editoriale
Ritorno alle Origini: João Félix e la vendetta del talento
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Félix-Benfica: dopo Chelsea, Barcellona, Atlético Madrid e Milan, il portoghese sembrerebbe pronto a tornare a casa. Benfica e Blues sarebbero già d’accordo.
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Dantès torna sotto mentite spoglie per vendicarsi, dopo essere stato tradito e imprigionato ingiustamente. Il suo ritorno è freddo, calcolato e implacabile, diventando simbolo di una giustizia divina – o, forse, di una vendetta personale.
Così come potrebbe esserlo un ipotetico ritorno a casa di João Félix, messo metaforicamente in gabbia da Diego Simeone, che lo ha inserito in un sistema di gioco incompatibile con il suo carattere e con il suo stile. Un talento che, dopo essere stato dimenticato tra i tanti nomi del progetto Blues e relegato ai margini anche nella complicata realtà rossonera – che, seppur iniziata con entusiasmo, rischia di trasformarsi nell’ennesima scialuppa di salvataggio mancata – sembra ora destinato a un ennesimo, seppur forzato, nuovo inizio.

26/11/2020 Turin. Football match of UEFA Champions League. Juven
Félix e il ritorno al Benfica
Spesso messo in discussione a causa dell’enorme attesa che lo ha sempre circondato, João Félix, a Lisbona, potrebbe finalmente lasciarsi alle spalle il peso delle considerazioni economiche. Il Chelsea, infatti, sarebbe già d’accordo nel mandarlo in prestito al Benfica, contribuendo al pagamento dell’ingaggio: un’opportunità rara, che potrebbe permettere al portoghese di esprimersi con libertà, senza la costante taglia sulla testa che – inevitabilmente – ha finito per imbrigliare il suo grande e innegabile talento.
Un ritorno freddo, calcolato e implacabile: è questo ciò che si spera possa mettere in scena João Félix una volta tornato in Portogallo, dopo aver indossato le più disparate – seppur blasonate – maglie in giro per l’Europa.
Freddo, sicuramente, dal punto di vista dell’attesa: servirà pazienza nei confronti di un giocatore che, dopo aver lasciato le Águias, ha sempre faticato a trovare una situazione davvero congeniale. Di fatto, non è mai riuscito a ripetere la stagione della sua “consacrazione” calcistica, quella che lo aveva affermato come uno dei migliori talenti a livello mondiale. Prima attraverso i numeri, poi – seppur in maniera meno costante – con il gioco: quella fantasia e quelle intuizioni che tanto avevano incantato il Da Luz si sono fatte vedere, altrove, solo a sprazzi.
Calcolato, nella maniera in cui un giocatore di tale portata – che, per di più, porta con sé l’etichetta di essere uno dei cinque acquisti più costosi della storia – dovrà affrontare il suo ritorno a casa. Perché, qualora Félix dovesse deludere ancora una volta le aspettative, le occasioni – almeno in Europa, o comunque ad alti livelli – potrebbero davvero essersi esaurite.
Infine, implacabile: nel risultato che João Félix sarà chiamato a produrre, non più come promessa, ma come un giocatore che lotta per tenere viva la fiamma del proprio talento, per evitare che il suo nome finisca tra quelli di chi non è riuscito a reggere il peso del proprio potenziale. E forse – per la prima volta da quando ha lasciato Lisbona – davvero a casa.
João Félix dunque è pronto a chiudere un lungo viaggio che ora, forse, lo riporterà finalmente a Lisbona, là dove tutto era cominciato.
editoriale
Luca Toni, nove anni fa l’ultimo atto: la storia del bomber
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08/05/2025
L’8 maggio 2016 è la data più importante nella carriera di Luca Toni, che ha segnato di fatto l’addio al calcio del bomber di Pavullo. Ecco i suoi numeri.
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È stato uno degli ultimi attaccanti italiani più forti in attività ed è riuscito a mantenere un livello decisamente alto nonostante l’età che avanzava. Con qualsiasi maglia indossata ha lasciato il segno.
Luca Toni, 9 anni da quel Hellas Verona-Juventus: una carriera da star
Fin dagli esordi tra i professionisti, tra Modena (Serie C) ed Empoli (Serie B), il classe 1977 ha subito impressionato per la facilità con cui trovava la rete, unita a una serie di movimenti da “attaccante puro”. In toscana però non convince, passando prima al Fiorenzuola e poi alla Lodigiani dove per la prima volta raggiunge la doppia cifra (15 reti).
L’impressionante rendimento attrae l’attenzione del Treviso (in Serie B) che punta su di lui e nella stagione 1999/2000 mette a referto altre 15 reti più 1 in Coppa Italia. Da qui inizia la scalata verso l’esordio in Serie A (1 ottobre 2000) a San Siro con la maglia Vicenza.
La stagiona successiva lascia il Veneto (solo momentaneamente) per approdare nella vicina Brescia, con le rondinelle colleziona 16 gol in 50 partite, e dopo due sole annate saluta per sbarcare in Sicilia a Palermo.

