Focus
Roma, come potrebbe giocare il Ranieri-ter

Claudio Ranieri è a un passo dal diventare il nuovo allenatore della Roma. Per lui sarebbe la terza volta: vediamo come sono andate le prime due.
Claudio Ranieri ha allenato la Roma nella stagione 2009/2010, portandola ad un passo dallo Scudetto poi perso contro l’Inter di José Mourinho, e nella stagione 2010/2011, venendo esonerato a metà stagione. Il “primo ritorno” di Sir Claudio sulla panchina giallorossa è stato nella stagione 2018/2019: quando subentrò al posto di Eusebio Di Francesco. A breve potrebbe arrivare il Ranieri-ter, ovvero la terza epopea del testaccino sulla panchina romanista, ma come potrebbe giocare?
Roma, si continua con la difesa a tre?
Premessa: Ranieri non ha un sistema di riferimento. Nella sua straordinaria carriera ha alternato diversi moduli, passando da una linea a tre ad una a quattro; dall’unica punta al doppio centravanti e così via. Difficile quindi stabilire con certezza come la sua Roma scenderebbe in campo, in quanto il tecnico ha dimostrato di sapersi adattare al materiale umano a sua disposizione.
Nella fase conclusiva del mercato, Daniele De Rossi chiese alla dirigenza giallorossa due difensori centrali e un cursore di fascia per facilitare il passaggio al 3-5-2. Ivan Juric fu scelto proprio per la sua familiarità con questo sistema di gioco, ma il suo modo di intendere il calcio non ha attecchito sullo spogliatoio. Questo però non vuol dire che fosse la difesa a tre il problema.
Il calcio, soprattutto quello moderno, è fatto di principi e non di numeri. La Roma ha gli uomini per giocare a tre più di quanto non li abbia per giocare a quattro. Mancini è il prototipo del difensore “gasperiniano”; al centro sin qui ha trovato molto spazio N’Dicka, che però è mancino (come Hermoso) e in Germania giocava proprio da braccetto di sinistra. Con l’eventuale spostamento a sinistra del difensore francese, al centro potrebbe trovare spazio Hummels: c’è anche l’adattato Cristante.
A destra Celik e il rientrante Saelemaekers si giocano una maglia, così come El Shaarawy e Angelino dalla parte opposta. E’ più indietro Zalewski, che era stato reintegrato soltanto per l’infortunio del belga. Con il suo rientro e l’imminente (ri)apertura del mercato, è probabile che la Roma possa cercargli di nuovo una sistemazione. Il turco può adattarsi anche a fare il braccetto di destra, che probabilmente in questa fase della sua carriera è il suo ruolo più naturale anche se Ranieri predilige i centrali “puri”.
A centrocampo la Roma non ha mezzali, non ha giocatori di gamba. Difficile immaginare di nuovo un 3-5-2, mentre è più probabile la conferma del 3-4-2-1. Kone e Le Fee sembrano la coppia meglio assortita in questo momento, c’è anche Pisilli che però può giocare pure più avanti. Davanti alla difesa, oltre al solito Cristante, potrebbe ritrovare spazio Paredes: un altro degli epurati di Juric. Baldanzi e Soulé si giocheranno la maglia del “vice-Dybala“, difficile (per caratteristiche) che possano giocare assieme. Pellegrini (o Pisilli) assieme alla Joya dietro a Dovbyk, davanti a Shomurodov che lui ha avuto a Cagliari.
Probabile Formazione Roma (3-4-2-1): Svilar; N’Dicka, Hummels, Mancini; El Shaarawy, Le Fee, Kone, Saelemaekers; Pellegrini, Dybala; Dovbyk.

