Il presidente dell’Inter Beppe Marotta, in occasione dell’evento Costituzione e Sport, ha parlato del lato tossico delle performance giovanili.
Il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta, intervenuto al Convegno di Costituzione e Sport tenuto al Palazzo Lombardia, non ha esitato a ribadire l’influenza negativa nella formazione dei giovani dovuta all’eccessiva pressione da parte dei familiari dei giovani calciatori.
Le conseguenze di tali pressioni possono riversarsi sulle performance dei giovani. Secondo il punto di vista del Presidente, ciò che bisogna trasmettere ai giovani calciatori è l’educazione dello Sport; guidare i ragazzi in un percorso di crescita, lavorando sui propri obiettivi formativi e in un lavoro di squadra.
La squadra riconosce il valore educativo dello sport: i genitori tendono ad imporre nei ragazzi le regole, spesso non costruttive e degenerative per la formazione giovanile. Nell’Inter c’è una selezione forte mirata ad un solo obiettivo, ovvero considerare lo sport una “palestra di vita”, come ha detto Marotta.
Ciò che bisogna cogliere dal lato produttivo dei giovani è la determinazione a vincere e crescere in squadra, nonostante gli ostacoli che la burocrazia impone.
“Quando si parla di presidente dell’Inter si parla di una squadra che ha milioni di supporter nel mondo. Non tutti riconoscono la valenza sociale che l’Inter rappresenta, noi abbiamo una filiera di squadra di donne e uomini, tutto questo per avere 700 tesserati. Abbiamo una responsabilità sociale nei loro confronti.
I genitori spesso impongono nei ragazzi delle aspettative pesanti, noi ci troviamo a gestire queste situazioni. Dobbiamo essere capaci, siamo dotati di profili professionali. Nell’Inter c’è una selezione molto forte, non possiamo mai perdere di vista la nostra mission, ovvero considerare lo sport come palestra di vita. Non ci riusciamo spesso perché i genitori impongono aspettative fuori luogo. È un ruolo molto delicato, non solo di formazione sportiva”.
E ancora: “Mi rifaccio al concetto che la costituzione con l’articolo 33 riconosce il valore educativo dello sport, il contesto di riferimento è il calcio, che è molto cambiato perché è cambiato il riferimento delle squadre. Prima c’era il fenomeno del grande imprenditore, ora 12 società su 20 sono di proprietà straniere. Sono venute meno anche le forme di sponsorizzazioni locali. Queste società sono costrette a dover far pagare la retta, andiamo intorno ai 1.000 euro all’anno per ragazzino, è chiaro che una famiglia che ha un reddito basso ha un approccio diverso.
I veri talenti che potevano essere i Baggio, gli Antonioni, i Del Piero, arrivano dal mondo dell’oratorio, della strada. Adesso anche l’oratorio deve far pagare la retta. Ecco allora che deve intervenire lo Stato, non ne parlo in maniera critica, il fatto di poter avere le scuole a tempo pieno e far si che accanto alla scuola ci sia la continuità nel pomeriggio può essere un aspetto.
Oggi il vero problema sono le strutture, noi come Serie A con 1,2 miliardi che versiamo all’erario siamo tra i maggiori contribuenti, e allora una defiscalizzazione per chi investe nello sport potrebbe aiutare a dotarsi di strutture per essere anche un polo attrattivo per i giovani”.
Aggiornato al 24/02/2025 14:08
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