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Esclusiva CS, Fabrizio Manfredi: “De Rossi? Spero possa seguire le orme dei vincenti”

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Fabrizio Manfredi

Continua il tandem Calciostyle – Almanacco Cinema: dopo l’intervista in esclusiva alla scrittrice Felicia Kingsley, abbiamo intervistato Fabrizio Manfredi.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare uno dei doppiatori più importanti del panorama italiano: voce di Leonardo DiCaprio, Johnny DeppBradley Cooper, solo per citarne alcuni.

Fabrizio Manfredi ha da poco festeggiato i cinquant’anni di carriera. Prima doppiatore, poi direttore ma anche dialoghista. Inoltre è un grandissimo tifoso della Roma, di cui abbiamo parlato.

L’intervista a Fabrizio Manfredi

Lei ha iniziato la sua lunga carriera nel mondo del doppiaggio all’età di cinque anni. Ci racconta com’è iniziata?

“Come spesso succede ai bambini, è iniziata per caso. Mi ha portato mio cugino, che già era nell’ambiente: serviva un bambino e mi ha visto potenzialmente adatto. Ad oggi non mi sono più fermato. E’ sempre stato un divertimento. Un gioco prima, poi è diventata la mia professione. Il nostro è un lavoro divertente, ma allo stesso tempo di enorme responsabilità.

Arnold è stata la stella d’oriente. Ha sancito la mia carriera, lanciandomi, ma ho iniziato ancora prima: per esempio Giovani Canaglie per la Rai. Michele De Padova mi ha permesso di fare il provino per la sitcom Arnold, e fui scelto. L’ho iniziato da giovanissimo per poi concluderlo che in sala prove arrivavo con la mia macchina. Ci sono cresciuto insieme. Forse il lavoro più importante della mia vita, mi ha permesso di essere presentato da Mike Bongiorno“.

Avendo iniziato la carriera così giovane, come ha vissuto la sua adolescenza? Si sente privato di un qualcosa?

“Ho perso molto della mia adolescenza. Ho sempre lavorato, subito dopo la scuola. Da piccolino, con La Fenice e il Tappeto Magico, si finiva di doppiare alle 22:30: per un bambino non proprio il massimo. La mia vita l’ho vissuta quasi al contrario: da bambino avvolte si lavorava anche la Domenica, ma ad oggi rifarei tutto. Ho perso qualcosa, ma ho ricevuto un bagaglio culturale arricchito: quello che ho lo devo al doppiaggio. Tirando le somme, la mia è stata una carriera pazzesca. Sono felice così”.

Nel lavoro ha avuto una guida da cui prendere esempio?

“Ho avuto la fortuna di iniziare nel momento di massimo fulgore del doppiaggio. Cigoli, Panigali, Di Meo: grandi miti. Loro le mie guide. Con Emilio Cigoli, che era la voce di tutti i più grandi attori americani e francesi, ho fatto Arnold gomito a gomito: è stato un onore. Ho vissuto il momento d’oro, il che mi ha permesso di non avere soltanto una guida ma più di una“.

Ha condiviso la sala di doppiaggio con i più grandi interpreti del cinema. Ci può raccontare qualche aneddoto?

“Di certo ricordo con molto piacere Alberto Sordi. Stavamo doppiando Il marchese del grillo, dove io ero suo nipote. Lui mi volle vicino in sala di doppiaggio e rimase impressionato perché finimmo di girare le sequenze rapidamente. Dopo mi invitò a pranzo, a base di polpette e cicoria, ed io ci mangiai insieme. Ricordo inoltre quando stetti gomito a gomito con Sergio Leone per C’era una volta in America. Ne sono veramente grato”.

Come è cambiato il doppiaggio? C’è il rischio di essere soppiantati dall’intelligenza artificiale?

“Da quando ho iniziato io è cambiato molto. Anche per la mole di lavoro: agli inizi c’era solo RaiUno, fino ad arrivare ai giorni nostri con le tv private. Prima c’erano i fonici che erano importanti, quasi delle istituzioni. Agli inizi si girava in elettronica. C’era il nastrino e il magnete, i video registratori erano grandi come comò e le cassette grandi come un libro di un enciclopedia: tutto un po’ antesignano.

