Focus
Lazio, ecco come gioca Tudor: Guendouzi incursore, Felipe…

Igor Tudor esordirà sulla panchina della Lazio nel match contro la Juventus. Ecco in che modo potrebbe giocare la sua squadra.
Difesa, chi con Romagnoli e Gila?
Per sua stessa ammissione, il tecnico croato ha il dogma della difesa a tre. Dal centrocampo in su si è soggetti a variazioni, ma sulla retroguardia a tre non si deroga. Romagnoli, in quanto unico centrale mancino della rosa, è certo di un posto da titolare sul centrosinistra: fondamentale sarà nell’uscita del pallone da dietro.
Probabile che trovi spazio anche Gila. Cresciuto tantissimo sotto l’egida di Sarri, tanto da partire titolare in 22 delle ultime 25 partite. Marcatore vecchio stampo, potrebbe esaltarsi nel modo di difendere di Tudor che esalta i centrali a cui piace giocare avendo sempre il riferimento dell’uomo.
Lo slot del centrodestra se lo contenderanno Patric e Casale. Lo spagnolo sarebbe il profilo più adatto. Per le sue qualità tecniche, per la sua velocità e per la sua abitudine a ricoprire il doppio ruolo terzino-centrale. Casale però si è mostrato al grande pubblico, meritandosi la chiamata della Lazio, proprio da centro-destra nella linea a tre del Verona di Tudor e, conoscendo le sue idee di gioco, potrebbe essere la scelta ideale nell’immediato.
Centrocampo, Felipe a tutta fascia?
Tudor predilige esterni di gamba, dovendo coprire tutta la fascia e più volte a partita, motivo per il quale questo sistema di gioco potrebbe esaltare coloro che hanno fatto più fatica a digerire i dettami difensivi mnemonici di Sarri. Pellegrini e Lazzari hanno un know-how difensivo particolarmente basso. Sono “esplosi” giocando come esterni di centrocampo ed è un habitat in cui si trovano certamente più a loro agio che come laterali puri.
Attenzione a Felipe Anderson, che potrebbe essere riciclato come esterno a tutta fascia come lo utilizzò anche Inzaghi in passato. Nei due di centrocampo, vicino a Rovella che verosimilmente continuerà a essere un insostituibile, potrebbe giocare Luis Alberto. Lo spagnolo rischia di essere un equivoco tattico e, quantomeno in apparenza, non sembra possedere le caratteristiche fisiche e organiche per interpretare il calcio di Tudor.
Attacco, Guendouzi è l’uomo di Tudor
Nonostante le dichiarazioni di facciata, il sistema di riferimento del croato è il 3-4-2-1. Poi, come sovente capita guardando le partite dell’Atalanta di Gasperini, si può variare in corso d’opera dal 2+1 all’1+2. La Lazio però due punte non ce le ha ed è quindi probabile che, almeno in questa parte finale di stagione, Tudor possa riproporre l’intelaiatura fatta vedere a Marsiglia: con Guendouzi che alza di 10-15 metri il suo raggio d’azione.
In Francia, nell’unico anno in cui ha lavorato con il tecnico croato, ha giocato da trequartista (anche se sarebbe più corretta la dicitura “incursore”) alle spalle di un centravanti. Centravanti che poi centravanti non era, in quanto Tudor all’epoca utilizzava Alexis Sanchez nel ruolo di falso nueve.
Castellanos, che è punta di associazione più che navigato uomo d’area di rigore, potrebbe essere favorito su Immobile anche per le sue maggiori doti di pressatore. A completare il terzetto offensivo verosimilmente ci sarà Zaccagni, che a Verona con Juric realizzò una delle migliori stagioni della propria carriera giocando da trequartista per corridoi intermedi. Il cesenate continuerebbe a partire da sinistra, nella porzione di campo che ne esalta le peculiarità, ma giocherebbe più interno e soprattutto molto più vicino alla porta avversaria.
PROBABILE FORMAZIONE LAZIO: (3-4-2-1): Mandas; Romagnoli, Gila, Casale; Pellegrini, Luis Alberto, Rovella, Felipe Anderson; Zaccagni, Guendouzi; Castellanos. Allenatore: Igor Tudor.
Focus
Ancelotti dice no all’Italia, ma quale sarà il suo futuro?

