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Roberto Baggio, un’icona centrale nel mondo del calcio

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Un’icona centrale nel mondo del calcio: Roberto Baggio è noto calciatore italiano di fama internazionale di personalità eclettica.

Nel vasto panorama del calcio mondiale, Roberto Baggio rappresenta una carriera immensa per gli amatori del calcio. Nato a Caldogno il 18 febbraio 1967, è sesto degli otto figli di Florindo Baggio.

Roberto Baggio

Roberto Baggio, repetita iuvant di una carriera da fenomeno

Sin da piccolo Roberto Baggio ha manifestato un talento verso il calcio: dopo essersi distinto rapidamente nella squadra locale del Caldogno, entra nella società calcistica L.R. Vicenza in età giovanile, ove debutta con ben 110 gol acquistando l’attenzione del pubblico.

Tale esperienza segnò l’ascesa di Roberto Baggio nelle giovanili del Vicenza, debuttando successivamente al 1983, con la Juventus con cui ha vinto (da capitano della squadra) una Coppa Uefa nella stagione del 1992.

Nel Giugno del 1983, Roberto Baggio segna il primo gol nella partita di Coppa Italia Serie C contro il Legnano, successivamente il Giugno 1984, vince il campionato realizzando su rigore il gol del definitivo 3-0 contro il Brescia.

Il lungo periodo caratterizzato nella Fiorentina, inizia nella stagione 1985, chiude la sua esperienza vicentina con ben 12 reti in 29 partite, consentendo l’ascesa in Serie B.

La fortuna gli rivolta contro, poiché, l’infortunio arriva a due giorni dalla firma del contratto con la Juventus ed è costretto a ricorrere in rimedi alternativi. La conseguenza dello stop comporta a Baggio un periodo di depressione a livello personale.

L’anno successivo, il 1986, esordisce in Serie A grazie all’allenatore Eugenio Bersellini, nella sfida di Firenze contro la Sampdoria; il successivo settembre subisce un ulteriore incidente in campo che lo costringe ad una brusca operazione.

Gli anni novanta per il calciatore furono stati più fruttuosi a livello calcistico, mette a segno 15 gol andando a formare con Stefano Borgonovo una squadra di attacco detto B2. Realizzano ben 29 gol trascinando la squadra al settimo posto del campionato.

Successivamente al 1989, Baggio sigla 17 reti arrivando in seconda posizione a Diego Armando Maradona. Tuttavia il campionato è deludente, si arrendono alla Juventus con 0-0. La finale di Coppa Uefa segna l’ultima gara di Baggio con la Fiorentina.

Esordisce con la maglia della Juventus nel 1990, sotto la guida di Luigi Manfredi segna 27 gol, in cui 9 in Coppa delle Coppe. Nel 1992, subisce un ulteriore incidente in campo, una frattura della costola contro la Scozia, ritirandosi dai campi ulteriormente per oltre un mese.

In quest’anno va ricordata la semifinale in Coppa Uefa, contro il Paris Saint-Germain, realizza una doppietta nella gara di andata finita 2-1 per i bianconeri, e successivamente, a Parigi è ancora in posizione decima per siglare la finale.

Al ritorno, la Juventus vince 3-0 e il calciatore si aggiudica il primo trofeo, il primo di una lunga serie. Alla fine dell’anno chiude la stagione con 27 gol in campionato, 6 in Coppa Uefa, 2 in Coppa Italia.

Un incidente in campo segna ulteriormente il suo destino: a seguito di un’operazione al menisco nel marzo 1994, a pochi mesi dall’operazione, nel Dicembre 1994, si classifica secondo nella graduatoria del Pallone d’oro e terzo in quella del Fifa World Player.

Nel Febbraio 1995, Baggio torna ad allenarsi con la squadra, ma la compagnia piemontese impensierita dalle sue condizioni salutari, decide di sottoporlo a operazione rimandando il rientro in campo alla primavera del 1995.

