Il noto commentatore friulano, Bruno Pizzul ha ricordato la finale di Champions League col Liverpool e ha elogiato Fabio Capello in qualità di commentatore.
Bruno Pizzul, ex telecronista Rai, è stato intervistato ai microfoni de “il Diabolico e il Divino”, trasmissione condotta da Giuseppe Falcao, Simone LP e Gabriele Ziantoni, in onda su New Sound Level 90FM.
Il giornalista e telecronista sportivo ha parlato poi della questione telecronisti in Italia e delle emozioni dell’europeo del 1992 chiudendo anche con due battute sulla guerra che sta coinvolgendo in questi giorni Ucraina e Russia.
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Queste le sue parole:
Qual è stata la partita della Roma che hai commentato ad averti dato più emozione?
“Beh direi che ce ne sono parecchie, ma anche quella con il Liverpool del 1984 che ebbe un finale non fortunato ha costituito un momento fondamentale per l’ambiente, Roma imbandierata di giallorosso. Anche il dopo-partita con tifosi della Lazio che mi hanno coinvolto in bicchierate che non avrei voluto fare, perché quella che doveva essere la festa della Roma si trasformò nella festa dei Laziali per la sconfitta dei fratelli non amatissimi. Quella fu una partita piena di significato”.
L’emozione del telecronista:
“Mi piace sempre ricordare l’ambiente creato dai tifosi della Roma e i tifosi del Napoli. Il loro coinvolgimento emotivo è straordinario.”
“Quando giocano squadre accompagnate da tifoseria come quella della Roma o come quella del Napoli, molto spesso si finisce nel piano dei ricordi per ricordarsi le situazioni ambientali e la Roma ha sempre avuto dei tifosi incredibili per il coinvolgimento emotivo che hanno i suoi appassionati. Quando poi si sviluppa in casa è incredibile, perché Roma è una città sfacciata tanto quanto è bella”.
Cosa pensi della nuova generazione di telecronisti e della continua rotazione delle voci?
“Vorrei una voce unica per la Nazionale. I nuovi telecronisti sono preparatissimi ma a volte si perdono il racconto della partita; gradirei una più stretta attinenza al gioco.”
“Evidentemente è una scelta operata da coloro che hanno il potere in mano. Credo però che non sarebbe male rimanere ancorati ad una sola voce soprattutto quando si parla della Nazionale, perché si ha la sensazione che questi ragazzi si sentano sempre sotto esame e dunque assumano l’atteggiamento di voler strafare. Io credo dipenda da questa sensazione di precarietà, anche perché dopo di me c’è stato questo alternarsi continuo che molto spesso era motivato dalla voglia di cambiare registro e non dalla competenza e per questo ora è molto più difficile che si imponga qualcuno. Adesso alcuni sono quasi troppo preparati, qualche volta si perde il racconto della partita per sciorinare dati e statistiche. Io gradirei una più stretta attinenza a quello che succede in campo perché quando si gioca bisogna raccontare il gioco”.
Quali sono i tuoi ricordi dell’europeo del 1992, con l’esclusione della Jugoslavia e il ripescaggio con conseguente vittoria della Danimarca?
“Indubbiamente quella fu una grande avventura e altrettanto inevitabilmente tutti noi finimmo per fare il tifo per quella Danimarca ripescata in maniera incredibile. I Danesi poi in qualche maniera vennero a smentire tutti quei ragionamenti sulla preparazione atletica scientifica, arrivarono all’ultimo momento e misero in fila tutti. Fu un mondiale veramente particolare. La Jugoslavia, ancora unita, aveva giocatori di profilo tecnico altissimo ma di difficile aggregazione per tutte le contraddizioni e tensioni interne a quei popoli che componevano quel grande stato; fu di certo un peccato che quei talenti non potessero esprimersi sul campo, ma fu una soluzione quasi inevitabile per la ferocia della successiva guerra”.
Sulla questione dell’esclusione degli sportivi Russi dalle rispettive competizioni:
“Forse poteva essere trovata una soluzione alternativa, ma è inevitabile che lo sport risenta della situazione politica.”
“Il discorso è molto molto delicato, è abbastanza evidente che moltissimi degli atleti della Russia sono contrari a questa aggressione voluta da Putin e dunque il loro coinvolgimento personale e professionale forse assume un sapore amaro per i singoli. Forse si poteva trovare una soluzione diversa, concedendo la possibilità di gareggiare come individui e non come nazione, anche se è assolutamente inevitabile che lo sport incroci le sue strade con la società e la politica”.
Com’è Fabio Capello come seconda voce?
“Qualche volta le seconde voci parlano troppo ed esagerano con il ‘covercianese’”
“Capello era molto bravo perché aveva il dono della sintesi. Qualche volta si ha la sensazione che le seconde voci parlino un pochino troppo, usando oltretutto un linguaggio “covercianese”. Qualche volta ci vorrebbe un pizzico di moderazione in più nelle telecronache, anche se il protagonismo è una tendenza della televisione in generale e non solo del racconto calcistico. Fabio Capello invece diceva le cose che doveva dire con i tempi giusti”.
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