Luca Toni
In rosanero c’è la vera e propria consacrazione: per ben due stagioni di fila raggiunge o supera quota 20 gol tra B e A, trascinando il club verso prima promozione e poi salvezza. In totale dunque sono 51 le reti segnate dal bomber modenese con la maglia rosanero.
Nel 2005 arriva la prima vera grande squadra, la Fiorentina, che insiste per averlo e sborsa ben 15 milioni di euro per portarlo al Franchi. Solo due annate in viola ne fanno uno dei top scorer di sempre del club toscano, 57 reti in 97 presenze.
Nel frattempo la Nazionale Italiana non può più fare a meno di lui e nel 2006, Luca Toni, farà parte di quello straordinario gruppo che vincerà la Coppa del Mondo in Germania.
Il salto di qualità definitivo arriva però nel 2007 quando il Bayern Monaco è alla ricerca di una punta vera e propria per dominare il campionato tedesco. Detto fatto: 30 milioni di euro alla Fiorentina ed esordio all’Allianz Arena l’11 agosto 2007. In Bavaria conquista, grazie anche ai suoi gol, 2 Bundesliga e 2 Coppe di Germania scalando rapidamente le classifiche dei marcatori.
Nella sua prima stagione tedesca si prende il premio di Capocannoniere del campionato con 24 gol e mostrando una grandissima affinità con certo Franck Ribery.
Terminata l’esperienza bavarese, nel 2010 Toni torna in Italia dove ad attenderlo c’è una Roma affamata di Scudetto ma la concorrenza in attacco è agguerritissima. Claudio Ranieri riesce a ritagliargli dello spazio e in tutto saranno 15 le presenze totali con 5 reti all’attivo, una di queste contro l’Inter (nella vittoria per 2-1 nello scontro diretto) ma che alla fine non servirà ai fini del titolo.
L’anno successivo decide di affrontare una nuova avventura all’ambizioso Genoa ma anche qui il bottino totale (5 gol tra campionato e Coppa Italia) è piuttosto magro. La stessa situazione si ripropone poi nella stagione 2010/2011 quando la Juventus decide di puntare su di lui per rilanciarlo. Il risultato è l’addio anticipato a gennaio del 2011 per passare all’Al Nasr di Dubai ma anche lì dopo pochi mesi la fiamma si affievolisce sempre di più.
Considerato ormai da tutti a “fine carriera”, Luca decide di accettare la corte della sua Fiorentina e torna a vestire viola dopo 6 anni, tornando così ai fasti del passato grazie alle 8 reti messe a segno in 27 presenze. Al termine del contratto però una nuova squadra gli proprone un ruolo centrale e promette di regalargli anni fantastici: l’Hellas Verona.
La figura del presidente Giovanni Martinelli sostenuta da quella di un nuovo azionario appena entrato in società, Maurizio Setti, convince Toni ad accettare il progetto e sposare la causa di una squadra tornata in Serie A dopo 11 anni.
In gialloblu vivrà un vero e proprio sogno: nel 2015 vince la classifica cannonieri al pari di un certo Mauro Icardi con 22 gol e in totale colleziona 100 presenze per un bottino complessivo di 51 gol alla veneranda età di 39 anni.
L’ultima rete, col cucchiaio su calcio di rigore, risale proprio a quell’Hellas Verona-Juventus 2-1 di fine campionato, con gli scaligeri già retrocessi ma vogliosi di regalare al suo capitano un addio come si deve.