Alla vigilia della sfida di ritorno dei quarti di finale di Champions League tra Real Madrid e Arsenal, Carlo Ancelotti è tornato a far parlare di sé.
Non solo per la gara decisiva contro l’Arsenal, ma anche per le sue dichiarazioni sul futuro, Ancelotti ha destato attenzione. In un’intervista a RSI, ha spiegato perché ha rifiutato la Nazionale italiana: “Mi piace lavorare quotidianamente con i giocatori, la Nazionale mi sembrava un part-time che mi faceva perdere passione”. Parole che sembrano escludere anche l’ipotesi Brasile.
Ancelotti ha anche raccontato un retroscena sul suo ritorno a Madrid nel 2021, dopo l’Everton: “In realtà li ho chiamati io – ha ammesso – L’anno prima li avevo sentiti per capire se avessero giocatori disponibili per noi. Poi, sapendo che cercavano un allenatore, dissi al direttore che dovevano prenderne uno bravo”.
Quel “bravo”, alla fine, è stato lui stesso. Il suo secondo ciclo al Real ha portato altri trofei e momenti memorabili: tre Champions League in totale con i Blancos, due Liga, Coppe del Re, Supercoppe europee e Mondiali per Club. Eppure, nonostante il palmarès, il suo futuro sulla panchina più prestigiosa del mondo sembra di nuovo in bilico.
Arsenal decisivo, Xabi Alonso alla finestra
Come riportato da Fabrizio Romano, la gara contro l’Arsenal potrebbe rappresentare uno snodo decisivo per il futuro del tecnico di Reggiolo. In Liga, il Real è attualmente a -4 dal Barcellona. L’eventuale eliminazione in Champions, dopo la sconfitta dell’andata, potrebbe accelerare i tempi del cambiamento.
Florentino Perez starebbe già valutando un possibile successore. Il nome più caldo è quello di Xabi Alonso, ex leggenda del club e oggi tecnico emergente del Bayer Leverkusen. L’ex centrocampista ha già declinato offerte importanti, aspettando forse proprio una chiamata da Madrid.
Ancelotti riflette: addio vicino?
Se l’addio al Real dovesse concretizzarsi, Ancelotti si troverebbe davanti a una scelta importante. Al momento, l’idea di allenare una nazionale sembra lontana. Resta da capire se qualche altra grande panchina europea tenterà l’assalto a uno degli allenatori più vincenti di sempre. Nel frattempo, però, c’è un match da ribaltare. E Ancelotti sa bene che una “remuntada” domani sera al Bernabeu potrebbe cambiare tutto.
Focus
Inter prendi tutto? Mesi decisivi, con un occhio al mercato

Tour de force per l’Inter da adesso in poi. La squadra nerazzurra, e i tifosi, sperano di arrivare in fondo a tutte le competizioni e ripetere magari il 2010.
La squadra di Simone Inzaghi, che domani sera ospita il Bayern Monaco per il ritorno dei quarti di finale di Champions League, in caso di successo continuerebbe ad alimentare il sogno Triplete. Ma non è così semplice.

MARCUS THURAM E LAUTARO MARTINEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Un aprile di fuoco per l’Inter
I nerazzurri non si fermano mai, e stanno giocando una gara ogni 3-4 giorni. Ovviamente in casa Inter l’auspicio è quello di continuare su questo trend e avere una seconda parte del mese di aprile, e magari anche più in là, sempre più impegnata.
A questo punto della stagione le partite in archivio per la squadra di Inzaghi sono 48. Con la speranza, ovviamente, di arrivare a fine mese a 53 – tra le partite con Bayern in Champions, Roma e Bologna in campionato ed il derby di ritorno di Coppa Italia già assicurate – e con la speranza Barcellona il 29 o il 30 aprile valida per la semifinale di Champions League.
Tanto è: se l’Inter vuole continuare a sognare il secondo Triplete, a quindici anni dal primo trionfo, il calendario “intasato” è inevitabile. Ovviamente con i problemi che porta, non solo a livello di fatica.
Da adesso in poi vietato sbagliare: il Napoli di Conte sta tenendo botta nel duello per lo Scudetto, il Milan – mai come quest’anno – rimane un tabù, e ovviamente la Champions. Ma non finisce qui.

