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Quella volta che il Bologna salì sul ‘tetto d’Europa’

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Un tempo, in un’epoca ormai sfumata, il Bologna toccò le vette d’Europa, in un calcio lontano dalla modernità e difficile da immaginare oggi.

Era il 6 giugno 1937, e a Parigi si svolgeva l‘Expo Universale. In quell’anno, il Bologna, campione d’Italia, fu chiamato a rappresentare l’orgoglio del calcio italiano in un torneo internazionale.

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La funzione dell’Expo, tra potenza e innovazione

Gli Expo, lontani dall’immaginario contemporaneo, erano divenuti una vera e propria “arma culturale” nelle mani della diplomazia e dei ministri degli esteri. I padiglioni allestiti in occasione di questi eventi rappresentavano dei ‘non luoghi’ dove le grandi potenze dell’epoca si confrontavano nei più disparati campi; dall’arte al progresso industriale, fino a toccare anche lo sport.

Le squadre partecipanti e quel temibile Bologna

Le squadre partecipanti erano tra le più blasonate del continente: l’Austria Vienna, secondo in patria e vincitore della Coppa Europa Centrale 1936. Il Lipsia, trionfatore della Coppa di Germania, l’Olympique Marsiglia, campione di Francia, il Phobus Budapest, quarto in Ungheria, lo Slavia Praga, campione di Cecoslovacchia, e il Chelsea, ottavo in Premier League, campionato allora conosciuto come First Division.

L’impresa del Bologna

Giunto alla finale, il Bologna si trovò di fronte proprio gli inglesi, maestri del calcio.  Eppure, quel giorno, i rossoblù sovvertirono ogni pronostico, imponendosi con un netto 4-1, riscrivendo la storia e regalando all’Italia una gloria indimenticabile.

Per l’occasione, il Bologna richiamò in campo Angelo Schiavio, già ritirato per motivi di lavoro, e schierò un formidabile tridente d’attacco. Quella formazione è ormai un ricordo lontano, un frammento di un calcio nostalgico che non tornerà mai più.

Bologna: Ceresoli; Fiorini, Gasperi; Montesanto, Andreolo, Corsi; Busoni, Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni.

Chelsea: Jackson; Barkas, Barber; Mitchell, Craig, Weaver; Spence, Argue, Bambrick, Gibson, Reid.

Un’epoca irripetibile scomparsa tra le pieghe del tempo

Questa vittoria, dimenticata dal tempo, è la testimonianza di un calcio romantico, dove l’orgoglio e l’ amore per la ‘pelota’ contavano più di ogni altra cosa. Un calcio che, purtroppo, si è dissolto nelle pieghe del tempo, lasciandoci solo il dolce ricordo di un’epoca irripetibile.

C’era una volta un calcio diverso, lontano dalla modernità e difficile da immaginare per gli occhi di oggi. Eppure, in un’epoca ormai sfumata, il Bologna riuscì a toccare le vette d’Europa.

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Yildiz, quando l’arte imita la realtà

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juventus yildiz

Il gol di Kenan Yildiz in Champions League è stato come un tuffo nel passato. A soli 19 anni, il giovane attaccante ha riscritto la storia della Juventus.

A volte il calcio sembra davvero un film. La domanda se l’arte imiti la realtà (o viceversa) lascia molti perplessi, ma ieri l’arte ha seguito la realtà in modo spettacolare. Kenan è diventato il più giovane marcatore bianconero nella massima competizione europea, congelando il tempo e riportando la mente di tutti agli anni ’90.

Vedere un ragazzo così giovane, ancora un “ragazzino”, eseguire un gesto tecnico tanto raffinato ha avuto un effetto sorprendente e inaspettato. Quello che ha compiuto sul campo non è stato solo un gol, ma un’opera d’arte calcistica: una di quelle che restano impresse nella memoria.

 

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Yildiz e la dinamica del gol: un capolavoro di istinto e talento

Kenan Yıldız è un talento puro e lo si vede da come si muove in campo, da come sterza e dalla postura che assume col corpo. Quando riceve palla, sembra già avere il film dell’azione nella testa. E proprio questo è successo ieri contro il PSV: appena ha ricevuto il pallone, sono bastati pochi secondi per intuire che c’era uno spiraglio, un pertugio da sfruttare.

L’azione è stata veloce e incisiva. Nico González  ha aperto il gioco per il giovane turco. Yıldız, con grande naturalezza, ha accarezzato il pallone con l’interno destro, cinque tocchi per accentrarsi e poi la magia. Una conclusione perfetta sotto l’incrocio dei pali, che ha trafitto la rete e lasciato tutti a bocca aperta. Un gol che ha riportato alla mente le prodezze degli anni ’90, un’epoca d’oro per la Juventus.

