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Il “Bielsismo” funziona (solo) in Sud America

L’Uruguay di Bielsa elimina il Brasile (raramente così brutto) e accede alla semifinale di Copa America, dove incontrerà la Colombia.

Dopo l’esperienza (parzialmente) fallimentare al Leeds, Marcelo Bielsa era sparito dai radar. Per il santone rosarino l’esonero dai whites sembrava il canto del cigno. L’epitaffio sulla carriera di un personaggio controverso e divisivo, capace di essere celebrato come un maestro da taluni e dileggiato come un cialtrone da altri.

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L’Uruguay ha fatto un (altro) miracolo sportivo

Sembrava che il calcio charrúa avesse esaurito il proprio patto con la Dea Eupalla, conclusosi dopo la nascita miracolosa di Edinson Cavani e Luis Suarez. Due dei migliori giocatori della storia dell’Uruguay, che sono nati nella stessa città. A Salto, cittadina da poco più di 100 mila abitanti nella parte orientale della Nazione.

Miracolosa” non solo perché El Pistolero ed El Matador sono nati nella stessa città, ma anche perché questi sono nati a distanza di venti giorni l’uno dall’altro. Il 24 Gennaio l’ex-centravanti di Liverpool e Barcellona, il 14 Febbraio l’ex-cannoniere di Napoli e Paris Saint-Germain. Eppure, le stigmate del divino continuano a far rimbombare i propri devastanti echi nell’America Meridionale.

Non ci si capacita di come, ma una Nazione poco più popolata della città di Roma ha creato un riciclo naturale di talenti che da ottant’anni la tiene nel gotha del calcio mondiale. E, se possibile, questa generazione sembra addirittura più forte di quella precedente, considerata da molti un unicum irripetibile.

A quella selezione, tutta garra e ilusión, è sempre mancata (nel reparto nevralgico) la qualità necessaria per esprimere un calcio diverso da quello speculativo. Ebbene, questa generazione ha fornito alla Celeste due fra i migliori centrocampisti al mondo. Federico Valverde, avendo già vinto tutto con il Real Madrid alla veneranda età di 24 anni, lo è già, ma Manuel Ugarte non sarà da meno: fidatevi di me.

Brasile, la crisi continua

Chi ha fallito nel proprio ricambio generazionale, incredibilmente, è il Brasile. Una Nazione tradizionalmente nota per essere una fucina, naturale e sterminata, di talenti. Tuttavia, i verde oro sono arrovellati da anni in una crisi prima istituzionale che tecnica. Lo dimostra la querelle Ancelotti, con l’attuale tecnico del Real Madrid annunciato come nuovo allenatore del Brasile poco prima del suo rinnovo con i blancos.

Ednaldo Rodrigues, l’allora Presidente della Federazione brasiliana, era talmente sicuro di avere fra le mani Re Carlo che esonerò l’allenatore dell’epoca (Fernando Diniz

, n.d.r.) prima ancora di vedere nero su bianco la firma del tecnico italiano. Le scelte conseguenti, ovvero quella di affidarsi prima a Ramon Menezes come caretaker e poi a Dorival Júnior come soluzione d’emergenza, esemplificano una grande improvvisazione.

Dorival, allenatore con un modesto curriculum in patria, è stato pure delegittimato dai suoi stessi giocatori agli occhi del mondo intero. Infatti, poco prima degli shoot-out, i calciatori brasiliani hanno impedito all’allenatore di tenere il consueto discorso motivazionale e se lo sono fatto da soli. Una squadra sin lì dipendente dalle accelerazioni di Vinicius, assente ieri sera per la squalifica rimediata contro la Colombia.

Photo Source: AUF Sitio Web Oficial.

Dorival a scuola da Bielsa

Un Brasile che, anche nelle precedenti uscite, non aveva mai realmente convinto. Nella gara d’esordio, i verde oro non riuscirono ad abbattere la strenua resistenza della Costa Rica. Il 4-1 rifilato al Paraguay è stato un mero specchietto per le allodole, vanificato dal pareggio con la Colombia nell’ultima gara del girone. Un pari che è valso il secondo posto nel girone e quindi l’accoppiamento con l’Uruguay, che li ha eliminati ai rigori.

A sorprendere della partita di ieri sera è stato più che altro l’atteggiamento delle due squadre. Sino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile vedere l’Uruguay imporre il proprio ritmo alla partita e il Brasile annaspare dietro la linea del pallone. Eppure, il calcio proposto da Bielsa è un mix perfetto fra la tradizione recente della scuola dell’Uruguay e la filosofia che ha sempre contraddistinto le sue squadre.

Per settanta minuti abbondanti, l’Uruguay ha imposto un ritmo asfissiante alla partita e questo nonostante a Las Vegas il termometro segnasse 46 gradi. Le reminiscenze dei tempi che furono si sono riaccese contestualmente alla spia rossa dell’allarme, quando l’oramai ex-giocatore del Cagliari Nandez si è fatto espellere per un intervento criminale su Rodrygo.

L’Uruguay ha passato gli ultimi venti minuti in trincea, ma tanto è bastato per difendersi dagli assalti di un Brasile che non aveva previsto una simile fase della partita. Ed è stato questo l’aspetto più paradossale della serata dell’Allegiant Stadium. Ovvero vedere il Brasile, la patria del fútbol bailado, non sapere cosa farsene della palla e non riuscire a raccapezzarsi in una situazione di attacco contro difesa.

Aggiornato al 07/07/2024 19:00

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Pubblicato da
Marco Palleschi Terzoli

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