Antonio Paganin, ex difensore dell’Inter e di diversi club italiani, ha parlato in esclusiva ai nostri microfoni soffermandosi sulle prime giornate di Serie A.
L’ex difensore di Inter, Udinese e Sampdoria, Antonio Paganin, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni soffermandosi su diversi temi riguardanti le prime giornate di campionato. Tra i vari argomenti non poteva mancare un pensiero sul derby della Madonnina, in programma questa domenica (22 settembre) alle ore 20:45.
Un suo pensiero per quanto riguarda l’Inter che ha ri-iniziato con la stessa qualità, la stessa voglia dello scorso anno? Che pensiero ha sull’Inter di questo inizio di stagione?
“Mi hai tolto le parole di bocca. Delle squadre che ai nastri di partenza vengono accreditate per potersi giocare il titolo l’Inter è quella che in questo momento dà l’impressione di essere ancora uno due passi avanti alle altre. Sia per l’organizzazione per come hanno strutturato il mercato con l’arrivo di Taremi e di Zielenski, perché hanno da quel punto di vista mantenuto la mentalità di chi ha vinto il campionato, e sia perché in questo momento le altre stanno facendo fatica. Il Milan in particolare, che non pensavo che con il cambio allenatore si trovasse così indietro. Anche il Napoli perché ha avuto la vicenda Osimhen che ha tolto un pochino di opzioni a Conte.
Però ho visto che già nella partita con il Parma, anche se è stata condizionata dall’espulsione che ha agevolato il match, una squadra che è bella quadrata. L’abbiamo vista con il Bologna e diventerà un osso davvero duro per chi vorrà ambire a vincere lo scudetto.
La Juventus mi lascia qualche perplessità per il semplice motivo che ha fatto due risultati importanti, ma con due squadre non di primo livello, come Como e Verona. Poi con la Roma è stata un pochino più balbettante per cui la voglio rivedere quando ci sarà adesso la partita con il Napoli per vedere se i miei dubbi vengono confermati oppure se vengono spazzati via”.
Per quanto riguarda il Milan, la scelta di Fonseca è stata una scelta azzardata oppure le qualità dell’allenatore possono incidere nonostante qualche piccolo intoppo che sia è avuto, vedasi il caso di Leao e di Theo Hernandez?
“Fonseca me lo ricordo ancora quando era a Roma, l’ho seguito anche nella sua parentesi francese, e devo dire che ero convinto lui potesse far bene. C’è molto probabilmente l’andare a legittimare ancora di più l’allenatore, il quale in questo momento è un pò lasciato alle critiche esterne, non viene protetto a mio modo di vedere sufficientemente da parte della società e questo può generare qualche tipo di frizione, qualche incomprensione.
Quello che è successo con Leao e Theo il Milan poteva gestirla in maniera un pò più furba. Non ci vedo niente di male visto che erano appena entrati ad inizio secondo tempo, per cui può essere che le indicazioni l’abbiano già ricevute.
Non è il massimo da vedere, ma non ci vedo niente di particolarmente strano. Per il resto, ripeto, è una società che manca. È andato via Maldini, manca proprio il vero direttore sportivo. Era un pò bypassato, con Moncada, Furlani e Ibrahimovic però manca la figura di riferimento vera e propria”.
Dovrebbe essere Ibrahimovic la figura carismatica tra la società e i giocatori, è stato preso per questo, in teoria.
“Sì, ma non è un direttore sportivo e le società, almeno in Italia, hanno questa filiera che è formato dal presidente e un direttore generale, poi dopo c’è il direttore sportivo che di solito si occupa di mercato ed è il filtro naturale tra società, allenatore e squadra”.
Furlani è più un addetto ai lavori che un vero direttore sportivo carismatico.
“Sì, probabilmente. Essendo il primo anno nel quale è stato investito di pieni poteri gli manca un pò ancora quella parte che ha chi fa di mestiere il direttore. In questo caso il riferimento del passato era quello di Maldini.
Ho sentito che è stato criticato Maldini per l’acquisto di De Ketelaere, ma magari ci si dimentica che Leao e Theo Hernandez non sono arrivati da soli, li ha portati lui”.
Perchè è stato mandato via così facilmente?
“Non lo so. È difficile dall’esterno potere avere un pensiero, bisognerebbe essere all’interno, parlare direttamente con gli interessati. Si vocifera che da parte di Maldini c’era la richiesta di avere pieni poteri. Io ho qualche dubbio, avendolo conosciuto in passato.
Per quello che riguarda il giocatore non ho mai avuto quell’impressione che vada ad imporre. Però ripeto, sono cose che dall’esterno è sempre difficile giudicare. Posso dare una mia impressione, però poi bisognerebbe essere all’interno, per cui per abitudine non esprimo un giudizio netto nel momento in cui non ho proprio tutti i dettagli da poter valutare”.