Yildiz, il diez di cui la Juve aveva bisogno

Di fronte alla domanda che molti si pongono, se Kenan Yıldız sia pronto per indossare la maglia numero 10, si potrebbe rispondere con un semplice fatto: ha solo 19 anni e ha già segnato in ogni competizione in cui ha debuttato. Questo non è solo un segno di talento, ma anche di una sorprendente maturità e freddezza nelle situazioni chiave.

Un gol alla Del Piero

Il gol di Yıldız ha ricordato a tutti un grande del passato: Alessandro Del Piero. Dalla linguaccia iconica alla precisione con cui il pallone è stato calciato sotto l’incrocio dei pali: sembra quasi che la storia si ripeta. Ma c’è di più: indossare la maglia numero 10 della Juventus e battere il record di giovinezza per il primo gol in bianconero è qualcosa che va oltre il semplice calcio.

È come se fosse stato scritto in un copione cinematografico. Un giovane talento che, al suo debutto, lascia il segno in modo così iconico facendo sognare i tifosi, anche quelli più datati per ricondurli ai tempi passati.

Yildiz

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Roma, con De Rossi la peggior partenza dal 2010. E il confronto con Mourinho è impietoso…

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Roma-Empoli, De Rossi

De Rossi, 3 punti in 4 partite. La Roma mai così male dal 2010. Lo spettro di Mourinho torna ad aleggiare funesto a Trigoria.

3 punti in 4 partita. Nessuna vittoria. Pareggi contro Genoa, Cagliari e Juventus. Sconfitta (interna) contro l’Empoli. 4 gol fatti (1 di media a partita) e 7 subiti, per una media di poco inferiore allo 0,9 per partita.

Roma, mai così male dal 2010: il dato

La media punti di De Rossi (0,75) è la peggiore da quattordici anni a questa parte. Per trovare qualcuno che abbia fatto peggio bisogna tornare alla stagione 2010/2011, con Claudio Ranieri in panchina. La Roma in quell’occasione totalizzò appena 2 punti (0,5 di media), segnando 4 gol (gli stessi) e subendone due in più: 9.

Da quel momento i giallorossi hanno iniziato le successive stagioni con otto allenatori diversi. Luis Enrique;  Zeman; Garcia; Spalletti; Di Francesco; Fonseca e Mourinho. Nessuno di questi ha fatto peggio di De Rossi. Nemmeno il tanto vituperato Fonseca, ad oggi ancora sulla graticola dell’opinione pubblica rossonera.

Il tecnico portoghese realizzò 8 punti in 4 partite, media esatta di 2 punti per partita. Frutto di 2 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta. 8 gol fatti (il doppio) e 7 subiti, gli stessi. Nell’interregno Ranieri-Montella la Roma concluse il campionato al 6 posto, mentre Fonseca chiuse settimo: in linea con i piazzamenti degli ultimi 5 anni.

Roma

De Rossi-Mourinho, il confronto è impietoso

Stringendo il cerchio agli ultimi tre anni, ovvero quelli della gestione Mourinho, il confronto statistico fra i due appare impietoso. Il primo anno (stagione 2021-2022) la Roma di Mourinho totalizzò 9 punti, frutto di 3 vittorie e 1 sconfitta, con 11 gol fatti (quasi il triplo) e 4 subiti: praticamente la metà di quelli subiti da De Rossi.

Il secondo anno (2022-2023) la partenza fu ancor migliore. 10 punti in 4 partite (3 vittorie e di 1 pareggio, a Torino contro la Juventus) con 5 gol fatti (comunque più di De Rossi, tanto celebrato per il suo gioco e la sua proposta offensiva) e uno solo subito. Mourinho ha fatto meglio anche nel suo ultimo anno, quello che poi ha portato al suo esonero e all’avvicendamento con De Rossi, con 4 punti: 11 gol fatti e 6 subiti.

Oggi gli irriducibili sostenitori di “allenator futuro” predicano calma e chiedono tempo. Differentemente dalla scorsa stagione, quando una manciata di partite fu loro sufficiente ad individuare in De Rossi la panacea a tutti i mali (quali?) portati dal portoghese. Siamo solo ai primi exit poll stagionali, ma la differenza fra il preparare una stagione e subentrare in corsa (lucrando sul biennale lavoro altrui) è già tangibile.

