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Il caso Diarra è imparagonabile al caso Bosman

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Mondiale per Club, Infantino

Il caso Diarra potrebbe rivoluzionare il calcio come Bosman? Quali sono le differenze e come la Corte Europea ha influenzato il sistema delle rescissioni.

Trent’anni fa il caso Bosman ha cambiato per sempre le regole del calcio, in un periodo in cui il sistema economico dello sport era completamente diverso. Non esistevano i “parametri zero” come li conosciamo oggi, solo i calciatori senza vincoli contrattuali potevano trasferirsi liberamente. E’ vero che oggi una nuova sentenza potrebbe rivoluzionare di nuovo il mondo del calcio?

L’archetipo Bosman

La vicenda di Jean-Marc Bosman nacque nel 1990, quando l’RFC Liegi, il suo club, gli impedì di trasferirsi al Dunkerque in Francia nonostante il contratto fosse scaduto. Il Liegi chiedeva 375.000 euro, una cifra considerata fuori mercato. In Francia il Dunkerque gli avrebbe offerto uno stipendio triplo rispetto a quello che percepiva in Belgio, e questo rendeva il trasferimento particolarmente allettante per Bosman. Tuttavia, il Liegi non solo non accettò di lasciarlo partire ma ridusse il suo stipendio al salario minimo belga di 275 euro mensili.

Infuriato Bosman portò il caso in tribunale, denunciando sia l’RFC Liegi che la UEFA alla Corte di Giustizia Europea. La causa andò ben oltre i confini della giustizia sportiva, arrivando fino a quella ordinaria. La Corte di Giustizia Europea gli diede ragione basandosi sul Trattato di Roma, che da oltre 30 anni sanciva la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea. Grazie a questa sentenza i calciatori furono assimilati agli altri lavoratori, acquisendo il diritto di trasferirsi liberamente all’interno dell’UE una volta scaduto il loro contratto. Questo cambiamento rivoluzionò il calcio, dando vita al concetto di “parametro zero”: che permette ai giocatori di cambiare squadra senza che il club cedente riceva un indennizzo.

La storia di Diarra

Nel 2014 l’ex centrocampista di Real Madrid e PSG, Lassana Diarra, cercò di rescindere il suo contratto con la Lokomotiv Mosca, con cui aveva firmato un accordo triennale solo un anno prima. Diarra voleva trasferirsi al Charleroi in Belgio, ma la Lokomotiv chiese un indennizzo di circa 20 milioni di euro come “pagamento solidale”: considerandolo responsabile della rottura del contratto.

Diarra fece quindi ricorso alla Corte Europea, contestando le norme FIFA che ostacolano il trasferimento in questi casi. Quando un club ritiene che un giocatore e il suo nuovo club siano responsabili del pagamento di un’indennità al club precedente, la federazione nazionale può negare il rilascio del certificato internazionale di trasferimento (il cosiddetto transfer): bloccando di fatto il passaggio.

La risposta della FIFA

Diarra

La Corte d’Appello del Belgio, in particolare il tribunale di Mons, interpellò la Corte di Giustizia Europea per stabilire se queste norme fossero compatibili con il principio di libera circolazione dei lavoratori.

Dieci anni dopo la sentenza stabilì che le norme in questione effettivamente ostacolano la libera circolazione dei calciatori professionisti, impedendo la libera concorrenza tra i club.

Tuttavia, la Corte si è concentrata sulle interruzioni contrattuali senza giusta causa e non ha messo in discussione i regolamenti FIFA sui trasferimenti dei calciatori.

E’ corretto paragonare i due casi?

L’articolo 17 del regolamento FIFA, che tratta delle rescissioni contrattuali senza giusta causa, è stato il vero oggetto della controversia. Nonostante ciò, la FIFA ha dichiarato di essere soddisfatta del fatto che la validità dei principi chiave del sistema dei trasferimenti sia stata riconfermata dalla sentenza. Sono infatti stati messi in discussione solo due paragrafi del regolamento FIFA sullo status e il trasferimento dei giocatori.

Il caso Bosman del 1995 pose fine al limite massimo di giocatori stranieri nelle squadre, permettendo ai calciatori di trasferirsi liberamente alla scadenza del contratto senza che il club cedente ricevesse un compenso. Da quel momento nacque il concetto di “parametro zero”. Di fronte a due situazioni così diverse, è chiaro che non è possibile paragonare il caso Diarra a quello Bosman. Il primo si concentra sulle rescissioni contrattuali anticipate e su come vengono gestite, mentre il secondo ha modificato radicalmente le regole alla base dei trasferimenti internazionali nel calcio europeo come lo conosciamo noi oggi.

