Erik ten Hag è stato esonerato dal Manchester United. Decisione inevitabile, alla luce dei risultati ma soprattutto delle statistiche.
Le statistiche (da sole) non ti raccontano una partita. Le statistiche hanno bisogno di un abile cantore che le sappia analizzare, che dia loro un contesto. Senza sono soltanto freddi numeri, che chiunque potrebbe sciorinare dandosi delle arie da finto analista. Tuttavia, in questo caso possono servire più dei risultati a spiegare il perché dell’esonero di Erik ten Hag: sollevato dal suo incarico dopo la sconfitta per 2-1 sul campo del West Ham.
Il Manchester United è 14esimo in classifica, con 11 punti raccolti in 9 giornate di Premier League. Ha perso la finale del Community Shield contro il Manchester City e in Europa League sin qui ha raccolto tre punti, frutto di altrettanti pareggi. Numeri espliciti, ma che da soli non possono raccontare uno scenario ben più drammatico del semplicistico mantra che si è sovente sentir ripetere nel post-Ferguson: “allo United fan male tutti“.
Vero, verissimo: ma alcuni fanno più male di altri. Lo dicono i numeri. Ten Hag è il secondo allenatore del post-Ferguson ad avere la più alta percentuale di sconfitte: 31,8%. Peggio di lui solo Moyes (il primo ad arrivare dopo Sir Alex) con 32,4%. Va però ricordato come l’olandese sia uno dei tecnici più longevi dell’era post-Ferguson. Il confronto statistico, spesso impietoso, viene fatto con allenatori con meno presenze.
Non solo. Il Manchester United è ottavo per punti conquistati nell’anno solare 2024. 40, come il Tottenham e peggio di Newcastle (43) e Aston Villa (44). Peggio anche del disastrato Chelsea di Boehly (52). Di Liverpool (62), Arsenal (67) e City (74) non ne parliamo neanche. E ancora. Il Manchester United è la penultima squadra di Premier per tempo di gioco trascorso in vantaggio, appena 108 minuti e 5 secondi.
Ovvero il 12% del tempo, come il Crystal Palace. Solo l’Ipswich (47 minuti e 9 secondi, il 5% del tempo) ha fatto peggio. Anche la media punti è una delle peggiori, che è di 1,72 punti per partita. Peggio di lui soltanto Moyes (1,68) e Rangnick (1,54), ma con molte meno panchine. L’ex-Ajax ha infatti trascorso sulla panchina dei Red Devils 85 partite (è il terzo più longevo del post-Ferguson) mentre Moyes 34, Rangnick addirittura 24.
A parlare dei numeri da incubo di ten Hag si potrebbe andare avanti ore. Per esempio menzionando la sua percentuale di sconfitte (31,8%) in relazione alle partite giocate, ovvero 27 su 85. Peggio di lui solo Moyes con il 32,4%, che però ha perso meno della metà (11 su 34) delle sue partite. Com’è quindi possibile che un allenatore con questi numeri sia durato quasi due anni e mezzo sulla panchina di una squadra così prestigiosa?
Basti pensare che José Mourinho ha avuto la miglior media punti del post-Ferguson (1,89), è il secondo con più vittorie (50 su 93, meglio di lui solo Solskjaer con 56 in 109) e ha la miglior percentuale di vittorie (53,7%) in relazione alle partite giocate. Oltre a questo ha vinto anche tre trofei (in una stagione) e nonostante ciò è rimasto in carica solo otto partite in più rispetto a ten Hag, con la sua esperienza bollata come un flop.
Sintomatico di quanto all’epoca i canoni fossero diversi da quelli odierni, con l’interezza dello status del club che ne ha risentito. Se il biennio dello Special One venne considerato dai più come un fallimento, allora questo che cos’è? Mourinho fu il terzo allenatore (dopo Moyes e van Gaal) a farsi carico dell’eredità di Sir Alex e all’epoca non si aveva ancora contezza di quanto quello del Manchester United fosse un ambiente fagocitante.
Oggi, dopo sei allenatori cambiati (otto se consideriamo anche il brevissimo interregno di Paul Scholes e quello di Ruud van Nistelrooy, iniziato ieri ma destinato a finire a breve) e tantissimi campioni (da Pogba e Depay passando per Di Maria e Falcao) che hanno fallito, la panchina del Manchester United ha smesso di essere il lavoro più ambito del mondo: quel Nirvana calcistico che aveva rappresentato per molti anni.
Oggi chi viene contattato per allenare il Man.United sa di dover entrare in una polveriera. Con un ambiente saturo, uno spogliatoio ai limiti dell’ingestibile e una società totalmente assente. La maggior parte dei candidati, giustamente, si guarda bene dall’accettare, comprendendo che la propria carriera potrebbe uscire danneggiata da quest’esperienza. La mancanza di alternative credibili (e la contestuale vittoria in finale di F.A. Cup contro Guardiola, che nessuno si aspettava) ha contribuito a tenere in sella ten Hag.
Tuttavia, il rischio calcolato (o forse no) di confermare una supposta fiducia ad un tecnico sfiduciato e delegittimato dai più è esplosa in tutta la sua prevedibile deflagrazione. In queste ore lo United sta cercando di mettere sotto contratto Ruben Amorim. Uno degli allenatori più (giustamente) celebrati e promettenti del panorama calcistico, e che forse per questa ragione avrebbe dovuto tenersi lontano da un ambiente del genere. La lure di Old Trafford è difficile da rifiutare, quindi good luck Ruben: ne avrai bisogno.
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