Mats Hummels pensieroso ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Il Ranieri-ter riparte dalla difesa a quattro?
E’ indubbio come, però, la stragrande maggioranza della carriera di Ranieri sia stata imperniata su una linea a quattro. Il primo Ranieri romano giocava con un 4-3-1-2, mentre il secondo con una sorta di 4-2-3-1 disossato. Questa Roma non sembra costruita per poter giocare a quattro, soprattutto vista l’assenza di terzini di ruolo. Ci sono soltanto Celik (a destra) e Angelino (a sinistra), più Hermoso che all’occorrenza potrebbe adattarsi a fare il laterale sinistro difensivo.
In mezzo ai ranghi difensivi ci sono esattamente due centrali destrorsi (Mancini ed Hummels) e due mancini (N’Dicka ed Hermoso), che diventerebbero tre qualora lo spagnolo fosse costretto a traslocare in fascia. Cristante ad adattarsi a giocare a due fa più fatica che a tre. Il marchio di fabbrica di Ranieri è sicuramente il 4-4-2, sistema del gioco con il quale ha vinto la Premier League con il Leicester nel 2016. A Trigoria però trovare solo due punte di ruolo, quindi è un’ipotesi difficilmente percorribile.
Dybala e Soulé potrebbero adattarsi a fare da seconde punte, ma un 4-2-3-1 rimane l’ipotesi più probabile. L’unica ala sinistra a disposizione è El Shaarawy, ma il passaggio ad un 4-4-2 o ad un 4-2-3-1 potrebbe dare linfa nuova a Zalewski: che proprio in quella posizione si era imposto in Primavera. A destra l’unico cursore è Saelemaekers, con Soulé e Baldanzi (più il primo) che potrebbero adattarsi più di Dybala. Con questo sistema di gioco perderebbe ancora spazio Pellegrini, che farebbe fatica ad adattarsi a fare l’interno di centrocampo. Più probabile un ritorno al trequartista, con lui o Dybala dietro a Dobvyk.
Probabile Formazione Roma (4-4-2): Svilar; Angelino, N’Dicka, Mancini, Celik; El Shaarawy, Le Fee, Kone, Saelemaekers; Shomurodov/Dybala, Dovbyk.
Probabile Formazione Roma (4-2-3-1): Svilar; Angelino, N’Dicka, Mancini, Celik; Le Fee, Kone; El Shaarawy, Pellegrini, Saelemaekers/Dybala; Dovbyk.
Focus
Inter, il gruppo è tutto ma per Inzaghi si gioca troppo

L’Inter batte anche il Cagliari e si avvicina sempre di più allo Scudetto. Grande giornata per le seconde linee ma secondo Inzaghi è impossibile mantenere il ritmo.
I nerazzurri hanno rifilato un tris ai sardi grazie alle reti di Arnautovic, Lautaro Martìnez e Bisseck tornando quindi a + 6 dal Napoli, in attesa della partita degli azzurri contro l’Empoli.
Inter, tra Bayern Monaco e Coppa Italia: la strada è ancora lunga
Tre competizioni e livello che continua a restare alto. È questa una delle caratteristiche più incredibili dell’Inter di Simone Inzaghi che in campionato torna a vincere dopo il pareggio di Parma, tornando così in vetta.
La compagine nerazzurra anche con qualche rotazione riesce comunque a portare a casa 3 punti fondamentali per la corsa al titolo. Tuttavia la testa deve essere subito rivolta alla Champions League, con il Bayern Monaco che si presenterà a San Siro proprio mercoledì. Si ripartirà dal 2-1 dell’andata e l’obiettivo semifinale è più vivo che mai.
Tra 10 giorni invece sarà la volta della Coppa Italia col ritorno del derby di semifinale contro il Milan, qui invece si ripartirà dall’1-1 della prima sfida. In mezzo l’impegno molto insidioso contro il Bologna di Italiano completerà il quadro di aprile infuocato per l’Inter.

Lautaro Martinez ringhia a Joshua Kimmich ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Al termine della gara contro i sardi, l’allenatore piacentino ha espresso tutto il suo disappunto per il n° di partite giocate dall’inizio della stagione: “[…] Siamo alla 47esima partita al 12 aprile: l’anno scorso 48 in tutto l’anno, è qualcosa di anomalo che sapevamo ma non fino a questo punto. Andiamo avanti cercando di recuperare giocatori e non perderne”.
A questo poi bisogna aggiungere il Mondiale per Club in programma a giugno che vedrà i nerazzurri scendere in campo negli Stati Uniti. L’ottimo rendimento da parte di giocatori impiegati meno frequentemente come Arnautovic e Bisseck tranquillizza i tifosi anche se il rischio infortunio è sempre dietro l’angolo.
Per conquistare il Triplete sarà fondamentale un pizzico di fortuna in questo senso, in modo da spalmare la rosa in base ai vari impegni e provare il colpo grosso.
Focus
Milan, il nuovo modulo segna la rinascita di Theo?

Il cambio di modulo rilancia il Milan, che asfalta l’Udinese, e rispolvera il Theo Hernandez dei giorni migliori. Che sia la strada giusta per il futuro?
Il Milan travolge l’Udinese con un sonoro 0-4 e ritrova compattezza, brillantezza e, soprattutto, efficacia offensiva. Una delle migliori versioni stagionali della squadra rossonera, arrivata grazie a un cambio di sistema forzato dalle assenze sulla destra ma che ha dato frutti immediati. Un Milan ordinato e letale, in cui si sono rivisti i migliori Theo Hernandez e Rafael Leao.
Proprio il terzino francese, spesso primo bersaglio delle critiche per il rendimento di quest’anno, sembra poter rinascere con questo 3-4-3. Meno compiti difensivi, più campo da attaccare: la ricetta della rinascita potrebbe essere stata finalmente trovata.

