoli fa il bilancio dell’anno durante la cena di Natale della società.
Un anno intenso e ricco di emozioni contrastanti per Alessio Romagnoli. Durante la cena di Natale organizzata dal club, il giocatore ha condiviso le sue riflessioni sul 2024, un anno che ha messo alla prova il gruppo biancoceleste, ma che si chiude con segnali di speranza per il futuro.
La svolta, indubbiamente, è arrivata con l’insediamento di Marco Baroni e nonostante il pesante ko subito contro l’Inter, Romagnoli lo vede come un’opportunità di crescita. Ecco le sue parole:
“È stato un 2024 bello tutto sommato. Gli ultimi sei mesi sono stati i più belli, mentre i primi di sicuro sono stati un po’ più particolari per tutto quello che è successo. Dispiace per il ko contro l’Inter, perché sappiamo che abbiamo fatto una brutta prestazione; però dobbiamo reagire subito. Di margini di crescita ne vedo tanti. La squadra è molto forte, l’importante è avere voglia di migliorare sempre. Adesso dobbiamo resettare e ripartire da Lecce. Al nuovo anno chiedo di toglierci altre soddisfazioni e magari di portare a casa qualcosa di importante”
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