Era l’estate del 2014 quando, a ritiro precampionato appena iniziato, da Vinovo arrivava la clamorosa notizia delle dimissioni di Antonio Conte. Divorzio consensuale, si disse. Ma al di là delle formule di rito si era consumata una rottura profonda tra la società bianconera e il tecnico salentino. Se ne andava una bandiera bianconera, la grinta e i polmoni sul campo nella Juve di Lippi e soprattutto l’uomo che aveva saputo riportare immediatamente successi ed entusiasmo in una squadra e in un ambiente mortificati da due settimi posti consecutivi e da scelte sbagliate in panchina.
Il primo anno di Conte era anche il primo anno allo Juventus Stadium, la nuova e modernissima casa dei bianconeri. Complici lungimiranti operazioni che avevano portato a Torino innesti importanti, alcuni a parametro zero (uno per tutti Andrea Pirlo), la Juve di Conte ingaggiò subito un testa a testa con il Milan di Allegri fino a conquistare il titolo da imbattuti. Poco importa se in finale di Coppa Italia dovette cedere al Napoli. Seguirono due anni di trionfi con una supremazia mai messa in discussione e con il record di 102 punti in quella che era destinata a essere l’ultima del tecnico sulla panchina della Vecchia Signora. In Europa le cose non andarono bene come in Patria: il primo anno in Champions, dopo il primo scudetto, la Juve uscì ai quarti per mano del Bayern Monaco (doppio 0-2 senza storia) e l’anno successivo retrocesse in Europa League dopo la sconfitta 0-1 sulla neve del campo del Galatasaray.
Allegri fu la scelta della dirigenza bianconera in quell’agosto rovente, presa a tempo di record. Una scelta di buon senso ma, in ogni caso, un’eredità pesantissima da raccogliere per il tecnico livornese. Anche l’accoglienza dei tifosi, orfani del loro condottiero, fu freddina e con punte di contestazione.
Allegri raccolse la sfida tra lo scetticismo di molti e anche acquisti importanti come Evra, Pereyra e Morata. Intelligentemente non stravolse il lavoro del suo predecessore e la squadra ricominciò da dove aveva lasciato, sbaragliando la concorrenza della Roma di Garcia (che cedette dopo il girone di andata) e conquistando il quarto tricolore consecutivo. Ma la prima annata, nella quale Allegri seppe conquistarsi il consenso del tifo, fu anche quella in cui la Juventus sfiorò clamorosamente il Triplete. Si aggiudicò la Coppa Italia battendo in Finale la Lazio, rivelazione di quella stagione in campionato, e soprattutto, da outsider, contese a Monaco di Baviera la Champions League al Barcellona di Guardiola dopo aver eliminato il Real Madrid. Fu una sconfitta (1-3) ma la Juventus era tornata a giocare un’inattesa finale dodici anni dopo quella persa a Manchester contro il Milan.
L’anno successivo, il secondo di Allegri, arrivano i colpi Dybala e Quadrado. La Juve soffre un avvio stentato e alla 10ma giornata, sconfitta 0-1 a Reggio Emilia col Sassuolo, è dodicesima con 12 punti e 11 di ritardo dalla Roma capolista. Mentre tutti i media celebrano la fine di un ciclo e una squadra sazia, la Juve riparte strappando la vittoria nel derby della Mole all’ultimo respiro. Da allora in avanti è una cavalcata trionfale fino a celebrare in anticipo il quinto scudetto consecutivo, impreziosito dalla seconda Coppa Italia consecutiva conquistata a spese del Milan ai tempi supplementari. Supplementari che sono invece fatali in Champions, con la Juve che cede al Bayern Monaco dopo essere andata in vantaggio 2-0 nel primo tempo, splendido, all’Allianz Arena.
Il terzo anno di Allegri è ancora scudetto e ancora finale di Uefa Champions League, contro il Real Madrid a Cardiff, dopo aver eliminato la corazzata Barcellona (3-0 a Torino con Dybala protagonista e 0-0 al ritorno). Purtroppo ancora una sconfitta, 1-4 con doppietta di CR7 e in mezzo l’illusorio pareggio 1-1 di Mario Mandzukic. Arriva anche la terza Coppa Italia consecutiva (2-0 alla Lazio in finale).
Il quinquennio del tecnico livornese si conclude con due stagioni ancora vincenti: doppietta Scudetto e Coppa Italia per il quarto anno consecutivo nella stagione 2017-2018 e Scudetto con sei giornate d’anticipo nella stagione che si sta concludendo. In Europa due delusioni interrompono il percorso dei bianconeri. Lo scorso anno un rigore discusso concesso allo scadere al Real Madrid al Bernabeu, trasformato da un glaciale CR7, spegne i sogni di una squadra che era stata capace di ribaltare con identico punteggio al Bernabeu il 3-0 subito in casa a Torino. Quest’anno, è storia recente e ancora una ferita apertissima nei cuori dei tifosi bianconeri, la Juve impreziosita dall’arrivo di Cristiano Ronaldo
dalle “merengues”, il colpo del secolo della dirigenza bianconera, esce cedendo in casa 2-1 al giovanissimo e spavaldo Ajax, dopo una entusiasmante remuntada contro l’Atletico Madrid.La prudenza, già. Forse è proprio la prudenza l’elemento debole del tecnico livornese in un quinquennio caratterizzato da tantissime luci e poche ombre. Un aziendalista, dicono in molti, uno che mai pronuncerebbe alcune delle frasi scelte da Conte, come la celebre “con pochi euro non ci si siede a tavola coi grandi d’Europa”, per reclamare investimenti maggiori e colpi di mercato. Un uomo che ha saputo lavorare a testa bassa quando tutti attorno a lui, ad eccezione della società, erano scettici o addirittura ostili. Un tecnico che ha saputo gestire i nuovi arrivi e i gioielli, come Dybala, inserendoli col contagocce, sapientemente come un abile alchimista, e traendone alla fine il meglio. Un vincente, perché i suoi cinque anni – comunque vada – rimarranno alla storia con i 5 scudetti e le 4 coppe italia, oltre alle due finali di Champions perse ma comunque giocate (e non è poco!).
Eppure qualcosa sembra essersi rotto nell’amore, forse mai del tutto esploso in passione, tra Allegri e i tifosi bianconeri. Così come appaiono evidenti alcuni segnali di nervosismo nei rapporti con i media, la polemica stucchevole su cosa sia più importante tra vincere e incantare, quella permalosità aggressiva con cui afferma il suo “credo” calcistico e il mantra “il calcio è una roba semplice, vincono i giocatori mica il tecnico, altrimenti mi pagherebbero più di CR7 e di Messi!”.
A volte anche nelle storie migliori giunge quel momento in cui è meglio chiudere in un momento tutto sommato positivo che trascinarsi avanti fino a compromettere i rapporti, di cancellare le tante cose buone fatte. Forse per Massimiliano Allegri da Livorno e la Vecchia Signora è giunto quel momento. Tra breve da Andrea Agnelli sapremo se ci sarà ancora una Juve di Allegri ai nastri di partenza della prossima stagione.
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