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Questa è la Fiorentina? “Grazie ma no grazie”

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La Fiorentina torna da Atene con le ossa rotte: il modo della sconfitta, ancor più del risultato, fanno riflettere.

Atene continua ad essere amara per i colori viola, dopo la sconfitta in finale di Conference League contro l’Olympiacos lo scorso 29 maggio, è arrivata la sconfitta per 3-2 contro il Panathinaikos nell’andata degli ottavi di finale di Champions League.

Una Fiorentina ancora una volta deludente, protagonista di una ripresa orrenda dal punto di vista tecnico e della voglia messa in campo. Per l’ennesima volta si è vista una Viola senza capo ne coda. Una prestazione partita sottotono, con una squadra svagata, che ha portato gli ateniesi al doppio vantaggio nel giro di un quarto d’ora, complici errori anche della difesa e di Terracciano, scelto da Palladino al posto di De Gea per le gare di Coppa, ma che evidentemente la panchina ha arruginito.

Nella seconda parte del primo tempo c’è stata una furente reazione dei ragazzi di Palladino, raggiungendo il pareggio in pochi minuti. La ripresa però ha visto per l’ennesima volta una Fiorentina opaca, scialba, “addormentata” secondo le parole di Beltran, uno dei pochissimi positivi della serata.

Una squadra per l’ennesima volta in campo senza carattere e con pochissimi spunti tecnici: la sensazione che la Fiorentina, dopo oltre metà di stagione, sia questa.

Ci viene da dire, come ripetuto da Willy Peyote a Sanremo: “Palladino, grazie ma no grazie!”. La Fiorentina non può essere solo questa, il tecnico deve tirare fuori dai presunti campioni Gudmundsson, Zaniolo (perché ieri non ha giocato, con la squalifica sulle spalle per domenica prossima a Napoli?), Fagioli molto di più da ciò che stanno dando.

Serve soprattutto un gioco che rimetta in luce Kean, altrimenti si rischia di inaridire anche l’unica vera fonte dei gol viola di questa stagione.

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Gaza, The Last Day: il calcio non si giri dall’altra parte

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lutto morte

Per oggi, 9 Maggio 2025, è stata lanciata l’iniziativa “The Last Day for Gaza”. Un invito a non girarsi dall’altra parte, rivolto anche al pallone.

Il 9 Maggio è la “Festa dell’Europa“. Non a caso è stato scelto questo giorno per sensibilizzare sulle disumane condizioni di vita a cui, da circa 60 anni e ben prima del 7 Ottobre, sono costretti i residenti della Striscia di Gaza. E’ un monito rivolto all’Europa, in cui le si chiede di non girarsi dall’altra parte: e vale anche per il calcio.

Calcio & Politica: quando gli atleti prendono posizione

Il mondo del calcio è pieno di giocatori che hanno assunto posizioni politiche. Uno dei miei preferiti è sicuramente Socrates, il genio del Corinthians che amava Gramsci e che deve il suo nome alla passione del padre per il filosofo greco. La sua esultanza, un pugno chiuso (simbolo universale del marxismo) rivolto al cielo, è divenuta celebre. Dopo aver segnato un gol con la maglia del Timão, nel 1982, mostrò il pugno chiuso, in segno di sfida, agli esponenti del regime militare brasiliano, che erano accorsi allo stadio per assistere al match.

Il 21 Novembre del 1973, la selezione nazionale dell’allora Unione Sovietica si rifiutò di recarsi allo Stadio Nacional di Santiago per la gara di ritorno contro il Cile. Era il Cile di Pinochet, che faceva sparire gli oppositori politici del regime imprigionandoli proprio nelle secrete di quello stadio: torturandoli e uccidendoli. La diserzione costò all’URSS la qualificazione ai Mondiali del 1974, poi vinto dalla Germania Ovest (la parte “Occidentale” della Germania) in finale contro l’Olanda di Cruyff, ma un gesto così vale molto più di qualsiasi trofeo.

Ci sono però anche esempi recenti. Il calciatore dell’Inter, Medhi Taremi, si era apertamente schierato contro il regime degli Ayatollah in occasione dei Mondiali del 2022. Lo fece sui suoi profili social ma anche pubblicamente, quando, assieme al resto della squadra, si rifiutò di cantare l’inno nazionale iraniano in occasione della gara contro l’Inghilterra. Alla base della sua protesta la morte di Mahsa Amini, manifestante 23enne uccisa dalla polizia morale, e il suo collega calciatore Amir Azadani, scampato per un soffio alla pena di morte.

Un altro calciatore nerazzurro, Henrikh Mkhitaryan, prese pubblicamente posizione contro il genocidio del suo popolo (quello armeno) perpetrato dall’esercito azero nel Nagorno-Karabakh. Il calciatore del Genoa Ruslan Malinovskyi, il 23 Marzo del 2024, ha attaccato sui social l’Atalanta (sua ex squadra) rea di aver “festeggiato” il gol segnato da Aleksej Mirančuk (all’epoca tesserato per gli orobici) con la nazionale russa.