Nel giugno 1995, si assiste ad un contrasto con Umberto Agnelli, Baggio non trova l’accordo con la società e termina la sua esperienza a Torino con 200 presenze e 115 reti, 78 solo nel campionato.

L’entrata nel Milan esordisce il 27 agosto seguente, nella vittoria sul Padova per 1-2 e segna il primo gol contro l’Udinese per un 2-1. vince lo scudetto, diviene il quinto dei sei giocatori a vincere due campionati italiani consecutivi con due squadre diverse, dopo Giovanni Ferrari e Alessandro Orlando.

Nella stagione successiva arriva l’allenatore uruguaiano Óscar Tabárez, Baggio esordisce in Uefa Champions League nella sconfitta contro il Porto, a seguita dell’esordio, realizza la prima competizione europea contro l’IFK Göteborg.

Nello stesso Dicembre Tabárez si dimette, e al suo posto arriva l’ex Arrigo Sacchi, il quale a sua volta rassegna le dimissioni da commissario tecnico della nazionale italiana.

A seguito di alcune remote diatribe tra Sacchi e Baggio, risalenti al campionato del mondo 1994, sul finire di aprile Baggio viene inaspettatamente richiamato in nazionale dal nuovo CT Cesare Maldini, a fine stagione il Milan si piazza all’undicesimo posto, fuori dalle coppe europee.

Nell’estate 1997 il Parma si accorda con il Milan al fine di “acquistare” il fantasista per 3,5 miliardi di lire, ma l’affare non va in porto poiché il giocatore non rientra nei piani tattici dell’allenatore Carlo Ancelotti, il cui 4-4-2 non prevede l’impiego di un fantasista.

Tale problematica conduceva ad una criticità di fondo: avendo bisogno di giocare con continuità per guadagnarsi un posto fra i 22 che avrebbero preso parte al campionato del mondo 1998.

Il 18 luglio passa al Bologna per 5,5 miliardi di lire, voluto dal presidente Giuseppe Gazzoni Frascara (il contratto prevede una penale per la recessione) e la libera volontà di lasciare la società pagando una penale di 5 miliardi di lire.

Quella nel Bologna è la stagione più fruttuosa per Baggio, con ben 22 gol segnati in 30 partite: una vincita che esordisce il Bologna alla Coppa Intertoto e che vale al giocatore la convocazione al mondiale in Francia.

Anche in questa stagione si verificano delle diatribe con l’allenatore di turno, Ulivieri, tanto che nel gennaio 1998 Baggio lascia il ritiro della squadra quando il tecnico gli comunica che non avrebbe giocato con la Juventus.

Nell’estate 1998 si trasferisce per circa 3,5 miliardi di lire all’Inter, che punta con decisione alla vittoria dello scudetto dopo il secondo posto dell’anno precedente.

Pur frenato dai problemi motori, che comportano spesso la sua esclusione agli undicesimi di finale, nella prima parte di stagione Baggio offre buone prestazioni e risulta determinante per i quarti di finale di Champions League.

Dopo aver ottenuto un deludente ottavo posto, viene in parte compensato dallo status semifinalista di Coppa Italia, grazie al quale l’Inter può contendere al Bologna un approdo in Coppa UEFA.

All’inizio del 2000, la stagione parte con Marcello Lippi e l’impiego di Baggio diminuisce ulteriormente, al punto che il giocatore polemizzerà col tecnico a seguito di alcune voci inattendibili messe a punto da Lippi.

In meno di sei mesi diviene la sesta scelta nel reparto offensivo, realizzando la prima rete stagionale sul finire di gennaio. Prossimo alla scadenza del contratto, il giocatore contribuirà alla qualificazione dell’Inter in Champions League.

Nell’ultima giornata di campionato va a seguito un rigore nel 2-0 contro il Cagliari, una vittoria che consente all’Inter di ottenere il quarto posto con il Parma.