Anche Boban poteva essere una figura importante per il Milan.
“Certo, tutti gli ex giocatori, ma non solo. Non è tanto l’ex giocatore, ma le figure carismatiche dentro una società importante, come Maldini e Boban, sono quello che è l’asse portante di una società. Sono coloro che hanno peso all’interno di uno spogliatoio. Hanno vinto, sanno come si fa a vincere, hanno una grandissima influenza. Sono persone che difficilmente raccontano le cose in maniera differente rispetto a quelle che sono, sia che ci siano difficoltà sia che le cose vanno bene. Hanno ampia possibilità di poter trainare il gruppo come è successo a Maldini.
Perché non dimentichiamoci che grazie anche all’era Maldini il Milan ha vinto uno scudetto. In un momento molto complicato perché non erano sicuramente accreditati e adesso stanno avendo un momento di difficoltà. Io mi auguro che sia transitorio per il bene di quello che può essere il campionato, però in questo momento li vedo con parecchie difficoltà”.
In questa situazione come lo vede il derby della prossima settimana?
“Io giudico principalmente solo per quello che è l’espressione calcistica in campo ed e non penso di dire una cosa che offenda qualcuno se dico che l’Inter parte favorita, anche in virtù degli ultimi derby che sono sempre stati a suo favore. Il Milan ha tutto per poterne venire fuori.
Il derby può dare quella scossa all’ambiente, ai giocatori per poterli spingere a ritornare sui livelli che più gli competono. Perché in questo momento sono sotto a quello che è lo standard qualitativo della rosa del Milan e poi dopo diventa più interessante avere un campionato di livello perché permette non solo ai club, ma anche alla nazionale di riflesso di avere dei giocatori che sono ampiamente competitivi. Mi auguro di ritrovare quest’anno un campionato che non sia dominato come ho fatto l’anno scorso l’Inter.
Mi auguro chiaramente che lo vinca l’Inter, ma magari che sia un pò più tirato fino alla fine perché così si darebbe la possibilità anche ai club di presentarsi bene anche nella seconda parte di stagione, quando cominciano le competizioni a diventare importanti, Champions League su tutte”.
Per quanto riguarda il Napoli, la vede comunque una squadra più pronta per essere l’eventuale antagonista dell’Inter, ma soltanto per la forza del suo allenatore o anche perché ha preso giocatori come Lukaku?
“Se c’è una cosa che Conte difficilmente sbaglia è l’approccio con un ambiente, dovunque lui è andato”.
Inizio però così e così.
“Eh sì, ma guardiamo un pò anche cosa ha dovuto gestire. Gestire una situazione come quella di Osimhen senza avere praticamente l’apporto di una prima punta, perché aveva solo Raspadori da poter utilizzare, non è una cosa molto semplice.
Ma il fatto stesso di dover gestire tutto quello che ne compete. Il giocatore che vuole andar via, il fatto che ti blocca il mercato, ha un ingaggio importante. De Laurentiis e Conte non sono gente che si fanno spaventare, però è normale che all’interno di un gruppo che deve prepararsi per fare un campionato puntando al vertice non sia proprio il massimo.
Adesso come per incanto, visto che le cose si sono assestate come è normale, pian piano il Napoli comincia a prendere la sua identità. Conte ti porta disciplina, è quello che ti porta idea calcistica, quello che ti porta un gruppo che ha ripreso la sua identità. Può piacere o non piacere per il personaggio, per il tipo di allenatore, che magari può presentare all’esterno, però è un allenatore che dove è andato ha sempre fatto bene. Pensiamo al Chelsea, anche all’Inter ci ricordiamo che cosa ha fatto e le basi che ha gettato. Per cui mi aspetto che il Napoli sia lì davanti”.
Tutti apprezzano le qualità di Thiago Motta e sono consapevoli anche di un mercato che è stato considerato il migliore della Serie A per gli acquisti avuti. Lei quindi, nonostante tutte queste cose, la vede un passo indietro rispetto a Inter e Napoli?
“Da un lato si perché ha aperto alla gioventù. Ha fatto giocare una squadra che come età media è una delle più basse del campionato. Dall’altro mi fa un pò strano vedere, per esempio, che con il suo arrivo un giocatore importante come Danilo ha fatica a trovare spazio. Fa un pò strano questo cambiamento di rotta. Il mercato è un mercato importante, probabilmente vorrà dare il tempo necessario a chi è arrivato di potersi inserire al meglio.
Quello che mi lascia un pò perplesso è stata la gara con la Roma, che non ha dato seguito alle precedenti partite, e ha addirittura fatto un mezzo passo indietro.
L’aspetto nella partita con il Napoli che ci darà molto probabilmente un quadro un pò più veritiero di quella che è la reale forza della Juventus, fermo restando che anche l’impegno in Champions League tira tanto”.
