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Paradosso Maifredi: il peggior allenatore nella storia della Juve parla male del migliore
![Milan](http://www.calciostyle.it/wp-content/uploads/2023/10/juventus-allegri-4-scaled-e1715778665391.jpeg)
Luigi Maifredi ha criticato Massimiliano Allegri in una recente intervista concessa a TuttoJuve. Di seguito, un estratto delle sue parole.
Pur non sopportandoli, ammetto di invidiare gli ottusi dalla faccia tosta. Credo che un dilagante propagarsi della sindrome di Dunning Kruger sia la naturale conseguenza dell’estensione universale del sacrosanto diritto di parola e di espressione. Una situazione che si è acuita nell’epoca moderna, andando di pari passo con il progredire dei principali mezzi d’informazione. Il bene placito del fato che ci rincuora del fatto che abbiamo non solo il diritto ma addirittura il dovere di proferir parola, a prescindere dal livello di competenza.
Maifredi, l’attacco Allegri: “Non è un grande allenatore“
E se invidio il masochismo di Ivan Grieco, che apre al dibattito con Marco Travaglio pur consapevole che la sua immagine ne uscirà distrutta nonostante il fattore campo e il vantaggio numerico, allora devo fare lo stesso con la sfacciataggine di Luigi Maifredi che, a quasi trent’anni di distanza dal più grosso fallimento della storia della Juventus, ha ancora il coraggio di parlare di calcio. Di seguito, un estratto delle sue dichiarazioni:
❝È stata una bellissima vittoria quella con la Lazio, ma frutto anche di casualità. La rete di Chiesa arriva da un passaggio di 50 metri di Cambiaso e neanche in terza categoria si prende un gol così. Un pizzico di fortuna c’è stato, come è giusto che sia, perché la Juve non può essere sempre sfortunata. Meglio la ripresa, ma non possiamo basarci su una partita per giudicare. L’analisi deve essere più completa: c’è da lavorare molto e da ricostruire il rapporto tra i giocatori, altrimenti non si va in Champions.
La Fiorentina è la squadra da ideale da affrontare per la Juventus, visto che gioca male e prende un sacco di gol. Sarà una gara spartiacque, ma la Juve la giocherà ancora in casa e il pubblico è con la squadra. Alla fine della stagione si faranno le valutazioni. La panchina di Allegri è molto instabile in questo momento, non perché si vuol male ad Allegri ma per via dei risultati. Non qualificarsi in Champions sarebbe un dramma. La Juve ha una buona chance di raggiungere la finale di Coppa Italia, ma contro l’Atalanta nell’eventualità sarebbe molto difficile. L’impressione è che non ci sia più la sicurezza della grande squadra, c’è l’insicurezza di chi sa di non essere competitivo per un verso o per un altro.
Questo rende difficoltoso lo svolgimento del gioco e l’applicazione in campo diventa poi quasi assente. Con Allegri andrebbe fatta una bella chiacchierata in cui fargli capire che sarebbe il caso di modernizzarsi. L’impressione è che sia rimasto fermo a Buffon, Barzagli, Chiellini e Pirlo, ma ormai sono passati quei tempi. Il tecnico bianconero ha dimostrato di essere un magnifico gestore di ottimi giocatori, ma non è riuscito a dimostrare di essere un grande allenatore.❞
Il flop più fragoroso della storia della Juventus
Se si eccettua la parte in cui, sorprendentemente se si conosce il personaggio, si ammette che Italiano gioca un calcio improponibile, il resto dell’intervista è la classica sequela di luoghi comuni, banalità, slogan vuoti e frasi da comizio politico che ti aspetteresti di sentire da uno qualsiasi di questo santoni del bel gioco. Giacché molti dei proseliti dell’anti-Allegrismo non erano neppure nati all’epoca di Maifredi, è bene ricordare chi sia costui.
O meglio, cosa abbia fatto (o non abbia fatto) in carriera: soprattutto alla Juventus. Maifredi è stato l’allenatore di Madama per una sola stagione e tanto è bastato. Come spesso accade, una dirigenza miope sostituisce un tecnico pratico (Dino Zoff) nonostante una buona stagione (vittoria di Coppa Italia e Coppa UEFA) che viene erroneamente scambiata per un’annata insufficiente, convinta che per fare il salto di qualità basti il “bel gioco“.