Nel successivo pareggio contro gli emiliani, la vittoria è 3-1, sigla due reti che permettono ai milanesi di accedere ai prelimianri della massima competizione europea, un successo che segue la sconfitta in finale di Coppa Italia contro la Lazio.

Baggio si congeda dall’Inter dopo aver totalizzato 59 presenze e 17 reti. Svincolatosi dall’Inter, il successivo 14 settembre si accorda con il Brescia di cui diviene subito capitano, con l’obiettivo dichiarato di partecipare al campionato del mondo 2002.

Debutta con il nuovo club del calcio il 16 settembre 2000 in Coppa Italia, in occasione del parecchio 0-0 contro la Juventus. Nel febbraio 2001, realizza le prime reti in campionato con il Brescia nel 2-2 contro la Fiorentina.

Il successivo aprile contro la Juventus; il risultato allontanerà i torinesi dal vertice della classifica, guidata fino alla fine dalla Roma.

Con 10 reti in campionato Baggio conduce la sua squadra all’ottavo posto; si intende il miglior risultato mai ottenuto dal Brescia in Serie A e alla qualificazione alla Coppa Intertoto, poi persa in finale contro il Paris Saint-Germain l’estate seguente.

L’inizio degli anni 2000 per Baggio segnano il trionfo, ma allo stesso tempo le problematiche legate alle questioni di salute, vincolano la dinamicità del fantasista. Solo nel dicembre 2002, Baggio segna su rigore la rete numero 300 in carriera, contribuendo alla vittoria sul Perugia per 3-1.

A seguito partecipa al campionato del mondo 1990, durante il quale gioca con il numero 15. Nelle successive partite è schierato titolare al fianco di Salvatore Schillacci, contribuendo con giocate decisive alle reti realizzate dal compagno di reparto contro Uruguay e Irlanda.

A quasi un passo dal ritiro definitivo, il 28 aprile 2004, sarà Trapattoni a convocarlo per l’ultima volta in nazionale, in occasione di una partita amichevole contro la Spagna. Dopo l’uscita in campo di Fabio Cannavaro, riceve una standing ovation dal pubblico di Genova.

Per via delle sue prestazioni, parte dalla stampa una pressione che spinge il calciatore di vederlo in campo in quello che avrebbe potuto essere il suo primo europeo, quello del Portogallo 2004, ma quella di Genova resterà la sua ultima apparizione in maglia azzurra.

Dopo il ritiro decisivo, su proposta del presidente della Figc viene ufficializzata la nomina di Baggio a presidente del Settore tecnico della federazione, carica congedata nel 2013 la quale susciterà polemica dallo stesso fantasista.

 Andreina Sergi

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Calcio inglese, i giocatori da tenere d’occhio per il 2026

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Calcio inglese e Inghilterra, Thomas Tuchel

Il futuro del calcio inglese è già qui: giovani talenti pronti a brillare tra Premier League e Mondiale 2026.

Calcio inglese, i talenti da seguire nel 2026 e oltre

Mentre il calcio mondiale continua a evolvere, l’Inghilterra rimane una delle nazioni più prolifiche nello sfornare giovani calciatori di qualità.

Tra under-21 già affermati e enfant prodige che stanno emergendo, la nuova generazione del calcio inglese promette di plasmare il futuro della Nazionale e dei grandi club europei.

Myles Lewis-Skelly (Arsenal / Nazionale Inglese)

Uno dei nomi più caldi del panorama giovanile inglese. Cresciuto nelle giovanili dell’Arsenal, Lewis-Skelly ha fatto il suo esordio in Nazionale maggiore nel 2025, segnando al debutto e diventando il più giovane marcatore nella storia dell’Inghilterra. Capace di giocare come terzino sinistro moderno, solido difensivamente e incisivo in attacco, rappresenta una certezza per il futuro.

Archie Gray (Tottenham Hotspur / Inghilterra U21)

Centrocampista completo e dinamico, Gray è spesso citato come uno dei talenti che potrebbe fare il salto definitivo verso la Nazionale A. Dotato di buona visione, tecnica e capacità di impatto sia in fase difensiva che offensiva, è considerato un potenziale elemento chiave per il centrocampo inglese in futuro.

