Focus
Roma: l’origine di “Daje Roma Daje”
In conferenza stampa Claudio Ranieri ha ricordato Dante, storico tifoso della Roma che diede origine ad uno dei più famosi motti romanisti.
Domenica sera all’Olimpico andrà in scena il derby della capitale tra Roma e Lazio. La stracittadina chiuderà il girone d’andata di questa stagione di Serie A delle due squadre, e quest’oggi il tecnico dei giallorossi Claudio Ranieri ha parlato in conferenza stampa di questa sfida.
In uno dei passaggi della conferenza stampa gli è stato chiesto che ricordo avesse dei derby vissuti da ragazzo, e il tecnico testaccino ha ricordato di quando in Curva Sud si aspettasse l’arrivo di Dante.
Chi era Dante, l’inventore del “Daje Roma Daje”
Già, ma chi era Dante? Non un semplice tifoso romanista, ma una figura quasi mitologica, d’altri tempi. Dante Ghiringhini nasce nel 1936 a Trionfale, e cresce lavorando come garzone presso un macellaio. Già da piccolo Dante è un accanito tifoso della Roma, quella Roma che nel 1942 conquisterà il suo primo scudetto a Campo Testaccio.
Nella stagione 1952-1953 la Roma esordirà nel nuovo Stadio Olimpico, in un anonimo 0-0 contro la SPAL. L’impianto è a pochi passi dal quartiere nativo di Dante, e per lui quella diventerà la sua nuova casa.
Il suo outfit era facilmente riconoscibile da tutti: gilet a righe, rigorosamente giallorosse, zuccotto ed un grande sorriso stampato sulla faccia. Prima dell’inizio di ogni partita casalinga la domanda tra tutti i tifosi era sempre la stessa. “Aò, ma quando arriva Dante?”. Già, perché senza di lui non si poteva cominciare a cantare.
Il suo arrivo avveniva sempre circa un quarto d’ora prima dell’inizio del match, annunciato dallo strombazzare del clacson della sua Vespa, uno dei simboli del dopoguerra italiano, e venendo accolto da un boato. Una volta salite le scalinate che lo portavano sugli spalti, Dante arringava il popolo giallorosso con questo mantra: “C’è il sole per salutare la Roma, che è grande e bella, e che oggi vincerà! Daje Roma daje!”
Quando Dante Ghiringhini diventò leggenda
La leggenda vuole che la voce di Dante si potesse udire nitidamente in tutto lo Stadio Olimpico, addirittura dalla curva opposta. La partita che consegnò Dante Ghiringhini alla storia, però, fu quella disputata tra Roma e Padova nel 1960.
La squadra giallorossa era guidata da un “Piedone” Manfredini in stato di grazia, reduce dalla tripletta alla Lazio. La Roma è prima in classifica, e vuole mantenere il distacco sulle sue inseguitrici. Anche in quell’occasione Manfredini sarà formidabile con un altra tripletta, ed i giallorossi vinceranno per 3-1.
Al termine del match Dante deciderà di scavalcare le recinzioni che separavano gli spalti dal terreno di gioco e, tenendo in mano una grossa bandiera, farà tre giri totali di campo, accompagnato dalle grida e dagli applausi del pubblico giallorosso, rompendo i cordoni delle forze dell’ordine, forse sorpresi anche loro di un gesto tanto folle quanto d’amore.
Dante Ghiringhini sarà, da quel momento in poi, per sempre impresso nel cuore e nei ricordi di tutti i tifosi romanisti. Riuscirà a vedere il secondo tricolore della Roma nel 1983, ma non ce la farà per il terzo, arrivato nel 2001.
Dante passerà dall’altra parte del cielo nel novembre del 2000: la Roma gli renderà omaggio con il lutto al braccio nella trasferta di Brescia. Tre giorni più tardi, nella gara casalinga contro la Reggina, una vespa verrà parcheggiata a bordocampo, ed accanto ad essa il capitano giallorosso Francesco Totti depositerà un mazzo di fiori.
Focus
Al Manchester United si inizia a parlare di retrocessione
Ruben Amorim, tecnico del Manchester United, ha parlato per la prima volta di “retrocessione” dopo la sconfitta interna con il Newcastle.
