Focus
Thiago Motta gioca come Allegri: no alla rivoluzione, sì alla continuità
Dopo le prime tre giornate di Serie A, è già possibile tirare le primissime conclusioni su Thiago Motta e sulla sua Juventus.
Sebbene sia prematuro tirare qualsivoglia conclusione a Settembre, finora la tanto agognata “rivoluzione” in casa Juventus non c’è stata. E questo è un bene, in quanto, come ho spiegato in un vecchio editoriale, Torino è il peggior luogo in assoluto dove fare le rivoluzioni.
Thiago Motta come Allegri: il confronto
Una squadra che arriva terza in classifica e che vince la Coppa Italia non ha bisogno di essere rivoluzionata e questo è il primo punto fondamentale della disamina. La belante mandria giochista ha accolto Thiago Motta come “il nuovo Sacchi“, dimostrando (non che ce ne fosse bisogno) di giudicare senza guardare le partite.
Thiago Motta è un difensivista, nell’accezione più positiva possibile del termine. Ovvero pensa prima di tutto a non prendere gol, come tutti i grandi allenatori del mondo. Persino Guardiola, idolo della scuola giochista, cura in maniera maniacale la fase difensiva: poiché non prendere gol è la base per vincere le partite.
Lo dimostra anche questo avvio di campionato, dove al primo posto in classifica ci sono le squadre che hanno subito meno gol delle altre. In questo fondamentale, l’italo-brasiliano ha fatto (sin qui) addirittura meglio del suo predecessore: la sua è infatti l’unica squadra italiana a non aver ancora subito gol.
Da Bologna a Torino: Thiago non è cambiato
Allo stesso punto del campionato, la Juventus di Allegri aveva subito un gol in più di quella di Thiago ma aveva segnato lo stesso numero di gol. Questo per spegnere sul nascere i bollori di chi, dopo due 3-0 inferti a due squadre in lotta per non retrocedere, gridava già alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Dopo un inizio accidentato, in cui subì 4 gol nelle prime 3 partite, il Bologna di Motta fece registrare quattro clean sheet consecutivi: compresi tre zero a zero di fila. Immaginate se tre zero a zero consecutivi li avesse fatti Allegri con la Juventus: come minimo un’interrogazione parlamentare. Li fa Motta e “gioca bene“.
Il Bologna ha concluso la scorsa Serie A con 32 gol subiti (terza miglior difesa, un solo gol subito in meno della Juventus) e con gli stessi gol fatti della Vecchia Signora: ovvero 54. 17 invece i clean sheet (13 per Skorupski e 4 per Ravaglia) mentre 16 son stati quelli della Juventus: 15 per Szczesny e 1 per Perin.
Thiago Motta “smaschera” le contraddizioni dei giochisti
Il dato più interessante, però, è quello relativo al possesso palla. Chi si aspettava una Juventus arrembante e sempre pronta a schiacciare l’avversario nella propria area di rigore sarà probabilmente rimasto deluso. Dopo le prime tre giornate, la Juventus è settima per possesso palla medio: con un dato del 55,3%.
Un dato sicuramente più alto rispetto a quello dell’anno scorso (la Juventus chiuse 12esima con il 48,5%), anche se con un campione statistico decisamente più ampio, ma che non mostra un’inversione di tendenza. Il ché dimostra una verità lapalissiana, finora cocciutamente rifiutata dai giochisti, ovvero che con questo centrocampo non è possibile far giocare la Juventus differentemente.
E se è in parte vero che Thiago Motta in queste prime tre giornate sta giocando con gli stessi giocatori dell’anno scorso, di fatto non ha ancora inserito a pieno regime nessuno dei nuovi acquisti, è altrettanto vero che rispetto ad Allegri ha un Fagioli in più. Che certamente non sarà Douglas Luiz o Koopmeiners, ma (con il dovuto rispetto) nemmeno McKennie o Nicolussi Caviglia.
Il progetto che Thiago Motta intende impostare alla Juventus appare chiaro e cristallino. Ripartire dall’ottima base che Allegri gli ha lasciato, per poi inserire gradualmente i nuovi e portare la proposta tecnica bianconera al Next Level. L’italo-brasiliano e il labronico (che, ricordiamolo, chiese Kroos proprio in funzione di questo cambio pelle) condividono la stessa visione. Thiago probabilmente porterà i risultati sperati, perché è bravissimo, ma con questa campagna acquisti li avrebbe portati anche Allegri.
Il ché testimonia, ancora una volta, come la scelta di far fuori Allegri non avesse una natura tecnico-tattica, ma “politica”. La qualità del gioco non c’entra nulla, poiché questa dicotomia fra giochisti e risultatisti esiste soltanto nei salotti e sui social. Nel calcio vero, quello in cui girano miliardi e miliardi di euro ogni anno, le società vogliono solo vincere. Soprattutto alla Juventus. Soprattutto a Torino, dove, storicamente, le rivoluzioni (di nessun tipo) non hanno mai attecchito.
Focus
I 20 allenatori più cari: Amorim si aggrega
Ruben Amorim è il caso più recente di allenatore che passa in un altro club tramite pagamento di una clausola: vediamo i venti manager più “costosi”.