Rio Ngumoha (Liverpool)

Già protagonista con la prima squadra del Liverpool nonostante la giovane età, Ngumoha ha mostrato fiducia, dribbling e spinta offensiva nelle rare occasioni concesse. È stato inserito in alcune formazioni e le sue performance precoci in coppe e amichevoli fanno ben sperare per un futuro da protagonista.

Seth Ridgeon (Fulham / Inghilterra U18)

Un centrocampista di grande equilibrio e visione di gioco, Ridgeon è già stato promosso in prima squadra al Fulham e seguito da analisti come promessa del futuro in mediana. È noto per la sua tecnica pulita, lettura delle situazioni e abilità di passaggio.

Leo Shahar (Newcastle United)

Difensore inglese incaricato di rafforzare il reparto arretrato dei Magpies, Shahar si è distinto nelle giovanili e ora è pronto per guadagnarsi minuti con la prima squadra. La sua affidabilità difensiva unita a buone qualità fisiche lo rende un prospetto interessante per il futuro.

Ryan McAidoo (Manchester City / Inghilterra U17)

Ala sinistra veloce e tecnica, McAidoo è cresciuto nelle giovanili del Chelsea prima di approdare al Manchester City, dove continua la sua formazione. È noto per la rapidità, la capacità di saltare l’uomo e i cross pericolosi.

Altri emergenti da tenere d’occhio

Tra gli altri nomi da tenere sotto osservazione ci sono, ad esempio, Emmanuel Fejokwu (West Ham U18): giovanissimo talento seguito anche dall’Olanda.

Un altro nome caldo è quello di  MTrey Nyoni (Liverpool): centrocampista già sceso in campo in FA Cup e con qualità tecniche di livello.

Chiude questa ulteriore carrellata Shim Mheuka (Chelsea): attaccante giovane e dinamico con un buon feeling per la porta, già utilizzato in competizioni europee giovanili.

Calcio inglese, tanti giovani di talento

La nuova generazione inglese combina tecnica, versatilità e maturità tattica, frutto anche dei programmi di sviluppo delle accademie e della possibilità di esordire presto in Premier League o nelle coppe europee, spesso negata ai giocatori italiani.

Nel contesto del Mondiale 2026, questi giovani potrebbero non solo entrare nel giro della Nazionale maggiore, ma anche essere protagonisti assoluti nei rispettivi club, dando continuità alla tradizione di talento inglese nel calcio mondiale.

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Palermo-Nocerina 1997/98, i rosanero tornano per le feste alla Favorita

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Palermo, Inzaghi

Il periodo natalizio 1997, fu molto particolare in Sicilia: lo Stadio della Favorita riaprì i battenti dopo le Universiadi con il match Palermo-Nocerina.

Per la nostra rubrica anni ’90 facciamo un regalo a tutti i tifosi palermitani, ricordando un fatto curioso proprio durante il periodo natalizio 1997: lo Stadio della Favorita riaprì i battenti dopo le Universiadi estive in  Sicilia, andiamo rivivere il match Palermo-Nocerina, che si giocò il 28 dicembre di quell’anno.

Palermo-Nocerina, un regalo natalizio ai tifosi rosanero per la nostra rubrica: riviviamo questo match del 1997 che si giocò alla Favorita che riaprì i battenti dopo le Universiadi

Palermo-Nocerina 1997/98, i rosanero durante il periodo natalizio tornano alla Favorita, Barone e Triuzzi firmarono la vittoria per la squadra di Arcoleo

La nostra rubrica anni ’90 vuole fare un piccolo regalo di Natale ai tifosi rosanero, che sperano che il nuovo anno che verrà sia quello del sospirato ritorno in Serie A. Ovviamente quello che può essere determinante, come lo ha detto più volte l’attuale tecnico Filippo Inzaghi, è il pubblico dello Stadio Barbera, ed è proprio sull’impianto di Viale del Fante che ci concentriamo oggi, di un match che non fu di particolare importanza se non proprio che riguardava l’allora Stadio della Favorita: riviviamo il match Palermo-Nocerina di Serie C1 che si giocò il 28 dicembre 1997.

