Simone Inzaghi è stato molto criticato per la sua gestione delle rotazioni dopo il pareggio di ieri sera a San Siro contro la Real Sociedad.
Non mi stancherò mai di ripeterlo. Quello dell’allenatore è un mestiere ingrato. Sei sempre costretto a compiere delle scelte. Se ci indovini, sei un fenomeno. Se sbagli, sei un pirla.
Una malsana abitudine frutto della tendenza della comunicazione nostrana a voler semplificare eccessivamente le cose. Una scarsa comprensione del gioco che non ti porta a capire che il risultato è la risultante di un insieme di variabili aleatorie, che spesso sfuggono al controllo dei protagonisti.
Rispetto alla esondante vittoria contro l’Udinese, Inzaghi ha cambiato appena quattro giocatori. Bastoni (reduce da un infortunio), Di Marco, Barella e Lautaro Martinez.
In questi casi mi torna sempre in mente la storica lezione che Rafa Benitez, ai tempi in cui allenava il Napoli, diede ai giornalisti in conferenza stampa.
Il tecnico spagnolo criticava la definizione stessa di turnover e il suo utilizzo strumentale. Un po’ come tutte le cose, quando vengono utilizzato troppo e a sproposito tendono a perdere il loro significato intrinseco.
Iniziano ad avere contorni più sfumati. Diventano vacue e inconsistenti. E come sempre, a determinarne l’accezione è il risultato. Un recentismo figlio di una scarsa capacità di analisi, frutto della lettura approssimativa di freddi numeri.
Leggi anche le pagelle di Inter-Real Sociedad del nostro Alessandro Cascino.
Si è sempre detto, e non rimangiamocelo proprio adesso solo perché fa comodo alle contingenze del momento, che l’Inter è l’unica in Italia ad avere due squadre. E allora dov’è il problema se Inzaghi fa alcune rotazioni?
Stante che le rotazioni sono fisiologiche e inevitabili, oltre che propedeutiche a evitare infortuni, l’Inter non è forse una squadra costruita per giocare su tre fronti? E per farlo non è necessario attingere a piene mani alla rosa?
Inzaghi prima veniva criticato perché non faceva giocare Frattesi, giustamente poiché l’armeno è giocatore dalla classe attualmente inarrivabile per la dinamo ex-Sassuolo, e adesso che gioca non va bene? Si è lungamente detto che solo l’Inter può vantare una batteria di esterni così qualitativa.
Carlos Augusto incensato come futuro pilastro del Brasile. Cuadrado accolto dalle fanfare come titolare indiscusso, a discapito di Dumfries. Poi però fanno quello per cui sono stati tesserati, ovvero far rifiatare i loro compagni nel momento del bisogno, e improvvisamente non vanno più bene.
Il turnover di Inzaghi non è stato neppure massiccio come quello che si era visto a Lisbona, dove furono cambiati 8/11, ma la maggior parte delle critiche rivolte al tecnico piacentino riguardano l’esclusione di Lautaro Martinez.
Posto che Lautaro ha giocato da titolare 18 partite sulle 21 stagionali disputate dall’Inter
, l’argentino è partito dalla panchina in tutte e tre le ultime gare di Champions League. Sintomatico di come quella di Inzaghi sia una scelta chiara. Condivisibile o meno, come tutte, ma doverosa di rispetto.Proprio perché Lautaro è il totem dell’Inter va preservato da eventuali infortuni o acciacchi fisici, considerando anche i viaggi oltreoceano che è sovente fare con l’Argentina. Non condivido neppure le critiche ad Arnautovic e Sanchez.
Quando i due sono stati titolari a Lisbona, segnando due gol su tre nell’epica rimonta in terra lusitana, non ho letto le stesse critiche. Così come non le ho lette quando Sanchez sbloccava la delicata partita giocata a Milano contro il Salisburgo.
All’epoca si parlava di un fuoriclasse imperituro e senza tempo. Di un valore aggiunto con pochi eguali in Italia. Adesso, a un mese di distanza, si è tornati a parlare di Sanchez come di un giocatore finito. Quasi come se la sua presenza fosse un peso per i nerazzurri. Come cambiano in fretta le cose…
L’unica critica che (in parte) mi sento di condividere è quella relativa alla coppia composta proprio dal Toro e da Thuram. Quando Inzaghi ha diramato la formazione ufficiale, era abbastanza ovvio che la staffetta in attacco fosse annunciata.
Quella di sostituire gli attaccanti che erano in campo con quelli che erano in panchina era una scelta programmata. E allora forse si poteva partire con Arnautovic-Sanchez titolari, come contro il Benfica, per poi schierare nella ripresa la Thu-La. Questa è solo la mia opinione, ma se Inzaghi ha fatto delle scelte diverse evidentemente avrà avuto le sue ragioni.
Piccola chiosa a margine su Arrigo Sacchi, il cui hobby preferito in vecchiaia ormai è quello di criticare il gioco dell’Inter e del suo allenatore. Come spesso (per non dire sempre) accade, l’ex-allenatore del Milan ha commentato la prestazione dei nerazzurri sulla Gazzetta dello Sport.
❝L’Inter può ritenersi soddisfatta del percorso, però ci sono ancora parecchie cose da migliorare e dunque guai a fermarsi. Non guardo solo i risultati. Io parlo del gioco e su quello si devono fare dei passi avanti. Non si può sempre puntare soltanto sul contropiede e sulle difese eroiche. Servono altre soluzioni. I nerazzurri hanno lasciato il pallone agli avversari per quasi tutta la partita e questo è un errore da non commettere. L’Inter non ha mai fatto pressing e questo è un aspetto su cui lavorare se si vuole diventare protagonisti anche in Europa.❞
Vorrei ricordare a Sacchi che l’anno scorso Inzaghi si è laureato vice-campione d’Europa con un possesso palla medio del 44%. E che l’ultimo trofeo europeo all’Italia l’ha portato José Mourinho. Anche se capisco che oramai debunkare le stupidaggini di Sacchi sia come sparare sulla croce rossa.
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