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Chiesa, pochi minuti e tanti dubbi: l’avventura al Liverpool è già un “flop”

Pochi minuti, nessun acuto. Tanti infortuni, ancor più critiche e dubbi. L’avventura inglese di Federico Chiesa è già un flop?
Per i tifosi del Liverpool (e non solo) l’acquisto di Federico Chiesa dalla Juventus è già “il peggior colpo dell’estate inglese“. Potrebbe sembrare prematuro, considerando che non siamo neppure a Novembre, ma i dati parlano chiaro e gli infortuni ancora di più. Una situazione che pone già a un bivio l’ex-attaccante bianconero.
Chiesa, numeri horror e tanti (troppi) infortuni
Per Chicco sicuramente l’attenuante di un’estate travagliata. Le fisiologiche difficoltà di adattamento ad un campionato diverso e soprattutto molto più esigente rispetto alla Serie A. Gli infortuni, in questo periodo storico e soprattutto in questa stagione, ce li hanno tutti e lui non ha nemmeno fatto la preparazione con i compagni. In quanto è approdato ad Anfield soltanto negli ultimissimi vagiti di mercato, ovvero lo scorso 29 di Agosto.
Attenuanti che, però, non possono bastare a giustificare totalmente un approccio con la Merseyside ai limiti del fantasmatico. In nove partite disputate dai Reds dopo il suo arrivo, Chiesa è comparso soltanto quattro volte in distinta. Due subentri (un minuto in Champions League contro il Milan, 18 in Premier League contro il Bournemouth ma sul 3-0) e una partita da titolare, in League Cup contro il West Ham.
In totale fanno 78 minuti sugli 810 giocati dalla squadra di Slot: meno di una partita intera. Il talento italiano sta venendo stritolato dall’abbondanza offensiva dei Reds, che (nell’ultima di campionato contro il Chelsea, dove lui era infortunato) si sono potuti permettere il lusso di tenere fuori Luiz Diaz e Nunez.

FEDERICO CHIESA PERPLESSO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Dopo Allegri e Motta anche Slot: Chicco è già a un bivio
C’è però un dato che allarma più degli altri, ovvero quello relativo ai dribbling tentati (2) e quello relativo ai dribbling riusciti: ovvero zero. Chiesa non salta l’uomo, non crea la superiorità numerica come viene richiesto all’esterno offensivo di una grande squadra moderna. La scusante del “gioco troppo difensivo” di Allegri non regge più, così come non regge la scusante della posizione in campo: in quanto ha sempre giocato da ala.
Thiago Motta e Arne Slot sono due allenatori molto diversi da Max, eppure anche loro hanno finito con il giungere alla sua stessa conclusione. Chiesa è un buon giocatore, non un campione. E’ una risorsa che può essere marginalizzata, un’individualità che può essere immolata sull’altare del collettivismo calcistico.
Un elemento di cui una grande squadra può tranquillamente fare a meno. E a questa lunga serie di tecnici dubbiosi sull’effettiva dimensione del genovese potrebbe presto aggiungersi un quarto nome: quello di Luciano Spalletti. Nel nuovo 3-5-1-1 della Nazionale (molto simile a quello che Allegri ha utilizzato nel suo ultimo anno sotto la Mole) non c’è spazio per Chiesa. L’Italia ha ritrovato la propria identità prescindendo da un giocatore che sembrava imprescindibile, e che infatti (anche causa infortuni) è sparito dalle convocazioni.
Il salto in una squadra maggiormente votata all’attacco e in un campionato teoricamente a lui più favorevole, e che avrebbe dovuto esaltare le sue caratteristiche a differenza di un torneo estremamente tattico come quello nostrano, sin qui non ha pagato i dividendi sperati. A 27 anni è già davanti al bivio più importante della sua carriera. Se rimarrà un giocatore mono-dimensionale, la sua carriera ad alti livelli potrebbe essere già finita.
Focus
17 maggio 1989: il Napoli vince la Coppa Uefa

Allo Neckarstadion di Stoccarda, il Napoli di Maradona, Careca e Renica batte la squadra tedesca e conquista la Coppa UEFA del 1989.
La squadra partenopea vince così la sua prima e unica Coppa UEFA della sua storia grazie al numero dieci argentino, e anche ad altri personaggi meno “rumorosi”.