L’Atalanta, che ha dato la sua massima espressione vincendo l’Europa League al nono anno di Gasperini e che deve affrontare questi grossi problemi tra cui l’infortunio di Scamacca, può ripetere un’altra annata nei primi quattro posti o pensa che comunque ci siano squadre più più pronte?
“Allora la certezza lì e chi la guida da tanti anni. La certezza è il fatto che loro da sempre, quando vanno ad operare sul mercato prendono giocatori che sono funzionali al loro modo di giocare. Quella che è stata l’imprevedibilità quest’anno è l’infortunio di Scamacca, sul quale facevano molto affidamento. Hanno avuto il colpo di genio nell’andare a trovare subito Retegui, che magari è un giocatore meno appariscente rispetto a Scamacca, ma per il modo con cui gioca l’Atalanta, lo dimostrano i numeri, è un giocatore che sa finalizzare tutto.
Più complicata invece la vicenda Koopmeiners prima, finito alla Juventus, e Lookman dopo, poi rientrata. È chiaro che questo va a disturbare il gruppo e se andiamo a vedere è anche figlia delle due battute d’arresto. Quella a Torino, che non mi aspettavo, è quella soprattutto più roboante, con l’Inter a San Siro, che ha tolto un pò di certezze e credibilità all’Atalanta per poter lottare per il vertice.
L’Atalanta però, ha dimostrato che nel momento in cui innesta il pilota automatico, come successo l’anno scorso, la squadra parte e non si guarda più indietro. L’ambiente dell’Atalanta, io l’ho vissuto un anno, lo conosco: nel momento in cui trovano i loro equilibri diventa molto, molto difficile giocare con loro”.
La Lazio di Baroni, con tanti giocatori giovani.
“A me piace. Ho avuto modo di vederla, anche se è uscita sconfitta, nella partita ad Udine e anche la prima partita con il Venezia.
A differenza di tante altre, Baroni ha già dato una sua identità ben precisa di come vuole farli giocare. È chiaro che è una squadra che ha perso anche giocatori importanti, su tutti Immobile. Per cui è chiaro che devi ricominciare un nuovo ciclo che, come tutti i nuovi cicli, richiede un pò di temp. L’impressione però è che possa essere la sorpresa per quello che riguarda il il campionato.
Potrebbe essere troppo dipendente dalla vena realizzativa di Castellanos?
“Quando tu fai una scelta ben netta e precisa di affidare il tuo reparto avanzato ad un giocatore, che prima magari è stato meno utilizzato, devi anche accettare che tu lo vai a investire di quello che è la parte di finalizzazione. Davanti ricordiamoci può avere l’apporto di Zaccagni, che ha fatto bene in questi anni. Ma ripeto, ho l’impressione che comunque siamo di fronte ad una squadra bella, frizzante e gestita bene”.
Chi si spartisce i primi quattro posti in questo momento per lei?
“In questo momento penso a Inter, Napoli e Juventus e poi dopo al pari ci sono Milan, Lazio e Atalanta.
Due, tre acquisti che lei invece avrebbe fatto?
“Mi concentrerei su quelli che possono essere percorribili anche per il campionato italiano. Il giocatore che avrei preso, ma che comunque l’ha preso la Juventus, è Koopmeiners perché è un centrocampista che ti può garantire sia in termini di qualità, ma soprattutto che il numero di goal, un qualcosa che non si possono permettere tutti.
Altri giocatori che possono essere accessibili alle tasche dei club italiani e che possono fare la differenza in giro non ne vedo”.
Una persona con la sua conoscenza del calcio, con la sua qualità e occhio come mai non è stato mai chiamata per fare lo scouting a qualche società importante?
“Dopo tanti anni io mi sono chiamato fuori perché le carriere si iniziano molto giovane, poi dopo è chiaro quando termini o ti reinventi all’interno di una società come allenatore, come allenatore di settore giovanile o come dirigente, oppure, ed è abbastanza fisiologico e normale, rientri in quelli che sono i parametri normali della vita di tutti i giorni e per cui ci può stare.
Mi piace fare la persona normale. Hai un pò più di tempo, però mi piace girare l’Italia per i ragazzi ma più in ambito di Serie C e Serie D, non per la B, A o all’estero. Ho lavorato per anni a quello che era il Bassano, che adesso la proprietà di Renzo Rosso è passata al Vicenza calcio. Ho avuto modo anche di confrontarmi all’interno di un ambiente professionistico. Poi con il passaggio di proprietà sono cambiate le dinamiche per cui mi sono allontanato. C’è stato nei tempi un contatto con qualche persona che chiedeva ma non è mai capitato”.
In collaborazione con Alessandro Aglione
Aggiornato al 20/09/2024 19:03
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