Focus
Lazio, la scelta di Baroni rappresenta la vera dimensione
È ufficiale: Lotito sceglie Baroni come nuovo allenatore della S.S.Lazio. È la scelta giusta in un momento di contestazione come questo?
1 ANNO FA
Era poco più di un anno fa quando i tifosi della Lazio riempivano lo Stadio Olimpico. Era quel Lazio-Cremonese. La Lazio era qualificata in Champions League, era seconda in classifica. In panchina sedeva un maestro di calcio, un allenatore vincente come Sarri. C’era l’entusiasmo e la speranza di poter migliorare ancora di più attraverso il mercato, per alzare finalmente l’asticella.
OGGI
Oggi, 12 Giugno 2024, è cambiato tutto. La Lazio ha chiuso il suo campionato al settimo posto ed è tornata in Europa League. Sarri prima e Tudor poi si sono dimessi a distanza di pochi mesi. I giocatori più dotati tecnicamente hanno scelto di andare via: Felipe Anderson in Brasile, Kamada in Inghilterra e Luis Alberto in Qatar. Lotito e il ds Fabiani si sono quindi seduti al tavolo e hanno deciso che Marco Baroni fosse l’uomo giusto per iniziare un nuovo progetto. Nessuno mette in dubbio che Baroni abbia dimostrato negli ultimi anni di essere un buonissimo allenatore, ma è la scelta vincente in un momento come questo?
LA SCELTA DI BARONI
La Lazio ha scelto in pochi mesi di passare da Sarri a Baroni. Da un allenatore internazionale ad un allenatore che, in vent’anni di carriera, non ha mai neanche assaggiato una competizione internazionale. La scelta di Baroni non ricorda la scelta di Inzaghi, allenatore giovane e molto legato all’ambiente Lazio. Non ricorda la scelta di Pioli e neanche quelle di Petkovic e Reja. La scelta di Baroni ricorda quando, nel 2009, Lotito e Tare affidarono a Davide Ballardini una squadra che avrebbe giocato Supercoppa Italiana ed Europa League. Un salto indietro di 15 anni, un ritorno a quella dimensione che aveva fatto molto comodo.
RIDIMENSIONAMENTO
La sensazione è che la scelta di Baroni abbia scoperchiato il vaso di Pandora e abbia urlato ad alta voce “ridimensionamento”. Viene ridimensionata la squadra che vedrà Luis Alberto e Felipe Anderson essere sostituiti da Tchaouna e Noslin. Viene ridimensionata la società che passerà da allenatori esigenti e spigolosi come Sarri e Tudor ad un allenatore con poche pretese, economiche e tecniche, come Baroni. Vengono ridimensionate le ambizioni. Vengono ridimensionate le aspettative della tifoseria, insieme al suo entusiasmo. A oggi non è utopico pensare che si passerà dai trenta mila abbonati della passata stagione ad averne molto meno della metà. La via che ha scelto la S.S.Lazio rappresenta, quindi, un vero e proprio ridimensionamento…ma verso il basso.
FUTURO
Marco Baroni non è un allenatore giovane, con idee innovative. Non è un allenatore che conosce l’ambiente o lo spogliatoio. Questo aumenta il rischio che possa essere “respinto” dallo stesso spogliatoio che ha rigettato figure come Sarri e Tudor. Non è un allenatore abituato ad allenare squadre che giocano ogni tre giorni. L’unico aspetto coerente, e che giustifica la scelta della società, è la sua capacità di lavorare con i giovani calciatori. Il futuro della Lazio è quindi più incerto che mai. Non ci sono ambizioni né obbiettivi dichiarati. La contestazione programmata per venerdì sera, alle 18:30, dimostra il malcontento generale. Sotto sotto però rimane viva la speranza che Baroni possa essere la rivelazione del prossimo campionato, perché merita di essere valutato sul campo.
Focus
Serie A, quanto “costa” un infortunato?
Quanto costa ad un club pagare un giocatore infortunato? Calcio & Finanza ha evidenziato la spesa dei venti club di Serie A.
A questo mondo tutto ha un costo, anche gli infortuni dei calciatori. Non solo nella misura in cui l’assenza di uno o più calciatori importanti può pregiudicare l’andamento di una stagione, e quindi l’eventuale raggiungimento di obiettivi sportivi ed/o economici, ma anche dal punto di vista della svalutazione economica.