RAFAEL LEAO E THEO HERNANDEZ ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Theo ritrova se stesso nel 3-4-3
Uno dei volti simbolo del successo alla Dacia Arena è stato proprio Theo, tornato al gol e autore di una prestazione totale. Il francese è apparso più attento dietro e molto più incisivo in avanti, come dimostrato dal gol del 3-0, che potrebbe essere letto come un segnale per un futuro ancora rossonero. La verità è che poche volte in stagione si era visto il vero Theo, quello delle falcate sulla sinistra e delle incursioni letali. A Udine, è tornato a fare quello che gli riesce meglio: attaccare.
L’intuizione di Sergio Conceicao di passare alla difesa a tre con due esterni alti ha dato una scossa importante al Milan. Il 3-4-3, più equilibrato ma al contempo aggressivo, ha regalato una migliore fase difensiva e liberato la qualità dei giocatori più offensivi. Theo ha agito sulla linea dei centrocampisti, coperto alle spalle da Tomori e Pavlovic, e ha potuto sfruttare al massimo i suoi strappi senza dover rientrare con continuità.
Milan, ora serve continuità
Quella contro l’Udinese è stata probabilmente la miglior prestazione dell’era Conceicao, ma ora la sfida sarà dare continuità a questo nuovo assetto. Il modulo, seppur scelto per necessità, ha rivelato potenzialità interessanti, soprattutto per esaltare giocatori come Theo e Leao, che hanno bisogno di libertà e spazi.
La rinascita del francese potrebbe rappresentare una delle chiavi per il finale di stagione e per tenere vive le speranze europee. La strada è ancora lunga, ma il nuovo Milan visto alla Dacia Arena ha riacceso l’entusiasmo tra i supporters rossoneri.
Focus
Violenza sulle donne: dalle curve ai campi si alza un No

Violenza sulle donne: dopo gli ennesimi femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, la reazione del mondo del calcio è stata forte e decisa.
In Italia, il calcio, linguaggio popolare per eccellenza, si è fatto eco del dolore e della speranza di un’intera società ferita.
Violenza di genere: il silenzio è complice
Le curve, da sempre teatri di cori e rivalità, si sono trasformate in agorà moderne.
Luoghi in cui la rabbia si è sublimata in consapevolezza.
E la voce di chi troppo spesso è ignorato si è alzata, finalmente, a squarciare il silenzio.
I femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella hanno scosso le fondamenta dell’indifferenza, obbligandoci a guardare in faccia la realtà.
Di fronte a queste tragedie, il calcio non ha scelto la neutralità, ma l’impegno.
Gli striscioni nelle curve
Nella scorsa giornata di campionato il linguaggio del calcio si è intrecciato con quello della memoria.
I tifosi di Palermo e Messina hanno scelto di rompere il silenzio, trasformando gli spalti in luoghi di consapevolezza e di lotta.
Hanno sollevato striscioni che gridano contro la violenza maschile sulle donne.
Un nome evocato dagli spalti: quello di Sara Campanella, la giovane studentessa di 22 anni assassinata a Messina il 31 marzo da un compagno di università.
A Sorrento, la Curva Sud del Messina ha scritto: “L’amore non uccide. Sara vive in tutti noi.” Parole semplici, ma capaci di aprire varchi nella coscienza.
Sul campo, i calciatori portavano il lutto al braccio, mentre i giocatori del Sorrento hanno deposto fiori sotto il settore ospiti: un gesto di silenziosa, potente solidarietà.
A Palermo, durante la partita contro il Sassuolo, è stato esposto uno striscione dalla Curva Nord: “Nel ricordo di Sara, a difesa delle donne. Basta femminicidi.”
Gli atleti rosanero sono scesi in campo con magliette dedicate alla causa.
Sulle maglie, la scritta: “Non un minuto di silenzio. Contro la violenza sulle donne.” E sul retro, i nomi delle vittime, a partire da quello di Sara Campanella.
In tribuna, la famiglia di Sara ha trovato spazio e calore: una piccola comunità si è stretta attorno al dolore.
Anche la curva Est della Ternana ha voluto ricordare Ilaria, la giovane di Terni assassinata a Roma. I tifosi hanno voluto ribadire che ogni vittima non è un numero, ma una ferita aperta nella carne viva del nostro presente.
Inoltre sia la squadra maschile sia quella femminile hanno postato messaggi di vicinanza e partecipazione, in particolare nel giorno di lutto cittadino.
La violenza ha una solida base culturale
La storia di Sara e quella di Ilaria Sula sono tristemente simili. Entrambe ventiduenne, entrambe strappate alla vita dall’ex compagno.
Deve essere chiaro, però, che non sono eccezioni tragiche, ma manifestazioni di una radice profonda e sistemica: il patriarcato, che ancora oggi plasma, giustifica e legittima la violenza.
Non è questione di etnie o di culture “altre”, come provano a suggerire alcune narrazioni politiche fuorvianti. È un fenomeno strutturale, alimentato ogni giorno da una cultura che normalizza il dominio e il possesso, anche nei rapporti più intimi.
Le curve del tifo vengono spesso descritte come focolai di intolleranza.
Ultimamente stanno invece diventando cassa di risonanza di un messaggio collettivo: non accettiamo più il silenzio.
Non accettiamo più l’indifferenza.
Un terribile controsenso
Intanto, paradossalmente, nel mondo del calcio si continuano a tesserare atleti condannati per violenze sessuali.
Mentre sono le tifoserie a prendere posizione pubblica, a fare quello che istituzioni e vertici sportivi troppo spesso evitano: nominare il patriarcato, riconoscere la sua pervasività, denunciarlo senza ambiguità.
Perché sì, cara classe politica, il patriarcato esiste ancora. Ed è proprio questo il nemico da combattere. Ogni giorno, in ogni campo, non solo da gioco.
Storia del calcio contro la violenza sulle donne
Alla Curva Sud del Milan, il 25 novembre 2023, durante Milan–Fiorentina, le parole si sono fatte pietra: “Abusi e violenze sulle donne: ultimo rifugio di vili e meschini. Voi non siete uomini.”
Alla Curva Sud Siberiano della Salernitana, lo stesso giorno, durante Salernitana–Lazio, il rosso, colore del sangue e della ribellione, ha segnato i volti dei tifosi.
La campagna #unrossoallaviolenza è diventata gesto corale, con queste parole a sorreggere il silenzio delle vittime: “Chi picchia una donna è un vigliacco. Chi picchia una donna è un essere insignificante.”
A Cosenza, nello stadio intitolato a Gigi Marulla, il 15 settembre 2024, un altro striscione ha risuonato come una preghiera laica “Verità per Ilaria Mirabelli.”
Perché la memoria è lotta, e il ricordo di Ilaria, giovane ultras scomparsa in circostanze oscure, chiede giustizia oltre l’oblio.
Parola ai giocatori
Durante l’ottava edizione della campagna #unrossoallaviolenza, sostenuta dalla Lega Serie A e da WeWorld, molti calciatori hanno scelto di esporsi.
Non più solo atleti, ma uomini consapevoli, si sono mostrati con un segno rosso sul volto, accanto alle proprie compagne, mogli, figlie.
Mile Svilar, portiere serbo di 25 anni della Roma, è intervenuto sull’argomento dopo l’omicidio di Ilaria Sula, uccisa proprio nella capitale.