Oggi c’è il digitale, si usano le chiavette usb. La sala è la stessa, ma spesso si doppia soli per motivi organizzativi. L’intelligenza artificiale, però, non sarà un problema: è troppo indietro rispetto al nostro doppiaggio. Abbiamo un secolo di storia, sarà difficile raggiungerci”.

Lei è stata la voce di tanti, tante scene alle spalle. Ce ne sono state di difficili?

“Sì, per esempio in La maschera di ferro. Di Caprio faceva due personaggi: dovevo recitare da buono e da cattivo. Il miglio verde, altro capolavoro, interpretando Percy Wetmore, mi sono messo alla prova: quando muore e quindi io con lui, non è stato semplice. Ogni film è una creatura che ha bisogno di accortezze e ogni personaggio è a sé“.

Doppiaggio di cartoni e videogiochi: “Nella mia carriera ho fatto anche questo, doppiando Futurama ma anche Georgie. C’è differenza, però, con attori in presa diretta: il cartone animato ti lascia più interpretazione e fantasia. Gli attori invece vanno imitati“.

Prima doppiatore, poi direttore e dialoghista: quali sono i progetti futuri di Fabrizio Manfredi?

“I miei progetti futuri sono quelli di continuare il mio lavoro, potendo aiutare con la mia esperienza. Mettere a disposizione il mio sapere per gli altri, essere una guida. Vorrei tramandare il mio bagaglio culturale per aiutare i futuri doppiatori a eliminare più lacune possibili“.

Capitolo calcio

Il doppiaggio è uno sport di squadra, come nel calcio: c’è chi organizza il lavoro, come un dirigente, chi sceglie i doppiatori come un allenatore e chi va in scena come i giocatori.”

Fabrizio Manfredi

Fabrizio Manfredi è inoltre un grande tifoso della Roma: “Io sono molto tifoso e ho nel cuore Daniele De Rossi come giocatore, spero che da allenatore possa sorprendere. Abbiamo vinto con Liedholm, Capello e Mourinho, spero che lui (De Rossi, ndr) possa seguire le loro orme. La società ha speso, facendo buoni acquisti. La speranza è quella che un allenatore del suo carisma, mostrato anche da giocatore, possa aiutare la squadra a vincere qualche trofeo.”

Le interviste

ESCLUSIVA CS, De Gaetano: “Toro mon amour. La Juve? Mi ha sempre dato ai nervi”

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Il direttore del Museo del Cinema di Torino Domenico De Gaetano, tifosissimo del Torino

In esclusiva, CalcioStyle ha intervistato il direttore del Museo del Cinema di Torino Domenico De Gaetano, il cui cuore di tifoso batte per i granata.

Oltre a ricoprire la carica di direttore del Museo del Cinema di Torino, istituzione che ha contribuito a rendere famosa nel mondo, Domenico De Gaetano è anche un grande appassionato di calcio. E, nella fattispecie, un grande tifoso del Torino.

Una passione che nasce dall’antipatia per la Juventus e dalla passione di suo padre per un’altra squadra granata, come lui stesso ci ha raccontato.

L’intervista a Domenico De Gaetano, tifoso del Torino

“La Juve affascina di più e vince un po’ campionati e scudetti, in maniera più o meno regolare (ride, ndr). Sicuramente è una squadra più vincente rispetto al Torino degli ultimi anni.

Mio padre tifava Reggina, con la maglia sempre granata, quindi il passaggio al Torino è diventato facile anche per lui. Io sono cresciuto come tifoso del Toro.

La Juventus mi ha sempre dato un po’ ai nervi, sempre legata a questa idea della FIAT, degli Agnelli… Il Torino è sempre stato una squadra di grinta, la squadra degli outsider che cercano di ottenere le cose, a volte faticando, con competenza”.

Visto che ami le maglie granata, cosa ne pensi della Salernitana?

