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Calafiori “centrocampista”: la mossa di Spalletti che ha mandato in tilt Deschamps

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Atalanta

Regalo di Thiago Motta a Spalletti e ad Arteta. La metamorfosi di Calafiori, la cui posizione ha fatto andare la Francia in cortocircuito.

Due mancini non posso giocare assieme. Non nell’epoca della costruzione dal basso sempre e comunque, al di là di quanto sia innaturale per un mancino difendere con una postura predisposta sul lato destro.

Bastoni o Calafiori: il dubbio amletico di Spalletti

Il tema della coesistenza “forzata”, dettata dal fatto che l’Italia (in un periodo così arido di talenti, soprattutto al centro dei ranghi serrati) non possa permettersi di lasciare in panchina uno dei suoi migliori giocatori, fra Bastoni e Calafiori è stato un tema per tutta la durata dell’ultima rassegna europea.

Come far convivere due giocatori abituati a battere le stesse zolle di campo? La scelta più ovvia e più immediata, ovvero portare Bastoni al centro del reparto difensivo, sarebbe andata in controtendenza con i dettami declamati da Spalletti nella conferenza stampa di presentazione della Nations League.

Metteremo tutti nella condizione di esprimersi al meglio“. Basta esperimenti, quindi, è il sottotesto che emerge dalle dichiarazioni del tecnico di Certaldo. Già, ma come? Come fare a far convivere due giocatori che si sono segnalati al grande pubblico giocando nella stessa posizione, ovvero da braccetti di sinistra?

Calafiori

LUCIANO SPALLETTI INFURIATO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Luis Enrique indica la strada: esperimento duplicabile?

Uno dei pochissimi esempi di squadra che gioca con due mancini in difesa è il PSG. Sappiamo però che Luis Enrique ha una concezione del calcio estremamente sui generis. Si presentò con due mancini al centro della difesa (in una linea a quattro, per giunta) anche ai penultimi Europei: quando allenava la Spagna.

Esperimento sconfessato quasi subito. Un’impostazione farraginosa e una fase difensiva disastrosa lo portarono a correre ai ripari, adattando Rodri sul centrodestra. Esperimento replicato (seppur solo in parte) quest’anno in Francia, data la necessità di far convivere Pacho e Lucas Beraldo: rivelazione della scorsa Ligue 1.

Nell’impostazione a tre di Luis Enrique l’ecuadoriano gioca al centro del reparto, con il brasiliano (più bravo a scivolare sulla linea laterale in fase di costruzione) dirottato sul centrosinistra. Una soluzione parzialmente adottato anche dallo stesso CT azzurro, con però l’aggiunta di una variante tattica inaspettata.

Riccardo Calafiori, Bologna

Le scalate di Calafiori

Orfana di Barella, l’Italia si schiera con il redivivo Tonali e con l’energico Frattesi ai lati della sorpresa di serata: Samuele Ricci del Torino. Nei primi minuti di gara, quelli in cui l’Italia imbarca acqua e non affonda per miracolo, “Samu! Samu!” è l’indicazione maggiormente udibile a provenire dalla panchina degli azzurri.

Il metronomo granata appare spaesato. Frastornato da un compito per lui inedito, ovvero una salida lavolpiana dove il vertice basso del rompo di centrocampo diventa perno centrale di un trittico difensivo. Praticamente un unicum nella storia del calcio, ma il cervellotico esperimento inizia a carburare.

Quando Ricci si abbassa, Bastoni scivola sul centrosinistra. Posizione a lui più congeniale, essendo il ruolo che ricopre abitualmente nell’Inter. E Calafiori? Calafiori viene dentro il campo, avanzando la propria posizione e andando a posizionarsi alla sinistra di Tonali: che nel frattempo si era accentrato.

Calafiori

Euro 2024: Luciano Spalletti ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Metamorfosi kafkiana: ora al top in Premier

La variante tattica, adottata per supplire all’assenza di Barella e andare a (ri)comporre quel centrocampo “di gamba e muscoli” che Spalletti aveva predicato nel pre-gara, funziona a meraviglia. La Francia è una squadra senza equilibrio, dove i quattro attaccanti fanno una fase sola e il neo-milanista Fofana girovaga per il campo.

