Nations League, il day after di Italia-Spagna: riflessioni sulle scelte del ct Roberto Mancini e sul futuro azzurro
La sconfitta di ieri sera con le Furie Rosse ha lasciato l’amaro in bocca al ct Roberto Mancini e ai vertici federali. Un colpo all’immagine del disastrato calcio azzurro. Reduce dalla doppia eliminazione consecutiva dai mondiali.
Infatti, la nazionale italiana non ha partecipato alle rassegne iridate del 2018 e del 2022. A livello giovanile i risultati sono soddisfacenti, come dimostra l’Under 20 vice campione del mondo guidata da Carmine Nunziata.
Adesso gli azzurri sfideranno l’Olanda per il terzo posto e con ogni probabilità lo staff tecnico sfrutterà la partita per fare degli esperimenti. Nel frattempo la Figc si concentrerà sulla nazionale Under 21 impegnata ai campionati europei.
La sfida persa con la Spagna ha aperto ad una serie di riflessioni. Dalle scelte in tema di uomini e modulo, fino all’utilità di andare avanti con lo stesso ct e presidente federale dopo la mancata qualificazione all’ultimo mondiale.
Dopo l’eliminazione ai gironi di qualificazione ai mondiali 2010, Marcello Lippi e Carlo Tavecchio, rispettivamente ct e presidente federale si dimisero. Una scelta corretta che permise un rimpasto ai vertici della Figc e in panchina.
Dopo la mancata qualificazione alla rassegna iridata in Qatar nel 2022, il ct Roberto Mancini e il presidente Gabriele Gravina sono rimasti saldi al loro posto. Una scelta che all’epoca fece storcere il naso a molti.
Lo stesso ex allenatore fra le altre di Fiorentina, Lazio, Inter, Manchester City,
Galatasarayera rimasto a lungo indeciso se rimanere alla guida della nazionale o lasciare. Alla fine rimase, ma sembra un uomo senza motivazioni…
La postura e la mimica del corpo durante le partite sono quelle di un ct rassegnato, che non crede nelle potenzialità della squadra e dei giocatori scelti per le gare. Niente a che vedere con la ferocia di Antonio Conte per esempio.
La mancanza di coraggio e di scelte per un netto ricambio generazionale
L’allenatore jesino è colui che ha avuto il coraggio di portare in azzurro i vari Nicolò Zaniolo, Simone Pafundi, Willy Gnonto. Ma è anche il ct che si è incartato nella corsa alla qualificazione all’ultimo mondiale.
Andando a convocare l’oriundo Joao Pedro per la gara contro la Macedonia del Nord, trascurando altri giovani attaccanti che potevano essere più adatti a quel tipo di sfida. L’insistenza su alcuni profili datati non ha senso.
Ieri sera in difesa hanno giocato Francesco Acerbi (1988), Leonardo Bonucci (1987), Rafael Toloi (1990), Matteo Darmian (1989): il trionfo della linea verde. In panchina il talento Alessandro Buongiorno (1999).
Per non parlare della mediana dove ci sono ancora gli usurati Jorginho (1991) e Marco Verratti (1992). Non per niente uno dei migliori è stato Davide Frattesi (1999). Manca il coraggio di lanciare un Cesare Casadei (2003).
L’attacco è affidato ancora a Ciro Immobile (1990), con Mateo Retegui (1999) in panchina. Non mancano i centravanti di spessore, ma bisogna puntarci: Lorenzo Colombo (2002), Gianluca Scamacca (1999), Lorenzo Lucca (2000), Andrea Pinamonti (1999).
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