Al termine della gara persa (0-2) ad Old Trafford con il Newcastle, il tecnico del Manchester United Ruben Amorim è stato lapidario nella conferenza stampa post-partita. “E’ il momento peggiore nella storia di questo club. Il rischio retrocessione è concreto e dobbiamo dircelo chiaramente. I giocatori hanno bisogno di un forte choc emotivo per uscire da questa situazione”.
Premier League, com’è la situazione nei bassifondi?
Stante il vecchio adagio secondo il quale una squadra non costruita per stare nei bassifondi non abituata a dover lottare per la salvezza può incorrere in epiloghi impossibili da prevedere, la Premier League è per definizione il campionato dove la possibilità che certi capitomboli accadano è più alta.
Questo per via del livello di competitività altissimo del torneo a tutte le latitudini della classifica, compresi i suoi bassi fondi. Il Wolverhampton sembra un’altra squadra dall’arrivo di Vitor Pereira e l’Ipswich del bravissimo McKenna si è finalmente abituato alla categoria. Per fare compagnia al Southampton, praticamente già spacciato nonostante Juric, le favorite (ad oggi) sembrerebbero l’Everton e il Leicester.
I Toffees però sono una squadra navigata, abituata a districarsi nella melma e con un tecnico (Sean Dyche) che in passato ha più volte dimostrato di essere capace di tirare fuori dal nulla salvezze impensabile. Le Foxes hanno un tasso tecnico che nulla a ché vedere con la lotta per non retrocedere, ma i tanti infortuni che stanno vessando la squadra da inizio stagione e la confusione societaria interna sono una Spada di Damocle.
Manchester United, tutti i “casi aperti”
In questi casi si tende sempre a lanciare l’allarme il prima possibile, solitamente circa a metà stagione, per evitare di dover fare i conti con la realtà quando potrebbe essere troppo tardi. Tuttavia, tutti i casi di queste “grandi” che in passato hanno rischiato il declassamento (Lione e Ajax l’anno scorso e Roma quest’anno, per fare due esempi recenti) sono sempre stati risolti da un tasso qualitativo fuori categoria per quelle zone.
Tuttavia, nessuno di questi campionati è paragonabile alla Premier League. Il Manchester United è una polveriera, il cui clima da guerriglia urbana è stato esacerbato dai recenti casi interni allo spogliatoio. Il primo ha riguardato Rashford e Garnacho, con l’argentino che è stato reintegrato (sebbene ancora molto indietro nelle gerarchie) mentre l’inglese è tutt’ora fuori rosa e in cerca di sistemazione sul mercato.
Poi c’è il “caso” Zirkzee, con l’olandese sostituito da Amorim al 33esimo della gara contro i Magpies (con la squadra sotto 2-0) per disperazione. Esperimento del doppio-centravanti definitivamente in soffitta, con l’ex-Atalanta Hojlund nettamente avanti nelle gerarchie e l’olandese sul mercato. La sensazione è che i Red Devils abbiano commesso un altro grossolano errore in fase di programmazione della stagione.
Confronto Amorim-Van Nistelrooy: era giusto cambiare?
Iniziare la stagione con un allenatore delegittimato e sfiduciato da tutto l’ambiente (Erik ten Hag) solo perché ha vinto una finale, per poi sostituirlo a Novembre, è una scelta incomprensibile, ma lo è ancora di più aver esautorato Van Nistelrooy. Nel suo interregno, infatti, l’ex-vice di ten Hag aveva collezionato tre vittorie in quattro partite: compreso il passaggio del turno negli ottavi di League Cup proprio contro il Leicester.
Con la stagione virtualmente già andata, sarebbe stata una scelta di buon senso tenere il tecnico olandese almeno fino alla fine della stagione. Amorim è certamente uno dei tecnici più promettenti e brillanti della nouvelle vague dei giovani allenatori, ma è un allenatore fortemente identitario. E’ uno di quelli che adatta i giocatori al suo modo di giocare e non viceversa: non è uno da prendere in corsa.
Il Manchester United avrebbe dovuto bloccare il lusitano per Giugno, in modo tale da permettergli di finire la stagione con lo Sporting Lisbona e nel frattempo affidarsi ad un caretaker che conosceva a menadito l’ambiente per far attraccare una nave alla deriva in un porto sicuro. Non ho dubbi sul fatto che un tecnico capace come Amorim saprà come uscire da questa situazione, ma le possibilità che una squadra “inallenabile” come il Manchester United in questa fase storica possa fagocitare anche lui (come del resto in passato ha fatto con altri suoi illustri colleghi, molto più esperti di lui) sono molto alte.
