L’Atalanta ha messo fine all’allucinazione collettiva della Roma. De Rossi ha fatto peggio di Mourinho: ecco tutti i dati.
Fine dei giochi. Anzi, dei giochismi. Il tour de force che attendeva la Roma alle porte dell’Inferno, per stabilire se la sua stagione sarebbe stata meritoria del Paradiso o del Purgatorio, ha avuto un epilogo tragico quanto scontato. Sì, perché i limiti della rosa romanista sono questi e a prescindere dall’allenatore.
Molti non ricordano, o fanno finta di non ricordare, che Mourinho era quarto in classifica prima dell’infortunio di Dybala in Roma-Fiorentina. Poi una serie di partite terribili (Bologna, Napoli, Juventus, Atalanta e Milan con in mezzo il derby di Coppa Italia) da giocare senza l’argentino e (in parte) senza Lukaku.
5 punti in 7 partite, l’eliminazione dalla Coppa Italia e lo scivolamento all’ottavo posto in campionato. La stessa cosa è successa a De Rossi, che contro Bologna, Napoli, Juventus e Atalanta ha lucrato 2 punti ed è uscito dall’Europa League in semifinale per mano del Bayer Leverkusen.
I limiti di profondità della rosa, che il portoghese sbandierava sin troppo pubblicamente, sono venuti a galla nel momento topico della stagione. Un leitmotiv che accompagna i giallorossi da tre stagioni e che fa assumere i contorni del suicidio sportivo al pervicace tentativo di onorare il duplice impegno.
Mourinho (più o meno scientemente) si rese conto della scarsa profondità della rosa e mise tutte le sue fiches sulle competizioni europee, habitat naturale del lusitano. Al netto di due sesti posti consecutivi in Serie A, il portoghese ha lasciato la Capitale con due finali europee consecutive: un unicum nella storia del club.
Un risultato che è stato accolto dalla piazza e dalla comunicazione romana come un fallimento, ma che in realtà rispecchia alla perfezione quelli che sono i valori tecnici della rosa romanista. Il campo non mente mai e anzi ci dice che la Roma, dal 2020 in avanti, non è mai andata oltre il sesto posto il campionato.
Nella stagione 2020/2021, con Fonseca alla guida della squadra, la Roma terminò settima in classifica con 62 punti. Il portoghese fu liquidato e additato come un incapace (e ora è l’allenatore più in vista di Francia) e al suo posto è arrivato un altro portoghese, acclamato dai più (anche giustamente) come il salvatore della patria.
Mourinho fa leggermente meglio, arrivando due volte consecutive sesto e totalizzando in ambo le occasioni 63 punti. Anche lui viene liquidato e accusato di essere un bollito, per poi essere sostituito da De Rossi: anche lui accolto come il salvatore della patria. Risultato? Anche De Rossi è sesto, sebbene a due giornate dalla fine.
Il tecnico romano potrà fare meglio in termini di punti (potenzialmente potrebbe arrivare a 66) rispetto ai suoi predecessori, ma quasi certamente non meglio (o peggio) in termini di posizionamento. La vera differenza fra Fonseca-De Rossi (entrambi usciti in semifinale) e Mourinho la fanno percorso europeo e trofei.
Un’altra differenza importante fra Mourinho e De Rossi sta nella comunicazione. Se infatti il portoghese aveva un modo discutibile di rasentare una verità lapalissiana, l’inesperienza del romano (travestita da “umiltà”) lo porta a essere più aziendalista e a ripetuti atti di mea culpa pubblici che non fanno bene alla sua figura.
Anche il rendimento dei due è piuttosto simile. Infatti, in 20 partite la Roma di Mourinho aveva totalizzato 29 punti. Frutto di 8 vittorie, 5 pareggi e 7 sconfitte. Media di circa 1,5 punti per partita. De Rossi da canto suo di punti ne ha fatti 31 ma in meno partite (16) e questo contribuisce alla sua media: circa 1,9 punti per partita.
Frutto di 9 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte. De Rossi ha fatto leggermente meglio del suo predecessore (e questo è innegabile) in campionato, ma peggio in Europa. E soprattutto questo trend è stato mantenuto sin quando sia Lukaku che Dybala sono stati abili e arruolabili, poiché senza di loro il destino è lo stesso per entrambi.
E in questo senso l’Atalanta ha vestito i panni di cerbero, che in qualità di giudice indefesso ha emesso il suo verdetto non tanto sul lavoro di De Rossi (che andrà giudicato l’anno prossimo, quando dovrà allenare davvero e non solo limitarsi a speculare sul lavoro fatto da qualcun altro) ma su quello della dirigenza americana.
“Lasciate ogni speranza o voi che entrate” troneggia sulle porte del Gewiss Stadium. Perché ha ragione De Rossi nel dire che quello orobico è un progetto decennale mentre il suo è appena iniziato, ma non si può far finta che i Friedkin abbiano rilevato la società nel giorno della sua nomina. Il “progetto” romanista va avanti da anni e sin qui ci si è limitati a cambiare l’allenatore, senza però cambiare il modus operandi.
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