“Simpatica. In generale le squadre del Sud mi stanno simpatiche: Salernitana, il Napoli, ma anche il Palermo, il Catania . In realtà simpatizzo per tante squadre, quasi tutte.

Visto che sono il direttore del Museo del Cinema di Torino, l’unica volta che tifo Juventus è in occasione delle Coppe, sperando che vinca tutte le partite così viene gente a Torino a vedere le partite al loro stadio e a visitare il museo.
Poi mi auguro che perda le finali. Certo, poi fa di tutto a livello manageriale per non accedere alle coppe… (sorride sarcastico, ndr)”.

Insomma, deve portare indotto alla città ma poi soffrire…

“Certo. Non bastano solo i soldi. Poi è sempre stata una squadra molto spocchiosa, di quelle che ti guardano dall’alto in basso, quindi il fatto che anche i ricchi piangono fa piacere, ogni tanto”.

Qual è il tuo giudizio sul calciomercato fatto quest’estate dal Torino?

“È stato un bel terremoto. Capisco che non si possa dire ai giornali tutto quel che si vuole fare, ma la vendita di Buongiorno e di Bellanova sono state grandi delusioni per i tifosi. Vendi due giocatori nel giro della Nazionale e ti rimane solo Ricci... Effettivamente il presidente ha perso un bel po’ di punti.

C’è una contestazione molto forte, anche nelle chat dei tifosi e tra gli ultras. Poi magari il calciomercato è andato bene, perché alcuni giocatori – Coco, Adams – sembrano forti. Però sembra sempre che manchi qualcosina per fare una squadra che possa competere ai piani alti”.

Domenico De Gaetano su Samuele Ricci del Torino

Samuele Ricci del Torino

Hai menzionato Ricci, che in Nations League sta facendo bene.

“Come tifosi abbiamo quasi paura che diventino molto bravi, perché così poi il presidente li vende (ride, ndr). Però siamo molto orgogliosi di Ricci perché è uno dei pochi italiani rimasti in squadra e perché è uno di quelli che ha doti per far parte della nostra Nazionale. Sta giocando bene da un po’, credo che con Vanoli possa diventare uno dei leader più importanti del calcio italiano”.

Ti piace Vanoli al timone del Torino?

“Quando arriva un nuovo allenatore lo si ama subito: quando è arrivato Juric godeva di un amore pressoché incondizionato da parte dei tifosi, così come quasi tutti gli altri. Andando indietro nel tempo: Ventura, Giannioni, Radice, Mondonico

Speriamo che questi allenatori, calcio moderno permettendo, restino un po’ a Torino e riescano a dare inizio a un nuovo ciclo. Con Juric non ci siamo riusciti, speriamo di riuscirci con Vanoli. Lui ha iniziato molto bene, ha detto parole, la squadra ha giocato molto bene”.

In effetti l’inizio di stagione è stato molto positivo, con vittorie e un solo pareggio contro il Milan…

“(Vanoli) È riuscito a fare attenzione al modulo e ai giocatori che aveva, permettendogli di esprimersi al meglio. La partita con il Milan si poteva vincere e l’abbiamo pareggiata, quella con il Venezia si poteva pareggiare e invece l’abbiamo vinta. Nel calcio è tutto molto casuale. Speriamo che questo inizio non sia solo un fuoco di paglia e possa posizionare il Torino tra le prime cinque in classifica”.

È questo il tuo pronostico? O è una speranza?

“Se uno guarda i giocatori, non so se effettivamente potrà arrivare al quinto o sesto posto. Però lo scorso anno il Bologna ha avuto un exploit pazzesco e quindi uno crede che prima o poi anche il Torino magari riuscirà a farlo, magari mettendo sotto di sé una delle grandi”.

Domenico De Gaetano sull'allenatore della Juventus Thiago Motta

Thiago Motta, allenatore della Juventus

Tocco un tasto dolente: il Bologna della scorsa stagione aveva alla guida Thiago Motta, che ora è alla Juventus. Quanto conta l’allenatore, in una squadra?