Le incursioni di Frattesi e Calafiori vanno a nozze con una squadra così lunga e sfilacciata, con i francesi che vengono fatti a fette dalle taglienti transizioni azzurre. La pressione dei transalpini, asfissiante nei primi exit poll di partita, viene alleggerita dalla regia di Ricci e Bastoni. Il difensore nerazzurro risulta essere più confident in prima costruzione, una volta riportato all’interno della sua comfort zone.

Difficilmente questo esperimento sarà replicato quando il tecnico italiano tornerà ad avere tutti gli effettivi a disposizione, ma certamente la metamorfosi di Calafiori è totale. Non più solo un difensore, un terzino o un braccetto ma un giocatore totale. Dotato di grande gamba, ottima tecnica e di una fine intelligenza calcistica. Il regalo di Motta a Spalletti (e ad Arteta) è un giocatore ritrovato, degno dei massimi sistemi.

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Roberto Baggio, un’icona centrale nel mondo del calcio

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Un’icona centrale nel mondo del calcio: Roberto Baggio è noto calciatore italiano di fama internazionale di personalità eclettica.

Nel vasto panorama del calcio mondiale, Roberto Baggio rappresenta una carriera immensa per gli amatori del calcio. Nato a Caldogno il 18 febbraio 1967, è sesto degli otto figli di Florindo Baggio.

Roberto Baggio

Roberto Baggio, repetita iuvant di una carriera da fenomeno

Sin da piccolo Roberto Baggio ha manifestato un talento verso il calcio: dopo essersi distinto rapidamente nella squadra locale del Caldogno, entra nella società calcistica L.R. Vicenza in età giovanile, ove debutta con ben 110 gol acquistando l’attenzione del pubblico.

Tale esperienza segnò l’ascesa di Roberto Baggio nelle giovanili del Vicenza, debuttando successivamente al 1983, con la Juventus con cui ha vinto (da capitano della squadra) una Coppa Uefa nella stagione del 1992.

Nel Giugno del 1983, Roberto Baggio segna il primo gol nella partita di Coppa Italia Serie C contro il Legnano, successivamente il Giugno 1984, vince il campionato realizzando su rigore il gol del definitivo 3-0 contro il Brescia.

Il lungo periodo caratterizzato nella Fiorentina, inizia nella stagione 1985, chiude la sua esperienza vicentina con ben 12 reti in 29 partite, consentendo l’ascesa in Serie B.

La fortuna gli rivolta contro, poiché, l’infortunio arriva a due giorni dalla firma del contratto con la Juventus ed è costretto a ricorrere in rimedi alternativi. La conseguenza dello stop comporta a Baggio un periodo di depressione a livello personale.

L’anno successivo, il 1986, esordisce in Serie A grazie all’allenatore Eugenio Bersellini, nella sfida di Firenze contro la Sampdoria; il successivo settembre subisce un ulteriore incidente in campo che lo costringe ad una brusca operazione.

Gli anni novanta per il calciatore furono stati più fruttuosi a livello calcistico, mette a segno 15 gol andando a formare con Stefano Borgonovo una squadra di attacco detto B2. Realizzano ben 29 gol trascinando la squadra al settimo posto del campionato.

Successivamente al 1989, Baggio sigla 17 reti arrivando in seconda posizione a Diego Armando Maradona. Tuttavia il campionato è deludente, si arrendono alla Juventus con 0-0. La finale di Coppa Uefa segna l’ultima gara di Baggio con la Fiorentina.

Esordisce con la maglia della Juventus nel 1990, sotto la guida di Luigi Manfredi segna 27 gol, in cui 9 in Coppa delle Coppe. Nel 1992, subisce un ulteriore incidente in campo, una frattura della costola contro la Scozia, ritirandosi dai campi ulteriormente per oltre un mese.

In quest’anno va ricordata la semifinale in Coppa Uefa, contro il Paris Saint-Germain, realizza una doppietta nella gara di andata finita 2-1 per i bianconeri, e successivamente, a Parigi è ancora in posizione decima per siglare la finale.

