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Laurence Giani: il ragazzo dello Stoke e l’Italia che verrà
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L’Italia Under 17 di Massimiliano Favo ha staccato il pass per gli Europei in Albania, dimostrando dio avere un’ottima rosa, a partire da Laurence Giani.
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La nazionale Under 17 proverà quest’estate a ripetersi e difendere in Albania, il titolo di Campione d’Europa in carica conquistato soltanto un anno fa da Camarda e compagni. Quest’estate, nonostante sia ancora convocabile, l’attaccante rossonero salvo sorprese non ci sarà e a disposizione di Massimiliano Favo ci saranno altre frecce nell’arco Azzurro. Fra queste ci sarà anche Laurence Adam Giani.

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Chi è Laurence Giani
Italo-inglese, terzino sinistro classe 2008 nato a Crewe in Inghilterra. Si tratta di uno dei tanti italiani di seconda generazione, nati e cresciuti lontani dal nostro paese da genitori che hanno scelto di emigrare all’estero. La famiglia Giani, è di origine fiorentina. Papà Marcello ha deciso di partire da Figline Valdarno alla volta dell’Inghilterra per costruire una nuova vita. Qui l’incontro mamma Isabelle, da cui ha avuto altri due figli più grandi di Laurence: Oliver e Max.
Nonostante sia nato e cresciuto in Inghilterra, ha il tricolore che gli scorre nel sangue. L’italiano lo parla con accento british e lo sta studiando per migliorare sempre più. Soprattutto perché, come da lui stesso dichiarato tramite i profili della Figc: “Ogni volta che indosso la maglia dell’Italia provo un’emozione fortissima, che non si può spiegare. Sono orgoglioso di vestirla, sia per me che per la mia famiglia”.
Gli inizi
Laurence inizia a giocare a calcio molto giovane, e a 5 anni i genitori lo iscrivono alla scuola calcio dell’Hartford FC. Qui viene notato dagli scout sul territorio dello Stoke che lo prelevano e lo inseriscono, ormai da 9 anni, nella Academy del club. La prima squadra, nonostante la giovanissima età, l’ha già sfiorata perché oltre ad allenarsi stabilmente coi grandi è stato già convocato in Carabao Cup nella partita poi persa contro il Southampton.
Giani’s skills
Il ragazzo è cresciuto nel mito di un’icona del calcio come Paolo Maldini e, di conseguenza, con i colori del Milan addosso. Per come interpreta il ruolo, grande spinta e corsa inesauribile, i suoi modelli di riferimento odierni sono invece Andrew Robertson del Liverpool e… Eric Bocat con cui ogni giorno si confronta in prima squadra ed è un modello ed esempio per lui. E Giani potrà già vivere un momento importantissimo della sua carriera in Albania, proprio perchè se la Nazionale riuscisse a ri-vincere il titolo degli Europei di categoria, sarebbe assolutamente un record storico.
In bocca al lupo dunque ai ragazzi di Favo, e in particolare a questo ragazzo del 2008.

L’Inter batte anche il Cagliari e si avvicina sempre di più allo Scudetto. Grande giornata per le seconde linee ma secondo Inzaghi è impossibile mantenere il ritmo.
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I nerazzurri hanno rifilato un tris ai sardi grazie alle reti di Arnautovic, Lautaro Martìnez e Bisseck tornando quindi a + 6 dal Napoli, in attesa della partita degli azzurri contro l’Empoli.
Inter, tra Bayern Monaco e Coppa Italia: la strada è ancora lunga
Tre competizioni e livello che continua a restare alto. È questa una delle caratteristiche più incredibili dell’Inter di Simone Inzaghi che in campionato torna a vincere dopo il pareggio di Parma, tornando così in vetta.
La compagine nerazzurra anche con qualche rotazione riesce comunque a portare a casa 3 punti fondamentali per la corsa al titolo. Tuttavia la testa deve essere subito rivolta alla Champions League, con il Bayern Monaco che si presenterà a San Siro proprio mercoledì. Si ripartirà dal 2-1 dell’andata e l’obiettivo semifinale è più vivo che mai.
Tra 10 giorni invece sarà la volta della Coppa Italia col ritorno del derby di semifinale contro il Milan, qui invece si ripartirà dall’1-1 della prima sfida. In mezzo l’impegno molto insidioso contro il Bologna di Italiano completerà il quadro di aprile infuocato per l’Inter.