Giuseppe Marotta
Tra Mondiale per Club e mercato, i pensieri nerazzurri
Oltre al danno la beffa, in senso buono si intende. La stagione della squadra di Inzaghi non terminerà come al solito a maggio, perché impegnata nella prima edizione del nuovo format del Mondiale per Club. La manifestazione, infatti, andrà in scena dal 15 giugno al 13 luglio negli Stati Uniti.
Sfruttando la formula del classico Mondiale, l’Inter è stata inserita in un classico girone a 4 squadre (girone E). La squadra nerazzurra dovrà affrontare River Plate, Monterrey e Urawa Red Diamonds.
E potrà affrontare la competizione, oltre che con la rosa di adesso, con gli innesti che sarà possibile acquistare nella speciale finestra dal primo al 10 giugno. Quindi potrà essere arruolato Petar Sucic, il centrocampista acquistato a gennaio per giugno. E magari anche quel Luiz Enrique, esterno del Marsiglia che Marotta e Ausilio vorrebbero portare a Milano in questa piccola finestra di mercato.
Per il mercato classico, invece bisognerà aspettare la solita finestra che partirà a luglio. Cruciale per l’Inter per definire la linea per la successiva stagione. Sostenibilità e ringiovanimento le parole chiave. La difesa, con Acerbi e De Vrij in scadenza cambierà. Mentre in attacco sicuramente saluterà Correa, e resterà da vedere cosa succederà con Arnautovic.
Lontano da San Siro anche Taremi, con almeno due ricambi in entrata. Da tempo si parla di Castro del Bologna e Nico Paz del Como. Da non sottovalutare poi il mercato degli svincolati, molto gradito negli anni dai nerazzurri. Il migliore sulla piazza sicuramente è Jonathan David. L’attaccante canadese, però, chiede una cifra intorno ai 6-7 milioni netti, con bonus alla firma e commissioni.
Ma lo scenario che forse fa più paura all’Inter è la situazione Marcus Thuram. Marotta e Ausilio potrebbero mettere in piedi una trattativa, che si prospetterebbe molto redditizia, solo nella remota possibilità che arrivasse un’offerta di 85 milioni in Via della Liberazione. In poche parole: clausola o nulla.
A quel punto il canadese sarebbe il sostituto ideale di del francese ex Borussia Monchengladbach. Scenario che ricorda per grandi linee quello successo un paio di anni fa. In quella situazione, vista la mancata conferma di Lukaku, l’Inter virò proprio su Thuram.
Col senno di poi questa fu un’ottima mossa. Ma il figlio di Lilian è riuscito in poco tempo a stringere un feeling mostruoso con capitan Lautaro, oltre ad una crescita devastante. Ovviamente da qui a luglio è tutto da vedere. Che ne sarà di questa Inter?
Focus
Eterno Ranieri: imbattuto nel derby della Capitale

Claudio Ranieri saluterà la Roma da imbattuto nei derby della Capitale. Sei sfide contro la Lazio concluse con cinque vittorie e nessuna sconfitta.
Il derby della Capitale si è chiuso con un gol per parte e un pareggio che, in ottica Champions League, serve a poco. Lazio–Roma termina 1-1, con i giallorossi che rispondono al vantaggio di Romagnoli a inizio secondo tempo con una magia di Matías Soulé a poco meno di venti minuti dalla fine.
L’argentino, classe 2003, ha trovato la traiettoria perfetta con un sinistro incantevole, scatenando l’esultanza romanista. Un gol che non è bastato per portare a casa i tre punti, ma che ha avuto un valore simbolico immenso per Claudio Ranieri: è stato infatti il sigillo che gli ha permesso di restare imbattuto in tutti i derby della Capitale da allenatore dei giallorossi.

L’ESULTANZA GIOIOSA DI CLAUDIO RANIERI DOPO IL GOL DI SAUD ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Ranieri, la leggenda del derby
Una striscia incredibile, quella di Sir Claudio, che ieri ha toccato quota sei derby senza sconfitte: cinque vittorie e un pareggio.
La sua prima stracittadina risale al 6 dicembre 2009, quando un gol di Marco Cassetti al 79° regalò il successo ai giallorossi. Ma fu nel ritorno, nell’aprile 2010, che Ranieri scrisse una delle pagine più incredibili della storia romanista: sotto 0-1 all’intervallo, ebbe il coraggio di lasciare in panchina Totti e De Rossi per inserire Taddei e Menez. Una mossa azzardata, ma vincente, con Vučinić che poi si prese la scena con una doppietta che stese la Lazio. Poi arrivarono altre due vittorie nella stagione successiva, incluso il successo in Coppa Italia.
Nessuno poteva immaginare, però, che quindici anni dopo, la storia potesse ripetersi. Ranieri, chiamato a risollevare le sorti di una Roma in caduta libera, prima ha vinto il suo quinto derby a gennaio 2025, poi ha chiuso la serie con il pareggio di ieri.
Certo, Ranieri avrebbe voluto chiudere con una vittoria il suo ultimo derby, soprattutto per alimentare le residue speranze di qualificazione in Champions League. Ma nel grande racconto del calcio, a volte il valore simbolico di un risultato supera i numeri.
E quello di ieri è un risultato che profuma di storia: Claudio Ranieri saluterà il calcio lasciando un’impronta eterna sul derby della Capitale, un palcoscenico che ha dominato con cuore e coraggio.
A pochi passi dal ritiro, mentre Roma sogna ancora l’Europa, lui può già guardare indietro con fierezza: sei derby, zero sconfitte. Una leggenda vera. Un testaccino, un romano, un condottiero che non ha mai ceduto nella sfida più sentita.
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