addio al calcio di Luca Toni

La sconfitta amara di Roma lascia la Fiorentina di Palladino con poche chanche in mano di raggiungere una qualificazione alle prossime coppe europee attraverso il campionato.
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Le giornate rimaste sono tre, i punti disponibili ora sono solo nove. Il sogno Champions League, accarezzato per buona parte della stagione sembra svanire definitivamente, tra i 59 punti dei viola e i 63 della Juventus ci sono in mezzo anche Lazio, Roma e Bologna. A rischio c’è anche l’Europa League visto che il campionato potrebbe mettere a disposizione solo il quinto posto, visto che la finale Milan-Bologna potrebbe relegare alla Conference League chi arriva sesto.
A Roma Palladino ha cercato di dare alla sua squadra forze fresche (vedi Ndour e Richardson dal primo minuto) e forti motivazioni (la scelta di Zaniolo) e le risposte sono arrivate a metà: i viola avrebbero meritato molto di più perché è stato il portiere giallorosso Svilar il grande protagonista della gara con almeno 4 paratissime, tre su Kean e una su Mandragora.
La Fiorentina ora si giocherà praticamente tutta la stagione contro il Betis Siviglia: una piccola remuntada è possibile, si parte dal 2-1 per gli spagnoli. Il rischio è arrivare alla terza finale consecutiva di Conference e vedere gli altri esultare, il Chelsea favoritissimo è già praticamente a Breslavia, dopo la vittoria in casa del Djurgarden per 4-1.
Però questa volta potrebbe esserci l’impresa di Davide contro Golia, del resto la viola di Palladino ha dimostrato di essere spesso fortissima contro il forti.
Un’impresa è possibile.
editoriale
Inter, non è solo stanchezza: il vero calo è mentale
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28/04/2025
L’Inter cade in casa con la Roma e perde la vetta della classifica. La squadra di Inzaghi sembra a corto di energie, più mentali che fisiche.
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L’Inter cade di nuovo, stavolta in casa contro la Roma, e perde la testa della classifica. Dopo la bruttissima sconfitta in Coppa Italia contro il Milan, la squadra di Inzaghi non riesce a reagire e ora si ritrova a -3 dal Napoli, che ha anche un calendario – almeno sulla carta – più agevole.
È la terza sconfitta di fila per i nerazzurri tra tutte le competizioni, senza segnare nemmeno un gol: un dato che non si registrava dal 2012. Dopo una stagione fin qui straordinaria, con l’Inter lanciatissima verso un potenziale Triplete, il crollo è stato improvviso e fragoroso.
Il debito di ossigeno è evidente, ma non basta parlare solo di condizione fisica: il vero problema sembra essere mentale.
Una fragilità inattesa
La squadra ha perso certezze, e lo si è visto chiaramente nei cali di attenzione contro Parma e Bologna, ma anche nell’atteggiamento remissivo nel secondo tempo della semifinale contro il Milan e nella prima parte di gara di ieri contro la Roma.
È vero, non si può dominare per 90 minuti ogni volta, ma questa Inter, fino a poco tempo fa, trasmetteva solidità e compattezza anche nei momenti di difficoltà. Oggi invece appare più fragile, meno sicura, più vulnerabile.
La mancanza di due pedine fondamentali come Dumfries e Thuram ha certamente pesato tantissimo: l’esterno olandese è tornato ieri dopo lo stop e ha subito fatto vedere quanto sia importante sulla fascia, mentre l’attaccante francese è ancora fuori. Inzaghi spera di riaverlo per la gara di Champions contro il Barcellona, perché i numeri parlano chiaro: con Thuram la media gol è di 2.3 a partita, senza di lui scende a 0.3. E la media punti passa da 2.2 a 1.

MARCUS THURAM E LAUTARO MARTINEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Inter, serve uno switch mentale
Il recupero di Dumfries e Thuram sarà fondamentale, ma da solo non basta. L’Inter, che mai con Inzaghi si era trovata in una situazione così complicata, dovrà soprattutto ritrovare la propria forza mentale. Servirà uno switch nella testa, per ripartire e tornare ad essere quella squadra che fino a poche settimane fa incuteva timore in Italia e in Europa.
Tornano in mente le parole di Mkhitaryan, che a gennaio definì l’Inter “ingiocabile”: parole che oggi, a distanza di pochi mesi, sembrano invecchiate male.
Forse proprio da qui, da una riflessione profonda sui propri limiti e sui propri errori, potrà nascere la svolta. Perché il margine per rimettersi in carreggiata c’è ancora, ma ora serve lucidità, solidità e la forza di reagire. Nella testa, prima ancora che nelle gambe.
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