Lautaro Martinez ringhia a Joshua Kimmich ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Al termine della gara contro i sardi, l’allenatore piacentino ha espresso tutto il suo disappunto per il n° di partite giocate dall’inizio della stagione: “[…] Siamo alla 47esima partita al 12 aprile: l’anno scorso 48 in tutto l’anno, è qualcosa di anomalo che sapevamo ma non fino a questo punto. Andiamo avanti cercando di recuperare giocatori e non perderne”.
A questo poi bisogna aggiungere il Mondiale per Club in programma a giugno che vedrà i nerazzurri scendere in campo negli Stati Uniti. L’ottimo rendimento da parte di giocatori impiegati meno frequentemente come Arnautovic e Bisseck tranquillizza i tifosi anche se il rischio infortunio è sempre dietro l’angolo.
Per conquistare il Triplete sarà fondamentale un pizzico di fortuna in questo senso, in modo da spalmare la rosa in base ai vari impegni e provare il colpo grosso.

Il cambio di modulo rilancia il Milan, che asfalta l’Udinese, e rispolvera il Theo Hernandez dei giorni migliori. Che sia la strada giusta per il futuro?
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Il Milan travolge l’Udinese con un sonoro 0-4 e ritrova compattezza, brillantezza e, soprattutto, efficacia offensiva. Una delle migliori versioni stagionali della squadra rossonera, arrivata grazie a un cambio di sistema forzato dalle assenze sulla destra ma che ha dato frutti immediati. Un Milan ordinato e letale, in cui si sono rivisti i migliori Theo Hernandez e Rafael Leao.
Proprio il terzino francese, spesso primo bersaglio delle critiche per il rendimento di quest’anno, sembra poter rinascere con questo 3-4-3. Meno compiti difensivi, più campo da attaccare: la ricetta della rinascita potrebbe essere stata finalmente trovata.

