editoriale
Roma, masterclass di Ranieri: ora la Champions non è più un miraggio

La Roma vince, a sorpresa, in casa dell’Inter e rimane a ridosso della zona Champions League grazie all’enorme lavoro di Claudio Ranieri.
Ci sono partite che, pur valendo sulla carta tre punti come tutte le altre, hanno un peso specifico decisamente superiore. Inter–Roma è una di queste. Gli uomini di Claudio Ranieri sono andati a Milano, in casa della capolista, con coraggio e determinazione, e si sono presi una vittoria meritata.
L’hanno fatto con il gioco, con la qualità dei singoli – Soulé su tutti – ma anche con quell’attenzione e solidità indispensabili per reggere l’urto del prevedibile ritorno nerazzurro nella ripresa. La squadra giallorossa ha mostrato personalità, organizzazione e fame.
Una vittoria così, in uno stadio difficile e contro un avversario di altissimo livello, lascia molto più di tre punti: lascia consapevolezza, entusiasmo e un messaggio fortissimo all’ambiente e alle rivali.

MATIAS SOULE PUNTA IL DITO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Roma, un messaggio alle rivali
Nonostante la vittoria della Juventus contro il Monza e in attesa della sfida odierna del Bologna in casa dell’Udinese, la Roma resta lì, incollata al treno Champions. Il successo contro l’Inter conferma una continuità che ormai non può più essere ignorata.
Quella giallorossa è una squadra vera, matura, capace di soffrire, ma anche di giocare un grande calcio. Con questo risultato, la Roma ha messo pressione alle dirette concorrenti e ha dimostrato che il sogno europeo è tutt’altro che irrealizzabile. Anzi, oggi è più concreto che mai.

CLAUDIO RANIERI SORRIDENTE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
La firma indelebile di Ranieri
Quello contro l’Inter è stato il 18° risultato utile consecutivo per i giallorossi: 13 vittorie e 5 pareggi. Numeri impressionanti, impensabili solo pochi mesi fa, quando la squadra arrancava e si trovava a pochi punti dalla zona retrocessione.
Ranieri ha ribaltato tutto. Ha dato identità, fiducia, entusiasmo. E anche se ha già annunciato che a fine stagione si ritirerà – stavolta per davvero – il lavoro che ha fatto è destinato a rimanere.
Ha preso una rosa sfiduciata e l’ha trasformata in un gruppo che ora sogna il ritorno tra i grandi d’Europa. Le fondamenta per costruire il futuro ci sono, ed è giusto riconoscere che tutto nasce dalla masterclass dell’allenatore testaccino.
editoriale
Fiorentina, adesso serve un’impresa per l’Europa

La sconfitta amara di Roma lascia la Fiorentina di Palladino con poche chanche in mano di raggiungere una qualificazione alle prossime coppe europee attraverso il campionato.
Le giornate rimaste sono tre, i punti disponibili ora sono solo nove. Il sogno Champions League, accarezzato per buona parte della stagione sembra svanire definitivamente, tra i 59 punti dei viola e i 63 della Juventus ci sono in mezzo anche Lazio, Roma e Bologna. A rischio c’è anche l’Europa League visto che il campionato potrebbe mettere a disposizione solo il quinto posto, visto che la finale Milan-Bologna potrebbe relegare alla Conference League chi arriva sesto.
A Roma Palladino ha cercato di dare alla sua squadra forze fresche (vedi Ndour e Richardson dal primo minuto) e forti motivazioni (la scelta di Zaniolo) e le risposte sono arrivate a metà: i viola avrebbero meritato molto di più perché è stato il portiere giallorosso Svilar il grande protagonista della gara con almeno 4 paratissime, tre su Kean e una su Mandragora.
La Fiorentina ora si giocherà praticamente tutta la stagione contro il Betis Siviglia: una piccola remuntada è possibile, si parte dal 2-1 per gli spagnoli. Il rischio è arrivare alla terza finale consecutiva di Conference e vedere gli altri esultare, il Chelsea favoritissimo è già praticamente a Breslavia, dopo la vittoria in casa del Djurgarden per 4-1.
Però questa volta potrebbe esserci l’impresa di Davide contro Golia, del resto la viola di Palladino ha dimostrato di essere spesso fortissima contro il forti.
Un’impresa è possibile.
editoriale
Inter, non è solo stanchezza: il vero calo è mentale