Argentine football legend Diego Maradona speaks at a promotional event for Swiss watchmaker Hublot at Peninsula Hotel in Shanghai, China, 17 January 2012.
Argentinian football legend Diego Maradona will return to coaching Al-Wasl after he was successfully treated for kidney stones at a Dubai hospital, the club said on Monday (16 January 2012).
Napoli: la Coppa è tua
Gli azzurri avevano imposto la propria legge all’andata, vincendo per 2-1 con gol di Maradona e Careca a ribaltare l’iniziale vantaggio di Gaudino (padre d’arte visto che suo figlio giocherà poi anche con il Chievo Verona senza lasciare grandi tracce).
Il ritorno appare più complicato, anche se parte subito in discesa. Alemao sigla il vantaggio al diciottesimo, così da costringere lo Stoccarda a segnare due gol per andare ai supplementari e tre per vincere la Coppa. Tutto questo per effetto dei gol in trasferta che vengono pareggiati.
Jurgen Klinsmann, che poi andrà all’Inter, firma il pareggio, ma Ferrara si oppone. Con l’1-2 partenopeo i tedeschi avrebbero dovuto segnarne tre. Così quando segna Careca, Napoli può finalmente esplodere: l’1-3 a mezz’ora dalla fine è la pietra tombale.
I tedeschi dovrebbero farne quattro in un sesto della doppia sfida. Una mission impossible. C’è da dire che De Napoli fa autogol, e poi Schmaler firma il 3-3 finale.
Da citare tra i protagonisti neanche troppo silenziosi di quella edizione c’è anche Renica, oltre a Maradona e Careca. Perché il difensore nei quarti di finale contro la Juventus siglerà il gol decisivo per passare il turno, appena prima dei rigori. Così nel 1989 il Napoli conquista la sua prima – e finora unica – coppa europea.
Focus
Buon compleanno Stadio Olimpico: 72 primavere oggi

Il 17 maggio del 1953 la Nazionale italiana di calcio inaugurava lo Stadio Olimpico, con un avversario di lusso: l’Ungheria di Ferenc Puskas.
L’impianto romano, dunque, per la sua prima partita ospitava quella Nazionale dell’Est che annoverava tra le sue fila l’attaccante più forte -all’epoca- del Mondo.

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Lo Stadio Olimpico vs Ferenc Puskas
L’Ungheria, però, non era solo Puskas. Era anche la squadra migliore di tutte. Questo per via della grande vittoria nell’Olimpiade del 1952 -2-0 contro la Jugoslavia– e il soprannome di Aranycsapat, Squadra d’Oro.
Era la squadra oltre che di Puskás di Gyula Grosics, Nándor Hidegkuti, Zoltán Czibor e Sándor Kocsis tra gli altri. Una formazione che ha fatto storia, tanto da arrivare da strafavorita al Mondiale 1954. In quel caso poi avvenne il cosiddetto “miracolo di Berna“, con la Germania che recuperò un 2-0 che sembrava dare il Mondiale ai magiari. Potrebbe c’entrare il doping, ma questa è un’altra storia.
Ma torniamo all’Italia e all’impianto romano. Per la partita contro l’Ungheria gli spettatori erano 90 mila. Presenti all’incontro tra gli altri il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Prima dell’inizio della contesa furono liberati circa 3000 colombi. Non una scelta casuale, visto che lo stesso stadio aveva una predominanza di bianco.
Ma si nascondeva anche un valore simbolico, visto che i colombi erano il simbolo della pace. Dopo la recente guerra Mondiale era un tentativo per sperare in un lungo periodo di prosperità.
La sfida contro gli ungheresi, per onor di cronaca, terminò 0-3, con il gol del primo centravanti arretrato della storia, Hidegkuti, a sbloccarla. Il resto è solo Puskas. Prima con una finta su Venuti e una conclusione sotto la traversa, poi con una serpentina al limite dell’area e palla, a giro, sul palo più lontano.
Non male come esordio, almeno per lo stadio. Per l’Italia il Mondiale svizzero non fu un granché (eliminata dai padroni di casa nello spareggio di Basilea).
Focus
Sampdoria, Retrocedere e ristrutturare: la difficile estate della doria tra vincoli economici e rinegoziazioni