Un Palermo che visse la peggiore stagione di tutta la sua gloriosa storia, che aveva visto andare via il tecnico Giorgio Rumignani, scomparso proprio in questi giorni e ritornare in panchina Ignazio Arcoleo, quello che fece vivere momenti di gloria contro il Parma mondiale di Stoichkov e proprio di Filippo Inzaghi. Si veniva dalla sconfitta di Gualdo Tadino, serviva un successo per allontanare le zone pericolose della classifica. Non ci fu alla riapertura dell’impianto grosso pubblico, anche perché molti avevano deciso di andare per vedere l’Inter di Ronaldo contro l’Auxerre. Ci furono solo 1500 spettatori, il Palermo vinse 2 a 1 con reti di Onofrio Barone e Triuzzi e gol ospite dell’ex Pallanch, i rosanero chiusero il 1997 con una vittoria che doveva dare morale, che invece servì poco a nulla, perché alla fine la C2 purtroppo si materializzò dopo i playout contro la Battipagliese.

Comunque si tornò a giocare dopo il breve esilio al Velodromo Borsellino, ma non sarà l’ultimo: anche la stagione successiva non si poté usufruire subito del campo principale, per i diverbi che ci furono tra la società del presidente Giovanni Ferrara e l’amministrazione comunale.

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Maximo Perrone, la bussola del Como di Fabregas

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perrone

Alla scoperta di Maximo Perrone, mediano argentino e una delle gemme del campionato italiano. Dalla sua crescita dentro e fuori dal campo al rapporto con il suo tecnico Fabregas.

C’è una presenza silenziosa e costante che guida il Como come un orologio svizzero, e il suo nome è Maximo Perrone. Arrivato in prestito dal Manchester City, il centrocampista argentino si è imposto rapidamente come un punto di riferimento per compagni e allenatore. Non solo per la qualità tecnica, ma anche per il modo in cui interpreta il gioco, unendo istinto, intelligenza tattica e capacità di gestione del pallone. “Molto di quello che faccio nasce dall’istinto. Mi piace seguire come si sviluppa la partita, ma ci sono momenti in cui serve ragionare e avere maggiore attenzione. L’istinto è fondamentale, ma va sempre combinato con il controllo”, racconta Perrone.

Il suo ruolo nel centrocampo del Como va oltre il semplice dettare il ritmo. È il giocatore che crea connessioni, apre linee di passaggio e permette alla squadra di esprimere un calcio propositivo senza perdere equilibrio. In un sistema complesso, in cui l’occupazione degli spazi e la lucidità nelle decisioni sono imprescindibili, Perrone sembra modellato su misura per l’idea di gioco di Cesc Fabregas, il suo allenatore. “Mi piace aiutare la squadra a muoversi e creare opportunità. Cerco di essere al posto giusto nel momento giusto, offrendo sempre una linea di passaggio comoda per i compagni”, spiega.

Ciò che distingue Perrone è la combinazione di intensità e qualità: dinamismo, capacità di trasmissione della sfera e lucidità mentale. La sua visione del gioco gli permette di gestire situazioni complesse, leggere gli avversari e prendere decisioni rapide.

Non è un centrocampista che si limita a seguire schemi: anticipa gli sviluppi, si propone come riferimento e si rende disponibile in entrambe le metà campo. La sua leadership è silenziosa ma concreta, fatta di presenza, scelte intelligenti e capacità di guidare la manovra senza imporsi con autorità, ma con naturalezza.

Perrone, dai primi passi al Velez al rapporto con Fabregas

Arrivato giovanissimo in Europa, Perrone ha saputo adattarsi rapidamente a un contesto completamente diverso da quello argentino, mantenendo la stessa curiosità e determinazione che lo hanno caratterizzato sin da bambino.