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Serie A: quando si giocava anche il giorno di Natale

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Nocerina

E se vi dicessimo che la Serie A si è giocata anche il 25 dicembre alcune volte? Bisogna tornare indietro a quasi 100 anni fa per la prima (e non unica) volta.

Il 25 dicembre è un giorno di festa per tutti, anche per i calciatori. Negli ultimi anni il calcio italiano è sceso in campo anche durante le feste natalizie, ma mai il 25 dicembre.

Tuttavia, diversi anni fa le partite di Serie A si giocavano anche il 25 dicembre. La prima volta fu nel 1927, l’ultima volta nel 1960.

Serie A, in campo il 25 dicembre: dal 1927 al 1960

Serie A

Siamo nella stagione 1927/28, il nostro campionato si chiamava Divisione Nazionale ed era diviso in due gironi da 11 squadre. Le prime 4 dei due gironi accedevano al girone finale, e chi arrivava primo in quel girone, vinceva lo Scudetto. Quell’anno toccò al Torino di Enrico Marone Cinzano (all’epoca Presidente del club granata).

Il 25 dicembre 1927 si giocarono tutte le partite. Genoa-Brescia 0-0, Padova-Lazio 2-0, Napoli-Milan 1-2, Alessandria-Reggiana 11-0, Cremonese-Torino 2-2, Roma-Dominante 4-2, Bologna-Livorno 3-0, Casale-Modena 2-5, Juventus-Novara 4-3 ed Inter-Verona 4-1. Visto che i due gironi erano con 11 squadre, ogni giornata di campionato una squadra del girone riposava. In quel caso riposarono la Pro Vercelli nel Girone A, e la Pro Patria nel Girone B.

Bisognerà aspettare 22 anni per vedere un’altra partita di Serie A giocarsi il 25 dicembre. In quel caso sarà solo una partita in programma quel giorno (Como-Inter 1-5, 25 dicembre 1949). Le altre partite di quella giornata si giocano il 24 dicembre, il 26 dicembre e il 5 gennaio 1950.

Si gioca anche il 25 dicembre anche nella stagione 1955/56: Fiorentina-Triestina 1-0, Genoa-Inter 4-3, Padova-Bologna 3-1, SPAL-Napoli 1-2 e Torino-Roma 2-1. Le altre partite di quella giornata di campionato si giocano il 24 e il 26 dicembre 1955.

La quarta ed ultima volta avvenne nella stagione 1960/61: siamo alla 12a giornata e tutte le partite si giocano il 25 dicembre. A differenza della stagione 1927/28, la Serie A è a girone unico con 18 squadre (come il campionato 1955/56, mentre il campionato 1949/50 era a 20 squadre come oggi).

A trionfare nella stagione 1960/61 fu la Juventus di Umberto Agnelli: fu la stagione del dodicesimo Scudetto del club bianconero. Le partite che si giocarono il 25 dicembre 1960 furono le seguenti: Bari-Milan 0-0, Bologna-Torino 3-1, Fiorentina-Lanerossi Vicenza 0-1, Inter-SPAL 4-1, Juventus-Sampdoria 3-2, Lazio-Catania 2-2, Lecco-Roma 0-0, Napoli-Atalanta 0-0 e Padova-Udinese 1-0.

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Triestina, 107 anni e non sentirli!

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SALERNITANA

La Triestina il 18 dicembre ha compiuto 107 anni dalla fondazione: la storia di una società gloriosa, che attraversa anche le vicende  della storia italiana.

La Triestina il 18 dicembre ha compiuto 107 anni dalla fondazione, avvenuta nel 1918: la storia della società alabardata si intreccia con quella italiana, un percorso che merita di essere  vissuto.

Triestina, la società alabardata compie 107 anni: riviviamo la storia del glorioso club giuliano

Triestina, il 18 dicembre sono 107 anni dalla fondazione del club alabardato: una storia gloriosa che si intreccia con quella italiana

La Triestina il 18 dicembre ha compiuto 107 anni dalla fondazione, avvenuta il 18 dicembre 1918 con la fusione di FC Trieste la CS Ponziana, storica seconda squadra giuliana che però vivrà una storia a parte che poi menzioneremo. Davvero una storia interessante, che merita di essere rivista, visto che si intreccia con alcuni episodi della storia del nostro paese.