dalla pagina più triste della sua storia al nodo economico. Ora il problema sono gli ingaggi troppo alti per la C. Come si muoverà sul mercato la Sampdoria?
La pagina più triste della storia della Doria è, ahimè, appena stata scritta. Ora, prima ancora di chiedersi come risalire, bisogna capire come sistemare le cose in vista della prossima stagione, che – come già detto – vedrà la Sampdoria affrontare il campionato di Serie C.
Ormai, quel che è fatto è fatto. La dirigenza della Doria dovrà ora affiancare alla profonda delusione vissuta sul campo anche le difficoltà operative sul mercato, condizionate dai paletti finanziari imposti dalla retrocessione in Serie C.
A partire dalle condizioni legata ai prestiti, bisogna considerare che, in almeno tre casi, sono già scattati gli obblighi di riscatto. Di conseguenza, giocatori come Gennaro Tutino, Simone Ghidotti e l’ex Juventus Nikola Sekulov faranno parte – almeno sulla carta – della rosa della prossima stagione, salvo eventuali cessioni.
Situazione diversa, invece, per gli altri giocatori in prestito: Pietro Beruatto farà ritorno al Pisa, così come Ioannou tornerà alla base. Stessa sorte per Veroli, Romagnoli, Chiorra, Perisan, Akinsanmiro, Bellemo e Rémi Oudin, tutti destinati a lasciare Genova il prossimo 30 giugno, data di scadenza dei rispettivi prestiti.
Per quanto riguarda invece i giocatori attualmente sotto contratto, sarà necessario aprire un confronto per un eventuale adeguamento degli ingaggi, così da rientrare nei limiti del salary cap previsto per la Serie C ed evitare ulteriori sanzioni o penalizzazioni economiche. I nomi dei giocatori che, ad oggi, risultano ancora sotto contratto con il club blucerchiato sono: Benedetti, Pio Riccio, Venuti, Vieira, De Paoli, Ferrari, Ricci, Borini, Meeleuntsen e Massimo Coda.
Storia a parte per altri elementi come Niang, Yepes, Bereszynski, Romagnoli e Cragno: si tratta infatti di giocatori in scadenza al termine di questa stagione e, molto probabilmente, si andrà verso una separazione o, in alternativa, una rinegoziazione dei termini economici contrattuali, qualora ci fosse la volontà comune di proseguire insieme.
Particolare la situazione invece di Giorgio Altare, attualmente sotto contratto con il Venezia, che però sarà in prestito alla Samp fino al 2026.

FABIO BORINI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Sampdoria, il regolamento dei contratti in Serie C
Dunque, per la Samp si prospetta un’estate tutt’altro che semplice. La dirigenza blucerchiata sarà infatti costretta a intervenire su ogni singolo contratto attualmente in essere, avviando un confronto con i giocatori per una rinegoziazione degli accordi economici. Qualora non si trovasse un’intesa, le alternative resterebbero due: la rescissione consensuale oppure la cessione sul mercato, al fine di alleggerire un monte ingaggi diventato insostenibile alla luce della retrocessione in Serie C.
Ma come funziona il regolamento riguardante i contratti in materia economica della Serie C:
In sostanza, ogni club non potrà spendere più del 55% del rapporto tra emolumenti e valore della produzione. Dove per valore della produzione si intende il fatturato totale del club in un anno, che comprende entrate da sponsor, biglietti, diritti TV e altre fonti. E per emolumenti invece si intendono le spese per gli stipendi di giocatori, allenatori, staff tecnico e dirigenti. Questo significa che, se la Sampdoria in Serie C avesse un valore della produzione di 10 milioni di euro (cifra del tutto ipotetica), potrà spendere al massimo 5,5 milioni in stipendi totali.
Questa misura verrà introdotta dalla prossima stagione in via sperimentale, prima di entrare definitivamente a regime nell’annata 2026-2027. Per il momento, tutte le squadre che supereranno il tetto massimo imposto dal salary cap saranno multate, seguendo un modello simile a quello della NBA, dove ogni franchigia che eccede il limite è tenuta a versare una penalità economica.
L’importo delle multe sarà destinato a un fondo interamente dedicato a finanziare lo sviluppo dei settori giovanili (Riforma Zola) di tutti i club associati alla Lega Pro
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