L’allenatore è fondamentale: deve riuscire ad interpretare lo spirito di gruppo riuscendo anche a privilegiare i singoli. Ha un ruolo a metà tra lo psicologo e il tattico, deve analizzare i numeri. Allenare e motivare. Come nelle partite di tennis, si gioca molto nella testa. Se un giocatore vede che riceve molta fiducia e che ci si aspetta molto da lui, magari, tende a fare bene.

Altri, se sentono troppa pressione, si perdono. Bisogna arrivare a un giusto equilibrio. I giocatori sono fondamentali perché in campo ci vanno loro, ma una guida, un leader, è sempre quello che sta in panchina”.

Quale sarebbe la tua formazione ideale del Torino, partendo dalla porta?

“In porta la scelta obbligata è Milinkovic-Savic, gli altri non hanno chance, spero che spero che entrino. Lui è uno dei giocatori più discussi all’interno del Torino, ha commesso alcune papere negli scorsi anni e quindi non è molto amato. Sono comunque sicuro che se continua a far bene come sta facendo, si guarderà agli errori del passato come a un momento di formazione, una tappa. Il Toro ha sempre avuto una tradizione di portieri forti.

In difesa speriamo nel rientro di Schuurs: rientrando lui la difesa può tornare ad essere molto solida, anche se la partenza di Buongiorno mi ha dispiaciuto molto, perché era un giocatore cresciuto nel Toro.

A centrocampo sicuramente Ricci e Ilic, che sono comunque i due giocatori più forti che abbiamo. Mi piacerebbe molto vedere Ciammaglichella, un giocatore della Primavera molto giovane, cresciuto nel Toro: sarebbe bello se lui riuscisse ad emergere quest’anno come giocatore di punta, insieme a Vlasic.

Come punta siamo costretti ad avere Zapata, che ormai ha una certa età ma continua a segnare e poi o Adams o Sanabria.

Non è che ci sia tanto tra cui scegliere. Secondo me quella che mette in campo Vanoli è la migliore squadra che può mettere.

La più grande soddisfazione che può avere un tifoso del Toro è giocare alla Playstation con il Torino (ride, ndr): facendo il campionato, ogni tanto gioco con mio figlio, il Torino ogni tanto può arrivare a vincere lo scudetto e addirittura arrivare a giocare la Champions. Mi auguro che il mondo della Playstation possa diventare reale”.

Cosa ti aspetti dall’imminente partita contro il Lecce?

“Spero che sarà una vittoria fissa, tutti ce l’auspichiamo. Questa può essere la prova del nove: con il Venezia il Toro non ha giocato molto bene eppure ha vinto. Vediamo effettivamente cosa succede.

Poi mi aspetto anche che vinca il primo derby. Perché una delle maggiori soddisfazioni di un tifoso del Toro è: la Juve è più forte e vince gli scudetti, il Torino arriva anche ottavo però vince i derby. È una magra consolazione, ma ci può stare.

Purtroppo non facevano più nemmeno quello. Speriamo che Vanioli riesca a sfatare questo tabù e riesca a vincere un derby: questo lo porterebbe di diritto nell’Olimpo degli allenatori di sempre, secondo me. Contro il Lecce si può anche perdere, se si vince il derby”.

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Esclusiva CS, Riccardo Cucchi: “Lazio, fidati di Baroni. Napoli più avanti della Juve. Su Roma-Parma del 2001…”

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Riccardo Cucchi, giornalista sportivo ed ex radiocronista, ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni in cui ha parlato di Serie A.

Il giornalista italiano Riccardo Cucchi, ai microfoni di Calcio Style, ha parlato di vari argomenti, regalandoci anche un’analisi preliminare su quello che ci possiamo aspettare dalla Serie A 2024/2025.

Serie A, le parole di Cucchi

Di seguito le parole di Riccardo Cucchi.

Inter

“L’Inter mi sembra la squadra più attrezzata. Rispetto alle altre ha il vantaggio di non aver cambiato molto rispetto alla passata stagione. Riparte dalle sue certezze, quelle che le hanno consentito di vincere lo scudetto.”

