Giancarlo De Sisti, ex allenatore, dirigente sportivo ed ex calciatore nonché campione d’Europa nel 1968 e vicecampione mondiale nel 1970 con la Nazionale italiana è intervenuto ai microfoni di calciostyle per parlare della Nazionale di Roberto Mancini che si è appena conquistata la finale grazie alla partita di ieri vinta ai calci di rigore contro la Spagna di Luis Enrique. La squadra di Roberto Mancini ha sconfitto la nazionale spagnola ai calci di rigore per 4-2 portandosi in finale dove aspetterà stasera una delle due semifinaliste tra Inghilterra e Danimarca.
Come giudica la partita di ieri?
“Abbiamo fatto sempre ottime prestazioni, alcune sofferte ma tutte meritate. Ieri abbiamo trovato un grande contendente che era la Spagna che praticamente è antibseniana in questo modo di giocare, quello che noi stiamo interpretando in una maniera spettacolare di fronte ad avversari molto forti però le partite si possono vincere anche nei calci di rigore”.
Chi preferirebbe in finale tra la Danimarca e l’Inghilterra? E cosa dobbiamo temere delle due squadre?
“E’ un traguardo già prestigioso essere arrivati in finale. Io credo che il massimo sarebbe battere gli inglesi a casa loro, una soddisfazione immensa. L’Europeo è un obiettivo che l’antica nazionale del 68 ha dato da testimone a questa giovane Italia, divertente e spettacolare. Chi ci capita è uguale, però sul piano ambientale l’Inghilterra potrebbe essere peggio mentre dopo il fatto di Eriksen la Danimarca è migliorata in tutti i reparti e sta giocando meglio, ripeto per noi fa lo stesso anche se sarebbe prestigioso battere l’Inghilterra nel tempio dei maestri del calcio”.
Secondo lei è stato Chiesa il migliore in campo di ieri della formazione di Roberto Mancini contro la Spagna?
“Chiesa ha il grandissimo merito di aver sbloccato la partita la differenza forte è che poi noi ce l’abbiamo sempre nel concetto di squadra però i nostri difensori non perdono mai l’attenzione sull’avversario negli ultimi 16 metri mentre loro si, per cui è giusto eleggere Chiesa in una media di prestazione non altissima di sacrificio forse è anche giusto”.
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