RAFAEL LEAO E THEO HERNANDEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Theo ritrova se stesso nel 3-4-3
Uno dei volti simbolo del successo alla Dacia Arena è stato proprio Theo, tornato al gol e autore di una prestazione totale. Il francese è apparso più attento dietro e molto più incisivo in avanti, come dimostrato dal gol del 3-0, che potrebbe essere letto come un segnale per un futuro ancora rossonero. La verità è che poche volte in stagione si era visto il vero Theo, quello delle falcate sulla sinistra e delle incursioni letali. A Udine, è tornato a fare quello che gli riesce meglio: attaccare.
L’intuizione di Sergio Conceicao di passare alla difesa a tre con due esterni alti ha dato una scossa importante al Milan. Il 3-4-3, più equilibrato ma al contempo aggressivo, ha regalato una migliore fase difensiva e liberato la qualità dei giocatori più offensivi. Theo ha agito sulla linea dei centrocampisti, coperto alle spalle da Tomori e Pavlovic, e ha potuto sfruttare al massimo i suoi strappi senza dover rientrare con continuità.
Milan, ora serve continuità
Quella contro l’Udinese è stata probabilmente la miglior prestazione dell’era Conceicao, ma ora la sfida sarà dare continuità a questo nuovo assetto. Il modulo, seppur scelto per necessità, ha rivelato potenzialità interessanti, soprattutto per esaltare giocatori come Theo e Leao, che hanno bisogno di libertà e spazi.
La rinascita del francese potrebbe rappresentare una delle chiavi per il finale di stagione e per tenere vive le speranze europee. La strada è ancora lunga, ma il nuovo Milan visto alla Dacia Arena ha riacceso l’entusiasmo tra i supporters rossoneri.
Focus
Violenza sulle donne: dalle curve ai campi si alza un No
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3 giorni fail
11/04/2025By
Sara Cambi
Violenza sulle donne: dopo gli ennesimi femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, la reazione del mondo del calcio è stata forte e decisa.
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In Italia, il calcio, linguaggio popolare per eccellenza, si è fatto eco del dolore e della speranza di un’intera società ferita.
Violenza di genere: il silenzio è complice
Le curve, da sempre teatri di cori e rivalità, si sono trasformate in agorà moderne.
Luoghi in cui la rabbia si è sublimata in consapevolezza.
E la voce di chi troppo spesso è ignorato si è alzata, finalmente, a squarciare il silenzio.
I femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella hanno scosso le fondamenta dell’indifferenza, obbligandoci a guardare in faccia la realtà.
Di fronte a queste tragedie, il calcio non ha scelto la neutralità, ma l’impegno.
Gli striscioni nelle curve
Nella scorsa giornata di campionato il linguaggio del calcio si è intrecciato con quello della memoria.
I tifosi di Palermo e Messina hanno scelto di rompere il silenzio, trasformando gli spalti in luoghi di consapevolezza e di lotta.
Hanno sollevato striscioni che gridano contro la violenza maschile sulle donne.
Un nome evocato dagli spalti: quello di Sara Campanella, la giovane studentessa di 22 anni assassinata a Messina il 31 marzo da un compagno di università.
A Sorrento, la Curva Sud del Messina ha scritto: “L’amore non uccide. Sara vive in tutti noi.” Parole semplici, ma capaci di aprire varchi nella coscienza.
Sul campo, i calciatori portavano il lutto al braccio, mentre i giocatori del Sorrento hanno deposto fiori sotto il settore ospiti: un gesto di silenziosa, potente solidarietà.
A Palermo, durante la partita contro il Sassuolo, è stato esposto uno striscione dalla Curva Nord: “Nel ricordo di Sara, a difesa delle donne. Basta femminicidi.”
Gli atleti rosanero sono scesi in campo con magliette dedicate alla causa.
Sulle maglie, la scritta: “Non un minuto di silenzio. Contro la violenza sulle donne.” E sul retro, i nomi delle vittime, a partire da quello di Sara Campanella.
In tribuna, la famiglia di Sara ha trovato spazio e calore: una piccola comunità si è stretta attorno al dolore.
Anche la curva Est della Ternana ha voluto ricordare Ilaria, la giovane di Terni assassinata a Roma. I tifosi hanno voluto ribadire che ogni vittima non è un numero, ma una ferita aperta nella carne viva del nostro presente.
Inoltre sia la squadra maschile sia quella femminile hanno postato messaggi di vicinanza e partecipazione, in particolare nel giorno di lutto cittadino.
La violenza ha una solida base culturale
La storia di Sara e quella di Ilaria Sula sono tristemente simili. Entrambe ventiduenne, entrambe strappate alla vita dall’ex compagno.
Deve essere chiaro, però, che non sono eccezioni tragiche, ma manifestazioni di una radice profonda e sistemica: il patriarcato, che ancora oggi plasma, giustifica e legittima la violenza.
Non è questione di etnie o di culture “altre”, come provano a suggerire alcune narrazioni politiche fuorvianti. È un fenomeno strutturale, alimentato ogni giorno da una cultura che normalizza il dominio e il possesso, anche nei rapporti più intimi.
Le curve del tifo vengono spesso descritte come focolai di intolleranza.
Ultimamente stanno invece diventando cassa di risonanza di un messaggio collettivo: non accettiamo più il silenzio.
Non accettiamo più l’indifferenza.
Un terribile controsenso
Intanto, paradossalmente, nel mondo del calcio si continuano a tesserare atleti condannati per violenze sessuali.
Mentre sono le tifoserie a prendere posizione pubblica, a fare quello che istituzioni e vertici sportivi troppo spesso evitano: nominare il patriarcato, riconoscere la sua pervasività, denunciarlo senza ambiguità.
Perché sì, cara classe politica, il patriarcato esiste ancora. Ed è proprio questo il nemico da combattere. Ogni giorno, in ogni campo, non solo da gioco.
Storia del calcio contro la violenza sulle donne
Alla Curva Sud del Milan, il 25 novembre 2023, durante Milan–Fiorentina, le parole si sono fatte pietra: “Abusi e violenze sulle donne: ultimo rifugio di vili e meschini. Voi non siete uomini.”
Alla Curva Sud Siberiano della Salernitana, lo stesso giorno, durante Salernitana–Lazio, il rosso, colore del sangue e della ribellione, ha segnato i volti dei tifosi.
La campagna #unrossoallaviolenza è diventata gesto corale, con queste parole a sorreggere il silenzio delle vittime: “Chi picchia una donna è un vigliacco. Chi picchia una donna è un essere insignificante.”
A Cosenza, nello stadio intitolato a Gigi Marulla, il 15 settembre 2024, un altro striscione ha risuonato come una preghiera laica “Verità per Ilaria Mirabelli.”
Perché la memoria è lotta, e il ricordo di Ilaria, giovane ultras scomparsa in circostanze oscure, chiede giustizia oltre l’oblio.
Parola ai giocatori
Durante l’ottava edizione della campagna #unrossoallaviolenza, sostenuta dalla Lega Serie A e da WeWorld, molti calciatori hanno scelto di esporsi.
Non più solo atleti, ma uomini consapevoli, si sono mostrati con un segno rosso sul volto, accanto alle proprie compagne, mogli, figlie.
Mile Svilar, portiere serbo di 25 anni della Roma, è intervenuto sull’argomento dopo l’omicidio di Ilaria Sula, uccisa proprio nella capitale.