Il fantasista ucraino ha definito l’ex compagno di squadra “complice del terrorismo russo”, allegando immagini di alcune città ucraine vittime dei bombardamenti russi. C’è chi si schiera contro il proprio regime e chi invece si schiera a favore. Il 14 Ottobre del 2019, la nazionale turca ha celebrato una rete nella partita di qualificazione a Euro2020 contro la Francia. Fin qui nulla di strano, se non fosse altro il fatto che i calciatori turchi celebrarono quella rete con un saluto militare: un gesto che è stato considerato apologia del regime militare di Erdogan, con condanna unanime della comunità internazionale e con la federazione calcistica turca multata di 50 mila euro.

Gaza

9 Maggio 2025, l’ultimo giorno di Gaza

Fun fact: il regime turco sostiene la pulizia etnica degli armeni, per la quale la comunità internazionale non ha espresso lo stesso livello di indignazione manifestato per il “saluto militare” dei calciatori turchi. La Turchia è a sua volta un membro della NATO, che ha permesso le operazioni di regime change (nell’ottica della Dottrina Monroe) che hanno portato ai rovesciamenti dei governi democraticamente eletti in Cile e in Brasile (ma non solo) e alla presa del potere delle giunte militari di estrema destra che hanno perpetrato i crimini di cui sopra.

L’espansione della NATO è anche una delle cause dello scoppio della guerra in Ucraina. E a proposito di ipocrisia, il 28 Febbraio 2022 (c’era già stata l’invasione ucraina da parte della Russia), in occasione del goal di Mirančuk contro la Sampdoria, quest’ultimo e Malinovskyi si abbracciarono. Pochi giorni dopo, nei pressi di Zingonia, verrà esposto uno striscione raffigurante una stretta di mano fra i due e sullo sfondo le bandiere della Russia e dell’Ucraina: meno di due anni dopo Malinovskyi darà del “collaborazionista” all’ex compagno.

Siccome è stato dimostrato che le personalità pubbliche, anche quelle legate al mondo del pallone, sanno prendere posizioni scomode quando vogliono, questo articolo vuole essere semplicemente un invito a coloro che hanno il privilegio di avere una folta platea a cui parlare. In un mondo ormai irrimediabilmente corrotto da ipocrisia e partigianeria, si chiede a chi può una presa di posizione seria sulla tematica d’attualità più dirimente del nostro secolo. Un invito esplicito, rivolto (anche) al mondo del pallone, a non girarsi dall’altra parte.

Perché, come si legge nel comunicato ufficiale della manifestazione, voltare lo sguardo altrove ci rende poco a poco meno umani. Al calcio chiediamo una presa di posizione seria, non l’ipocrisia della scritta peace (che troneggia durante le partite) mentre quello stesso paese invia armi per continuare i conflitti. Lo sdegno deve ovviamente coinvolgere tutte le guerre, a prescindere dalle cause e dalle varie responsabilità, ma questa non è una guerra. E’ un genocidio perpetrato su una sponda del nostro stesso mare. Non giratevi dall’altra parte.

#ultimogiornodigaza #gazalastday

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Luca Toni, nove anni fa l’ultimo atto: la storia del bomber

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luca toni

L’8 maggio 2016 è la data più importante nella carriera di Luca Toni, che ha segnato di fatto l’addio al calcio del bomber di Pavullo. Ecco i suoi numeri.

È stato uno degli ultimi attaccanti italiani più forti in attività ed è riuscito a mantenere un livello decisamente alto nonostante l’età che avanzava. Con qualsiasi maglia indossata ha lasciato il segno.

Luca Toni, 9 anni da quel Hellas Verona-Juventus: una carriera da star

Fin dagli esordi tra i professionisti, tra Modena (Serie C) ed Empoli (Serie B), il classe 1977 ha subito impressionato per la facilità con cui trovava la rete, unita a una serie di movimenti da “attaccante puro”. In toscana però non convince, passando prima al Fiorenzuola e poi alla Lodigiani dove per la prima volta raggiunge la doppia cifra (15 reti).

L’impressionante rendimento attrae l’attenzione del Treviso (in Serie B) che punta su di lui e nella stagione 1999/2000 mette a referto altre 15 reti più 1 in Coppa Italia. Da qui inizia la scalata verso l’esordio in Serie A (1 ottobre 2000) a San Siro con la maglia Vicenza.

La stagiona successiva lascia il Veneto (solo momentaneamente) per approdare nella vicina Brescia, con le rondinelle colleziona 16 gol in 50 partite, e dopo due sole annate saluta per sbarcare in Sicilia Palermo.

luca toni

Luca Toni

In rosanero c’è la vera e propria consacrazione: per ben due stagioni di fila raggiunge o supera quota 20 gol tra B e A, trascinando il club verso prima promozione e poi salvezza. In totale dunque sono 51 le reti segnate dal bomber modenese con la maglia rosanero.