La scelta del nuovo allenatore ricade proprio su Luigi Maifredi. Profeta di provincia, che a Bologna iniziò una vera e propria rivoluzione culturale che ha dato i natali alla celebre espressione “calcio champagne“, sulle orme di Sacchi. Peccato che Bologna non sia Torino (promemoria per Motta) e che il calcio pervicacemente zonista di Sacchi non abbia mai funzionato se non quando ha avuto il trio olandese all’apice delle rispettive carriere.
E il triste epilogo di una tragedia annunciata dice settimo posto (con la Juve che non mancava la qualificazione alle coppe europee da 28 anni consecutivi) e zero trofei in bacheca. La regola più vecchia del calcio è che non tutte le filosofie possono attecchire a ogni latitudine. Le squadre sono prima di tutto contesti storici e culturali, di cui bisogna avere rispetto prima di provare a copia-incollarvi un qualcosa visto altrove.
A Torino (sponda bianconera) un certo tipo di approccio calcistico (così come in tante altre grandi piazze) non ha mai funzionato e non potrà mai funzionare per ragioni culturali. E nonostante questo Maifredi lo abbia sperimentato sulla sua pelle, ha parlato utilizzando il periodo ipotetico. Come se un cambio di paradigma a Vinovo non fosse stato già provato innumerevoli volte e non avesse sempre fallito.
Allegri è uno dei migliori allenatori della storia della Juventus. Piaccia o non piaccia questi sono fatti (non giochismi) poiché primeggia in quasi tutti gli indicatori storici concernenti la Vecchia Signora. Maifredi, al contempo, è stato uno dei peggiori se non il peggiore di tutti. E’ paradossale come possa sentirsi in diritto (se non addirittura in dovere) di dire ad Allegri cosa dovrebbe fare, dimenticandosi (o facendo finta di essersene dimenticato) che quelle cose provò a farle anche lui in tempi non sospetti: finendo col fallire miseramente.
Pur essendo uomo d’altri tempi, probabilmente Maifredi è uomo intelligente e ha capito che, nel periodo della post-verità e dell’estremo relativismo, la narrazione che si fa della realtà è più importante della realtà stessa. Del resto se esistono i negazionisti del Covid o dell’Olocausto, vuoi che non esistano del pallone?
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Juventus, Mavididi: “A Torino mi portò Chiellini, Ronaldo una cosa mai vista”
![Al-Nassr, Cristiano Ronaldo](http://www.calciostyle.it/wp-content/uploads/2024/07/Depositphotos_690136604_S-e1720873921271.jpg)
Stephy Mavididi, attaccante classe 1998 in forze al Leicester, ripercorre le tappe della sua carriera: incluso il passaggio alla Juventus.
Cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal, nel 2018 Stephy Mavididi si trasferisce alla Juventus. A Torino lo portò Claudio Chiellini, fratello di Giorgio, e l’attaccante del Leicester ripercorre quella fase della sua carriera in un’intervista esclusiva concessa a TNT Sport. Fra i temi trattati Ronaldo, Wenger ma non solo.
Juventus, le parole di Mavididi
Sabato 15 Febbraio. Ore 13:30, King Power Stadium di Leicester. Mavididi ritroverà per la prima volta da avversario la squadra che lo ha lanciato nel calcio che conta, ovvero l’Arsenal. Sei anni con i Gunners, prima di trasferirsi al Charlton. Una stagione sarà sufficiente per attirare su di sé gli occhi della Juventus, che nell’estate del 2018 lo porterà a Vinovo. Decisiva la famiglia Chiellini, ma anche la presenza di Ronaldo.
“Suo fratello gemello (Claudio Chiellini, n.d.r.) si mise in contatto con i miei agenti. Credo avesse il compito di supervisionare i calciatori del settore giovanile, dalla seconda squadra a scendere. Durante il nostro primo incontro mi parlò di cosa aveva visto in me e del progetto che stava portando avanti la Juventus. Il suo amore per il calcio era pazzesco, amava tutto di questo sport.”
Nella stessa sessione di mercato, come detto, i bianconeri prelevano anche Cristiano Ronaldo dal Real Madrid per una cifra complessiva di 100 milioni di sterline, che comprendeva anche l’incombenza di accollarsi il cartellino di Joao Cancelo: in uscita dal Valencia dopo esser stato scartato dall’Inter.
“Ricordo una sessione di allenamento in cui bisognava colpire al volo un pallone messo in mezzo dalla parte opposta del campo. Eravamo divisi in gruppi di 4-5 giocatori e io dovetti aspettare 13 cross prima di poter colpire per la prima volta il pallone, dal momento che Cristiano segnava sempre al primo tentativo.