MILE SVILAR PENSIEROSO GUARDA IN ALTO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
“È insopportabile continuare a sentire queste notizie ogni giorno. Sono tragedie che riguardano tutti noi, perché potrebbero colpire chiunque”, ha dichiarato Svilar.
“Dobbiamo ripartire dall’educazione: crescere figli che interiorizzino valori sani e che sappiano accettare un ‘no’ senza trasformarlo in violenza. È un messaggio da ripetere quotidianamente, e sono convinto che ciascuno di noi abbia una responsabilità in questo”.
Anche Giada Greggi, centrocampista venticinquenne della Roma femminile e della Nazionale italiana, ha espresso la sua vicinanza e riflessione sulla questione. “Sara e Ilaria avevano più o meno la mia età, con la vita ancora tutta davanti: quello che è accaduto mi ha profondamente scossa”.

GIADA GREGGI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Greggi ha poi aggiunto: “Come società dobbiamo prendere atto che il femminicidio è l’esito estremo di comportamenti che troppo spesso vengono sottovalutati o normalizzati, come la gelosia morbosa e il controllo ossessivo. È fondamentale educare i ragazzi, fin da piccoli, a capire che il rifiuto fa parte della vita e a liberarsi dalla mentalità del possesso, visto che, quasi sempre, la violenza arriva da persone vicine”.
Un gol contro la violenza
Secondo l’Istat, in Italia si registrano in media 150 femminicidi ogni anno, e nel 2025 l’Osservatorio de La Repubblica ne conta già 11.
Il sostegno del mondo del calcio può essere significativo. Non sono soltanto episodi da cronaca sportiva: sono spiragli di umanità, brecce aperte dentro il muro dell’abitudine.
Sono il segno che anche dentro le arene del tifo, spesso teatro di divisioni, può risuonare un canto comune: quello della dignità e del rispetto.
Perché il calcio, come ogni linguaggio collettivo, ha il potere di scegliere da che parte stare.
E quando si schiera dalla parte della vita, la partita è sempre quella giusta.
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