Nel 2005 arriva la prima vera grande squadra, la Fiorentina, che insiste per averlo e sborsa ben 15 milioni di euro per portarlo al Franchi. Solo due annate in viola ne fanno uno dei top scorer di sempre del club toscano, 57 reti in 97 presenze.

Nel frattempo la Nazionale Italiana non può più fare a meno di lui e nel 2006, Luca Toni, farà parte di quello straordinario gruppo che vincerà la Coppa del Mondo in Germania.

Il salto di qualità definitivo arriva però nel 2007 quando il Bayern Monaco è alla ricerca di una punta vera e propria per dominare il campionato tedesco. Detto fatto: 30 milioni di euro alla Fiorentina ed esordio all’Allianz Arena l’11 agosto 2007. In Bavaria conquista, grazie anche ai suoi gol, 2 Bundesliga2 Coppe di Germania scalando rapidamente le classifiche dei marcatori.

Nella sua prima stagione tedesca si prende il premio di Capocannoniere del campionato con 24 gol e mostrando una grandissima affinità con certo Franck Ribery.

Terminata l’esperienza bavarese, nel 2010 Toni torna in Italia dove ad attenderlo c’è una Roma affamata di Scudetto ma la concorrenza in attacco è agguerritissima. Claudio Ranieri riesce a ritagliargli dello spazio e in tutto saranno 15 le presenze totali con 5 reti all’attivo, una di queste contro l’Inter (nella vittoria per 2-1 nello scontro diretto) ma che alla fine non servirà ai fini del titolo.

L’anno successivo decide di affrontare una nuova avventura all’ambizioso Genoa ma anche qui il bottino totale (5 gol tra campionato e Coppa Italia) è piuttosto magro. La stessa situazione si ripropone poi nella stagione 2010/2011 quando la Juventus decide di puntare su di lui per rilanciarlo. Il risultato è l’addio anticipato a gennaio del 2011 per passare all’Al Nasr di Dubai ma anche lì dopo pochi mesi la fiamma si affievolisce sempre di più.

Considerato ormai da tutti a “fine carriera”, Luca decide di accettare la corte della sua Fiorentina e torna a vestire viola dopo 6 anni, tornando così ai fasti del passato grazie alle 8 reti messe a segno in 27 presenze. Al termine del contratto però una nuova squadra gli proprone un ruolo centrale e promette di regalargli anni fantastici: l’Hellas Verona.

La figura del presidente Giovanni Martinelli sostenuta da quella di un nuovo azionario appena entrato in società, Maurizio Setti, convince Toni ad accettare il progetto e sposare la causa di una squadra tornata in Serie A dopo 11 anni.

In gialloblu vivrà un vero e proprio sogno: nel 2015 vince la classifica cannonieri al pari di un certo Mauro Icardi con 22 gol e in totale colleziona 100 presenze per un bottino complessivo di 51 gol alla veneranda età di 39 anni.

L’ultima rete, col cucchiaio su calcio di rigore, risale proprio a quell’Hellas Verona-Juventus 2-1 di fine campionato, con gli scaligeri già retrocessi ma vogliosi di regalare al suo capitano un addio come si deve.

addio al calcio di Luca Toni

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Fiorentina, adesso serve un’impresa per l’Europa

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La sconfitta amara di Roma lascia la Fiorentina di Palladino con poche chanche in mano di raggiungere una qualificazione alle prossime coppe europee attraverso il campionato.

Le giornate rimaste sono tre, i punti disponibili ora sono solo nove. Il sogno Champions League, accarezzato per buona parte della stagione sembra svanire definitivamente, tra i 59 punti dei viola e i 63 della Juventus ci sono in mezzo anche Lazio, Roma e Bologna. A rischio c’è anche l’Europa League visto che il campionato potrebbe mettere a disposizione solo il quinto posto, visto che la finale Milan-Bologna potrebbe relegare alla Conference League chi arriva sesto.

A Roma Palladino ha cercato di dare alla sua squadra forze fresche (vedi Ndour e Richardson dal primo minuto) e forti motivazioni (la scelta di Zaniolo) e le risposte sono arrivate a metà: i viola avrebbero meritato molto di più perché è stato il portiere giallorosso Svilar il grande protagonista della gara con almeno 4 paratissime, tre su Kean e una su Mandragora.

La Fiorentina ora si giocherà praticamente tutta la stagione contro il Betis Siviglia: una piccola remuntada è possibile, si parte dal 2-1 per gli spagnoli. Il rischio è arrivare alla terza finale consecutiva di Conference e vedere gli altri esultare, il Chelsea favoritissimo è già praticamente a Breslavia, dopo la vittoria in casa del Djurgarden per 4-1.

Però questa volta potrebbe esserci l’impresa di Davide contro Golia, del resto la viola di Palladino ha dimostrato di essere spesso fortissima contro il forti.

Un’impresa è possibile.

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