Juventus

“E’ prematuro parlare di scudetto adesso per la Juventus, aspetterei ancora qualche giornata. Chiaro che hanno fatto una profonda rivoluzione tecnica, a partire dalla scelta dell’allenatore e passando per i tanti giovani aggiunti alla rosa, ma non so se sono già attrezzati per pensare subito allo scudetto”.

Napoli

“Il Napoli ha qualche chance in più della Juventus. Soprattutto perché si è affidato ad un allenatore che sa come si vince, come Antonio, ma anche perché fondamentalmente riparte dalla base che due anni fa ha vinto lo scudetto. Mi immagino un Conte in grado di costruire una squadra capace di lottare alla pari con l’Inter”.

Milan

“Fonseca è un bravo allenatore, ma forse predica un calcio troppo offensivo mentre il Milan con Pioli aveva avuto un’impostazione diversa. Il suo più grande problema è che non tutti i giocatori lo stanno seguendo. La ribellione sul campo di Theo e Leao, che sono giocatori fondamentali, ci dice che probabilmente all’interno dello spogliatoio non c’è tanta serenità e senza una squadra che ti segue è difficile ottenere risultati, per qualsiasi allenatore.”

Roma

“La Roma ha fatto un’ottima campagna acquisti, la migliore secondo me. De Rossi ha a disposizione un gruppo importante, composto da giocatori di grande qualità, che può ottenere risultati. Certamente è difficile oggi immaginare una Roma che possa lottare per lo scudetto, ma per i primi quattro posti certamente si.

Quando c’è tanta qualità a disposizione, nessun allenatore è in difficoltà. Soulé e Dybala sono due giocatori di grandi qualità e De Rossi, che di qualità se ne intende avendo giocato con tanti grandi campioni, non credo che sia scontento di avere due giocatori così. Oltretutto non credo che Dybala possa giocarle tutte, sappiamo che è fragile e propenso ad infortunarsi, mentre Dovbyk va semplicemente aspettato: è troppo presto per giudicarlo.”

Lazio

“La Lazio ha attuato una profonda rivoluzione, ma credo che il suo livello tecnico sia inferiore a quello della Roma. Credo però che se questi giocatori giovani seguiranno Baroni, che è un bravo allenatore oltreché una persona molto seria, la Lazio possa serenamente ambire ad un piazzamento europeo: di lui ci si può fidare”.

Atalanta

“Non credo che il ciclo di Gasperini a Bergamo si sia esaurito, anzi. Ha ottenuto risultati straordinari e ha valorizzato al massimo il patrimonio tecnico che la società gli ha messo a disposizione in questi nove anni, quindi credo che la scelta di rimanere sia stata giusta. C’è una simbiosi perfetta fra la società e il tecnico e questo è sotto gli occhi di tutti. L’Atalanta in questi anni è sempre riuscita a rimanere competitiva pur attuando cambiamenti significativi sul mercato e credo che anche quest’anno possa fare lo stesso, servirà soltanto aspettare.”

Cucchi e il ricordo di Roma-Parma 2001

“Mi fa piacere che il tifoso romanista mi ricordi con affetto. Quella frase, ‘mai scudetto fu più meritato’, che ho pronunciato in quel Roma-Parma del 2001 che valse lo scudetto ai giallorossi, mi uscì spontanea. Nella mia carriera ho sempre cercato di mantenermi equilibrato, equidistante. Ho sempre cercato di mettermi a disposizione degli appassionati, qualsiasi squadra tifassero. Sicuramente il fatto che nessuno sapesse che ero della Lazio ha aiutato, però sono anche convinto che questo riconoscimento sia il frutto di un’attenzione (che per me è centrale in questo lavoro) sull’obiettività, sulla terzietà, sulla mia capacità di raccontare ciò che stesse succedendo in campo seguendo e accompagnando le passioni di tutti i tifosi: nessuno escluso.”