Al ritorno, la Juventus vince 3-0 e il calciatore si aggiudica il primo trofeo, il primo di una lunga serie. Alla fine dell’anno chiude la stagione con 27 gol in campionato, 6 in Coppa Uefa, 2 in Coppa Italia.

Un incidente in campo segna ulteriormente il suo destino: a seguito di un’operazione al menisco nel marzo 1994, a pochi mesi dall’operazione, nel Dicembre 1994, si classifica secondo nella graduatoria del Pallone d’oro e terzo in quella del Fifa World Player.

Nel Febbraio 1995, Baggio torna ad allenarsi con la squadra, ma la compagnia piemontese impensierita dalle sue condizioni salutari, decide di sottoporlo a operazione rimandando il rientro in campo alla primavera del 1995.

Nel giugno 1995, si assiste ad un contrasto con Umberto Agnelli, Baggio non trova l’accordo con la società e termina la sua esperienza a Torino con 200 presenze e 115 reti, 78 solo nel campionato.

L’entrata nel Milan esordisce il 27 agosto seguente, nella vittoria sul Padova per 1-2 e segna il primo gol contro l’Udinese per un 2-1. vince lo scudetto, diviene il quinto dei sei giocatori a vincere due campionati italiani consecutivi con due squadre diverse, dopo Giovanni Ferrari e Alessandro Orlando.

Nella stagione successiva arriva l’allenatore uruguaiano Óscar Tabárez, Baggio esordisce in Uefa Champions League nella sconfitta contro il Porto, a seguita dell’esordio, realizza la prima competizione europea contro l’IFK Göteborg.

Nello stesso Dicembre Tabárez si dimette, e al suo posto arriva l’ex Arrigo Sacchi, il quale a sua volta rassegna le dimissioni da commissario tecnico della nazionale italiana.

A seguito di alcune remote diatribe tra Sacchi e Baggio, risalenti al campionato del mondo 1994, sul finire di aprile Baggio viene inaspettatamente richiamato in nazionale dal nuovo CT Cesare Maldini, a fine stagione il Milan si piazza all’undicesimo posto, fuori dalle coppe europee.

Nell’estate 1997 il Parma si accorda con il Milan al fine di “acquistare” il fantasista per 3,5 miliardi di lire, ma l’affare non va in porto poiché il giocatore non rientra nei piani tattici dell’allenatore Carlo Ancelotti, il cui 4-4-2 non prevede l’impiego di un fantasista.

Tale problematica conduceva ad una criticità di fondo: avendo bisogno di giocare con continuità per guadagnarsi un posto fra i 22 che avrebbero preso parte al campionato del mondo 1998.

Il 18 luglio passa al Bologna per 5,5 miliardi di lire, voluto dal presidente Giuseppe Gazzoni Frascara (il contratto prevede una penale per la recessione) e la libera volontà di lasciare la società pagando una penale di 5 miliardi di lire.

Quella nel Bologna è la stagione più fruttuosa per Baggio, con ben 22 gol segnati in 30 partite: una vincita che esordisce il Bologna alla Coppa Intertoto e che vale al giocatore la convocazione al mondiale in Francia.

Anche in questa stagione si verificano delle diatribe con l’allenatore di turno, Ulivieri, tanto che nel gennaio 1998 Baggio lascia il ritiro della squadra quando il tecnico gli comunica che non avrebbe giocato con la Juventus.

Nell’estate 1998 si trasferisce per circa 3,5 miliardi di lire all’Inter, che punta con decisione alla vittoria dello scudetto dopo il secondo posto dell’anno precedente.

Pur frenato dai problemi motori, che comportano spesso la sua esclusione agli undicesimi di finale, nella prima parte di stagione Baggio offre buone prestazioni e risulta determinante per i quarti di finale di Champions League.

Dopo aver ottenuto un deludente ottavo posto, viene in parte compensato dallo status semifinalista di Coppa Italia, grazie al quale l’Inter può contendere al Bologna un approdo in Coppa UEFA.