Il tecnico portoghese, che guidava lo Sporting Lisbona dal 2020, è solo l’ultimo in ordine temporale nella classifica dei 20 allenatori più costosi: nella lista di Transfermarkt ci sono anche dei nomi illustri.
Amorim e non solo: la Top 20 degli allenatori più costosi
20) Xavi (5 milioni)
Dall’Al-Sadd al Barcellona nel 2021.
19) Maurizio Sarri (5,5 milioni)
18-15) Roberto De Zerbi, Unai Emery, Ronald Koeman, José Mourinho (6 milioni)
Emery dal Villarreal all’Aston Villa nel 2022.
Koeman dal Southampton all’Everton nel 2015.
Mourinho dal Porto al Chelsea nel 2004.
14-13) Brendan Rodgers, Mark Hughes (6,2 milioni)
Rodgers dallo Swansea al Liverpool nel 2012.
Hughes dal Blackburn al Manchester City nel 2008.
12-11) Fabian Hurzeler, Adolf Hütter (7,5 milioni)
Hütter dall’Eintracht Francoforte al Borussia Moenchengladbach nel 2021.
10-8) Ruben Amorim, Enzo Maresca, Christophe Galtier (10 milioni)
Amorim dallo Sporting Lisbona al Manchester United nel 2024.
Maresca dal Leicester al Chelsea nel 2024.
Galtier dal Nizza al Paris Saint-Germain nel 2022.
7) Brendan Rodgers (10,4 milioni)
Dal Celtic al Leicester nel 2019.
6) Arne Slot (11,2 milioni)
5) Vincent Kompany (12 milioni)
4) André Villas-Boas (15 milioni)
Dal Porto al Chelsea nel 2011.
3) José Mourinho (16 milioni)
Dall’Inter al Real Madrid nel 2010.
2-1) Graham Potter, Julian Nagelsmann (25 milioni)
Potter dal Brighton al Chelsea nel 2022.
Nagelsmann dal Lipsia al Bayern Monaco nel 2021.
Enrico Villani
Focus
Maradona, dal barrio a leggenda mondiale. Simbolo di rivalsa
Diego Armando Maradona è stato sicuramente uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Oggi, il 30 ottobre, sarebbe stato il suo 64° compleanno.
Il 30 ottobre 1960 è una data speciale per il mondo del calcio, in particolare per l’Argentina e per Napoli che hanno reso omaggio al Pibe de Oro con un video social emozionante; un fumetto animato che ripercorre le tappe più iconiche della sua carriera sotto il Vesuvio.
La storica presentazione al San Paolo il 5 luglio 1984. Il gol su punizione contro la Juventus, sotto il diluvio del 5 novembre 1985. Lo scudetto del 1987 e il leggendario palleggio sulle note di “Live is Life”, all’Olympiastadion di Monaco di Baviera. Tutti momenti impressi per sempre nella storia del calcio.
Legends never die.
Happy Birthday, Diego!
1960 – ♾️💙 #ProudToBeNapoli pic.twitter.com/W7WtHzRw85
— Official SSC Napoli (@sscnapoli) October 30, 2024
Maradona, personaggio universale
Focus
Ten Hag, tutti i numeri (horror) di un esonero inevitabile
Erik ten Hag è stato esonerato dal Manchester United. Decisione inevitabile, alla luce dei risultati ma soprattutto delle statistiche.
Le statistiche (da sole) non ti raccontano una partita. Le statistiche hanno bisogno di un abile cantore che le sappia analizzare, che dia loro un contesto. Senza sono soltanto freddi numeri, che chiunque potrebbe sciorinare dandosi delle arie da finto analista. Tuttavia, in questo caso possono servire più dei risultati a spiegare il perché dell’esonero di Erik ten Hag: sollevato dal suo incarico dopo la sconfitta per 2-1 sul campo del West Ham.
Il Manchester United di ten Hag in pillole
Il Manchester United è 14esimo in classifica, con 11 punti raccolti in 9 giornate di Premier League. Ha perso la finale del Community Shield contro il Manchester City e in Europa League sin qui ha raccolto tre punti, frutto di altrettanti pareggi. Numeri espliciti, ma che da soli non possono raccontare uno scenario ben più drammatico del semplicistico mantra che si è sovente sentir ripetere nel post-Ferguson: “allo United fan male tutti“.
Vero, verissimo: ma alcuni fanno più male di altri. Lo dicono i numeri. Ten Hag è il secondo allenatore del post-Ferguson ad avere la più alta percentuale di sconfitte: 31,8%. Peggio di lui solo Moyes (il primo ad arrivare dopo Sir Alex) con 32,4%. Va però ricordato come l’olandese sia uno dei tecnici più longevi dell’era post-Ferguson. Il confronto statistico, spesso impietoso, viene fatto con allenatori con meno presenze.