Riccardo Cucchi

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Le interviste

Esclusiva CS, Felicia Kingsley: “Il mio giocatore preferito? Gattuso, per togliergli la palla bisognava legarlo e correva per due”

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Felicia Kingsley

Ai nostri microfoni la scrittrice Felicia Kingsley. Intervistata in seguito alla presentazione del suo nuovo romance “Una conquista fuori menù”.

Felicia Kingsley è intervenuta ai nostri microfoni a margine della presentazione del nuovo romance “Una conquista fuori menù“. La scrittrice ha venduto più di un milione di copie e, oltre ad essere tra le scrittrici più amate d’Italia, è anche tifosissima del Milan, oltreché un’appassionata di Formula 1.

Indice

“Una Conquista fuori menù”, il nuovo romance di Felicia Kingsley

Felicia Kingsley

Ma andiamo per gradi. “Una conquista fuori menù” è il titolo del suo nuovo romance, uscito il 3 Settembre. Per questo la scrittrice è impegnata nelle varie presentazioni, tra le quali ricordiamo: Napoli 12 Settembre; Camogli (GE) 13 Settembre; Modena 15 Settembre; Pordenone 20 Settembre; Pesaro 21 Settembre; Bari 22 Settembre e Reggio Calabria 27 Settembre.

La trama:

Tra gli agenti speciali dell’FBI, Dwight Faraday è il migliore: anticonformista, dal fascino ribelle, detiene il record imbattuto di indagini risolte sotto copertura.

È anche un cuoco provetto, dunque è l’ideale per infiltrarsi nella brigata del ristorante italiano che appartiene alla famiglia Villa: sospettata di avere legami con la malavita di New York. Dwight, però, non ha fatto i conti con Julia Villa, la figlia del proprietario. Ragazza tosta e determinata a guidare gli “affari” di famiglia, lo detesta sin dal loro primo, tempestoso, incontro ed è intenzionata a fargli capire chi comanda. Con la missione a rischio, Dwight è costretto a cambiare piano: conquistare Julia per raccogliere le informazioni di cui ha bisogno. Tra schermaglie affilate, sfide a colpi di fuori menù e provocazioni al peperoncino, Dwight è pronto a scovare la ricetta giusta per arrivare al cuore di Julia, che sembra ostinatamente immune al suo fascino. Ma se alla fine fosse proprio l’inafferrabile agente Faraday a farsi prendere per la gola? In cucina non ha mai fatto così caldo…

Felicia Kingsley si conferma così la scrittrice in testa alle classifiche in libreria, essendo la più letta del 2023. Autrice di 14 bestseller, i quali sono tradotti anche in 16 paesi, ha ricevuto proposte di case cinematografiche che hanno opzionato i suoi romanzi. Presto “Non è un paese per single” (Newton Compton Editori, 2022) diventerà un film. Abbiamo avuto il piacere di analizzare questo aspetto per almanaccocinema.it.

L’intervista in esclusiva a Felicia Kingsley

Più di un milione di copie vendute. Ti aspettavi questo successo dopo le tue prime auto-pubblicazioni?

“Non credo che sia immaginabile, mi stupirei di incontrare un autore – un giorno – che risponda sì. Ho iniziato a scrivere a 12 anni per me stessa, per divertimento. Non c’era ambizione editoriale e dunque tutto ciò che di buono e positivo è arrivato col tempo è sempre stato inaspettato, ma anche gradito.”

Un film in programma

“Non è un paese per single” diventerà presto un film. Se potessi scegliere, chi vedresti bene nei ruoli dei protagonisti? Nel romanzo “Fiumi di Parole” dei Jalisse è la colonna sonora. Lo sarà anche nel film?

“I volti di Elisa e Michael vivono nella mia testa e non saprei davvero chi possa rappresentarli in maniera esatta e forse è un bene che i casting procedano in maniera autonoma dal mio immaginario. Vengo dall’architettura, del cinema ho ancora tutto da imparare. Sulla produzione, che comunque è alle prime battute, non posso sbilanciarmi dicendo cosa ci sarà oppure no.”

L’ultima pubblicazione

Arrivando all’ultima pubblicazione . C’è una scena nel libro “Una Conquista Fuori Menù” che è stata riscritta varie volte prima della definitiva pubblicazione?