All’inizio del 2000, la stagione parte con Marcello Lippi e l’impiego di Baggio diminuisce ulteriormente, al punto che il giocatore polemizzerà col tecnico a seguito di alcune voci inattendibili messe a punto da Lippi.

In meno di sei mesi diviene la sesta scelta nel reparto offensivo, realizzando la prima rete stagionale sul finire di gennaio. Prossimo alla scadenza del contratto, il giocatore contribuirà alla qualificazione dell’Inter in Champions League.

Nell’ultima giornata di campionato va a seguito un rigore nel 2-0 contro il Cagliari, una vittoria che consente all’Inter di ottenere il quarto posto con il Parma.

Nel successivo pareggio contro gli emiliani, la vittoria è 3-1, sigla due reti che permettono ai milanesi di accedere ai prelimianri della massima competizione europea, un successo che segue la sconfitta in finale di Coppa Italia contro la Lazio.

Baggio si congeda dall’Inter dopo aver totalizzato 59 presenze e 17 reti. Svincolatosi dall’Inter, il successivo 14 settembre si accorda con il Brescia di cui diviene subito capitano, con l’obiettivo dichiarato di partecipare al campionato del mondo 2002.

Debutta con il nuovo club del calcio il 16 settembre 2000 in Coppa Italia, in occasione del parecchio 0-0 contro la Juventus. Nel febbraio 2001, realizza le prime reti in campionato con il Brescia nel 2-2 contro la Fiorentina.

Il successivo aprile contro la Juventus; il risultato allontanerà i torinesi dal vertice della classifica, guidata fino alla fine dalla Roma.

Con 10 reti in campionato Baggio conduce la sua squadra all’ottavo posto; si intende il miglior risultato mai ottenuto dal Brescia in Serie A e alla qualificazione alla Coppa Intertoto, poi persa in finale contro il Paris Saint-Germain l’estate seguente.

L’inizio degli anni 2000 per Baggio segnano il trionfo, ma allo stesso tempo le problematiche legate alle questioni di salute, vincolano la dinamicità del fantasista. Solo nel dicembre 2002, Baggio segna su rigore la rete numero 300 in carriera, contribuendo alla vittoria sul Perugia per 3-1.

A seguito partecipa al campionato del mondo 1990, durante il quale gioca con il numero 15. Nelle successive partite è schierato titolare al fianco di Salvatore Schillacci, contribuendo con giocate decisive alle reti realizzate dal compagno di reparto contro Uruguay e Irlanda.

A quasi un passo dal ritiro definitivo, il 28 aprile 2004, sarà Trapattoni a convocarlo per l’ultima volta in nazionale, in occasione di una partita amichevole contro la Spagna. Dopo l’uscita in campo di Fabio Cannavaro, riceve una standing ovation dal pubblico di Genova.

Per via delle sue prestazioni, parte dalla stampa una pressione che spinge il calciatore di vederlo in campo in quello che avrebbe potuto essere il suo primo europeo, quello del Portogallo 2004, ma quella di Genova resterà la sua ultima apparizione in maglia azzurra.

Dopo il ritiro decisivo, su proposta del presidente della Figc viene ufficializzata la nomina di Baggio a presidente del Settore tecnico della federazione, carica congedata nel 2013 la quale susciterà polemica dallo stesso fantasista.

 Andreina Sergi

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Juventus, Nico Gonzalez un investimento che non convince

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Scaloni

Dopo l’eliminazione in Champions, esplode il caso Nico Gonzalez in casa Juventus: costato quasi 40 milioni, l’argentino delude ancora.

L’eliminazione della Juventus ai playoff di Champions League contro il PSV Eindhoven ha scatenato un’ondata di critiche nei confronti di Thiago Motta e delle sue scelte, soprattutto quelle riguardanti gli acquisti estivi.

Tra queste, spiccano la decisione di tenere in panchina per oltre 70 minuti Thuram, il centrocampista più in forma dell’organico, l’impiego di un Koopmeiners febbricitante e, soprattutto, la gestione di Nico Gonzalez. L’esterno argentino è rimasto in campo per tutti i 120 minuti, senza mai dare l’impressione di poter fare la differenza. E proprio su di lui si è acceso il dibattito più acceso tra i tifosi bianconeri.