Serie A, 230 milioni in fumo per gli infortuni: tutti i dati
E’ quanto emerso dal Social Football Summit 2024, andato in scena a Roma fra il 19 e il 20 Novembre. E’ stata la stessa AIC (acronimo che sta per Associazione Italiana Calciatori, n.d.r.) a renderlo noto, tramite le parole del suo presidente Umberto Calcagno. Insieme al Direttore Organizzativo Fabio Poli e al collaboratore Marco Piccinni, l’AIC ha analizzato il processo di svalutazione economica causata da infortuni superiori ai 90 giorni.
Una ricerca denominata “Injury Time” ha evidenziato che un calciatore (fra quelli militanti nelle squadre che disputano almeno 54 partite a stagione) vada mediamente incontro a 71 infortuni l’anno. Un dato che riguarda i calciatori impiegati dalle proprie squadre per circa il 90% dei minuti disponibili, ma l’aumento delle partite causato dal nuovo format rischia di portare i giorni d’indisponibilità ad un incremento del 50%.
Ne consegue che, nella peggiore delle ipotesi, il fruitore calcistico non potrebbe godere (per un terzo delle partite) degli atleti per i quali paga un biglietto o un servizio di streaming. Uno scenario che cozza con la volontà degli organi di controllo calcistici, che volevano regalare al pubblico un’esperienza sportiva più godibile ma che rischiano di schiacciare la spettacolarità delle partite con un calendario congestionato.
La seconda parte della ricerca, invece, verte sul costo complessivo che le società calcistiche devono sobbarcarsi quando si fanno carico dei giocatori infortunati. Nella stagione 2023/2024, i club italiani, inglesi e spagnoli hanno sostenuto uno sforzo economico pari a 1475 milioni di euro.
Una spesa che la Premier League ha sostenuto da sola per oltre la metà, ovvero il 58%. La Liga il 26%, mentre la Serie A il 16%: per un totale di 230 milioni di euro. Il valore economico dei giorni di indisponibilità dei calciatori infortunati di Premier, Liga e Serie A è stato di 707 milioni di euro complessivi per la stagione 2023/2024. 785 milioni, invece, è il costo complessivo per la svalutazione dei cartellini dei calciatori.
Focus
Lione, viaggio nell’ennesimo disastro targato Textor
Prima l’ottimismo, poi la doccia fredda. Il Lione ha registrato perdite per oltre 500 milioni e dovrà rientrare, pena la retrocessione.
Sono invecchiate malissimo le parole pronunciate da John Textor, nuovo proprietario del Lione, al termine dell’incontro andato in scena l’altro ieri con i vertici della LFP. Ovvero l’organo che, sotto l’egida della federazione calcistica francese, gestisce e organizza in Francia i campionati di Ligue 1 e di Ligue 2.
Lione, (non) “andrà tutto bene“
L’imprenditore americano aveva espresso tutto il suo ottimismo al termine della riunione, affermando come quest’ultima fosse andata “molto bene“. Poi, nemmeno ventiquattro ore dopo, la doccia gelata. Il comunicato della DNCG (acronimo che sta per “Direction Nationale du Contrôle de Gestion“, ovvero l’organizzazione responsabile del monitoraggio e della supervisione dei conti delle squadre di calcio francesi) ha assunto i connotati del lugubre epitaffio funebre, rievocando nella menti dei tifosi gli spettri del passato.
Quelli della scorsa stagione, la prima stagione intera del Lione sotto l’egida della Eagle Football, dove il club del Rodano rischiò la retrocessione per quasi tutto il girone d’andata. Una situazione frutto anche di una gestione finanziaria disastrosa, che aveva comportato all’OL un blocco pressoché totale del mercato nell’estate del 2022. Pochissimi acquisti e quasi tutti low cost, con tante cessioni dolorose che avevano quasi azzerato il patrimonio tecnico della squadra: Malo Gusto, Castello Lukeba, Bradley Barcola.
Quasi, appunto. Perché in mezzo ci fu la controversa e contestata acquisizione di Ernest Nuamah, all’epoca attaccante del Nordsjaelland. Il calciatore fu fatto acquistare al Molenbeek (modesto club della massima serie belga, anch’esso controllato dalla Holding di Textor) e subito dopo girato in prestito al Lione: con un diritto di riscatto fissato esattamente alla stessa cifra con la quale era stato prelevato dalla squadra danese.