Dopo aver disputati campionati locali del comitato provinciale giuliano, nel 1929 fu ammessa alla Serie A grazie all’intervento della FIGC che voleva per il primo campionato di massima Serie le squadre delle più importanti città italiane: gli alabardati avrebbero giocato in Serie A sino alla stagione 1956-57. Partecipò anche al campionato 1945-46, il primo del dopoguerra ma anche il più problematico dal punto di vista politico: visto l’occupazione della provincia giuliana da parte sia delle forze angloamericane e da parte dell’armata jugoslava, gli alabardati scelsero di disputare il campionato italiano, differenza della Ponziana che scelse di giocare nella Prva Liga jugoslava affrontando Stella Rossa e Partizan di Belgrado.

Poi, con la formazione del Territorio Libero di Trieste, fu anche l’unica squadra della Serie A che giocò senza far parte della Repubblica italiana. Furono anni molto intensi, ma anche di grandi soddisfazioni. Poi, però, iniziò un declino che la portò partire dagli anni ’70 militare in Serie D, dove nel 1974-75 affrontò un derby stracittadino proprio la Ponziana, tornata disputare i campionati italiani. Negli anni ’80, gli alabardato fecero buoni campionati di Serie B, nel 1986 si sfiorò il ritorno in Serie A, era necessario uno spareggio con l’Empoli che non ci fu per via dello scandalo scommesse che travolse i giuliani, che scontarono una pesante penalizzazione.

Poi gli anni ’90 videro il primo fallimento societario nel 1994, ritorno immediato in Serie C1 nel 2001, di li poi in Serie B, dove affrontò anche la Juventus nella stagione 2006/07. Poi il secondo fallimento nel 2012, la rinascita con il ritorno in Serie C, doveva milita tuttora. Una storia davvero interessante, che la fa una delle società più gloriose del nostro calcio, avendovi militato alcuni campioni del mondo come Gino Colaussi e Franco Causio, eroi dei mondiali del 1938 e 1982, il che lega i giuliani con la storia del nostro paese.

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Milan, gerarchie ribaltate: Bartesaghi supera Estupiñán

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Il Milan prepara l’ultimo impegno del 2025 e Allegri punta sulle certezze: Bartesaghi ha superato Estupiñán e ora guida la corsia sinistra.

Dopo la delusione in Supercoppa Italiana, il Milan si prepara a chiudere il 2025 davanti al proprio pubblico. A San Siro arriverà un Hellas Verona in grande forma e con il morale alle stelle dopo due vittorie consecutive. 

Proprio per questo Massimiliano Allegri e i rossoneri sono chiamati a una risposta forte: servono i tre punti, soprattutto dopo i tanti passi falsi contro le piccole che stanno pesando sul cammino in campionato. La sensazione è che il tecnico punterà senza troppi esperimenti sull’undici titolare, affidandosi a chi in questo momento offre più garanzie.

Tra queste certezze c’è ormai, a tutti gli effetti, Davide Bartesaghi. Il giovane terzino è stato protagonista assoluto nel 2-2 contro il Sassuolo, con una doppietta che ha sorpreso tutti. Ma ridurre la sua crescita ai gol sarebbe un errore: Bartesaghi sta vivendo una stagione in costante ascesa, fatta di prestazioni solide, personalità e continuità, elementi che gli hanno permesso di guadagnarsi la fiducia piena di Allegri.

Milan

PERVIS ESTUPINAN ( FOTO SALVATORE FORNELLI )

Milan, Bartesaghi titolare: Estupiñán ora insegue

La sua ascesa è stata favorita anche dai problemi fisici e da un rendimento non esaltante di Pervis Estupiñán. L’esterno ecuadoriano, arrivato in estate dal Brighton per 17 milioni più 2 di bonus, sembrava destinato a raccogliere l’eredità di Theo Hernández sulla fascia sinistra. Finora, però, le sue prestazioni sono state ben lontane dai livelli mostrati in Premier League, e Bartesaghi ha saputo approfittarne con qualità e personalità.

Le gerarchie, al momento, appaiono ribaltate. Bartesaghi è davanti e parte con i favori del pronostico anche contro il Verona, ma la sfida resta aperta. Per mantenere il posto, il giovane rossonero dovrà continuare a tenere alta la concentrazione e confermare quanto di buono mostrato finora. 

Estupiñán, dal canto suo, resta un investimento importante del club e avrà occasioni per rilanciarsi. La concorrenza è aperta, ma oggi il Milan sa di poter contare su una nuova certezza: Bartesaghi non è più una sorpresa, ma una realtà.

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