Focus
Lazio come PSG e Atletico: il dato che incorona Baroni
La Lazio continua a stupire. Con la vittoria in extremis sul campo del Lecce, la squadra di Baroni ha aggiunto un nuovo record alla propria stagione.
Nel calcio moderno ormai si gioca in sedici, non più in undici. Chi entra dalla panchina è importante tanto quanto chi parte dall’inizio. Le partite vanno interpretate sui novanta minuti, consapevoli che esse non sono più monolitiche ma suddivise in blocchi e ognuno di questi è una partita a sé stante.
Lazio, altro record: il dato che ti accomuna a PSG e Cholo
Lo sa bene Marco Baroni, che bravo è stato nel tenere tutti sulla graticola e nel far sentire l’interezza della rosa al centro del suo progetto tecnico. Infatti, il gol con cui Marusic ha steso il Lecce al Via del Mare nell’ultima giornata di Serie A è il decimo che la Lazio segna con un subentrante.
Un dato che potrebbe sembrare banale, ma che non lo è affatto. Solo due squadre possono vantare super-sub d’eccellenza come la compagine biancoceleste: ovvero il PSG e l’Atletico Madrid. Il gol del montenegrino non è stato importante solo per la classifica, ma anche per aggiungere un altro record allo score dei capitolini.
I biancocelesti hanno mandato a segno almeno un giocatore per ruolo e, in senso assoluto, sono una delle squadre ad aver messo a referto più giocatori. Marusic (12esima rete per lui con l’aquila sul petto per lui, come Ladrup e Doll) era uno dei pochi a mancare all’appello. Gli unici giocatori della rosa rimasti a non aver ancora segnato in stagione sono Lazzari, Tavares, Pellegrini, Rovella e Castrovilli.
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L’Atalanta non si ferma: dopo l’Empoli altro record per Gasp
Con la vittoria in extremis al Gewiss contro l’Empoli, l’Atalanta di Gasperini ha trovato la sua undicesima vittoria consecutiva in Serie A.
Quella di domenica sera sull’Empoli è l’undicesima vittoria consecutiva in questa edizione della Serie A per l’Atalanta, che scrive il proprio record storico e quello del suo allenatore Gian Piero Gasperini.
Atalanta e non solo: tutti i record di vittorie in Serie A
Nonostante sia un traguardo sorprendente e meritorio, quella orobica non è la striscia di vittorie consecutive più lunga nella storia del campionato italiano. In questa speciale classifica, i nerazzurri condividono il posto con quattro squadre: la Roma (due volte), la Lazio, l’Inter e il Napoli.
I giallorossi hanno scritto questo record due volte, la prima con Spalletti nella stagione 2005-2006 e la seconda con Rudi Garcia a cavallo fra la stagione 2012-2013 e 2013-2014. Sempre Spalletti ha scritto la storia del Napoli, stabilendo il record di vittorie consecutive in Serie A dei campani nella stagione 2022-2023.
Nella stagione 2019-2020, la Lazio di Inzaghi fece lo stesso prima di venire fermata dalla pandemia globale da Covid-19. L’Inter di Conte farà lo stesso nella stagione successiva, quella che poi riporterà ai meneghini uno scudetto che mancava da oltre una decade. La parte alta di questa speciale classifica è monopolizzata dalla Juventus, nella decade d’oro del duopolio Allegri-Conte, con addirittura quattro presenze.
Con il salentino al timone, la compagine bianconera ha battuto due volte il record nella stagione 2013-2014: 12 e 13 vittorie consecutive. Le altre sono arrivate con il tecnico labronico, a partire dalle 12 della stagione 2017-2018 per finire alle 15 della stagione 2015-2016: tutt’ora il record storico di Madama. Terzo posto e ultimo gradino del podio per il Napoli, che con Sarri vincerà 13 partite di fila nella stagione 2017-2018.
Il record assoluto di vittorie consecutive nella massima serie nostrana, però, lo detiene l’Inter di Mancini. La squadra milanese, nella stagione 2006-2007, riuscì a vincere addirittura 17 partite di fila. Un dato che è stato certamente influenzato dalla particolare situazione dell’Italia calcistica di allora, appena dopo il caso-Calciopoli. Vedremo se la sorprendente Atalanta di Gasperini riuscirà a frantumare anche questo record.
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