Textor dopo i Friedkin: gli USA come un “Re Mida maledetto“
Poi i copiosi investimenti, sciorinati fra l’inverno e l’estate del 2023, avevano fatto rientrare la situazione. La scorsa estate il Lione è stata la seconda squadra francese a investire di più sul mercato. Meno del PSG (147 milioni spesi contro i 169 dei parigini) ma con un passivo superiore, ovvero 109 milioni rispetto ai 98 milioni dei parigini. Soldi spesi in larga parte per esercitare le clausole di riscatto presenti nei contratti di calciatori presi in prestito lo scorso inverno (fra cui lo stesso Nuamah), più qualche colpo come Mikautadze e Niakhaté.
Una situazione che aveva messo i Les Gones nelle condizioni di dover rientrare di circa 100 milioni di euro negli ultimi giorni di mercato: cosa mai avvenuta. Gli organi di controllo francesi hanno continuato a vigilare sullo stato di salute delle casse del club e la sentenza è stata lapidaria. Il Lione sarà retrocesso d’ufficio in Ligue 2 al termine della stagione, a meno ché non riesca a rientrare del debito accumulato. I lionesi avevano chiuso l’ultimo esercizio di bilancio presentando perdite accumulate superiori al mezzo miliardo: circa 505 milioni.
In vista del mercato invernale 2025, quindi, torneranno le limitazioni finanziarie (che erano state un tratto distintivo della precedente estate) e i paletti al tetto salariale. Il Lione sarà quindi costretto a vendere, senza possibilità di investire allo stesso modo in entrata, a meno ché non riesca ad ingegnarsi (come il Barcellona) per trovare soluzioni “alternative”. Il primo indiziato a salutare è ovviamente Rayan Cherki, il cui contratto con l’OL scadrà nel 2026: questa sarà quindi l’ultima occasione utile per monetizzare.
Textor ha recentemente dichiarato che il talento franco-algerino dovrebbe rimanere almeno fino a Giugno, ma visti i precedenti non c’è da fidarsi troppo delle parole dell’uomo d’affari americano. Con una simile situazione finanziaria, difficilmente il Lione potrà permettersi il lusso di trattenere Cherki. E non solo lui, dato che, salvo miracoli manageriali di cui questa dirigenza (seppur rinnovata) non sembra assolutamente capace, è prevista una vera e propria diaspora. L’ennesimo disastro made in USA: dei Re Mida maledetti.
Focus
Messi-CR7, i re senza tempo continuano a dominare in nazionale
Il duo Messi-CR7 continua a scrivere nuove pagine della storia, ognuno con la rispettiva nazionale, e l’età non vuole spegnere la loro leggenda.
Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, i due volti più iconici del calcio moderno, continuano a riscrivere la storia, confermandosi decisivi anche in nazionale. Nonostante abbiano ormai superato l’età in cui molti calciatori pensano al ritiro, i due fenomeni dimostrano che classe, talento e dedizione non conoscono limiti.
I risultati di Ronaldo e Messi non sono solo numeri impressionanti, ma anche una testimonianza della loro incredibile longevità e della capacità di adattarsi a un calcio che cambia continuamente. A dispetto dell’età – Ronaldo 39 anni e Messi 37 – i due continuano a stupire, dimostrando che il talento non ha età.
Ronaldo, doppietta e spettacolo in Nations League
L’ultima prodezza di Cristiano Ronaldo è arrivata nella sfida di ieri sera tra Portogallo e Polonia, in cui il fuoriclasse ha siglato una doppietta. Prima un rigore calciato con la solita freddezza, poi una spettacolare rovesciata che ha fatto esplodere i tifosi, ricordando i fasti di una carriera ricca di magie.
Con 5 gol in 5 partite, Cristiano Ronaldo è attualmente in testa alla classifica marcatori della Nations League, a pari merito con il giovane talento sloveno Benjamin Sesko. Una performance che non solo consolida il primato del Portogallo nel girone, ma dimostra anche come CR7 sia ancora il leader indiscusso della sua nazionale.
Messi, re delle qualificazioni sudamericane
Dall’altra parte del globo, Lionel Messi sta scrivendo un altro capitolo della sua storia con l’Argentina. Con 6 gol in 8 presenze, la Pulce è il miglior marcatore delle qualificazioni sudamericane al Mondiale 2026, guidando l’Albiceleste verso una nuova fase di gloria.
Messi, che ha trascinato l’Argentina al trionfo mondiale in Qatar, continua a incantare con le sue giocate e a segnare gol decisivi. Il suo ruolo nella nazionale non è solo quello di finalizzatore, ma anche di ispiratore per una squadra giovane e affamata di successi.
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