A Buenos Aires, tra le giovanili del Velez Sarsfield, imparava a guidare i compagni fin da piccolo, un ruolo che oggi replica in maniera più consapevole e strutturata. Il suo approccio è fatto di disciplina, rispetto dei compiti e voglia di migliorare costantemente: qualità che lo hanno reso un giocatore chiave per Fabregas e per l’intero progetto del Como.

Milan-Como, Perrone

CESC FABREGAS ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

Il rapporto con l’allenatore Fabregas è stretto, basato sulla fiducia e sullo scambio continuo. “Fabregas ci dà spazio, ci incoraggia a crescere e ci permette di sbagliare, perché è così che si impara. Ogni settimana inserisce qualcosa di nuovo, non ci fermiamo mai”. Perrone risponde con la stessa mentalità, e in campo interpreta alla perfezione i dettami richiesti dall’allenatore, rappresentando un punto di riferimento naturale per la squadra.

Oltre all’aspetto tecnico, Perrone dimostra maturità e equilibrio anche nella gestione della vita quotidiana. Mantiene un forte legame con le radici argentine e con la famiglia, un supporto che gli permette di affrontare con serenità le sfide europee. Ama osservare e apprendere dai grandi centrocampisti, riconoscendo i modelli di riferimento e ispirandosi a chi coniuga qualità tecnica e intelligenza tattica.

Allo stesso tempo, rimane umile e consapevole dei propri limiti, senza lasciarsi intimidire dai paragoni con grandi giocatori come Busquets. “Ho grande rispetto per chi è davanti a me, ma so che devo costruire la mia strada e migliorare ogni giorno”, racconta.

La sua leadership è anche sociale e relazionale. Con i compagni sviluppa rapporti solidi, basati sulla fiducia e sul supporto reciproco. Ritrova volti conosciuti dai tempi delle nazionali giovanili e costruisce nuovi legami, creando un ambiente positivo che favorisce crescita e coesione. “Il mister ci permette di sbagliare e di imparare dagli errori, e io cerco di fare lo stesso con chi mi sta accanto”, spiega, evidenziando come la sua influenza vada oltre le competenze tecniche.

Maximo Perrone rappresenta quindi un esempio di come talento e personalità possano fondersi per diventare una risorsa fondamentale. Non è solo un centrocampista di qualità, ma un punto di riferimento per il gruppo, capace di guidare, ascoltare e motivare. La sua storia è quella di un giovane che ha saputo unire capacità tecniche, intelligenza emotiva e una leadership silenziosa ma efficace.

Il futuro di Perrone non è solo legato ai risultati sul campo: è il percorso di un ragazzo che costruisce il suo successo giorno dopo giorno, in campo e fuori, con la stessa passione e determinazione con cui ha mosso i primi passi a Buenos Aires.

In un mondo in cui il calcio è sempre più frammentato e veloce, Perrone emerge come figura di equilibrio e maturità. La sua presenza nel Como non è solo tattica, ma anche morale: un giocatore che ispira fiducia, stimola crescita e trasmette valori positivi.

La capacità di leggere la partita, di muoversi nello spazio giusto e di prendere decisioni lucide è ciò che rende il centrocampo del Como una delle zone più solide e produttive della squadra. E mentre molti giovani si perdono nel percorso europeo, Perrone resta centrato, concentrato e motivato, pronto a guidare i compagni e a migliorarsi continuamente.

Maximo Perrone è quindi molto più di un giovane centrocampista: è un modello di crescita personale, un esempio di leadership consapevole e una figura che fonde talento, istinto e intelligenza tattica. Con il suo approccio equilibrato e la sua capacità di influenzare l’ambiente, ha già lasciato il segno al Como, mostrando che il futuro appartiene a chi sa unire qualità tecnica, visione di gioco e solidità caratteriale.

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