“Generalmente, e vale per quasi tutti i miei romanzi, è il primo capitolo a essere scritto e riscritto decine di volte: finché non sento di aver detto le cose esattamente come volevo.”

Sempre più, nei tuoi libri si parla di temi “delicati” come alcune malattie/patologie. È il caso anche di Giulia in “Una Conquista Fuori Menù”, oltre quello di Victoria in “Ti aspetto a Central Park”: cosa ti ha spinto a parlare di questi temi?

“Non sono una militante della rappresentazione a ogni costo. Tuttavia, ogni protagonista è unica e nella sua unicità parlo di ciò che la caratterizza e qualcuno, leggendo, può ritrovarsi nelle sue stesse parole.”

Cosa ti senti di rispondere a chi cataloga per fascia di età i tuoi romanzi, talvolta definendoli troppo spicy e per un pubblico prettamente femminile?

“Sono ahimè opinioni preconfezionate e ripetute “per sentito dire”, da chi evidentemente non ha mai letto un romance – o comunque uno dei miei – e dunque meri pregiudizi. Per quanto riguarda le scene passionali, nei miei romanzi queste arrivano quasi alla fine perciò direi che non siano affatto il core della storia. Sono per un pubblico femminile? Non so, da quello che mi dicono le lettrici i miei libri sono i più “rubati” dai loro mariti.
Siamo nel 2024, sarebbe ora di superare gli stereotipi di genere: i libri non hanno sesso e non hanno età.”

Capitolo Milan e Formula 1

Tu sei una fan della Formula 1, in particolare di Hamilton. Ci sarà occasione di vedere un tuo romanzo sui motori? Come vedi l’approdo di Hamilton in Ferrari?

“Come dico sempre, mai dire mai. Ho altri progetti sul tavolo per il futuro, ma se arrivasse l’idea per un F1 romance non mi senterei di escluderlo

Per quanto riguarda Hamilton sono di parte. Lo stimo molto e penso che porterà alla Ferrari la mentalità giusta. Ha ancora le mani che bruciano per l’ottavo titolo mondiale sfiorato nel 2021 e lui ormai è troppo abituato a battere record per ritirarsi prima di aver lottato anche per questo. Inoltre nel 2025 incontrerà di nuovo Loic Serra, che è stato una delle menti dietro le Mercedes che hanno dominato gli ultimi 10 anni di mondiali. Le premesse sono buone e spero che, oltre al mindset, trasmetta al team tutta la sua esperienza in strategia e gestione gomme: di cui è un maestro.”

Arriviamo alla fede calcistica per i colori rossoneri

“Purtroppo sono una milanista viziata. Sono nata nell’87 e ciò significa che ho visto passare il trio olandese, Boban, Savicevic, Bierhoff, Weah, per non parlare della formazione più vincente di sempre che con Ancelotti ha portato a casa tutto il vincibile.”

Il giocatore che più rappresenta Felicia Kingsley

“In tutto questo, il mio giocatore preferito è sempre stato Gattuso perché, pur non essendo un artista come Pirlo o un metronomo come Seedorf, per togliergli la palla bisognava legarlo e correva per due. Mi ci rivedo, forse non sarò la scrittrice più brava d’Italia ma finché ho fiato corro.”

Felicia Kingsley

Io credo che oggi i talenti ci siano, Leao e Theo per esempio, ma manca la mentalità che c’era allora e ha permesso i successi che la squadra ha avuto. Mancano i senatori che tenevano le redini dello spogliatoio, come Maldini e Costacurta. Manca il senso di unità, mi sembra che ognuno giochi per sé. Poi magari sbaglio e sono solo una passatista da due soldi.”

In ultimo cosa risponderesti a chi cataloga lo sport solo al maschile e i romance solo per il pubblico femminile?

“Risponderei di guardarsi intorno, perché nel 2024 certe affermazioni non sono più accettabili ed è un pensiero frutto di una mentalità ristretta che avrebbe bisogno di più stimoli.”

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