MILE SVILAR PENSIEROSO GUARDA IN ALTO ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
“È insopportabile continuare a sentire queste notizie ogni giorno. Sono tragedie che riguardano tutti noi, perché potrebbero colpire chiunque”, ha dichiarato Svilar.
“Dobbiamo ripartire dall’educazione: crescere figli che interiorizzino valori sani e che sappiano accettare un ‘no’ senza trasformarlo in violenza. È un messaggio da ripetere quotidianamente, e sono convinto che ciascuno di noi abbia una responsabilità in questo”.
Anche Giada Greggi, centrocampista venticinquenne della Roma femminile e della Nazionale italiana, ha espresso la sua vicinanza e riflessione sulla questione. “Sara e Ilaria avevano più o meno la mia età, con la vita ancora tutta davanti: quello che è accaduto mi ha profondamente scossa”.

GIADA GREGGI ( FOTO DI SALVATORE FORNELLI )
Greggi ha poi aggiunto: “Come società dobbiamo prendere atto che il femminicidio è l’esito estremo di comportamenti che troppo spesso vengono sottovalutati o normalizzati, come la gelosia morbosa e il controllo ossessivo. È fondamentale educare i ragazzi, fin da piccoli, a capire che il rifiuto fa parte della vita e a liberarsi dalla mentalità del possesso, visto che, quasi sempre, la violenza arriva da persone vicine”.
Un gol contro la violenza
Secondo l’Istat, in Italia si registrano in media 150 femminicidi ogni anno, e nel 2025 l’Osservatorio de La Repubblica ne conta già 11.
Il sostegno del mondo del calcio può essere significativo. Non sono soltanto episodi da cronaca sportiva: sono spiragli di umanità, brecce aperte dentro il muro dell’abitudine.
Sono il segno che anche dentro le arene del tifo, spesso teatro di divisioni, può risuonare un canto comune: quello della dignità e del rispetto.
Perché il calcio, come ogni linguaggio collettivo, ha il potere di scegliere da che parte stare.
E quando si schiera dalla parte della vita, la partita è sempre quella giusta.
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