Chelsea virtuoso e in crescita, ma vincono sempre gli altri. 1-0 City a Wembley e 11esima finale di F.A. Cup, la terza per Pep.
Nonostante la semifinale di F.A. Cup fosse stata schedulata a tre giorni dai 120 minuti giocati in Champions League contro il Real Madrid, cosa che ha fatto arrabbiare e non poco Guardiola, il Manchester City vince ancora (1-0 sul Chelsea) e giocherà una finale della principale coppa nazionale inglese per l’11esima volta.
I Blues giocano un’ottima partita e per larghi tratti della semifinale si fanno preferire ai loro ben più accreditati avversari, probabilmente ancora scossi dall’eliminazione in Champions. Non si può dire che Pochettino l’abbia preparata meglio, in quanto risulta evidente dalla mimica facciale (e non solo) del tecnico spagnolo che i suoi giocatori in campo non stessero facendo ciò che lui gli aveva chiesto di fare, ma sicuramente i giocatori sono quelli che hanno interpretato meglio la gara.
Il gioco diretto ed estremamente verticale del Chelsea risulta terribilmente più efficace del reiterato fraseggio dei citizens, marchio di fabbrica del catalano ma mai così sterile e prevedibile, e soltanto la scarsa vena realizzativa di Jackson (che sbaglia almeno tre gol fatti) impedisce ai londinesi di giocare la seconda finale stagionale.
Il City la vince con i cambi e con la profondità irreale della sua rosa. Quando puoi permetterti di inserire uno spacca partite come Doku dalla panchina, che con gli avversari provati da 60/70 minuti di rincorse continue dietro al pallone, puoi anche permetterti di giocare sottotono per tutta la prima parte di gara
.Le sgasate del belga spaccano lo spartito tattico sapientemente preparato da Pochettino e proprio da una sua sgasata sulla sinistra arriva il tap-in vincente di Bernardo Silva. Il Chelsea, dopo aver perso la finale di EFL Cup ai supplementari con il Liverpool, cede ancora all’ultima curva di una gara molto convincente.
Sarebbe ingiusto giudicare il progetto del Chelsea soltanto sulla base del miliardo speso sul mercato nell’ultimo anno e mezzo. L’analisi calcistica deve vertere sui giocatori e sulle loro possibilità, non su miope semplificazioni del pensiero come monte ingaggi, soldi spesi sul mercato, valore della rosa et similia.
Certo, questi sono dati e come tali rappresentano la colonna portante dell’esegesi. Tuttavia, essi non devono essere solo sciorinati ma contestualizzati e analizzati. Va data loro una sostanza poiché una forma già di loro la hanno e saremmo tutti analisti se per fare analisi bastasse mettere in fila due statistiche trovate sul web.
La crescita del Chelsea è evidente e non potrebbe essere altrimenti quando metti in campo la squadra con l’età media (23,1 anni) più bassa della Premier League. L’unica cosa da rimproverare alla dirigenza dei londinesi è il pervicace e ostinato rifiuto nei confronti di una prima punta di ruolo.
Jackson si sbatte molto e il suo apporto alla manovra è encomiabile, così come lo sforzo profuso in partita attraverso i numerosi scatti ad allungare le difese avversarie, ma rimane un attaccante di associazione e non un finalizzatole. Sarebbe anche ingiusto chiedergli di diventare cecchino implacabile quando è sempre stato una seconda punta, un giocatore di completamento che ha bisogno di giocare con un riferimento affianco.
Aggiornato al 21/04/2024 11:14
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