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Cristiano Ronaldo: leggenda, padre e uomo

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Saudi Pro League, Cristiano Ronaldo

Scopri il lato umano di Cristiano Ronaldo: la leggenda del calcio, il padre premuroso e le sfide di suo figlio Cristiano Jr. in un mondo che richiede perfezione.

Cristiano Ronaldo è una figura leggendaria, un uomo che ha costruito la sua carriera sulla dedizione al lavoro e una determinazione incrollabile. Per lui, la sconfitta non è mai stata un’opzione facilmente digeribile. La sua vita è una serie di successi ininterrotti, frutto di un impegno costante e di una fame di vittoria insaziabile.

Negli ultimi anni, però, Ronaldo ha mostrato al mondo un lato più umano e sensibile, nascosto per tanto tempo dietro l’immagine dell’atleta invincibile.

 

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Le emozioni di Ronaldo: dalle lacrime alla gloria

cristiano ronaldo

Cristiano Ronaldo during warm up before UEFA Euro 2024 qualifying game between national teams of Portugal and Iceland, Estadio Jose Alvalade, Lisbon, Portugal. (Maciej Rogowski)

Le lacrime versate per l’eliminazione dal Campionato Europeo e quelle di gioia per il traguardo dei 900 gol in carriera rivelano un uomo che, nonostante la sua straordinaria forza, non è immune alle emozioni. Ciò ha dimostrato al mondo che anche una leggenda come CR7 può essere vulnerabile, e che il suo cuore batte forte, proprio come quello di ogni essere umano.

La sfida di essere figlio di Cristiano Ronaldo

Cristiano Jr., a soli 14 anni, è già al centro delle attenzioni mediatiche e pubbliche, non solo per il suo talento emergente, ma anche per il nome che porta. Essere figlio di Ronaldo significa portare sulle spalle un’eredità pesante, un destino che sembra già scritto.

Ronaldo stesso ha riflettuto su questa pressione:

“Cristiano Jr ha solo 14 anni, ma ha già la pressione di essere mio figlio.”

Queste parole racchiudono tutto il peso di un nome che è sinonimo di grandezza. Ogni passo di Cristiano Jr. viene confrontato con quelli di suo padre, e ogni sua azione è giudicata alla luce dei successi incredibili di Ronaldo. È una pressione che può forgiare un giovane uomo, ma può anche spezzarlo se non gestita con cura.

Il lato umano di Ronaldo

Nonostante la sua immagine di atleta implacabile, Ronaldo ha dimostrato di essere un padre consapevole, desideroso di proteggere suo figlio da un peso troppo grande. Ronaldo ha dichiarato:

“Lasciamogli commettere i suoi errori. Se non dovesse diventare un calciatore, potrà fare altro, io lo sosterrò sempre.”

Queste parole rivelano una saggezza che pochi si aspetterebbero da un uomo così dedito alla vittoria. Ronaldo comprende l’importanza di permettere a Cristiano Jr. di trovare la sua strada, senza sentirsi costretto a seguire le orme del padre.

Padre, Mentore e Modello

Nella vita quotidiana, Ronaldo cerca di essere un esempio silenzioso ma potente per i suoi figli. Non impartisce lezioni teoriche, ma li lascia imparare osservando:

“I miei figli sono proprio come me. Non insegno nulla, mi vedono solo come esempio.”

Questa è la bellezza dell’insegnamento di Ronaldo; un esempio vivente di come l’impegno e la passione possano portare al successo, ma anche di come la vittoria più grande sia vivere in modo autentico.

Nel loro tempo libero, Ronaldo e i suoi figli giocano a padel, un momento di competizione amichevole che li aiuta a crescere insieme. Ronaldo ha detto:

“Giochiamo a padel ogni giorno: ci arrabbiamo anche. Ma sono contento perché sia Cristiano Jr sia Matteo sono tipi competitivi.”

Cristiano Ronaldo ha già vinto

Cristiano Ronaldo, un uomo che ha sempre lottato per la vittoria, sta ora combattendo una battaglia diversa: quella di proteggere suo figlio dalle pressioni dell’essere “il figlio di”.

Le sue lacrime, che siano di gioia o di dolore, ci ricordano che anche i più grandi, alla fine, sono esseri umani. In un mondo che spesso richiede perfezione, Ronaldo sta insegnando a Cristiano Jr. che la vera vittoria non risiede nel superare il padre, ma nel trovare la propria strada e vivere autenticamente. In questo, Ronaldo ha già vinto.

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