Non avevo mai visto nulla del genere prima di allora, è un qualcosa che mi è rimasto impresso. Era una sessione di allenamento aperta al pubblico e ricordo che veniva riempito di applausi ogni volta che gonfiava la rete. Dovettero fare un cambio per permetterci di calciare, altrimenti saremmo rimasti a guardare.”
Mavididi ha poi parlato di cosa abbia voluto dire per un ragazzo di 20 anni condividere lo spogliatoio non solo con l’asso portoghese, ma anche con altri fuoriclasse del calibro di Sami Khedira, Leonardo Bonucci e Gigi Buffon. Il funambolo inglese lascerà la Juventus dopo appena due anni, con una sola presenza in prima squadra. Nella stagione 2019-2020 verrà girato in prestito al Dijon, dove rimarrà per una stagione.
L’estate successiva viene ceduto al Montpellier per poco più di 6 milioni di euro, dove farà molto bene. A tal punto da meritarsi, la scorsa estate, la chiamata del Leicester. Allora allenato da un altro italiano e per di più ex-Juventus, come Enzo Maresca. Ora però il bianconero è alle spalle e il funambolo inglese dovrà contribuire a battere il suo passato, per meritarsi un’altra stagione in Premier League con le Foxes.
Per leggere l’intervista completa, clicca qui.
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Barcellona, il trio d’attacco dà spettacolo: nel mirino un record della MSN
![raphinha barcellona](http://www.calciostyle.it/wp-content/uploads/2024/11/Depositphotos_715409470_S-e1730626982224.jpg)
Grazie alle 11 vittorie con almeno 5 gol di scarto il Barcellona si avvicina al record della stagione 2014/15, quando il trio d’attacco era composto dalla MSN.
Il Barcellona aveva iniziato la stagione a spron battuto, vincendo quasi tutte le partite e segnando tantissimo. Il netto 4-0 inflitto ai rivali del Real Madrid al Bernabeu sembrava il preludio a una Liga dominata dai catalani, invece da lì in poi è iniziato un lungo periodo di crisi che ha fatto scivolare i Blaugrana al terzo posto. A un certo punto c’era parecchio distacco in classifica dal Real e dall’Atletico Madrid, mentre ora le 3 corazzate al vertice sono racchiuse in soli 2 punti.
Barcellona, 11 vittorie con almeno 5 gol segnati: vicino un record della MSN
Nell’anno nuovo la squadra allenata da Hansi Flick ha cambiato marcia. Il trionfo in Supercoppa, con altri 5 gol rifilati al Real Madrid in finale, ha dato il via a una serie di vittorie, interrotta solo dai pareggi contro il Getafe in campionato e l’Atalanta in Champions League. Sono ben 46 le reti segnate dai catalani nel 2025 tra tutte le competizioni. La rosa attuale è una macchina da gol tale da mettere nel mirino un record della stagione 2014-15.
![Barcellona](http://www.calciostyle.it/wp-content/uploads/2024/12/Depositphotos_19190963_S-e1733479474130.jpg)
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Quell’annata, che si concluse con la conquista del triplete, aveva un tridente d’attacco composto da Lionel Messi, Luis Suarez e Neymar: uno dei più forti, se non il migliore della storia, rinominato “MSN”. Nel 2014/15, la squadra all’epoca allenata da Luis Enrique vinse 13 partite con almeno 5 gol segnati. A poco più di metà stagione, il Barcellona attuale di Flick è già a quota 11, trascinata da un altro tridente offensivo molto prolifico, tenendo da parte ovviamente i paragoni.
Il miglior marcatore al momento è Robert Lewandowski, con 31 reti tra campionato e coppe. Alle sue spalle Raphinha, che sta vivendo un’annata stratosferica, con 24. Poi Yamal, che ha realizzato 11 gol ma ha saltato alcune partite per infortunio e si rivela formidabile più come assist-man. Da non sottovalutare i 10 gol di Ferran Torres, che parte quasi sempre dalla panchina. Le doti offensive del Barça non sono mai in discussione: ora che la squadra è anche in crescita come risultati, ci sarà da divertirsi.
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Bundesliga, l’antifascismo entra a gamba tesa negli stadi
![Union Berlino](http://www.calciostyle.it/wp-content/uploads/2021/04/bundesliga.jpg)
Bundesliga, proteste sia nelle strade sia negli stadi di calcio. La Germania è stata teatro di imponenti manifestazioni contro l’avvicinamento tra CDU e AfD.
