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Il VAR sarà abolito in Premier League? I primi “exit poll” dei media inglesi…
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11 mesi fail

E’ improbabile che il partito abolizionista, guidato dal Wolverhampton, abbia i voti per far abolire il VAR, ma questo lo sanno già.
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Il VAR sarà abolito in Premier? La situazione
Ha fatto molto scalpore la notizia, trapelata negli scorsi giorni, secondo la quale in Inghilterra si sarebbe presto tenuta una votazione per l’abolizione del VAR. Votazione che effettivamente ci sarà, ma che salvo sorprese non si concluderà con l’abolizione della tecnologia. Quasi certamente la prossima stagione di Premier League vedrà (suo malgrado) ancora l’utilizzo del VAR, quindi è già tutto finito?
Assolutamente no, in quanto (riporta Sky Sports UK) il Wolverhampton (ovvero il club fautore della protesta e che guida il “partito degli abolizionisti“) è sempre stato perfettamente consapevole che la mozione non sarebbe passata. “E allora perché farla” potrebbe obiettare qualcuno, ma non sarebbe un ragionamento sensato.
Perché le opposizioni dovrebbe proporre degli emendamenti se perfettamente consapevoli del fatto che non passeranno, dato che, per definizione, hanno la minoranza in parlamento? Semplice, per rendere una questione di dominio pubblico. I Wolves sono perfettamente consapevoli che il VAR sta danneggiando il calcio e con questa mossa vogliono creare un precedente, sensibilizzando ulteriormente l’opinione pubblica.

LPS/Fabrizio Carabelli
Persa la battaglia, non la “guerra”
Opinione pubblica che, se questa votazione fosse un referendum, non avrebbe dubbi sul propendere per l’abolizione del VAR. La stessa forza non c’è (ancora) nelle aule della Premier League, ma fino a qualche mese fa sarebbe stato impossibile anche solo pensare di ascoltare una notizia del genere.
Il VAR veniva etichettato dalla propaganda come indispensabile, come il velivolo che avrebbe traghettato il calcio verso la modernità e verso un’utopia egalitaria. E invece, una manciata di anni dopo la sua implementazione, ci troviamo già di fronte alla possibilità concreta di una rinuncia del calcio a questa tecnologia.
Del resto lo avevamo detto che la Svezia, con la sua scelta di rifiutare l’implementazione del VAR, avesse segnato una svolta storica nella forma mentis del pallone. E anche in quel caso ci eravamo detti che la “guerra” fosse ben lungi dall’essere vinta. Però i Wolves hanno svelato l’elefante nella stanza, rendendo il leitmotiv (“It’s not football anymore“) sempre più una realtà socialmente accettabile e sempre meno una posizione controcorrente.
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Eldor Shomurodov ha dimostrato ancora una volta il suo amore per la Roma e la gratitudine per essere stato al centro del progetto in questa stagione.
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Contro la Juventus è risultato decisivo ai fini del risultato grazie alla rete messa a segno a inizio ripresa con una zampata sugli sviluppi di calcio d’angolo. Quale sarà il suo futuro?
Roma, Shomurodov non smette di segnare: sarà trattenuto?
Sebbene il piano di Ghisolfi per l’estate, allenatore compreso, non sia ancora del tutto noto, è lecito iniziare a trarre delle conclusioni per quanto riguarda la permanenza o addio di alcuni membri della rosa.
Uno dei nomi più in vista è sicuramente quello di Eldor Shomurodov, attaccante uzbeko classe 1995, che durante le scorse sessioni di mercato era sul punto di lasciare la capitale.

L’ESULTANZA DI ELDOR SHOMURODOV DOPO IL GOL ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
L’arrivo di Ranieri l’ha rivitalizzato e talvolta relegando Artem Dovbyk, pagato circa 40 milioni di euro la scorsa estate, in panchina per alcuni match anche importanti. La rete contro l’Athletic Bilbao sembrava quasi aver consegnato la qualificazione ai quarti di Europa League ma la gara del San Mamès ha preso una direzione diversa.
Resta il fatto che l’ex Cagliari e Spezia tra le altre ha messo a referto un totale di 6 gol e 3 assist in 30 presenze fra tutte le competizioni; nelle quali però ha accumulato un totale di 988 minuti ovvero circa 33 minuti per partita. Da gennaio è sempre stato impiegato, segnale che la società e l’allenatore credono fermamente nelle sue capacità.
Il futuro tuttavia è ancora incerto visto che il contratto scade a giugno 2026 e di trattative per il rinnovo ancora non c’è traccia. Tutto dipenderà dal nuovo allenatore e dal responso sull’utilità o meno di un giocatore che sta trascinando la Roma in Champions League dopo l’avvio di stagione da incubo.

