Rodri ha vinto il Pallone d’Oro. Una giusta rivincita per i centrocampisti, ai quali per anni questo premio era stato precluso per miopia calcistica.
L’assegnazione del Pallone d’Oro a Rodri è talmente giusta da stridere terribilmente con la storia recente di questo premio, divenuto oggetto di dibattito a tal punto da perdere il proprio significato intrinseco.
Una scelta talmente sensata da diventare (paradossalmente) imprevedibile, alimentando discussioni anche laddove è assurdo che ce ne siano. Quanto tempo passato (giustamente, intendiamoci) a pontificare sulla centralità di Rodri in una delle squadre più forti e vincenti degli ultimi anni, ovvero il Manchester City di Guardiola. Statistiche e articoli sulle sue statistiche si sprecano e gli opinionisti si accalcano per evidenziare la sua importanza anche nella Nazionale Spagnola, fresca Campione d’Europa (anche) grazie a lui.
Il fatto che Rodri sia indispensabile nel gioco di Guardiola è un argomento talmente inflazionato da aver generato un fenomeno di assuefazione. Una volta chi notava l’importanza di un centrocampista (e il suo cosiddetto “lavoro oscuro”) poteva erigersi a colui che aveva una visione calcistica più sopraffina della media, oggi invece è diventato un tema così ridondante che letteralmente tutti lo ripetono come pappagalli. Lo utilizza come mantra persino chi non saprebbe spiegarti a parole sue ciò che ha sentito da altri.
Alla luce di ciò, appare ancor più paradossale il polverone mediatico che si è alzato (soprattutto in Spagna) alla notizia che il tanto agognato (forse una volta) premio non sarebbe stato assegnato a un giocatore del blasonato Real Madrid. Perché la narrazione è quella che il Pallone d’Oro non interessi a nessuno (con massimo rispetto Toni, s’intende), eppure la sua assegnazione rimane uno dei momenti più discussi dell’intera annata calcistica.
Il Real è uno dei club più vincenti e gloriosi della storia del calcio. E’ un ambiente storicamente abituato a vincere sempre e comunque, e forse è proprio per questo che non ha mai imparato a perdere. La pantomima mediatica inscenata dall’ambiente blanco è a metà fra l’ilare e il grottesco, francamente inaccettabile per un club di siffatte proporzioni. Una boutade
in perfetto stile Real: tipico di chi non sa perdere.Dall’entourage di Vinicius allo sfogo per mezzo social di quest’ultimo, passando per l’esilarante richiesta di “rispetto” (almeno stando a quanto riportato dagli insider spagnoli) dei vertici delle merengues o dalla decisione dei giocatori di disertare la cerimonia di Parigi. Strano, poiché non mi sembra di ricordare che nessuno di loro avesse preteso rispetto dopo il gol inspiegabilmente annullato al Bayern nella semifinale della scorsa Champions.
Partita che, di fatto, ha permesso loro di raggiungere la finale poi vinta con il Borussia Dortmund: alla base delle proprie recriminazioni. Stante che, se proprio fossi stato costretto ad assegnare il premio ad un giocatore del Real, avrei scelto (nell’ordine) prima Carvajal e Bellingham e solo in extrema ratio Vinicius.
Ceteribus paribus (hanno alzato tutti e tre la Coppa dalle grandi Orecchie con il Real) reputo sarebbe stato giusto premiare chi si è differenziato maggiormente con la propria nazionale. Carvajal ha vinto tutto (Europeo e Champions League) da assoluto protagonista. Bellingham è arrivato in finale e, pur non brillando con la maglia dei Tre Leoni, ha comunque sciorinato una stagione individuale migliore a livello di club.
Vinicius, invece, è stato protagonista (in negativo) della deludente campagna in Copa América del Brasile, dove tra l’altro ha anche saltato il quarto di finale con l’Uruguay per doppia ammonizione. Una squalifica rimediata nell’ultima partita del girone contro il Paraguay, sul 4-1 (a sette minuti dalla fine) per i verde oro e causata da una evitabilissima litigata con Cubas: episodio sintomatico degli evidenti limiti caratteriali del ragazzo.
Vinicius è un giocatore straordinario, ma con questo suo infantilismo ha confermato la bontà della scelta di non assegnare a lui il Pallone d’Oro. Per fortuna stiamo lentamente uscendo dall’era della miopia calcistica e gli attaccanti non hanno più tutti i fari puntati in campo come una volta. Non è più fuori dal mondo assegnare un premio del genere a un centrocampista. Dopo Modric anche Rodri, che infatti ha dedicato il premio ai suoi connazionali (Xavi e Iniesta su tutti) che non erano mai riusciti a vincerlo.
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