A pesare è anche l’obbligo di riscatto scattato di recente, che ha reso Gonzalez un giocatore della Juventus fino al 2029. Un’operazione che, tra prestito, riscatto e bonus, sfiora i 40 milioni di euro. Un investimento importante che, finora, non ha prodotto i frutti sperati: appena tre gol in maglia bianconera e un infortunio che lo ha tenuto fuori per oltre due mesi.

Juventus, Nico Gonzalez

NICOLAS GONZALEZ IN AZIONE ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Juventus, in estate spese eccessive

Al di là delle prestazioni deludenti, un altro problema è la sua collocazione tattica. Nico Gonzalez ha già cambiato più ruoli in stagione: ha giocato a destra (sua posizione naturale), a sinistra e persino come punta centrale in assenza di Vlahovic. Anche contro il PSV la sua posizione è apparsa discutibile: inizialmente schierato a sinistra per far spazio a Conceição, è rimasto lì anche dopo l’ingresso di Yildiz: scelta, questa, che ha lasciato perplessi tifosi e addetti ai lavori.

Oltre a lui, anche Koopmeiners e Douglas Luiz non stanno ripagando le aspettative. Una campagna acquisti che, al momento, non sembra aver portato il salto di qualità atteso e che ha alimentato i dubbi sulla strategia della società.

Resta da capire se Nico Gonzalez riuscirà a smentire le critiche e a dimostrarsi un valore aggiunto fino a fine stagione, ma il tempo per convincere i tifosi inizia a scarseggiare.

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Atalanta, i numeri dal dischetto: male anche in A

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Juventus atalanta

Il caso Lookman-Gasperini ha acceso i riflettori sulla percentuale di rigori segnati dai giocatori dell’Atalanta. Da inizio stagione c’è un problema.

L’Atalanta ha vissuto momenti intensi nelle ultime ore, a seguito della sconfitta subita contro il Club Brugge nei playoff di Champions League. Dopo la partita, le parole dell’allenatore Gasperini, che ha definito Lookman “pessimo rigorista”, hanno scatenato la risposta dell’attaccante nigeriano sui social. Questo ha dato vita al cosiddetto “caso rigori” nell’Atalanta. Ma qual è la reale situazione alla luce dei dati?

Atalanta, i problemi dal dischetto

L’Atalanta, per vari motivi, ha avuto diversi rigoristi da inizio stagione. Nei primi 25 turni di campionato, la squadra si è presentata dal dischetto 5 volte, con 3 rigoristi differenti. Mateo Retegui è stato il primo incaricato, segnando contro il Lecce, seguito da Pasalic, il cui tiro è stato parato contro il Torino. Poi è toccato a Lookman, che ha segnato contro il Como. Retegui ha poi segnato di nuovo contro il Genoa, per poi vedersi parare il rigore da Milinkovic-Savic nel ritorno contro il Torino. In totale, l’Atalanta ha segnato 3 rigori su 5, con una percentuale di realizzazione del 60%.

atalanta

il gol di Charles De Ketelaere (foto KEYPRESS)

I numeri nelle coppe

In Coppa Italia, l’Atalanta non ha mai battuto un rigore quest’anno. In Champions League, invece, sono stati 3 i tiri dal dischetto per i nerazzurri. Retegui ha visto ipnotizzare il suo tiro da David Raya dell’Arsenal, mentre De Ketelaere non ha sbagliato contro il Real Madrid. Poi c’è stato l’errore di Lookman contro il Club Brugge, che ha contribuito all’eliminazione della squadra da parte di Gasperini. In Europa, la percentuale di realizzazione è del 33%, con 2 rigori sbagliati su 3.

De Ketelaere è l’unico giocatore dell’Atalanta a avere il 100% di realizzazione dai rigori (1 su 1). Ora tocca a Gasperini gestire questa situazione, con il campionato come unica competizione rimasta e la corsa allo scudetto ancora aperta.

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Fonte: Gianluca Di Marzio

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