Non solo. Il Manchester United è ottavo per punti conquistati nell’anno solare 2024. 40, come il Tottenham e peggio di Newcastle (43) e Aston Villa (44). Peggio anche del disastrato Chelsea di Boehly (52). Di Liverpool (62), Arsenal (67) e City (74) non ne parliamo neanche. E ancora. Il Manchester United è la penultima squadra di Premier per tempo di gioco trascorso in vantaggio, appena 108 minuti e 5 secondi.
Ovvero il 12% del tempo, come il Crystal Palace. Solo l’Ipswich (47 minuti e 9 secondi, il 5% del tempo) ha fatto peggio. Anche la media punti è una delle peggiori, che è di 1,72 punti per partita. Peggio di lui soltanto Moyes (1,68) e Rangnick (1,54), ma con molte meno panchine. L’ex-Ajax ha infatti trascorso sulla panchina dei Red Devils 85 partite (è il terzo più longevo del post-Ferguson) mentre Moyes 34, Rangnick addirittura 24.
31.8% – Only David Moyes (32.4%, 11/34) lost a higher percentage of his Premier League games as Manchester United manager than Erik ten Hag (31.8%, 27/85). Departure. pic.twitter.com/cFavWHNNhZ
— OptaJoe (@OptaJoe) October 28, 2024
Nessuno vuole più allenare il Manchester United
A parlare dei numeri da incubo di ten Hag si potrebbe andare avanti ore. Per esempio menzionando la sua percentuale di sconfitte (31,8%) in relazione alle partite giocate, ovvero 27 su 85. Peggio di lui solo Moyes con il 32,4%, che però ha perso meno della metà (11 su 34) delle sue partite. Com’è quindi possibile che un allenatore con questi numeri sia durato quasi due anni e mezzo sulla panchina di una squadra così prestigiosa?
Basti pensare che José Mourinho ha avuto la miglior media punti del post-Ferguson (1,89), è il secondo con più vittorie (50 su 93, meglio di lui solo Solskjaer con 56 in 109) e ha la miglior percentuale di vittorie (53,7%) in relazione alle partite giocate. Oltre a questo ha vinto anche tre trofei (in una stagione) e nonostante ciò è rimasto in carica solo otto partite in più rispetto a ten Hag, con la sua esperienza bollata come un flop.
Sintomatico di quanto all’epoca i canoni fossero diversi da quelli odierni, con l’interezza dello status del club che ne ha risentito. Se il biennio dello Special One venne considerato dai più come un fallimento, allora questo che cos’è? Mourinho fu il terzo allenatore (dopo Moyes e van Gaal) a farsi carico dell’eredità di Sir Alex e all’epoca non si aveva ancora contezza di quanto quello del Manchester United fosse un ambiente fagocitante.
Good luck Ruben, ne avrai bisogno
Oggi, dopo sei allenatori cambiati (otto se consideriamo anche il brevissimo interregno di Paul Scholes e quello di Ruud van Nistelrooy, iniziato ieri ma destinato a finire a breve) e tantissimi campioni (da Pogba e Depay passando per Di Maria e Falcao) che hanno fallito, la panchina del Manchester United ha smesso di essere il lavoro più ambito del mondo: quel Nirvana calcistico che aveva rappresentato per molti anni.
Oggi chi viene contattato per allenare il Man.United sa di dover entrare in una polveriera. Con un ambiente saturo, uno spogliatoio ai limiti dell’ingestibile e una società totalmente assente. La maggior parte dei candidati, giustamente, si guarda bene dall’accettare, comprendendo che la propria carriera potrebbe uscire danneggiata da quest’esperienza. La mancanza di alternative credibili (e la contestuale vittoria in finale di F.A. Cup contro Guardiola, che nessuno si aspettava) ha contribuito a tenere in sella ten Hag.
Tuttavia, il rischio calcolato (o forse no) di confermare una supposta fiducia ad un tecnico sfiduciato e delegittimato dai più è esplosa in tutta la sua prevedibile deflagrazione. In queste ore lo United sta cercando di mettere sotto contratto Ruben Amorim. Uno degli allenatori più (giustamente) celebrati e promettenti del panorama calcistico, e che forse per questa ragione avrebbe dovuto tenersi lontano da un ambiente del genere. La lure di Old Trafford è difficile da rifiutare, quindi good luck Ruben: ne avrai bisogno.
-
Notizie3 giorni fa
Milan, già deciso il post Fonseca: il nome mette d’accordo proprio tutti
-
Serie A4 giorni fa
Milan, Leao clamoroso retroscena con Ibrahimovic
-
Calciomercato1 giorno fa
Milan “O io o lui”: sale la tensione intorno a Leao | La richiesta agli agenti
-
Serie A3 giorni fa
Milan: confronto tra Leão e Fonseca a fine partita. Tutti i dettagli
-
Serie A7 giorni fa
Milan-Napoli, mano pesante di Fonseca: Leao ancora fuori e altre novità
-
Calciomercato3 giorni fa
Ultim’ora Milan, il Barcellona fa sul serio: crollano le resistenze del portoghese
-
Calciomercato7 giorni fa
Milan, il sogno per il centrocampo è italiano: due i profili per la prossima estate
-
Calciomercato4 giorni fa
Juventus, per la difesa rimane l’ipotesi Skriniar: la situazione