La mozione anti-migranti di Friedrich Merz ha scatenato polemiche, nonostante il leader conservatore abbia escluso alleanze con l’estrema destra.
Gli ultras di squadre come il Bayern Monaco e il Friburgo hanno espresso il loro dissenso con striscioni e coreografie dal forte messaggio antifascista in vista delle elezioni del 23 febbraio.
L’avanzata della destra tedesca
Negli ultimi giorni centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in Germania per esprimere il loro dissenso riguardo al possibile avvicinamento tra la CDU e l’AfD, in vista delle imminenti elezioni.
A queste proteste hanno partecipato anche gruppi di tifosi negli stadi.
A gettare benzina sul fuoco è stata principalmente la mozione contro i migranti proposta da Friedrich Merz.
Infatti questa mossa ha suscitato un acceso dibattito politico. Non sono bastate le dichiarazioni del leader conservatore che escludono qualsiasi alleanza elettorale con l’estrema destra.
Anche Angela Merkel ha criticato la rottura della storica esclusione dell’AfD dal dialogo politico, che ha generato non poca preoccupazione.
Sul piano politico, l’AfD continua a guadagnare consenso ed è attualmente il secondo partito nei sondaggi, superando i socialdemocratici.
L’opposizione all’estrema destra è forte negli stadi, ma non sembra altrettanto incisiva nelle urne: Merz è favorito e il suo programma anti-migranti trova consenso anche oltre la CDU e l’AfD.
La politica nel calcio: specchio della società?
Alice Weidel, leader dell’AfD, gode del sostegno di personalità internazionali come Elon Musk e Donald Trump. La recente vittoria del Tycoon ha spinto alcune squadre di calcio tedesche, come il St. Pauli e il Werder Brema, ad abbandonare il social network X, accusando Musk di alimentare l’odio online.
Con l’avvicinarsi delle elezioni, altre voci dal mondo del calcio potrebbero prendere posizione, come già accaduto in passato con giocatori come Leon Goretzka e Mats Hummels.
Tuttavia, sebbene l’opposizione all’estrema destra sia forte negli stadi e in generale nella Bundesliga, il panorama politico nazionale è diverso: Merz è in testa nei sondaggi e, se eletto, porterà avanti il suo programma contro l’immigrazione.
Il sostegno non arriva solo dall’AfD, ma anche da altri gruppi politici, come il partito di Sahra Wagenknecht.
Le posizioni nella Bundesliga
Il calcio tedesco ha spesso contrastato la crescita della destra radicale: allenatori e club hanno preso posizione contro l’AfD, specialmente dopo le proposte di deportazione dei migranti.
Infatti le manifestazioni non si sono limitate alle strade: anche negli stadi di calcio si sono levate voci di protesta.
Durante la partita del Bayern Monaco contro l’Holstein Kiel, gli ultras del gruppo Schickeria hanno esposto striscioni contro Merz, accusando la CDU e la CSU di promuovere il fascismo.
Questo atteggiamento non è sorprendente, considerando la tradizionale posizione antifascista di molte tifoserie tedesche.
In vista del voto del 23 febbraio l’atmosfera è dunque tesa, dentro e fuori lo stadio.
Recentemente, molte curve hanno commemorato il Giorno della Memoria con coreografie simboliche, come gli ultras del Friburgo che hanno esposto uno striscione con un pugno che distrugge una svastica, accompagnato dallo slogan “Mai perdonare, mai dimenticare”.
Nella Bundesliga è sempre stata forte l’opposizione all’ascesa della destra radicale.
Già un anno fa, quando l’AfD propose la deportazione di massa dei migranti.
Diverse figure del calcio, tra cui gli allenatori Christian Streich e Marco Rose, espressero pubblicamente la loro contrarietà.
Inoltre, numerosi club avevano già partecipato a manifestazioni contro l’estrema destra.
Tuttavia, nelle serie minori esistono anche tifoserie con simpatie neonaziste.
Esistono infatti tifoserie con ideologie razziste o nostalgiche, come quelle dell’Hansa Rostock o del Magdeburgo.
Inoltre, la curva dell’Eintracht Francoforte storicamente di sinistra, ha visto una crescente influenza della destra radicale. Fenomeno che alcuni collegano alla fine della presidenza di Peter Fischer, noto per il suo impegno antifascista.
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