L’Inter cade in casa con la Roma e perde la vetta della classifica. La squadra di Inzaghi sembra a corto di energie, più mentali che fisiche.
L’Inter cade di nuovo, stavolta in casa contro la Roma, e perde la testa della classifica. Dopo la bruttissima sconfitta in Coppa Italia contro il Milan, la squadra di Inzaghi non riesce a reagire e ora si ritrova a -3 dal Napoli, che ha anche un calendario – almeno sulla carta – più agevole.
È la terza sconfitta di fila per i nerazzurri tra tutte le competizioni, senza segnare nemmeno un gol: un dato che non si registrava dal 2012. Dopo una stagione fin qui straordinaria, con l’Inter lanciatissima verso un potenziale Triplete, il crollo è stato improvviso e fragoroso.
Il debito di ossigeno è evidente, ma non basta parlare solo di condizione fisica: il vero problema sembra essere mentale.
Una fragilità inattesa
La squadra ha perso certezze, e lo si è visto chiaramente nei cali di attenzione contro Parma e Bologna, ma anche nell’atteggiamento remissivo nel secondo tempo della semifinale contro il Milan e nella prima parte di gara di ieri contro la Roma.
È vero, non si può dominare per 90 minuti ogni volta, ma questa Inter, fino a poco tempo fa, trasmetteva solidità e compattezza anche nei momenti di difficoltà. Oggi invece appare più fragile, meno sicura, più vulnerabile.
La mancanza di due pedine fondamentali come Dumfries e Thuram ha certamente pesato tantissimo: l’esterno olandese è tornato ieri dopo lo stop e ha subito fatto vedere quanto sia importante sulla fascia, mentre l’attaccante francese è ancora fuori. Inzaghi spera di riaverlo per la gara di Champions contro il Barcellona, perché i numeri parlano chiaro: con Thuram la media gol è di 2.3 a partita, senza di lui scende a 0.3. E la media punti passa da 2.2 a 1.

MARCUS THURAM E LAUTARO MARTINEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Inter, serve uno switch mentale
Il recupero di Dumfries e Thuram sarà fondamentale, ma da solo non basta. L’Inter, che mai con Inzaghi si era trovata in una situazione così complicata, dovrà soprattutto ritrovare la propria forza mentale. Servirà uno switch nella testa, per ripartire e tornare ad essere quella squadra che fino a poche settimane fa incuteva timore in Italia e in Europa.
Tornano in mente le parole di Mkhitaryan, che a gennaio definì l’Inter “ingiocabile”: parole che oggi, a distanza di pochi mesi, sembrano invecchiate male.
Forse proprio da qui, da una riflessione profonda sui propri limiti e sui propri errori, potrà nascere la svolta. Perché il margine per rimettersi in carreggiata c’è ancora, ma ora serve lucidità, solidità e la forza di reagire. Nella testa, prima ancora che nelle gambe.
editoriale
Pizzaballa, la figurina “introvabile” e l’erede di Francesco

Storia particolare quella della famiglia Pizzaballa. Conosciuta dagli appassionati di calcio per un motivo, salita agli onori delle cronache per un altro.
“Ahh, ecco cos’era quella sensazione di déjà vu che avevo!” Quando si è fatto il nome del cardinale Pierbattista Pizzaballa come possibile successore del compianto Bergoglio, ho avuto la sensazione di averlo già sentito.
Pizzaballa, una storia a metà fra il “sacro” e il “profano”
A poco c’entra il “recente” invaghirsi della politica. E’ una sensazione che viene da lontano, dalle reminiscenze di un passato da appassionato di calcio e da collezionista. Immagini sbiadite dal tempo, ma comuni a tutti come gli archetipi psichici di Jung. Perché tutti, almeno una volta nella vita, hanno fatto l’album dei calciatori panini.
Ed è vero che, per sua stessa ammissione, a Pier Luigi Pizzaballa (ex portiere dell’Atalanta) non piace essere ricordato più per la figurina della discordia che non per la sua carriera da calciatore. Non si tratta di un comune caso di omonimia, perché i due sono parenti. Cugini, per la precisione. Alla lontana eh, ma pur sempre cugini.
La famigerata storia della “figurina introvabile” risale alla stagione 1963/1964, quando, tutt’ora non si sa né come né perché, il cartoncino di Pizzaballa non era presente nell’archivio. La Panini dovette ristamparla per poterla aggiungere in un secondo momento nel blocco dei titolari, ma ormai il “danno” per molti collezionisti era fatto.
Per molto tempo, almeno sino al momento della sua ristampa, la figurina del portiere orobico divenne un rarissimo pezzo da collezione. E chi non è mai stato un collezionista o non si è mai interessato a questo mondo non può capire quali disastri comporti il principio di scarsità applicato al collezionismo: libero mercato starter pack.
Lo stesso Pier Luigi, che in un’intervista concessa a BergamoNews nel 2019 disse di aver ricevuto in regalo la sua stessa figurina da un professore di Avellino, ammise che “Se un giorno sarò in crisi economica, la venderò: chissà quanto vuole“. Una battuta, probabilmente, ma non troppo: certe figurine valgono davvero quanto una casa.
A La Gazzetta dello Sport, Pizzaballa dirà “Se il mio cugino alla lontana diventerà Papa, gli regalerò la mia figurina“. Un regalo non da poco, per un mito che trascende il tempo e le generazioni. E che ha permesso anche alle nuove generazioni di conoscere una storia appartenente ad un’altra epoca, quando l’Atalanta che alza al cielo l’Europa League sembrava una fantasia. All’epoca certamente lo era, ma per i giovani d’oggi è quasi “normalità”.
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