Il Venezia gioca bene ma pecca in zona gol: manca sempre di più Pohjanpalo, che intanto sta trascinando il Palermo ai playoff.
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Nell’ultima giornata di campionato, il Venezia ha perso una nuova occasione per avvicinarsi alla salvezza. Il pareggio contro il Lecce, quartultimo in classifica, ha lasciato l’amaro in bocca ai lagunari, che restano penultimi a quota 21 punti, cinque in meno proprio rispetto ai salentini.
Una vittoria avrebbe portato la squadra di Di Francesco a -1 dalla zona sicura, ma ora ogni speranza di permanenza si giocherà nei prossimi due scontri diretti contro Monza ed Empoli.
Eppure, il percorso nel 2025 dimostra che il Venezia c’è: i pareggi strappati a squadre come Napoli, Atalanta e Lazio, e quelli sfiorati contro Roma, Inter e Bologna, confermano la solidità di un gruppo ben messo in campo, che sa far gioco e tiene testa anche alle big. Ma manca qualcosa di fondamentale.
Venezia, Pohjanpalo il grande rimpianto in zona gol
Il problema più evidente è l’assenza di concretezza sotto porta, soprattutto negli scontri diretti. E qui torna inevitabilmente il nome di Joel Pohjanpalo. Ceduto a gennaio al Palermo, il centravanti finlandese rappresenta oggi il grande rimpianto del Venezia.
La scelta di sostituirlo con Fila e Maric non ha dato i risultati sperati: i due centravanti, seppur integrati perfettamente nel gioco di Di Francesco, non hanno ancora inciso né con gol né con assist.
I numeri parlano chiaro: il Venezia non ha un terminale offensivo in grado di concretizzare le tante occasioni prodotte. E pensare che Pohjanpalo, fino a gennaio, aveva segnato 6 gol in 20 presenze in Serie A: un bottino di tutto rispetto per un attaccante di una squadra in lotta per la salvezza.
Il Doge biondo brilla a Palermo
Da quando ha lasciato Venezia, Pohjanpalo, in 8 presenze con la maglia del Palermo, ha collezionato 8 gol e 2 assist, compresa la straordinaria tripletta contro la capolista Sassuolo nell’ultimo turno.
I tifosi rosanero lo considerano già il simbolo della rincorsa playoff, e il suo impatto in Sicilia è stato devastante non solo sul piano statistico, ma anche per leadership ed esperienza.
Guardando oggi la qualità del gioco espresso dal Venezia, migliorato nettamente dopo il mercato invernale, è inevitabile chiedersi dove sarebbe questa squadra se avesse avuto ancora a disposizione il suo ex capitano.

Il Napoli pareggia in casa del Bologna e tiene il passo dell’Inter. Gli azzurri pagano l’ennesimo secondo tempo insufficiente.
Contro il Bologna arriva un pareggio che permette al Napoli di rimanere a -3 dall’Inter, recuperando così il punto conquistato dai nerazzurri contro il Parma. Ma il risultato non racconta tutto: la gara del Dall’Ara lascia l’amaro in bocca per l’ennesimo, inspiegabile calo nel secondo tempo.
Una tendenza che si era già intravista nelle prime giornate, quando il Napoli di Conte faticava a tenere alta l’intensità per tutta la durata della partita. La differenza, però, era la tenuta difensiva: compattezza, solidità e attenzione che permettevano di portare a casa il risultato.
Da febbraio in poi, qualcosa si è rotto. La squadra continua a correre, i dati atletici lo confermano, e le alternative in rosa, seppur poche, non mancano.
Ciò che manca davvero è la cattiveria agonistica. Quella che l’allenatore incarna, ma che i suoi giocatori non riescono a fare propria.

L’ESULTANZA DI ANTONIO CONTE DOPO IL GOL ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Napoli, serve un’anima più feroce
Non è una novità che il Napoli soffra da marzo in poi. Già con Sarri e Spalletti si erano notati crolli mentali nei momenti clou della stagione. Un tema ricorrente, che ora si ripresenta anche sotto la guida di Conte.
Lo stesso Stellini, in conferenza stampa, ha parlato di una squadra che pecca in mentalità. Il Napoli si specchia nel proprio gioco, diventando brillante e incisivo solo quando tutto funziona. Ma basta un episodio, un avversario ben organizzato o un pizzico di fatica per mandare in crisi l’intero sistema.
Quando serve fare legna, sporcare la partita, fare quel fallo tattico in più o vincere un contrasto con decisione, gli azzurri si tirano indietro. Per dirla alla napoletana, a questa squadra manca cazzimma. Alcuni acquisti dell’estate, come McTominay, Gilmour e Buongiorno, hanno aggiunto un pizzico di carattere, ma restano eccezioni. La rosa continua a mancare di quella componente fondamentale per chi ambisce a vincere davvero: la fame.
La stessa che era mancata nella stagione finale con Sarri, nel primo anno con Spalletti e persino nel secondo, quando il sogno Champions sembrava alla portata. Anche quest’anno, dopo le grandi prove di forza contro Atalanta e Juventus, è seguito un crollo verticale. I giocatori sembrano accontentarsi, più concentrati a gestire che a reagire. Ma il calcio non perdona: le partite durano 90 minuti e gli avversari non aspettano.
In estate servirà intervenire anche su questo fronte, inserendo profili mentalmente solidi e più cattivi, capaci di alzare il livello dell’intero gruppo nei momenti che contano.
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